I falsi diari di Hitler

L'incredibile storia della più giovane frode editoriale del secolo

  • In Articoli
  • 14-05-2003
  • di Romolo G. Capuano

Contrariamente a quanto ci comunicano i libri che studiamo a scuola, la storia è lontana dall'essere un resoconto obiettivo e imparziale delle vicende umane. La necessità di selezionare il proteiforme materiale che compone le vicende umane da parte degli storici professionisti; l'adozione di visioni del mondo eterogenee; le questioni di "ragion di stato"; la censura e la volontà politica di offrire resoconti tendenziosi a vantaggio di alcuni gruppi e a danno di altri sono solo alcuni dei motivi che hanno impedito e impediscono di acquisire un punto di vista obiettivo su come si svolgono le vicende umane. Secondo alcuni studiosi, la stessa idea di obiettività storica è un'impossibile chimera in quanto la narrazione della storia è sempre condizionata da fattori soggettivi che pregiudicherebbero persino il lavoro dello scienziato più onesto. In Italia, come rivela lo storico inglese Denis Mack Smith1, è ormai noto che una serie di documenti personali (lettere, diari, resoconti eccetera) di importanti personaggi storici sono stati falsati o pubblicati in maniera artatamente parziale per conseguire determinati effetti politici e pratici. Ne sono un esempio il diario del gerarca fascista Giuseppe Bottai, il diario del presidente del Senato negli anni 1887-98 Domenico Farini, alcuni documenti di Garibaldi, Mussolini e D'Annunzio. A proposito di Risorgimento, poi, è risaputo che alcune lettere attribuite a Mazzini rappresentano un falso inventato e reso pubblico per screditare la sua figura.

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Una pagina dei presunti diari di Hitler

 

Le osservazioni di Denis Mack Smith aprono lo sguardo su uno dei fattori più sottovalutati e meno conosciuti di disinformazione storica: la creazione di falsi documenti o testimonianze allo scopo di diffondere una certa versione dei fatti, conseguire guadagni illeciti, screditare un avversario o compiere semplicemente una burla. Numerosi sono gli esempi che si possono riferire.

Tra il 1937 e il 1938, la pubblicazione dei Protocolli degli anziani di Sion, nonostante l'accertata falsità del testo, contribuì a diffondere la teoria di un complotto ebraico per il dominio del mondo con conseguenze nefaste sulle sorti di milioni di ebrei trucidati nei campi di concentramento nazisti.

Tra l'agosto e il settembre del 1984, tre ragazzi di Livorno, Pietro Luridiana, Pierfrancesco Ferrucci e Michele Ghelarducci, ordirono una delle più clamorose beffe che la storia dell'arte ricordi: quella delle tre teste di bronzo ritrovate nei Fossi Medicei ed attribuite a Modigliani. Il falso fu tanto più clamoroso perché coinvolse molti accademici dell'epoca, convinti dell'assoluta bontà delle opere e testimoniò della fragilità dei criteri adoperati per distinguere ciò che è autentico da ciò che autentico non è.

Nel dicembre del 1989, i giornali e le televisioni di tutto il mondo annunciarono l'eccidio di quattromila persone a Timisoara, in Romania, da parte della Securitate di Ceausescu. Si parlò del massacro più spaventoso dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Qualche mese dopo, la verità: la televisione aveva semplicemente mostrato i cadaveri di tredici barboni seppelliti in modo approssimativo.

