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Edoardo Russo intervista Matteo Leone del Progetto Hessdalen

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  • 26-07-2005
  • di Edoardo Russo

Visto l'interesse sempre alto dimostrato dai lettori verso l'argomento delle "luci di Hessdalen", torniamo sull'argomento con questa intervista a Matteo Leone, consulente scientifico del Progetto Hessdalen (CIPH). Per i nuovi lettori, stiamo parlando di quel curioso fenomeno luminoso di natura non identificata che da alcuni anni si verifica nella vallata norvegese di Hessdalen. Nel luglio del 2000 è stato costituito, su iniziativa di alcuni soci del CISU (Centro italiano studi ufologici) coordinati da Renzo Cabassi, il Comitato Italiano per il CIPH, per affiancare e sostenere le attività (soprattutto di monitoraggio strumentale) condotte in loco dal Project Hessdalen (creato nel 1983 da un'iniziativa congiunta fra varie organizzazioni ufologiche scandinave e poi proseguito soprattutto per l'impegno personale di Erling Strand, un dirigente dell'associazione Ufo-Norge che fra l'altro insegna all'Østfold College di Sarpsborg) e (in anni più recenti) dal Progetto Embla (ovvero la collaborazione italo-norvegese tra l'Østfold College e un équipe di tecnici dell'Istituto di Radioastronomia del CNR di Bologna, diretta da Stelio Montebugnoli). In assenza di una partecipazione diretta del CNR a tale progetto, condotto dai ricercatori a titolo puramente personale, il sostegno finanziario del CIPH è stato fondamentale per lo svolgimento di due missioni estive di monitoraggio ottico e radio (nel mese di agosto del 2000 e del 2001), sotto la direzione dell'astronomo Massimo Teodorani, che dal 1994 è divenuto una figura centrale del dibattito sui fenomeni luminosi di Hessdalen, raccogliendo e analizzando dati, ma soprattutto pubblicando e diffondendo numerosi lavori (vedi intervista su S&P 58).

Nell'agosto del 2002 il CIPH, oltre a finanziare parzialmente una terza missione Embla, ha inviato a Hessdalen un proprio consulente scientifico, nella persona di Matteo Leone. Nella breve intervista che segue abbiamo raccolto le sue impressioni su quanto è avvenuto, e sta avvenendo, ad Hessdalen.

Due dettagliati rapporti redatti da Leone, relativi alla valutazione dell'evidenza prodotta nella missione Embla 2002, sono pubblicati sul sito del CIPH: http://www.itacomm.net/PH .

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Cominciamo dal principio. Cosa l'ha spinta ad andare ad Hessdalen?

Bella domanda. Forse posso dire chi mi ha spinto a Hessdalen. È stato Renzo Cabassi.

Come l'ha convinta?

Diciamo che mi ha promesso in cambio un pacco di vecchi 33 giri di Bob Dylan...

E perché ha chiesto proprio a lei di andare in Norvegia? Non era già sufficiente un'équipe di scienziati del CNR?

Prima di tutto non ero solo. Con me c'era Flavio Gori, un altro inviato del CIPH, che aveva già partecipato a una precedente missione in valle e che si è occupato di raccogliere dati nella banda radio delle VLF, con l'obiettivo di cercare eventuali correlazioni con i dati ottici. Per quanto riguarda la mia missione, invece, essa aveva un duplice scopo: ufologico e fisico. Da un lato, infatti, avrei dovuto raccogliere testimonianze oculari da parte di abitanti della valle, secondo le metodologie d'indagine utilizzate dalle più serie associazioni ufologiche internazionali. Cosa a priori non semplice, dal momento che lassù non parlano italiano, che sono in pochi a parlare inglese e che, per quanto ne sapevamo in base alle "voci" diffuse da chi c'era stato, erano in pochi ad aver voglia di parlare. Per fare un paragone, mi sono trovato in una situazione assai simile a quella incontrata da Jacques Vallée nel corso delle sue inchieste in Brasile e in altri paesi dell'America Latina, di cui narra nel suo libro Confrontations.

Come ha aggirato la barriera linguistica?

Grazie al fondamentale aiuto di alcuni nativi della valle, anglofoni, che ci hanno aiutato a cercare i testimoni e che hanno fatto da interpreti durante le inchieste. Sono stati di una disponibilità veramente squisita. Vorrei citare in particolare l'aiuto che ci hanno dato Peder Skogås ed Ellin Bråttas. Senza parlare poi di tutte le persone che hanno accettato di rievocare per noi le loro esperienze di avvistamento.

Il secondo scopo invece?

Avrei dovuto mettere a frutto la mia formazione di fisico, cercando di fare il punto della situazione in merito alla metodologia di osservazione, raccolta dati e ricerca adottata dalle missioni ottiche Embla.

Che cos'ha scoperto? Che cosa c'è di interessante a Hessdalen?

