Psicocinesi: Potere della mente o parto della fantasia?

Lavoro presentato alla Quarta Conferenza Annuale Euroskeptics di Saint Vincent, il 18 luglio 1992

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  • 01-01-2000
  • di James E. Alcock
Provate a considerare la seguente ipotesi: il dio Giove esiste, ed ha particolarmente a cuore il benessere economico del genere umano

Non voglio annoiarvi con i numerosi dettagli di carattere storico che avvalorano quest'ipotesi. Accettate semplicemente il fatto che vi e' motivo di credere che una persona, la quale ha fede in Giove e gli rivolge le opportune preghiere, possa in qualche misura influenzare l'andamento delle quotazioni in borsa.

Potremmo farci beffe di una simile credenza, ma supponiamo invece di volerla mettere alla prova. A questo scopo, scegliamo a caso settantacinque titoli azionari qualsiasi e suddividiamoli, sempre a caso, in tre gruppi di venticinque azioni l'uno che chiameremo Gruppo A, Gruppo B e Gruppo C. Selezioniamo poi venticinque soggetti, e a ognuno assegnamo un titolo azionario preso da ciascun gruppo. A tutti i soggetti viene chiesto di pregare Giove affinche' il valore delle azioni del Gruppo A salga, e quello delle azioni del Gruppo B scenda. Le azioni del Gruppo C vengono usate per il controllo, ed i soggetti non dovranno prenderle in considerazione.

La misura che se ne trae e' molto obiettiva: registriamo i cambiamenti subiti dal valore delle azioni nell'arco di una settimana a partire dall'inizio delle preghiere. (Naturalmente potremmo in seguito estendere le osservazioni ad altri periodi di tempo: una sbirciatina ai dati raccolti potrebbe farci scoprire che Giove lavora con ritmi diversi da quelli che abbiamo previsti. Inoltre, potrebbe risultare che Giove esaudisce solo le preghiere di alcuni soggetti.)

Supponete ora che in seguito a questo esperimento, anche se ancora non si vedono effetti immediatamente certi delle preghiere rivolte a Giove, io sia in grado di presentare un'analisi statistica secondo la quale, in media, il valore delle azioni di controllo C non e' praticamente cambiato, mentre quello delle azioni dei gruppi A e B e' variato leggermente, e in modo significativo, nelle direzioni previste. Voi siete inoltre liberi di esaminare minuziosamente il mio rapporto di ricerca e, se lo desiderate, di consultare anche tutte le minute che riportano i dati grezzi.

Su queste basi, vi chiedo di convenire con me che sono riuscito a dimostratre l'esistenza di Giove.

Vado ancora piu' in la'. Ipotizzo che Giove sia interessato a tutti gli esseri viventi. Esamino percio' fino a che punto egli sia disposto ad aiutare un gatto a rimanere al caldo in una fredda giornata d'inverno. Per vagliare questa ipotesi rinchiudo il gatto in una stanza gelida in cui l'unica fonte di calore e' una lampada elettrica. La lampada viene accesa e spenta ripetutamente da un generatore di eventi casuali. La mia ipotesi, secondo la quale l'intervento di Giove manterrebbe accesa la lampada per un tempo complessivamente maggiore di quello consentito da una sequenza veramente casuale, viene confermata dai dati che emergono. Questo dimostra che Giove ha aiutato il gatto, influenzando il processo casuale. Subito dopo introduco degli scarafaggi in una gabbia. Il pavimento della gabbia e' provvisto di elettrodi, tramite i quali gli insetti ricevono delle scariche ad un ritmo determinato da una sequenza di numeri casuali. Questa volta voglio vedere se Giove aiutera' gli scarafaggi ad evitare le scosse. Scopro invece che essi subiscono una quantita' di scariche elettriche maggiore di quanto ci si potrebbe aspettare dalla pura casualita'. Ne deduco che Giove detesta gli scarafaggi.

Proseguo sistemando dapprima un uovo fecondato, e poi uno non fecondato, sotto una lampada riscaldante, anch'essa attivata da un processo casuale. Comparo fra di loro i tempi di accensione della lampada nei due casi: l'uovo non fecondato non riceve alcun aiuto da Giove, poiche' la luce viene accesa e spenta secondo il consueto modello casuale. Al contrario, la luce sopra l'uovo fecondato rimane accesa per un tempo totale piu' lungo di quello dettato dal caso, e cio' mi porta alla conclusione che l'amore di Giove per le creature viventi lo ha di nuovo indotto a intervenire in un processo altrimenti del tutto casuale.

