Un uomo contro i ciarlatani

Ricordo di Alberto Bertuzzi, un illuminista moderno nemico dell'ignoranza e dei truffatori. Nasce un premio in suo nome

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  • 14-09-2001
  • di Andrea Albini
Sulla fine degli anni Venti del secolo scorso, mentre si trovava nella casa di campagna dei suoi genitori, il sedicenne Alberto Bertuzzi fu assalito da un uomo che lo morse sul collo succhiandone il sangue. Il giorno dopo, la notizia passò di bocca in bocca e i vecchi del posto conclusero che si trattasse di un vampiro.

Naturalmente, l'episodio era stato inventato di sana pianta dalla fantasia del ragazzo che - a oltre cinquanta anni di distanza - era diventato un acceso sostenitore dell'approccio razionale al mondo della magia e del soprannaturale. "Il soprannaturale - ci avverte Bertuzzi nel suo libro Il mestiere di ciarlatano, uscito nel 1986, pochi anni prima della sua morte - non si diffonde con gli esperimenti (...) Si diffonde soprattutto, come nelle antiche civiltà o nelle attuali tribù governate dai maghi, per semplice tradizione orale (...) Chi ritiene di aver visto, o anche solo inventato per burla un fenomeno magico (...) è indotto a raccontarlo ad altri che a loro volta lo raccontano ad altri ancora. In tal modo si genera l'effetto psicologico della suggestione a catena". Un fenomeno non confinato alla civiltà contadina del passato, ma attualissimo. "Nel mondo in cui viviamo - prosegue Bertuzzi - questo effetto trova facile esca nei mass-media, alimentando credulità e fideismi di tipo parareligioso, in alternativa alla religione professata. E la reazione che viene prodotta è incontrollata e pericolosa, sia per la salute mentale che per la libera coscienza dell'uomo, sempre pronto a cadere nella trappola dell'arcano, per ingenuità o per carenza di cultura"[1].

Da qui, il tono polemico con cui Bertuzzi affrontò la variegata armata dei sostenitori del paranormale, consapevole che la dimostrazione scientifica ha poco peso su argomenti fortemente emotivi. "I fideismi - continua Bertuzzi - in genere costringono la coscienza dell'uomo a sragionare con fede, piuttosto che a ragionare con pragmatismo"[2]. Da questa affermazione, che ricorda Voltaire, capiamo le ragioni che portarono questo industriale milanese di origini veneziane, a trasformarsi in "difensore civico volontario", impegnandosi in una serie di questioni che spesso finirono sulle prime pagine dei giornali e sui tavoli dei magistrati. Per Bertuzzi, il credere nel paranormale era un problema educativo, spesso disatteso dalle istituzioni, e il suo vivace tono libellistico - che qualcuno potrebbe trovare inopportuno - era costellato da puntuali citazioni di violazioni del codice penale.

D'altra parte Alberto Bertuzzi era anche un uomo pratico e la sua sfida al paranormale comprendeva l'offerta di un premio in denaro, (simile a quella di James Randi in America), per chi fosse stato in grado di dimostrare qualche potere di fronte a lui e al prestigiatore Silvan.

Sebbene fosse diventato un imprenditore, Bertuzzi non era estraneo alle conoscenze e ai modi del procedere scientifico. Dal 1936 al 1939 si impegnò in una serie di studi sugli effetti biologici dei raggi cosmici: le particelle ad alta energia provenienti dallo spazio che bombardano la Terra. Lo scopo della ricerca era quello di confrontare alcune colture di microrganismi fatti crescere in un laboratorio costruito nel tunnel ferroviario della linea Bologna-Firenze, e quindi schermato dalla radiazione cosmica, con "controlli" allevati in superficie. L'indagine era sponsorizzata da Guglielmo Marconi, allora presidente del CNR, ed era seguita dai fisici Bruno Rossi ed Enrico Fermi.

