Orsi Polari in fibra ottica?

"Pelliccia scientifica?" o leggenda? Come nasce il mito "Hi-tech"

  • In Articoli
  • 16-05-2001
  • di Andrea Albini
Tra le molte leggende che riguardano le sorprendenti capacità degli animali, una delle più recenti, e sicuramente quella a più alto contenuto tecnologico, riguarda i cosiddetti "orsi polari in fibra ottica".

Si può immaginare una fibra ottica come un tubo con la superficie interna riflettente. La luce che lo attraversa rimbalza contro questa parete e viene "guidata" su di un obiettivo seguendo le curve della fibra. Secondo il mito dell'orso bianco in fibra ottica, i peli della sua pelliccia avrebbero proprio questa proprietà, sfruttata dall'animale per potersi scaldare meglio. Questa credenza circola ormai da una ventina di anni e le sue origini sono state rintracciate in ipotesi scientifiche non verificate. Da allora, il mito dell'orso in fibra ottica è stato riportato in decine di riviste, libri (incluso un testo di fisica) e trasmissioni radiotelevisive.

La questione ha assunto un nuovo aspetto quando Daniel W. Koon e Reid Hutchins, rispettivamente un professore e uno studente di fisica a New York, hanno fatto la cosa che sorprendentemente nessuno aveva pensato di fare fino a quel momento: misurare le proprietà di trasmissione della luce nei peli dell'orso polare. I risultati sono stati che la pelliccia trasmette meno di un millesimo della luce incidente rossa, e meno di un trimiliardesimo di quella incidente viola.1, 2, 3

Questo significa che se fosse possibile convertire tutta la luce che il sole emette in luce rossa e concentrarla in un pelo di orso, dopo dieci centimetri questa diventerebbe troppo debole per essere percepita dall'occhio umano.

Koon ha raccolto nelle sue pagine Internet un lungo elenco di giornali, libri e trasmissioni in cui il mito dell'orso polare in fibra ottica era stato riportato in modo acritico.4 In particolare, il fisico americano si è stupito perché una verifica diretta è arrivata così in ritardo.5 "Le teorie in attesa di conferma non sono nulla di nuovo, nemmeno nella stampa scientifica", ha sostenuto, "ma come si può arrivare a credere che il pelo degli orsi ha le stesse proprietà della fibra ottica se non facendogli passare attraverso un fascio di luce"? Ha anche ricordato che quando il "desiderio di credere" nel fantastico è forte, un certo tipo di folclore può essere facilmente accettato.

Gli orsi polari sono animali che hanno sempre colpito la suggestione comune. L'apparente noncuranza con cui si trovano a loro agio in un ambiente tanto ostile agli esseri umani ne hanno fatto creature quasi irreali agli occhi dell'immaginario collettivo. Anche il biancore della loro pelliccia, combinato con l'irreale riverbero dei ghiacci perenni l'hanno reso un soggetto ideale per favole e leggende.

In campo scientifico gli studiosi hanno sempre cercato una spiegazione alle eccezionali caratteristiche di isolamento termico della pelliccia di questi animali. Considerando che il mito dell'orso in fibra ottica non ha avuto origine da stravaganze pseudoscientifiche, ma da un cattivo uso e successiva divulgazione della scienza, può essere interessante esaminarlo più nei dettagli.

Negli anni Settanta alcuni ricercatori norvegesi e canadesi comunicarono su alcune riviste scientifiche che la pelliccia di questi animali rifletteva solo una piccola parte della luce ultravioletta e che i singoli peli apparivano trasparenti all'occhio umano.6,7 Alla luce di questi fatti sorsero due interpretazioni differenti. La prima, molto suggestiva, proposta nel 1980 da tre ricercatori della Northeastern University e dell'Esercito Americano, suggeriva che il pelo dell'orso canalizzasse la luce solare fino all'epidermide agendo come le comuni guide in fibra ottica.8 Utilizzando questo accorgimento "Hi-Tech" l'orso avrebbe aumentato la propria capacità di riscaldamento.