Le mie prove a favore dell'esistenza di Giove sono schiaccianti.

Questo e' cio' che Poundstone (1988) chiama il paradosso del "qualsiasi cosa conferma qualsiasi cosa": combinando insieme due ipotesi, la conferma di una di esse sembra convalidare anche l'altra.

IPOTESI: Giove esiste, e se voi gli rivolgete delle preghiere, l'andamento della borsa seguira' i vostri desideri.

PROVA: Alcuni soggetti hanno pregato, ed il valore delle azioni e' cambiato secondo le loro preghiere.

CONCLUSIONE: Giove esiste.

Vi faccio presente, nel caso in cui pensiate che io sia uno sciocco, che questi argomenti sono altrettanto solidi quanto quelli a favore della psicocinesi. In effetti, alcuni fra i piu' moderni esperimenti eseguiti nell'ambito della parapsicologia per dimostrare la realta' della psicocinesi, sono concettualmente identici a quelli che vi ho appena descritto. Si direbbe che vi sia implicato lo stesso tipo di problema logico :

IPOTESI: La psicocinesi esiste, e se provate a influenzare con la vostra mente un generatore di eventi casuali, voi ci riuscirete.

PROVA: I soggetti hanno voluto alterare col pensiero il comportamento di un generatore di eventi casuali, ed hanno avuto successo.

CONCLUSIONE: La psicocinesi esiste.

Potremmo comunque sostenere, in maniera altrettanto convincente, che tutto questo dimostra anche l'esistenza del dio Giove.

Ritornero' piu' tardi su questo punto.

LA MENTE ED I RAPPORTI DI CAUSALITA'

Tutti noi sappiamo bene che non basta il pensiero per accendere il fornello sotto la caffettiera, o per portare fuori la spazzatura; dobbiamo muovere i muscoli e svolgere fisicamente il nostro compito.

Eppure ciascuno di noi ha provato, in qualche momento della propria vita, ad influenzare il comportamento delle persone o delle cose mediante la sola forza del pensiero. Forse che nessuno ha mai lanciato dei dadi, "desiderando" l'uscita di un certo numero? Forse che nessuno ha mai osservato intensamente una persona di spalle, cercando di farla voltare? Questi sono dei comportamenti abbastanza naturali, dato che nel corso della crescita dobbiamo imparare a conoscere i limiti delle nostre capacita', e dobbiamo apprendere i concetti che riguardano la causalita'.

I bambini non nascono con la comprensione dei rapporti di causa-effetto. Il pensiero naturale e' quello MAGICO. Il pensiero magico consiste nella percezione di una relazione causale tra due eventi, senza pero' capire i legami causali fra questi stessi eventi. Esprimete un desiderio sotto una stella cadente, ed il vostro desiderio si avverera'. Incrociate le dita affinche' la sorte vi sia propizia. Pregate per ottenere aiuto.

I bambini sono apertamente "magici". Come ha detto il grande psicologo svizzero Jean Piaget, un bambino che vede la luna, prima dalla finestra della sua cameretta e poi dalla finestra della camera dei suoi genitori, pensera' che la luna lo stia seguendo. Questa deduzione non e' poi cosi' ingiustificata se uno non sa nulla di astronomia, o circa la natura della luna, o della tendenza degli oggetti naturali a non piegarsi alla nostra volonta'.

Come facciamo a sapere che cosa causa che cosa? Se vi trovate in una sala riunioni e osservate qualcuno di spalle, e costui si gira e vi guarda in viso, sara' stato forse il vostro sguardo a farlo voltare? Molta gente pensa che sia cosi', perche' cio' e' quanto l'esperienza dice loro. Una tale semplice convinzione, supportata da successi occasionali dovuti a coincidenze, oppure al fatto che una persona, mentre viene guardata intensamente, si e' voltata per vedere come mai nella sala e' calato il silenzio, e' sufficiente per convincere diversa gente che i poteri psichici esistono. Per ragioni analoghe, una buona dose di pensiero "magico" e' presente, sotto forma di rituali superstiziosi, all'interno delle sale da gioco o dei campi sportivi.