Il caso più clamoroso di falso storico, se non altro per il numero di persone, interessi e la quantità di danaro coinvolti è, però, sicuramente la vicenda dei falsi diari di Hitler: "Il più grande falso del secolo" come lo definì qualcuno. Il 25 aprile 1983, nella sala mensa del periodico tedesco Stern, duecento giornalisti venuti da tutto il mondo e ventisette troupe televisive si ritrovarono per immortalare e diffondere ovunque le immagini di quello che era già stato etichettato come l'evento editoriale del secolo: la presentazione dei "diari di Hitler", un prezioso documento che avrebbe dovuto gettare nuova luce sulla storia della Germania nazista e del mondo intero. I dirigenti di Stern al completo avevano magnificato il ritrovamento rilevandone le difficoltà e i pericoli di acquisizione e difendendo l'autenticità dei diari da ogni sospetto. A conferma della bontà degli scritti, quelli di Stern potevano contare sulla testimonianza favorevole dello storico inglese Hugh Redwald Trevor-Roper, da tutti stimato come valente scrittore ed esperto ricercatore. Non a caso, a un certo punto della conferenza stampa, fu lo stesso Trevor-Roper a prendere la parola. Il suo discorso avrebbe dovuto porre il sigillo finale sulla vicenda. Tutti pendevano dalle sue labbra e, in effetti, qualcosa lo storico inglese disse, ma non nel senso che si aspettavano gli uomini di Stern. Le sue parole ebbero l'effetto di un fulmine a ciel sereno: "I diari potrebbero essere autentici, ma l'ipotesi mi sembra ora più debole. In fondo, i falsi perfetti sono una cosa che esiste". Lo scandalo che ne nacque fu solo l'inizio di una serie di ripetuti colpi di scena che provarono l'assoluta falsità dei presunti diari del Fuhrer e trascinarono nel fango la reputazione di tanti giornalisti e storici fino ad allora ritenuti impeccabili professionisti, tra cui lo stesso Trevor-Roper. Al termine della vicenda quattro milioni di dollari andarono in fumo, quattro direttori editoriali, in tre diversi paesi, persero il posto. Nel giro di cinque giorni, la vicenda dei diari di Hitler si trasformò in un'enorme soap opera televisiva e giornalistica con ingredienti degni di un grande sceneggiatore: un aereo misterioso precipitato durante la guerra, milioni di dollari, grandi nomi, documenti tenuti segreti nel caveau di una banca svizzera...

Ma cosa era successo veramente e come era potuto succedere?

I fatti

Il 1 aprile 1983 lo storico inglese Hugh Redwald Trevor-Roper, autore dell'importante volume Gli ultimi giorni di Hitler e considerato uno dei massimi esperti della vita del leader nazista, è informato dal vicedirettore del Times, Colin Webb, che la rivista tedesca Stern ha scoperto i diari privati di Adolf Hitler. Nonostante il suo scetticismo iniziale - né negli archivi tedeschi né nelle memorie dei fedeli di Hitler si trovano riferimenti a un qualsiasi diario - l'8 aprile 1983 Trevor-Roper si reca in aereo alla Handelsbank di Zurigo che ha in custodia i 58 quaderni di diari, in formato A4 con copertina nera rigida, tutti coerentemente siglati dal leader nazista a fondo pagina. I quaderni formano una colonna di oltre un metro e mezzo. Ad attenderlo trova tre rappresentanti della rivista Stern. I tre esibiscono dei referti che dimostrano l'autenticità dei diari, documentata da tre distinti periti calligrafi. Rispondono, inoltre, a tutte le possibili domande e obiezioni di Trevor-Roper, il quale trasforma la sua iniziale diffidenza in certezza. I diari sono stati procurati grazie alla mediazione del giornalista Gerd Heidemann, il quale li ha avuti da una fonte che ha messo in pericolo la propria esistenza pur di assicurare al pubblico i preziosi documenti. I diari sono stati prelevati da un aereo della Seconda Guerra Mondiale schiantatosi a Berlino e carico di importanti carte del Fuhrer. Alcuni contadini hanno ritrovato le carte e le hanno consegnate ad un collezionista di cimeli nazisti, Konrad Kujau, tramite la mediazione di un non menzionato generale della Germania Est. Da questi i diari sono passati a Gerd Heidemann e da quest'ultimo a Stern. Dopo le analisi grafologiche di rito, Stern progetta di vendere i diritti di pubblicazione a Newsweek in America e The London Times in Inghilterra. Ventiquattro ore dopo l'assenso di Trevor-Ropes, Rupert Murdoch, proprietario di Times, offre tre milioni di dollari in cambio dei diritti per il mondo intero. Due settimane dopo, mentre la stampa dà già notizia del clamoroso ritrovamento e il giro d'affari raggiunge cifre da capogiro, il comunicato di un laboratorio della polizia scientifica annuncia che i diari sono frutto di un falso, essendo costituiti da materiale prodotto dopo la Seconda Guerra Mondiale. L'autore dei falsi è appunto Konrad Kujau, già conosciuto alla polizia per la sua attività di falsificatore, la cui identità non è rivelata che al termine della incredibile vicenda e che diventerà addirittura una star, nonostante la condanna a quattro anni e sei mesi di reclusione. Non esiste nessun generale della Germania Est, nessun aereo carico di documenti diaristici del Fuhrer, nessun contadino che abbia salvato qualcosa dalle fiamme. Niente di niente.