La secondo interpretazione, molto più terra terra, proposta l'anno successivo da due ricercatori della Penn State University, suggeriva invece che l'orso appariva nero alla luce ultravioletta semplicemente per un fenomeno di assorbimento da parte della cheratina, la sostanza cornea di cui sono fatti i capelli.9

Mentre le proprietà di assorbimento della cheratina sono ben conosciute e sono state studiate da molti anni,10 l'ipotesi della "fibra ottica" era basata su prove indirette e talvolta su di un'interpretazione dubbia dei dati. Veniva supposto che la trasparenza alla luce visibile dello stelo del pelo di orso polare rimaneva tale anche nell'ultravioletto, cosa alquanto curiosa visto che riflettività era così diversa da far apparire l'orso di colore bianco nel visibile e nero nell'ultravioletto. Ancora nel 1990 un altro gruppo di ricercatori proponeva la tesi della fibra ottica,11 ma come era avvenuto precedentemente nessuno dei sostenitori di questa teoria dichiarava di aver mai misurato una quantità significativa di luce ultravioletta (ad esempio, 1 per cento) attraversare una distanza ragionevole (ad esempio, due centimetri). Non solo, era stata rilevata una trasmissione della luce nell'ultravioletto ancora più debole che nel visibile, un'osservazione che, se fosse vera l'ipotesi della "fibra ottica" nell'ultravioletto, implicherebbe che gli orsi, oggettivamente bianchi nel visibile, dovrebbero invece essere più neri di quello che appaiono nell'ultravioletto.11

Un'altra estrapolazione sospetta stava nell'equiparare la trasparenza per lo spessore di un pelo avente un decimo di millimetro di diametro con la trasparenza nel senso della lunghezza. Le due cose non sono equivalenti come non lo è osservare un vetro dalla parte del bordo oppure da quello della superficie piana.

Commentando lo svolgimento complessivo della vicenda, Koon ha posto l'accento su quanto sia importante che scienziati e insegnanti enfatizzino la natura speculatoria della scienza. È necessario rendersi conto che le affermazioni scientifiche sono e rimangono affermazioni, fino alla verifica dei fatti.

In attesa di prove dirette è opportuno conservare un'adeguata dose di scetticismo, anche se gli aspetti folcloristici della faccenda stimolano il nostro desiderio di credere in interpretazioni fantasiose.

 

Riferimenti e note

1) Koon, D.W., "Is polar bear hair fiber optic?", Applied Optics, vol. 37, 3198-3200 (1998).

2) Hutchins, R., Examining the optical properties of the polar bear pelt, St. Lawrence University Physics Dept. (1997).

3) Koon, D.W., Ursus Fiberopticus: The myth of fiber-optic polar bear hair, American Association of Physics Teacher Winter Meeting, 7 gennaio 1998.

4) http://it.stlawu.edu/~physics/ koon/ polar.html

5) Koon D.W., "Power of the polar myth", New Scientist, vol. 158, n. 2131, p. 50, 25 aprile 1998.

6) Lavigne, D.M. e Øritsland, N.A., "Black polar bears", Nature 251, 218-219 (1974).

7) Lavigne, D.M. e Roland K., "Solar heating of mammals: Observation of hair transmittance", Int. J. Biometerol. 22, 197-201 (1978).

8) Grojean, R.E., Sousa, J.A. e Henry, M.C., "Utilization of solar radiation by polar animals: an optical model for pelts", Applied Optics 19, 339-346 (1980).

9) Bohren, C.F. e Sardie, J.M., "Utilization of solare radiation by polar animals: an optical model for pelts; an alternative explanation", Applied Optics 20, 1894-1896 (1981).

10) Bendit, E.G. e Ross, D., "Tecniques for obtaining the ultraviolet absorption spectrum of solid keratin", Applied Spectroscopy 15, 103 (1961).

11) Tributsch H et al., "Light collection and solar sensing through the polar bear pelt", Solar Energy Mater. 21, 219-236 (1990).

 

Andrea Albini

Dipartimento di Ingegneria Elettrica

Università di Pavia

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