Cosa possiamo dire di tutti quei casi in cui fissate lo sguardo su di una persona, ma questa non si volta affatto, oppure desiderate fare dodici ai dadi ma il risultato del lancio e' diverso? Siete proprio sicuri che, se NON vi e' alcuna forma di controllo mentale in gioco, sperimenterete una tale quantita' di fallimenti, per cui un successo occasionale non vi impressionera' piu' di tanto?

E' qui il nocciolo del problema. Il nostro sistema nervoso non e' predisposto per svolgere accurate analisi di covarianza fra due variabili, ma per aiutarci a sopravvivere. Esso e' strutturato affinche' un'importante o evidente coincidenza fra due eventi (fisso la tua nuca e tu ti volti; desidero un doppio sei ai dadi e lo ottengo) lasci una forte impressione, mentre le non coincidenze fra le stesse due variabili siano largamente ignorate. Scottatevi la mano su di un fornello, ed il vostro cervello imparera' che i fornelli sono pericolosi. Toccate poi il fornello piu' volte senza scottarvi, ma il timore non svanira' del tutto. L'assimmetria di questi effetti e' importante per la sopravvivenza. Un animale che venisse aggredito da una volpe, e successivamente venisse lasciato in pace da un'altra volpe, non vivrebbe a lungo se la lezione tratta dalla prima esperienza venisse poi cancellata dalla seconda.

Dunque vi e' un'assimmetria nel modo in cui gli eventi influenzano il nostro sistema nervoso. Pochi episodi - a volte uno solo - di corrispondenza fra due avvenimenti sono sufficienti per controbilanciare un insieme molto numeroso di mancate corrispondenze, almeno per quanto riguarda la sensazione che un evento sia causa dell'altro. Certamente, coloro che credono che il fissare intensamente una persona alle spalle abbia un qualche effetto, sono anche convinti che questo non sempre si verifichi. Per questo motivo la loro credenza e' molto resistente alle smentite. La scienza e' essenzialmente un mezzo per cercare di fare in modo piu' accurato cio' che tutti noi tentiamo di fare nella vita quotidiana: capire che cosa causa che cosa. Solo la scienza cerca sistematicamente di eliminare spiegazioni alternative circa gli eventi concomitanti. Voi guardate, e qualcuno si volta. Lo scienziato vuole stabilire se il fatto di voltarsi abbia qualche legame con lo sguardo e, se cosi', in quale modo i due eventi siano fra loro connessi. Potrebbe forse trattarsi di una semplice coincidenza? Dopo tutto, ci sara' capitato spesso di stare seduti dietro ad altre persone, aspettandoci di vedere ogni tanto qualcuno girarsi per motivi suoi. O non sara' piuttosto che l'osservatore e' improvvisamente rimasto zitto ed immobile, e che questo repentino silenzio ha indotto l'altra persona a voltarsi per vedere che cosa e' successo?

LA PSICOCINESI

La psicocinesi si riferisce al movimento (la cinesi) di oggetti dovuto all'influenza della mente (la psiche). Sia che si consideri o meno come psicocinesi il fatto di osservare la nuca di qualcuno e di farlo voltare, il successo nell'influenzare il lancio dei dadi verrebbe sicuramente attribuito alla psicocinesi stessa.

Alla fine del secolo scorso, le indagini circa la possibilita' della psicocinesi non erano poi una cosa tanto inconsueta. Dopo tutto, quelli erano tempi di grandi scoperte: immaginate lo stupore per essere in qualche modo capaci di inviare suoni attraverso l'etere o dei fili, o per la possibilita' di rivelare delle emanazioni provenienti da certi pezzi di roccia, o per essere in grado di osservare l'interno di un corpo umano tramite una radiazione invisibile. Aggiungete a tutto questo il fatto che c'erano in giro molte persone, presumibilmente dotate, le quali affermavano di essere in grado di muovere degli oggetti dentro una stanza, se non con il loro potere mentale, almeno tramite l'intervento di una qualche entita' immateriale. Ne consegui' che, all'inizio di questo secolo, sia in Europa che negli USA, eminenti psicologi presero in seria considerazione la psicocinesi, insieme ad una sua cugina, la percezione extrasensoriale. La mancanza di prove relative ai fenomeni studiati indusse poi la maggior parte di loro ad abbandonare le ricerche in questo settore.

La ricerca nel campo della psicocinesi puo' essere divisa in tre fasi (Stanford, 1977).

