Le macchine possono pensare?

  • In Articoli
  • 28-03-2001
  • di Andrea Battiston, Roberto Mancin

Il CICAP si occupa di fenomeni insoliti ma verificabili e falsificabili. Ci siamo dunque posti la seguente domanda: l'affermazione "Questa macchina pensa!" è controllabile? Con il seguente articolo abbiamo cercato di fornire una risposta.

Il test comportamentale di Turing

Alan Mathison Turing nasce a Londra nel 1912 e muore suicida a soli 41 anni. Già da bambino è pieno di curiosità e ironia. Studente molto dotato per la matematica, si iscrive a Cambridge e qui si interessa di Logica e Macchine Automatiche.

Nel 1950, in un articolo famosissimo nel settore dal titolo "Computing Machinery and Intelligence", Turing parte proprio dalla domanda che qui è stata presa come titolo e propone di darvi risposta utilizzando un test (il famoso "test di Turing"). La questione proposta, se cioè le macchine possano o meno pensare, risulta essere meno fantasiosa e paradossale di quello che si può credere.

Nel suo test, Turing propone di considerare un interrogante che, attraverso un terminale, si rivolge a un uomo e a un computer chiusi in due stanze diverse. L'interrogante deve cercare di capire, facendo loro delle domande, quale dei suoi

interlocutori sia l'uomo e quale la macchina. Gli interrogati possono rispondere come credono per cercare di ingannare il loro esaminatore. Alla fine l'interrogante prenderà una decisione e dichiarerà chi per lui è il computer e chi l'uomo. Ovviamente, un certo numero di volte sbaglierà e altre volte indovinerà.

Se l'interrogante sbaglierà e indovinerà con la stessa frequenza, se cioè la macchina riuscirà a fingere e/o a convincere l'interrogante tanto bene quanto l'essere umano, allora questo, secondo Turing, sarà un indizio del fatto che la macchina può pensare.

Importante è sottolineare che, dopo aver proposto e discusso il test, Turing stesso sottolinea come la domanda iniziale ("Le macchine possono pensare?") sia troppo priva di senso per meritare una discussione; ma precisa poi di essere convinto che verso la fine del secolo (vale a dire oggi) l'uso delle parole e l'opinione del suo tempo saranno talmente mutati che chiunque potrà parlare di macchine pensanti senza aspettarsi di essere contraddetto. Oggi possiamo dire che si sbagliava.

Le obiezioni di Turing

Turing stesso, conscio del vespaio che si sarebbe alzato in opposizione alle sue opinioni, dopo aver proposto il suo test enunciò una serie di obiezioni all'idea che le macchine possano pensare.

Riportiamo qui alcune di tali obiezioni.

a) Obiezione matematica

    Per descrivere questa obiezione bisogna parlare dell'enunciato di Godel, matematicamente dimostrato dallo stesso che recita all'incirca così: "In qualsiasi sistema formale F, esiste un enunciato detto di Godel G(F), che risulta vero, ma non è dimostrabile".
    Qualsiasi dispositivo di calcolo formale (qualsiasi computer, macchina calcolatrice teorica e non) non sarà in grado di produrre tale enunciato, l'uomo invece sì, applicando semplicemente il Teorema di Godel.

b) Argomento della coscienza

    Finché la macchina non sarà in grado di scrivere sonetti, poesie, musica... in base a emozioni e sentimenti che ha provato e non solo per giustapposizione di simboli più o meno casuale, allora non si potrà paragonare all'essere umano

c) Argomenti fondati su incapacità varie delle macchine

    Si ammette che ad una macchina si possano far fare un ben determinato numero di cose, ma c'è sempre qualcosa che non può fare (essere gentile, piena di risorse, disponibile, innamorarsi, far sì che qualcuno si innamori di lei, essere l'oggetto dei propri pensieri).

d) Obiezione teologica

    Fa riferimento al fatto che chi crede in Dio ha tutto il diritto di dichiarare che, visto che pensare è una funzione dell'anima, e visto che l'anima è di tutti gli uomini, ma non di macchine o altri animali, allora niente e nessuno che non sia umano può pensare.