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Konrad Kujau, alias Konrad "Fischer", meglio conosciuto come "Conny", passò dalla contraffazione di buoni-pasto alla falsificazione di sessanta quaderni di diari hitleriani: la più costosa e più pubblicizzata frode nella storia dell'editoria.

 

Come è possibile che storici di grande fama, nonostante l'improbabilità dell'esistenza di un diario personale di Hitler, siano stati tratti così facilmente in inganno? Perché Heidemann si è fidato ciecamente di Kujau e, in genere, perché i protagonisti di questa vicenda non si sono preoccupati di controllare l'affidabilità delle fonti? Perché Stern è ricorso a semplici analisi grafologiche e non alle più affidabili analisi chimiche? Come è possibile che un solo uomo con precedenti penali per contraffazione e falsificazione possa aver prodotto una truffa dalle conseguenze così clamorose?

Ricordiamo che già nel 1968, erano stati offerti al Sunday Times i diari di Benito Mussolini, al prezzo di 250 mila sterline. Anche in quell'occasione le analisi dei numerosi periti non erano riuscite a riscontrare nulla di sospetto e al trafficante d'armi d'origine polacca che faceva da intermediario erano state anticipate 100 mila sterline. Alla fine, i diari si erano rivelati un falso prodotto da una certa Amalia Panini e dalla ottantaquattrenne madre, Rosa, con gravi conseguenze sulla credibilità del Sunday Times.

Data l'esistenza di questo precedente, come mai un uomo d'affari furbo e smaliziato come Rupert Murdoch ha dato immediatamente l'assenso alla pubblicazione dei falsi diari?

Per rispondere a tutte queste domande dobbiamo prendere in considerazione una serie di fattori che, nonostante la loro apparente improbabilità, hanno giocato un ruolo fondamentale nel decidere le sorti di questa catastrofe editoriale. Vedremo, poi, che molti di questi fattori ritornano come costanti nella spiegazione di episodi simili di falsi storici.

Gli elementi della vicenda

Clima favorevole

Per certi versi, la scomparsa di Hitler prestava ancora il fianco a misteriose speculazioni. Prima di suicidarsi con Eva Braun il 30 aprile 1945, il Fuhrer aveva dato disposizione che alcuni suoi documenti privati venissero bruciati, ma non tutti furono distrutti. Alcune missive passarono di mano in mano fino a far perdere le tracce e a dar origine a decine di congetture sulla loro sorte. Il CIC - il Counter-Intelligence Corps americano - aveva dato credito alla voce dell'esistenza di un diario di Hitler. I più stretti collaboratori nazisti avevano invece negato ogni fondamento alla diceria. Secondo alcuni storici, Hitler non aveva scritto niente di suo pugno già dal 1933.

Dalla fine della guerra, le voci sulla sopravvivenza di Hitler e Eva Braun si erano moltiplicate vertiginosamente: alcuni dicevano che lavorava come croupier in un casinò, altri che era pastore nelle Alpi svizzere, altri ancora lo avevano visto in Albania, Italia, Irlanda occidentale, in Argentina o in Spagna. A partire dagli anni Cinquanta, la marea di speculazioni sul destino di Hitler e dei suoi fedeli raggiunse dimensioni farsesche con mitomani che si proclamavano figli del capo nazista, folli che confessavano i propri amori più o meno clandestini e più o meno eterosessuali con il Fuhrer, invasati che dichiaravano di possedere questo o quel cimelio appartenuto all' "uomo del secolo". Insomma, era diffuso un clima favorevole al sensazionalismo più bieco incoraggiato da speculatori pronti a tutto pur di realizzare lo scoop di una vita. Nonostante fossero trascorsi quasi quarant'anni dalla morte, la figura di Hitler attirava lettori e stimolava la produzione di qualsiasi genere di informazione. La gente, semplicemente, provava interesse per Hitler e il nazismo ed era disposta a prestare attenzione a qualunque testimonianza, soprattutto se sufficientemente pepata.