- Dal 1934 al 1950, la scena era dominata da Joseph Banks Rhine, ed il principale banco di prova sperimentale era costituito dal lancio dei dadi. Tuttavia, come evidenziato da Stanford, queste sperimentazioni non venivano controllate con l'accuratezza che sarebbe stata necessaria. Malgrado il fatto che Rhine avesse alla fine optato per un lanciatore meccanico, molti studi vennero svolti lanciando i dadi a mano. Per giunta, i dadi stessi contengono un grosso artefatto: le facce con i numeri piu' alti sono le piu' leggere, per via delle concavita' dei puntini, e quindi sono anche quelle che hanno maggiori probabilita' di emergere. Questo problema veniva generalmente trascurato. Attualmente, a causa degli errori empirici, i parapsicologi non danno piu' molta importanza ai primi studi effettuati con i dadi, anche se vi e' un recente rinnovato interesse di cui trattero' in seguito.

- Attorno alla meta' degli anni quaranta, si scopri' l'effetto del "declino del quartile": ci si accorse che, se si esaminavano i risultati di una sessione sperimentale, la quantita' di successi era solitamente maggiore nel primo quarto della sessione che non durante l'ultimo, e questo fatto venne considerato come una proprieta' della psicocinesi. Le ricerche e le analisi vennero dirette sempre piu' verso questo ed altri effetti "interni", interpretati come segni della realta' della psicocinesi stessa.

- Dal 1951 al 1969, in cio' che Stanford chiamo' il "periodo di mezzo", il metodo dei dadi cadde in relativo disuso, e l'enfasi venne posta sul metodo dello "spostamento". Lo scopo consisteva nell'influenzare un dado od una pallina, in modo da farli muovere in una certa direzione mentre rotolavano lungo un piano inclinato. Tuttavia, come nel caso del lancio dei dadi, neppure qui emersero dei dati convincenti.

Nella terza fase di Stanford, l'uso di generatori elettronici di eventi casuali forni' cio' che i parapsicologi sperarono essere un elemento decisivo: d'ora in poi sarebbe stato possibile studiare l'influenza della mente su eventi davvero casuali, mediante l'uso di apparati automatici, del tutto obiettivi. Beloff ed Evans (1961) furono i primi a cercare gli effetti della psicocinesi sul fenomeno del decadimento radioattivo, ma non ebbero alcun successo. Helmut Schmidt fu il pioniere degli studi di psicocinesi condotti con l'aiuto di generatori di eventi casuali.

IL LAVORO DI HELMUT SCHMIDT

Un tipico esempio di apparecchio e di paradigma di Schmidt richiede quattro lampade connesse ad un circuito elettronico. Il circuito aziona in sequenza ciclica quattro interruttori, uno per ogni lampada. Quando un annesso contatore geiger rivela l'emissione di una particella da una sorgente radioattiva, il circuito si ferma, qualunque sia l'interruttore attivato in quel momento, e mantiene quindi stabilmente accesa una lampada. Lo scopo del soggetto e' di indurre una particolare lampada a rimanere accesa il piu' frequentemente possibile. Naturalmente, l'unico modo per sapere se il soggetto ha avuto successo consiste nel paragonare la frequenza delle accensioni della lampada prescelta con quanto ci si puo' attendere dal caso.

Con questo ed altri paradigmi simili, Schmidt sostenne di aver trovato prove convincenti a sostegno della psicocinesi. Fu lui a dimostrare successivamente che un gatto in un locale freddo poteva mantenere accesa una lampada, azionata casualmente, per un tempo totale maggiore di quanto consentito dal caso, e che degli scarafaggi subivano una quantita' di scariche elettriche maggiore di quanto ci si potesse aspettare (forse a causa dei poteri psicocinetici dello stesso Schmidt e della sua ripugnanza per gli scarafaggi), e che le uova fecondate potevano mantenere accesa una lampada riscaldante per un tempo maggiore del previsto.