Bertuzzi racconta di come nel gennaio del 1983 rimase "frastornato" dopo aver visto il sensitivo Uri Geller piegare posate di fronte alle telecamere della Rai durante una trasmissione domenicale. Quello che lo stupì maggiormente fu che all'esibizione di un personaggio già ampiamente screditato non avevano fatto seguito reazioni critiche. Ne scrisse a Piero Angela, autore di una serie televisiva e di un libro (Viaggio nel mondo del paranormale) in cui metteva in dubbio la presunta scientificità di molta parapsicologia. Il giornalista rispose a Bertuzzi con una lunga lettera in cui riassumeva i problemi di attendibilità scientifica che avevano avuto le varie affermazioni sul paranormale e che concludeva così: "Credo che il problema di fondo sia un altro. C'è una predisposizione a credere in queste cose: in tal caso tutti questi discorsi sono fiato sprecato. Vale comunque la pena di ripetere ogni tanto queste critiche in modo che i distratti o i giovani delle nuove generazioni siano informati. Se poi vogliono comunque scegliere come modello Uri Geller, oppure l'oroscopo, oppure la chiaroveggenza e la precognizione, non possiamo certo noi svitargli il cervello per cambiarlo. Tanti auguri! Si divertano. Certo che se uno dei miei figli si trovasse in questa penosa situazione, considererei fallito il mio compito di educatore" [3].

Abbiamo ragione di credere che Bertuzzi abbia avuto modo di riflettere su queste considerazioni, che riporta in apertura di Il mestiere di ciarlatano, e di convincersi che il suo impegno costante di denuncia aveva valore, indipendentemente dai risultati. La sua battaglia personale contro la diffusione delle credenze irrazionali era già iniziata da tempo.

La battaglia contro Mister O


Nel 1978 andò in onda per Canale 5 un dibattito sui fenomeni paranormali cui partecipò il medico e parapsicologo Massimo Inardi, personaggio molto noto ai telespettatori italiani perché era stato campione del gioco Rischiatutto (1970-74). Bertuzzi decise di scendere in campo offrendo a chiunque fosse in grado di far levitare un qualsiasi oggetto, un premio di dieci milioni di lire, successivamente elevato a cinquanta milioni. Nessuno raccolse la sfida [4].

Ma la battaglia più grande contro il paranormale Bertuzzi la combatté nel 1985 quando la prima rete pubblica televisiva decise di mettere in onda Mister O. Si trattava di un programma in 12 puntate sul "mistero", condotto dal giovane Alessandro Cecchi Paone e dalla giornalista Paola Giovetti, che era anche coautrice della trasmissione insieme a Ludovico Peregrini. Bertuzzi denunciò il programma come dise-ducativo, il cui fine dichiarato "era quello di dare credibilità all'irrazionale: magie, spiritismo, materializzazioni, psicocinesi, precognizione" [5]. Procedette quindi a depositare presso la Procura della Repubblica di Milano una denuncia per una serie di reati previsti da codice penale. Tra questi l'abuso della credulità popolare (art. 661), l'esercizio abusivo della professione a carico di maghi e guaritori (art. 348), la circonvenzione (art. 643), la truffa (art. 640) e l'uso dell'ipnosi per spettacolo (art. 728).

Se l'obiettivo di questa energica iniziativa era quello di interrompere le trasmissioni, Bertuzzi riportò una sconfitta: le dodici puntate furono regolarmente trasmesse. Dove invece l'industriale milanese ebbe successo fu nel risvegliare le coscienze. Comunicando i suoi esposti alla magistratura e anche alle agenzie giornalistiche, sollevò un certo interesse in tutto il paese. Anche la rivista americana Time pubblicò un articolo sulla vicenda che, nel frattempo, aveva coinvolto anche gli scettici statunitensi dello CSICOP: il comitato di controllo che avrebbe ispirato il CICAP italiano [6].