e) Obiezione dello struzzo

    Se le macchine pensassero, le conseguenze sarebbero terribili; speriamo e crediamo che esse non possano farlo.

f) Obiezione del sistema nervoso

    il sistema nervoso dell'essere umano è qualcosa di continuo, non una sorta di macchina a stati discreti come può essere un calcolatore. (Questa obiezione può forse essere superata dai più recenti sviluppi della ricerca sulle reti neurali).

g) Obiezione fondata sulla Percezione extra-sensoriale (ESP)

    Prendiamo il caso del test di Turing in cui si ha un interrogante, un supercomputer e un uomo con eccellenti doti di ricezione telepatica. Se l'interrogante chiede, per esempio, quante carte da gioco ha in mano in quel momento, la macchina potrà solo tirare a indovinare casualmente o al massimo seguendo algoritmi di calcolo delle probabilità e della statistica, mentre l'uomo, per telepatia o chiaroveggenza, dà la risposta esatta un numero di volte superiore, perché "sa" quali sono le carte che l'interrogante ha in mano.
    Douglas R. Hofstadter, famoso fisico e matematico contemporaneo divulgatore nel campo dell'intelligenza Artificiale, discute nei suoi scritti di come Turing fosse riluttante a prendere sul serio l'obiezione ESP, ma da grande scienziato qual era, doveva accettare (e cercare di confutare) tutte le possibili obiezioni alle sue teorie. Tale obiezione, al tempo, sembrava suffragata da forti prove statistiche che, come si sa, sono state in futuro quasi completamente ridimensionate e confutate.

Quando il test di Turing non basta

Fino ad oggi nessuna macchina ha superato il test di Turing con degli esaminatori non sprovveduti, ma se per caso un giorno un cugino di Deep Blue (il computer che ha battuto Kasparov a scacchi) ci riuscisse, forse che questa sarebbe una prova del fatto che la macchina è in grado di pensare?

Il dibattito su questa questione è particolarmente acceso. Da una parte ci sono i comportamentisti, per cui se una macchina è in grado di superare il test di Turing, se il suo comportamento è quindi indistinguibile da quello di un umano, quella macchina è per definizione pensante. Dall'altra invece ci sono i funzionalisti per cui pensare non è solo combinare dei simboli in modo apparentemente sensato, ma qualcosa di più: quindi non è sufficiente superare il test per dimostrare di essere pensanti.

In ogni caso, il tempo a disposizione per risolvere questa disputa è ancora molto lungo. Infatti se la ricerca in campo comportamentista procede con grande lentezza per l'enorme difficoltà del problema affrontato (riprodurre esteriormente tutti i comportamenti umani); quella in campo funzionalista, che si è concentrata sul tentativo di riprodurre le strutture cognitive, cioè i processi mentali, è ancora ben lontana dal riprodurre il comportamento anche dei più semplici sistemi nervosi esistenti in natura.

Rimane il fatto che, dal momento che non sappiamo ancora come funzionano l'intelligenza e la coscienza, per valutare se un programma le possiede non si può fare altro che un test comportamentale.

Parafrasando Churchill: "Il test di Turing è il peggiore di tutti i test d'intelligenza possibili, eccettuati tutti gli altri".

Conclusione

"La vera questione non è se le macchine pensino, ma se lo fanno gli uomini." (B. F. Skinner)


Roberto Mancin e Andrea Battiston

Bibliografia

    . Anderson AIan, Mind and Machines, Prentice-Hall, New York, 1966
    . Hofstadter Douglas, Dennett Daniel, L'io della mente, Adelphi, Milano, 1985
    . Hofstadter Douglas, Godel, Escher, Bach: un'Eterna Ghirlanda Brillante. Adelphi, Milano, 1984
    . Hofstadter Douglas, Concetti fluidi e analogie creative


Si ringrazia Andrea Ferrero per la collaborazione

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