Il lavoro di Schmidt si fece ancora piu' notevole, poiche' giunse apparentemente a dimostrare che la psicocinesi poteva estendere i propri effetti nel tempo, sia nel passato che nel futuro. Per esempio, Schmidt (1976) uso' un generatore casuale binario per produrre una serie di scelte casuali, le quali venivano tradotte in suoni impulsivi inviati agli auricolari di una cuffia stereofonica. La sequenza di suoni venne registrata su nastro magnetico in duplice copia, e uno dei due nastri venne messo al sicuro per i futuri controlli. L'altro nastro venne poi fatto ascoltare ad un soggetto, il cui compito era quello di indurre un aumento della frequenza degli impulsi che giungevano all'orecchio destro. Successivamente, Schmidt conto' il numero di impulsi che si erano verificati nel canale destro, e trovo' un evidente aumento statistico nella direzione voluta. Ma la cosa piu' importante, come da lui detto, fu che quando egli stesso paragono' la sequenza di impulsi del nastro sperimentale a quella registrata nella copia che era stata messa da parte, scopri' che erano identiche! Concluse quindi dicendo che il soggetto aveva influenzato ambedue i nastri, presumibilmente mediante il collasso di una funzione d'onda quantistica nel momento dell'osservazione (influenzando percio' in maniera identica i due nastri, tramite una qualche stravaganza della meccanica quantistica), oppure andando a ritroso nel tempo per alterare le serie nel momento in cui venivano generate. Lo scettico sarebbe rimasto molto piu' impressionato, se nel nastro ascoltato dal soggetto fossero state invece trovate delle differenze rispetto al contenuto del nastro di controllo!

Io (Alcock, 1987) riesaminai in dettaglio la ricerca di Schmidt nel mio rapporto preparatorio al resoconto dell'American National Research Council (Druckman e Swets, 1987). A parte un lavoro recente dal quale non emergono indizi relativi ad errori di metodo, ma che, per quanto ne so, non e' stato possibile replicare con successo, ho concluso che nessuno degli studi da lui pubblicati sarebbe stato accettato in una buona rivista di psicologia, a causa di importanti carenze metodologiche. I principali problemi che ricorrono nella sua ricerca comprendono:

1. Inadeguata dimostrazione dell'assenza di "polarizzazione" del generatore casuale. Invece di alternare le prove di controllo con le sedute sperimentali, Schmidt verificava la casualita' dei suoi generatori facendoli funzionare per lunghi periodi di tempo, spesso durante la notte.

2. L'inizio e la fine degli esperimenti erano stabiliti dai soggetti. Era consentito loro di giocherellare con la macchina, e quindi decidere quando iniziare a registrare le prove come sessione sperimentale vera e propria. Se si manifestavano dei brevi periodi di non-casualita' nei risultati, allora il soggetto, avvertendo di essere "caldo", poteva cominciare a prendere nota delle prove, per poi interrompere appena i successi diminuivano.

3. Fatto endemico nel campo della parapsicologia, la ricerca di Schmidt non e' mai stata replicabile, nel senso stretto di poterne riprodurre i risultati da parte di altri scienziati neutrali.

Bisogna anche notare che il margine di successo che Schmidt otteneva nei suoi lavori e' molto piccolo, anche se statisticamente significativo. Il valore medio dei successi nella sua ricerca era solo di poco superiore a quanto ci si puo' aspettare dal c1;0caso (per esempio: 50.53%, rispetto ad una probabilita' puramente casuale del 50.00%. (Palmer,1985)).

IL LAVORO DI ROBERT JAHN

Robert Jahn e' l'ex preside della facolta' di ingegneria all'universita' di Princeton, dove continua ad insegnare ed a svolgere attivita' di ricerca. Egli si e' convinto dell'esistenza della psicocinesi in base delle proprie ricerche, e accetta il fatto che essa possa trascendere non solo lo spazio, ma anche il tempo. Come Schmidt, anche lui cerca di interpretare le sue scoperte secondo i termini della meccanica quantistica. Grazie alla sua posizione di prestigio e alla sua reputazione, i suoi lavori e le sue conclusioni hanno sollevato molto piu' interesse di quelle di Schmidt, almeno al di fuori del settore della parapsicologia.

Jahn ha concentrato le sue ricerche in tre aree: (1) studi di psicocinesi in cui i soggetti tentano di influenzare l'uscita di un generatore di eventi casuali; (2) studi di macro-psicocinesi in cui i soggetti cercano di influenzare la caduta di palline in una macchina statistica dimostrativa, e (3) studi sulla visione a distanza.