La trasmissione di Mister O non mancò di suscitare le proteste di molti scienziati. In un comunicato firmato da cinque premi Nobel, si criticava la messa in onda "in un orario di grande ascolto di un programma in dodici puntate sui presunti fenomeni paranormali incoraggiando una diffusa tendenza all'irrazionalità". Questa decisione della televisione di Stato era considerata profondamente diseducativa in quanto si correva il rischio "di presentare come realtà scientifiche esperimenti e fenomeni che non hanno mai superato la soglia dell'attendibilità" [7]. I firmatari di questa protesta furono i Nobel per la fisica Carlo Rubbia ed Emilio Segre, insieme con i Nobel per la medicina e la fisiologia Daniel Bovet, Salvador Luria, e Renato Dulbecco. Dopo la trasmissione della prima puntata - che raggiunse una platea di due milioni e mezzo di telespettatori - si unirono alla protesta numerosi altri scienziati. Tra i nomi più noti c'erano quelli del fisico Edoardo Amaldi, il farmacologo Silvio Garattini, l'astrofisica Margherita Hack, l'etologo Danilo Mainardi, il biochimico Luigi Rossi Bernardi, il filosofo della scienza Vittorio Somenzi e il pedagogista Aldo Visalberghi. Chi ha seguito la nascita del Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale riconoscerà tra i nomi citati qui sopra alcuni dei Garanti scientifici del CICAP. Gli scienziati chiedevano che si desse spazio durante la trasmissione a critici competenti del paranormale, come appunto i membri dello CSICOP americano [8].

A seguito delle proteste andò in onda nel corso di una delle puntate del programma un breve intervento di Paul Kurtz, il presidente dell'associazione scettica americana. Dopo aver criticato l'attendibilità scientifica di alcuni fatti che erano stato presentati come prove del paranormale, il filosofo americano ricordò che "per avallare questi esperimenti i controlli scientifici sono essenziali. Per questa grave mancanza di controlli gli scienziati italiani e quelli della mia associazione hanno protestato vigorosamente nei confronti del programma Mister O e hanno suggerito che almeno, se volete presentare la parapsicologia in modo serio, dovreste dare spazio anche ai critici" [9]. Si gettavano così le basi dell'approccio pragmatico nei confronti del paranormale che ha caratterizzato l'intervento del CICAP, e delle associazioni scettiche gemelle, nel corso degli anni.

Il paranormale e il Principe

Sul medesimo fronte Bertuzzi aveva fatto parlare di nuovo i giornali, offrendo un premio a chi fosse riuscito a far levitare un oggetto in condizioni di controllo [10].

Nel suo libro l'industriale ci racconta come ottenne dall'illusionista Silvan la disponibilità ad agire come controllore in una sfida la cui posta crebbe via via fino a mezzo miliardo di lire. A chi voleva riscuotere questo generoso premio era posta una piccola condizione: i partecipanti dovevano depositare presso un notaio il dieci percento della posta in gioco. Se la prova aveva successo questa somma veniva restituita allo sfidante, in caso contrario la cauzione doveva essere destinata al museo Poldi Pezzoli di Milano. In seguito Bertuzzi riabbassò il premio e la cauzione per incoraggiare gli sfidanti, ma i risultati non furono migliori.
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Alberto Bertuzzi
Nel luglio dello stesso anno, sulla scia del riacceso interesse per il magico e dopo aver letto su un settimanale che una maga affermava di avere tra i suoi clienti anche dei ministri, il battagliero "difensore civico" indirizzò una lettera a tutti i componenti dell'allora governo Craxi in cui li interrogava sulle loro credenze nell'occulto. Molti membri del governo non tardarono a rendere nota la loro posizione. Tra le molte risposte negative ricevute, scrisse Bertuzzi, "il ministro Andreotti è l'unico a manifestare una certa propensione per i pronostici" ma lo stesso dichiarò anche che, da "buon romano", aveva una certa avversione pregiudiziale per l'occulto e che non si sarebbe sognato di spendere una lira per consultare un mago [11].

È molto facile vedere in Bertuzzi semplicemente un idealista impegnato in cause senza speranza. Nella garbata introduzione a Il Mestiere di ciarlatano, lo stesso Aldo Savoldello, in arte Silvan, lo paragonava a un moderno Don Chisciotte consapevole che non riuscirà ad estirpare l'erba cattiva dal prato della speranza e della credulità anche perché "l'essere umano, nonostante i traguardi scientifici e tecnologici che ha raggiunto, resta pur sempre nella sua essenza umana e filosofica un insicuro, un debole e un insoddisfatto".

