La scienza non si fa in tribunale

Le due piene assoluzioni per PieroAngela nei due processi, attivati in seguito a querela della SIMO (Società Italiana di Medicina Omeopatica) e della FIAMO (Federazione Italiana delle Associazioni dei Medici Omeopatici), rappresentano un grande segnale di civiltà e, in un panorama non sempre roseo, inducono indubbiamente motivo di ottimismo. I giudici, infatti, hanno bocciato completamente la tesi dell'accusa secondo la quale, in nome del pluralismo, il servizio di SuperQuark avrebbe dovuto dare spazio non solo a esponenti della comunità scientifica, ma anche a sostenitori dell'omeopatia.

Come avevamo evidenziato in un precedente articolo ("Omeopati all'attacco di Piero Angela", S&P 52), l'avvocato di parte civile accusava Angela di sostenere l'esistenza di scienziati di serie A e di serie B e di concedere diritto di parola solamente ai primi. Giustamente i giudici, con le loro sentenze, hanno ribadito l'idea secondo la quale esiste un'unica scienza e che, di conseguenza, un programma di divulgazione scientifica come SuperQuark a questa deve fare riferimento per fornire informazioni al pubblico.

Le due sentenze sono molto importanti ed è auspicabile che creino un precedente che abbia ulteriori conseguenze pratiche. Da tempo, infatti, non solo gli omeopati ma anche molti altri sostenitori di discipline pseudoscientifiche rivendicano pari opportunità di accesso all'informazione e pari dignità per le loro discipline. Non potendo competere con la scienza sul piano dei contenuti, molto spesso essi si appellano al pluralismo e alla libertà di scelta da parte del pubblico. La libertà di scelta (e nello specifico del settore medico, la libertà terapeutica) è sicuramente un valore da difendere. Tuttavia le scelte possono essere veramente libere solo se si basano su un'informazione corretta e veritiera.

Quindi la pretesa libertà di fornire al pubblico informazioni in cui si sostiene la validità di discipline che in realtà non hanno mai superato i criteri di controllo tipici della scienza non è assolutamente difendibile. Nessuno vuole censurare l'omeopatia o le altre discipline pseudoscientifiche o tanto meno impedire a chi vuole di rivolgersi ai loro cultori. L'importante però è che tali discipline vengano presentate per quello che sono, ovvero sistemi di credenze che non hanno mai ottenuto alcuna conferma scientifica. Chi si rivolge a esse deve essere consapevole di ciò e assumersi di conseguenza la piena responsabilità della propria scelta. Così come i legislatori si sono sentiti in dovere di evidenziare a chiare lettere sui pacchetti di sigarette i rischi legati al fumo, analogamente occorrerebbe scrivere sui rimedi omeopatici e sugli altri prodotti e servizi pseudoscientifici che essi non hanno mai ottenuto un riconoscimento dalla comunità scientifica. Se di fronte a tali avvertenze qualche individuo poi deciderà lo stesso di utilizzarli, giustamente nessuno potrà impedirglielo, così come è giusto che nessuno possa impedire a un fumatore incallito di rovinarsi la salute continuando a fumare.

Il discorso diventa più delicato quando la scelta viene fatta per altri che non hanno ancora maturato piena capacità giuridica. Ci riferiamo al caso di quei genitori che curano i propri figli con l'omeopatia o che li sottopongono ad altre discipline pseudoscientifiche. Così come si cerca di tutelare i cittadini dai rischi del fumo passivo, analogamente il legislatore dovrebbe intervenire anche in questi casi.

Le due sentenze di assoluzione di Piero Angela rappresentano comunque un importante passo in avanti in cui finalmente il diritto ha tenuto adeguatamente conto della voce della scienza. È auspicabile che in futuro questo avvenga sempre più spesso.

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