Nei suoi studi con i generatori di numeri casuali, Jahn ha accumulato milioni di prove con un sistema automatizzato in cui i soggetti cercano di influire su di un processo casuale o pseudocasuale. In uno lavoro tipico, un generatore casuale binario viene predisposto per emettere una serie di 200 bit dopo che un tasto e' stato premuto. Questi 200 bit rappresentano una singola prova. Il soggetto osserva un display numerico il quale registra il numero totale di "uni" o di "zeri" contenuti nella serie. L'esperimento si svolge secondo un protocollo tripolare, nel senso che al soggetto viene chiesto di produrre un punteggio maggiore di 100, uno minore di 100, oppure, durante le prove di controllo, di non fare assolutamente nulla. Un singolo esperimento consiste in 50 prove in cui il soggetto deve "mirare" in alto, 50 prove in cui deve "mirare" in basso, e 50 prove di controllo. Una serie completa consiste in 50 di questi esperimenti.

Jahn ha raccolto tutti i dati ottenuti nel corso di diversi anni, durante i quali le sue apparecchiature avevano anche subito alcune modifiche. A dispetto dell'elevata significativita' statistica che Jahn attribuisce ai suoi risultati, Palmer (1985) calcolo' il valore medio dei successi per tutta la mole di dati, e scopri' che si trattava solo del 50,02%, contro un'aspettativa teorica del 50,00%. Comunque, per via dei milioni di prove effettuate, anche un minimo scostamento come questo assume un valore statistico molto significativo.

Esistono pero' diversi problemi nelle ricerche che Jahn ha eseguito con i generatori di numeri casuali:

(1) Per cominciare, la maggior parte della significativita' dei dati proveniva dai risultati ottenuti da un solo soggetto, che era poi la stessa persona che collabora con lui e gestisce il suo laboratorio. Jahn ha in seguito fornito altri dati i quali, secondo lui, indicano che gli effetti non sono limitati a quell'unico soggetto. In ogni caso, se si escludono i dati del primo soggetto particolarmente brillante, cio' che rimane ha un livello di significativita' dello .05, poco se paragonato alla significativita' molto elevata che si ottiene quando anche il primo soggetto viene preso in considerazione.

(2) Come evidenziato da Palmer (1985), Jahn non ha fornito alcuna documentazione circa i provvedimenti adottati per evitare che i risultati venissero manomessi dai soggetti. Il soggetto viene solitamente lasciato da solo con l'apparecchuatura durante lo svolgimento degli esperimenti.

(3) Le prove di controllo sono spesso eseguite separatamente dalle prove sperimentali, e questo e' un fatto assai rilevante, poiche' il paragone tra i due tipi di prove e' alla base del processo di inferenza.

(4) La distinzione fra studi formali e studi esplorativi non e' chiara. E' possibile che delle prove esplorative siano state qualche volta considerate a posteriori come delle prove formali, specialmente se i loro risultati sembravano positivi?

(5) Jahn esegue ripetute prove statistiche "post hoc" sui suoi dati, e percio' i livelli di significativita' da lui asseriti, che sono interpretati come se si riferissero ad una singola prova, risultano gonfiati in una misura imprecisata.

In conclusione, cio' che Jahn deve fare adesso e' condurre un esperimento: egli deve specificare in anticipo il protocollo sperimentale, completo delle previsioni che devono essere verificate, il numero dei soggetti, il numero delle prove, ecc. Finche' non fara' cosi', egli avra' raccolto soltanto una grandissima collezione di dati pilota.

Nei suoi studi con la cascata meccanica casuale, Jahn usa un dispositivo statistico dimostrativo, il quale consente la caduta di 9000 palline di polistirolo attraverso una matrice di 330 pioli, che le smista in 19 diversi contenitori secondo una distribuzione della popolazione che e' approssimativamente Gaussiana (Dunne, Nelson e Jahn, 1988). Gli operatori tentano di spostare la popolazione verso destra o verso sinistra. Al tempo di quella pubblicazione del 1988, quattro dei venticinque operatori coinvolti nelle ricerche avevano "ottenuto separazioni anomale, nei loro sforzi sia verso destra che verso sinistra", e altri due avevano ottenuto separazioni significative verso destra o verso sinistra dalla linea di base. Di nuovo, cio' che qui serve e' un esperimento delineato con chiarezza, con tutti i dettagli, inclusi i confronti statistici necessari, da specificare in anticipo.