Bertuzzi era certamente conscio di non poter vincere la sua lotta contro il paranormale ma il suo impegno civile aveva contorni più ampi perché sapeva che la posta in gioco era più alta della semplice opposizione all'inevitabile creduloneria popolare: "(Mister O) fu come un farsa ingenua, popolaresca, da fiera da di paese, tuttavia corrispose anche alle attese del Principe (l'archetipica figura del governante assoluto inventata da Machiavelli N.d.A.) che per dominare i sudditi, deve promuovere l'insegnamento a credere in tutto. Infatti, chi crede obbedisce" [12]. E più avanti proseguiva così: "È più facile governare dei sudditi creduloni piuttosto che dei cittadini pensanti e dubbiosi. Oggi, diminuendo e attenuandosi la fede religiosa, al "Principe" conviene alimentare un fideismo sostitutivo: quello nei fenomeni paranormali", mobilitando il potente mezzo televisivo.

Forse in questo caso specifico le conclusioni di Bertuzzi erano troppo estreme. L'interesse dei media per il paranormale potrebbe essere più una faccenda di indici d'ascolto - e talvolta di interessi economici - che di potere politico in senso stretto. Non dimentichiamo, però, che in Stati non democratici questa situazione si è avverata. Un caso emblematico è stato quello di Haiti sotto il regime di Duvalier, che incoraggiò la credenza e il timore nelle cerimonie del Vodoo, anche per coprire i propri crimini [13].

Tutti possiamo cadere nelle lusinghe dell'occulto se non siamo informati sulla sua vera natura, inclusi "i ricchi e i potenti"; il fatto che una persona come Bertuzzi abbia preso una posizione militante contro l'ignoranza e la di-sinformazione gioca a suo grande onore.

Bibliografia e note


1) Alberto Bertuzzi: Il mestiere di ciarlatano. Ovvero l'arte di gabbare il prossimo. GEI, Milano, 1986 pp. 11-14.
2) Ibidem p.66.
3) Ibidem pp. 19-21.
4) Ibidem p.27.
5) Ibidem p.23.
6) "Hoax busters to the rescue". Time, 17 giugno 1985, p. 43.
7) A. Bertuzzi op. cit. p. 31; "Paranormale in tivù: Cinque Nobel protestano con la Rai". La Repubblica, 1 giugno 1985; "Cinque Nobel contro Mister O". Corriere della Sera, 1 giugno 1985, p. 18. La vicenda di MisterO, una critica degli esperimenti che vi furono presentati e delle polemiche che ne seguirono è raccontata nel libro L'illusione del paranormale (Muzzio Editore, 1998) di Massimo Polidoro.
8) La lettera inviata all'allora presidente della Rai Sergio Zavoli, e al presidente della commissione di vigilanza sulle trasmissioni radiotelevisive fu pubblicata integralmente sul quotidiano La Repubblica del 6 giugno 1985 con il titolo "La scienza in televisione".
9) A. Bertuzzi. op. cit. p. 121.
10) "Bertuzzi sfida Mister O a far "ballare" la sua stilografica e mette in palio 20 milioni". Corriere della Sera, 22 maggio 1985, p. 19; "Maghi, fate levitare un tavolo e vi do 20 milioni". Il Messaggero, 22 maggio 1985, p. 17.
11) A. Bertuzzi. op. cit. p. 92.
12) Ibidem p.24.
13) Yves Saint-Gerard. Le phenomene zombi, Eres, Parigi, 1995.


Andrea Albini
Dipartimento di Ingegneria
Elettronica, Università di Pavia

UN PREMIO PER I GIORNALISTI

Nel corso del suo VI Convegno Nazionale (tenutosi a Padova nel 1999) il CICAP lanciò il Premio giornalistico "In difesa della Ragione". Il Premio intendeva essere un modo per riconoscere l'impegno e la serietà di quei giornalisti che, occupandosi di scienza e di presunti fenomeni paranormali, non sacrificano la propria professionalità sull'altare del sensazionalismo.

Da quest'anno, il CICAP ha deciso di intitolare il premio alla memoria di Alberto Bertuzzi, in accordo con il figlio Massimo.

Il Premio, d'ora in avanti intitolato "Premio Alberto Bertuzzi, in difesa della Ragione", sarà consegnato da Piero Angela, al o ai vincitori, la sera del 10 novembre 2001, nel corso del VII Convegno Nazionale del CICAP.

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