Esperti

L'aspetto forse più farsesco della vicenda fu il ricorso a "esperti" che, in realtà, esperti non erano. Trevor-Roper, accreditato come massima autorità storica e consulente pienamente affidabile, era in realtà specializzato nel Sei-Settecento, non parlava il tedesco sufficientemente bene e non era in grado di leggere i caratteri arcaici con cui erano scritti i falsi diari. Quando i dirigenti di Stern gli dissero che l'autenticità dei diari era garantita da ben tre analisi grafologiche e che le fonti da cui provenivano i diari erano attendibili, lo storico inglese si lasciò ingenuamente convincere e non palesò il minimo dubbio. Solo successivamente, quando ormai era troppo tardi perché Stern facesse marcia indietro, Trevor-Roper si ravvide dell'errore. Degli altri esperti chiamati in causa, lo storico Gerhard Weinberg, pure conosciuto come ricercatore meticoloso, non era però ben addentro alle cose di Hitler; Eberhard Jackel, professore di storia all'Università di Stoccarda fu coinvolto solo inizialmente; August Priesack si rivelò poco più che un imbroglione.

Insomma, gli esperti convocati, per lo più non erano tali o, comunque, erano esperti in periodi della storia diversi dal nazismo. Il loro coinvolgimento nella vicenda era dovuto o alla loro fama - come se essere competenti in un settore autorizzasse una competenza universale - o alla loro disponibilità. Straordinariamente, non furono interpellati storici tedeschi ben più versati, che ebbero la possibilità di dire la loro solo a scandalo scoppiato.

Personaggi

La clamorosa vicenda dei falsi diari di Hitler si sviluppò in farsa anche in virtù di alcuni dei suoi protagonisti: individui ossessionati da ambizioni monetarie, velleità di grandezza o scoop giornalistici. Gerd Heidemann, il giornalista di Stern che fu incaricato di acquisire i diari, era un uomo tormentato da un interesse morboso per il nazismo e tutto ciò che riguardava Hitler. Motivato da un desiderio viscerale di realizzare uno scoop sul nazismo, si mostrò disposto a buttarsi su qualsiasi traccia potesse, anche lontanamente, condurre ad una testimonianza del passato nazista. In questo senso, non sorprende che sia caduto vittima della truffa di Kujau. Ad un certo punto prestò fede anche a Medardus Leopold Karl Klapper, un altro truffatore, che gli assicurò che l'avrebbe fatto mettere in contatto nientedimeno che con il "grande vecchio" nazista Martin Bormann. Heidemann continuò a credere all'autenticità dei diari anche quando la loro falsità apparve evidente. Fino all'ultimo, ripeté a tutti che i diari non potevano non essere veri e che doveva esserci qualche errore nelle analisi chimiche che provavano il contrario. Un incredibile esempio di autoinganno al limite della patologia mentale. Heidemann fu condannato a quattro anni e otto mesi di reclusione.

Konrad Paul Kujau, alias Konrad Fischer, alias Peter Fischer, alias Heinz Fischer, alias dottor Fischer, alias dottor Kujau, alias "il professore", alias "il generale", noto agli amici come "Conny", falsificatore imbroglione, contraffattore, ladruncolo e bugiardo patologico, vero protagonista di tutta la vicenda, aveva cominciato ad alterare la sua identità e il suo nome già dopo i vent'anni, e a falsificare documenti, non solo nazisti, già in giovane età. Per i suoi diari, Kujau, attinse a mani basse ai Discorsi e proclami di Hitler, resoconto cronologico delle attività del Fuhrer compilato nel 1962 dallo storico tedesco Max Domarus, un'opera nota agli specialisti, ma che nessuno di Stern si sognò di consultare. Kujau era sicuramente un truffatore nato, ma la leggerezza con cui fu trattata la questioni delle fonti in tutta la vicenda ha dell'incredibile. I direttori di Stern si erano fidati del management; il management si era fidato di Heidemann; Heidemann si era fidato di Kujau e tutti sembravano aver fatto di tutto per ostacolare la conoscenza della verità. Un monumentale esempio di dilettantismo storiografico per Robert Harris, autore di uno splendido volume che ricostruisce in maniera avvincente la storia dei falsi diari2.