Per quanto concerne gli studi di Jahn sulla visione a distanza, anche se essi non coinvolgono la psicocinesi, vale comunque la pena di riferire che essi sono stati recentemente esaminati in dettaglio da un gruppo di parapsicologi (Hansen, Utts e Marwick, 1991), i quali hanno concluso che:

"Gli esperimenti PEAR (Princeton Engineering Anomalies Research) di visione a distanza, si discostano da quelli che sono i criteri comunemente accettati della ricerca formale nell'ambito scientifico. Infatti, essi sono indubbiamente fra i peggiori esperimenti di percezione extrasensoriale mai pubblicati in molti anni. Le carenze forniscono spiegazioni alternative plausibili. Non sembra esserci alcun metodo statistico disponibile per la valutazione di questi esperimenti, a causa del modo in cui essi sono stati condotti." (p. 198)

Mentre non possiamo concludere direttamente che la medesima trasandatezza sperimentale abbia caratterizzato il suo lavoro sulla psicocinesi, questa valutazione negativa da parte degli stessi parapsicologi non depone comunque molto a favore della qualita' degli sforzi sperimentali nel laboratorio di Jahn. Dopo tutto, e' lo stesso Jahn che traccia un parallelo tra i risultati ottenuti nei suoi studi sui generatori di numeri casuali, la cascata meccanica, e la visione a distanza:

"Quattro esperimenti tecnicamente e concettualmente distinti - un generatore binario casuale pilotato da una sorgente elettronica di rumore a diodo; un generatore pseudocasuale deterministico; una cascata meccanica su larga scala; un protocollo digitalizzato di percezione a distanza - mostrano degli andamenti sorprendentemente simili nello scostamento dei conteggi dalle rispettive distribuzioni casuali. ...In ciascun caso, il risultato equivale ad una semplice trasposizione marginale dell'appropriata distribuzione statistica Gaussiana verso un nuovo valore medio... o, in modo equivalente, ad un cambiamento della probabilita' fondamentale del processo binario di base (p)..." (Jahn, York e Dunne, 1991, Abstract).

LE META-ANALISI: VINO VECCHIO IN BOTTIGLIE NUOVE

La meta-analisi e' uno strumento per la revisione dei lavori pubblicati. Essa fornisce una procedura statistica per esaminare studi sperimentali correlati, e farsi un'idea di quanto essi supportino collettivamente una particolare ipotesi.

La meta-analisi e' diventata molto popolare nella parapsicologia contemporanea. Viene usata per dimostrare che c'e' una chiara indicazione, proveniente non solo da studi individuali che potrebbero essere affetti da errori, ma bensi' da un'ampia collezione di ricerche, che le anomalie statistiche, sempre implicitamente o esplicitamente interpretate come il risultato di influenze psichiche, esistono.

Mentre passero' in rassegna alcune delle recenti meta-analisi che sono state pubblicate, tenete presente che e' molto difficile trovare in letteratura uno studio parapsicologico il quale non contenga qualche importante errore metodologico. Dunque, anche se la meta-analisi puo' dimostrare una complessiva deviazione dalla casualita', essa non dice nulla circa i motivi di una simile anomalia, e gli errori di metodo possono esserne una spiegazione altrettanto valida quanto qualsiasi altra.

Ricorderete che in precedenza avevo detto che gli studi con i dadi erano caduti in disuso nelle ricerche di parapsicologia. Tuttavia, Radin (1991) ha presentato una meta-analisi relativa a 73 rapporti pubblicati tra il 1935 ed il 1987, per un totale di 148 studi e piu' di due milioni di lanci di dadi, in cui erano coinvolti 52 investigatori e oltre 2500 soggetti. Egli scopri' che c'era effettivamente la presenza di un artefatto quando l'obiettivo era la faccia con un numero alto, come il sei. Ma quando si mise ad analizzare un sottoinsieme di 59 studi intesi a verificare proprio questo artefatto, trovo' le prove di "un effetto indipendentemente replicabile, significativamente positivo", e non spiegabile in termini di resoconti parziali o di differenze nella qualita' metodologica.