Mancanza di un approccio scientifico

Per esser certi dell'autenticità dei diari, quelli di Stern ricorsero a periti inadeguati e non esperti di documenti nazisti e a perizie calligrafiche piuttosto che alle più affidabili tecniche chimiche. Un errore che oggi, probabilmente, nemmeno un pivellino commetterebbe. Solo la perizia eseguita dal Bundesarchiv, l'Archivio Federale tedesco, rivelò definitivamente la falsità dei diari il 6 maggio 1983. I quaderni di Kujau, infatti, erano scritti su comuni quaderni macchiati di tè, con iniziali di plastica e frasi scritte in un periodo di oltre trent'anni, ma tutti opera della stessa macchina da scrivere. La carta era stata fabbricata dopo il 1945 e conteneva prodotti chimici che una comune analisi avrebbe facilmente rivelato posteriori al 1945 come il poliestere, composto realizzato solo a partire dal 1953 e un tipo di sbiancante prodotto solo a partire dal 1955. L'inchiostro era molto comune. I caratteri non presentavano tracce di usura nella matrice. La misurazione del cloruro evaporato dall'inchiostro rivelava che questo era molto recente. Lo stesso testo era stato scritto da un uomo di cultura non certo raffinata e che aveva proceduto in maniera piuttosto frettolosa. In esso erano contenuti grossolani errori di cronologia che attribuivano determinati eventi a date posteriori o anteriori (ad esempio, una legge approvata il 19 gennaio 1933 era stata attribuita nel diario al 19 gennaio 1934). Infine, il contenuto dei diari era assolutamente banale, consistendo di notazioni ricopiate integralmente da fonti già pubbliche. Insomma, un falso evidente che solo la cupidigia, l'avidità e la brama di scoop dei giornalisti di Stern non erano riusciti ad esporre per quello che era. Nessuno, infatti - è opportuno ripeterlo - si era preso la briga di controllare la fonte di provenienza dei diari, né Heidemann, l'unico a conoscenza, ne rivelò mai l'identità, se non alla fine quando fu costretto con le spalle al muro. Quando si ricorse ad una perizia chimica, i primi risultati negativi furono considerati non affidabili, dovuti probabilmente ad un errore di laboratorio o a inesperienza. Bisognò attendere la laconica comunicazione di un laboratorio per apprendere stupefatti che quei quaderni tanto preziosi erano in realtà dei falsi.

Errori cognitivi e di valutazione

Nella vicenda Stern, un errore si aggiunse all'altro. Le ingenti somme sborsate per l'acquisto dei primi falsi diari divennero la garanzia che ulteriori esborsi erano giustificati. Perché, altrimenti, si sarebbe pagato così tanto inizialmente? Gli errori di alcuni dirigenti di Stern divennero alibi per gli errori di altri dirigenti perché, altrimenti, si sarebbe dovuto ammettere che i primi avevano sbagliato. Ad un certo punto, i diari, semplicemente, "dovevano essere veri", anche perché non si riusciva a capire come qualcuno potesse prendersi la briga di falsificare tante pagine e tante firme del Fuhrer. Ogni pagina del diario, infatti, era vergata dalla firma di Hitler. Come rivelò Gina, la moglie di Gerd Heidemann: "Qualsiasi cosa accada, nell'autenticità di quei diari noi crederemo sempre"3. Un clamoroso esempio di wishful thinking e di attenzione selettiva. Infatti, i minimi dubbi sull'autenticità dei diari furono subito spazzati via come insignificanti. Tutto quadrava. Tutto andava bene. I personaggi coinvolti nella vicenda dei falsi diari di Hitler volevano credere che quei quaderni fossero autentici, che quella grafia appartenesse al Fuhrer, che provenissero da fonte fidata. Solo la dura rivelazione finale li scosse dal loro torpore editoriale, con conseguenze disastrose in termini economici e psicologici.

Teorie della cospirazione

Prima della rivelazione del nome del falsario, le più disparate teorie del complotto avevano tentato di dare una spiegazione "adeguata" dell'episodio. Si riteneva, infatti, che nessuno avrebbe potuto falsificare tante pagine da solo e che, di conseguenza, una qualche grossa organizzazione avesse tramato per uno scopo preciso. Si parlò di trame della CIA miranti a riabilitare il capo dei criminali fascisti; di complotti dei comunisti per esacerbare i rapporti tra Stati Uniti e Germania; di un centro di falsari nella Germania Est teso a produrre controinformazione e diffamare l'Occidente, la NATO e, in particolare, la Germania Ovest. Insomma, per i comunisti era un complotto dei capitalisti; per i capitalisti una sinistra trama dei comunisti; per chi si occupava di nazismo era la prova che i nazisti avevano ancora influenza sul mondo. Ognuno vedeva nell'accadimento quello che voleva, o meglio, quello che più corrispondeva al proprio bagaglio di credenze e valori. La rozzezza dei falsi e la frettolosità della loro composizione non indusse nessuno a riflettere che un vero cospiratore avrebbe prestato almeno una maggiore attenzione al proprio lavoro e non si sarebbe affidato a tanta superficialità, considerati gli scopi paventati di destabilizzazione e controinformazione.

Ricette per un falso

La vicenda dei falsi diari di Hitler è emblematica del modo in cui fattori psicologici, sociologici e storici possono "cospirare" a creare un terreno favorevole a truffe e contraffazioni. Si può addirittura sostenere che indichi tutti gli ingredienti necessari a una ricetta della truffa di successo.

Innanzitutto è necessario poter contare su un complesso di aspettative favorevoli all'evento contraffatto. Non è inverosimile pensare che, se i falsi di Kujau fossero stati concepiti in un altro periodo storico, sarebbero stati editorialmente meno "caldi".

In secondo luogo, è indispensabile il contributo "involontario" di sedicenti esperti. Se i falsi diari fossero stati immediatamente sottoposti ad analisi chimiche, la truffa di Kujau sarebbe stato immediatamente scoperta e relegata ad un trafiletto nelle pagine di cronaca.

Indubbiamente, poi, una grossa mano l'hanno data anche i giornalisti di Stern: quando la brama di soldi, popolarità e successo ha la meglio sull'accuratezza delle indagini e sul controllo rigoroso delle fonti - caratteristiche che dovrebbero essere i capisaldi di ogni attività editoriale - è prevedibile che accadano eventi del genere. Infine, non dobbiamo dimenticare che, psicologicamente, un ruolo importante è stato svolto anche dagli errori di distorsione cognitiva commessi dai protagonisti. Prima dell'annuncio ufficiale di Stern, il 25 aprile 1983, esistevano già alcuni elementi per dubitare della bontà dei diari del Fuhrer. Ma, ormai, si era andati troppo avanti e i documenti "non potevano che essere veri". I desideri dei protagonisti avevano avuto la meglio sull'evidenza della realtà con le conseguenze sopra descritte.

A ben vedere, questi elementi appaiono costanti quasi imprescindibili di tutte le truffe del genere. Recentemente, a Washington, secondo una notizia riportata da la Repubblica il 29 agosto 2002, un truffatore di origine italiana, Michael Pellegrino, è stato accusato da una delle principali case editrici americane, la Simon & Schuster, di averla truffata per essersi spacciato come Michael Gambino, il nipote di Carlo Gambino, il leggendario "Padrino" che ha ispirato i romanzi di Mario Puzo, e di essere riuscito a farle pubblicare un falso romanzo che descrive la mafia italo-americana dall'interno. La Simon & Schuster ha bloccato la distribuzione del libro, intitolato The Honored Society, e sta ora tentando di recuperare l'anticipo di 500 mila dollari versato al falso Michael Gambino.

Come si vede, niente di nuovo sul fronte delle truffe.

Romolo G. Capuano

Sociologo presso il comune

di Sorrento (NA) e Criminologo

presso la Casa Circondariale

di Sala Consilina (SA)

Note

1) Mack Smith D. 1998.

2) Harris R. 2001.

3) Harris R. 2001, p. 347.

Bibliografia

1) Barbato, A. 1996. Come si manipola l'informazione. Roma: Editori Riuniti.

2) Belardelli G., Cafagna L., Galli della Loggia E., Sabbatucci G. 1999. Miti e storia dell'Italia unita. Bologna: Il Mulino

3) Fracassi C. 1994. Sotto la notizia niente. Roma: Libera Informazione Editrice

4) Harris R. 2001. I diari di Hitler. Milano: Mondatori.

5) Mack Smith D. 1998. La storia manipolata. Roma-Bari: Laterza.

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