Radin e Nelson (1991) hanno condotto una meta-analisi di "tutti gli esperimenti conosciuti che studiano le possibili interazioni tra lo stato di coscienza ed il comportamento statistico dei generatori di numeri casuali", prendendo in esame 597 studi sperimentali e 235 studi di controllo pubblicati tra il 1959 ed il 1987. (Questi provenivano da 152 differenti relazioni - uno studio definito come la piu' grande possibile aggregazione di dati non sovrapposti e raccolti con un unico scopo ben preciso). Gli autori hanno concluso che gli studi di controllo si conformano bene alle aspettative di casualita', mentre gli effetti sperimentali deviano significativamente da queste aspettative:

"L'entita' dell'effetto complessivo ottenuto in condizioni sperimentali non puo' essere adeguatamente spiegata con carenze metodologiche o parzialita' nei resoconti. Percio', dopo aver considerato tutte le testimonianze ottenibili, pubblicate e non, mitigate da tutte le legittime critiche emerse fino ad oggi, e' difficile evitare la conclusione che, in determinate circostanze, la mente interagisce con sistemi fisici casuali. (Resta ancora da vedere se questo effetto sara' alla fine attribuito ad un qualche artefatto metodologico sin qui trascurato, o ad un nuovo tipo di perturbazione bioelettrica di sensibili dispositivi elettronici, o se verra' considerato come un contributo empirico alla filosofia della mente.)" (p. 1152).

Che cosa ci rimane? Si direbbe che se usiamo generatori sia di eventi propriamente casuali oppure pseudocasuali deterministici, e sia che cerchiamo effetti in tempo reale o dispersi a ritroso o in avanti nel tempo, e sia che lavoriamo con eventi di microlivello o di macrolivello come nella cascata casuale di Jahn, l'entita' degli effetti sara' virtualmente la stessa (Jahn, York e Dunne, 1991). A detta di Schmidt (1988), sia gli esperimenti con diversi tipi di flipper a monete e sia quelli con i dadi forniscono effetti psicocinetici dello stesso ordine di grandezza, e nessuno e' mai stato capace di realizzare un generatore casuale apprezzabilmente piu' sensibile di altri.

Per giunta, Stanford (1977), passando in rivista la psicocinesi, concluse che il successo in questo campo non dipende dalla conoscenza dell'obiettivo, dalla natura o dall'esistenza del generatore di eventi casuali, dalla complessita' o dal progetto del generatore di numeri casuali, e neppure dal fatto che ci si stia cimentando in uno studio di psicocinesi. Egli concluse dicendo che, in qualche modo, il fenomeno psicocinetico si manifesta senza che vi sia una qualche forma di elaborazione da parte dell'organismo, ed avviene in modo tale da raggiungere lo scopo senza nessuna mediazione sensoriale. Chiaramente, tutto questo ricorda molto da vicino la cosiddetta magia naturale: esprimi un desiderio ed esso si avverera'.

Le nostre convinzioni aprioristiche sono la chiave per determinare se siamo disposti ad assegnare alla psicocinesi il ruolo di agente causale delle deviazioni statistiche. Jefferys (1990) ha criticato l'applicazione dell'analisi statistica classica agli studi eseguiti con generatori di numeri casuali, in quanto essa non sarebbe adatta a questo tipo di dati e porterebbe ad una grossolana sopravvalutazione della significativita' dei risultati. In effetti, egli afferma che l'analisi Bayesiana, la quale prevede la presenza di convinzioni aprioristiche, mostra che piccoli valori di "p" possono non essere sufficienti a provare l'esistenza di un fenomeno anomalo. Jefferys illustra questo punto utilizzando una parte dei dati raccolti da Jahn. A seconda delle ipotesi formulate a priori, l'analisi Bayesiana dei dati di Jahn potrebbe addirittura indurre ad essere piuttosto scettici.

In conclusione, cio' che Jahn ed altri devono fare e' innanzitutto un esperimento ben concepito, con previsioni chiare, con dichiarazioni specifiche circa quanto verra' sottoposto ad esame ed al numero delle prove, ecc. Poi, se emergono dei risultati, occorre replicare in modo indipendente gli esperimenti. Successivamente bisogna cercare di capire che cosa produce gli scostamenti dalla pura casualita', invece di etichettarli subito come fenomeni psicocinetici, e poi concretizzare il concetto di psicocinesi in modo da spiegare quegli scostamenti.

Nel frattempo, a causa di carenze metodologiche, di previsioni malamente definite, e dell'incapacita' di replicare gli esperimenti da parte di altri studiosi, non ci sono, secondo me, dati anomali da spiegare. E se anche vi fossero, essi potrebbero puntare altrettanto bene nella direzione dell'esistenza del dio Giove quanto in quella della psicocinesi.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI


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