Dipende da chi è il destinatario della domanda. Se chiedesse questa cosa a uno dei biologi dell'Università di Trondheim che stanno conducendo ricerche nella vallata, scoprirebbe che per lui una delle cose più interessanti di Hessdalen sono dei piccoli roditori chiamati lemming. Per quanto mi riguarda posso dire che sicuramente a Hessdalen ci sono avvistamenti UFO, e pure molti.

Cosa le da questa certezza?

La messe di segnalazioni raccolte direttamente (nonostante i pochi giorni disponibili e la nostra estraneità al mondo della valle) e di quelle già pubblicate, che portano a una stima nell'ordine di grandezza di centinaia di avvistamenti, su una popolazione di circa 150 abitanti.

Ha incontrato ostacoli nella raccolta delle narrazioni testimoniali?

Molto pochi, in realtà. Gli abitanti della valle si sono dimostrati estremamente aperti al dialogo e al confronto, sobbarcandosi talvolta le lungaggini e le tediose procedure insite in una sistematica indagine sul campo. Ci siamo resi conto che non vi era alcuna ostilità nei nostri confronti, in quanto estranei. Abbiamo realizzato che l'"estraneo", dal loro punto di vista, non è chi viene da fuori Norvegia, bensì chi viene da fuori Hessdalen (ufologi norvegesi compresi)! Ma a dispetto di ciò la collaborazione non è mai mancata e se qualcosa, anzi, viene lamentato nei confronti degli scienziati che si susseguono in valle a studiare le luci, è la loro scarsa attenzione verso gli abitanti e verso il loro diritto di sapere che cosa questi estranei stanno vedendo e scoprendo.

Quindi, ricapitolando, i biologi trovano i lemming, lei trova gli UFO e i ricercatori del Progetto Embla trovano le luci di Hessdalen?

Detto così sembrerebbe quasi che "Ufo" e "luci di Hessdalen" siano cose distinte. In effetti è quello che vorrebbe farci credere Massimo Teodorani, astronomo dell'équipe fisica del Progetto Embla. Mentre non sono ancora state trovate delle costanti o delle leggi valide per gli UFO in senso stretto, ovvero per quella piccola percentuale di avvistamenti di luci e oggetti che nonostante implacabili tentativi di identificazione non paiono essere riconducibili a cause note, i fisici del Progetto Embla insistono infatti nel sostenere che la fenomenologia delle luci di Hessdalen è abbastanza definita. Nel suo Rapporto Embla 2002, relativo alla missione di cui io stesso sono stato testimone, Teodorani scrive ad esempio che sul fenomeno di Hessdalen possediamo un certo numero di "certezze".

Usa questa terminologia o sta parafrasando?

È una citazione testuale. Se legge le conclusioni del rapporto scoprirà che: le luci appaiono molto spesso "decine di metri sopra la cima delle colline", prevalentemente di notte, nella stagione invernale e con un picco attorno alla mezzanotte; sono molto spesso radarabili e accompagnate da impulsi nelle bande radio HF e VLF, mostrando talvolta effetto Doppler; la luminosità ha una periodicità inferiore a 1 secondo; la potenza di emissione nell'ottico è dell'ordine di 100 kW; in alcuni casi i cicli di luminosità possono durare anche più di mezz'ora; le variazioni di luminosità sono dovute a un "effetto fotometricamente moltiplicativo" causato da "sferoidi di luce"; la luce si può spiegare come un fenomeno naturale assimilabile ai fulmini globulari solo ammettendo che i globi di luce siano il risultato di una "combustione di silicio innescata da una forte scarica elettrica". Sono affermazioni forti.

Mi pare di capire che lei non sia d'accordo con queste conclusioni.

Quello che sostengo è che non siamo ancora in grado di proporre simili generalizzazioni. Al momento attuale il panorama propostoci dal Rapporto Embla 2002 è di pura fantasia ed è basato su un presupposto errato: che la base empirica su cui si fondano queste "certezze" sia sempre univoca e non riconducibile mai a cause convenzionali. A ben vedere è il medesimo errato presupposto che ha di molto rallentato i progressi nello studio del fenomeno UFO.

Potrebbe essere più chiaro?

Cercherò. Per farla breve, le "certezze Embla" altro non sono che il risultato di un collage di dati di natura molto diversa e non necessariamente sommabili; abbiamo le foto e i filmati raccolti dalla stazione automatica di rilevamento, eretta nel 1998 dall'Østfold College; abbiamo i dati delle missioni invernali del 1984-85; abbiamo i dati delle missioni estive del 2000-02; abbiamo infine i dati desumibili dalle testimonianze degli abitanti della valle. Che elementi abbiamo per dire che tutti questi dati si riferiscano al medesimo stimolo o alla medesima tipologia di stimoli? Che elementi abbiamo per sostenere che le "luci di Hessdalen" si riducano in realtà a una sola "luce di Hessdalen" le cui proprietà discendano da tutto l'insieme di dati raccolti? A mio modo di vedere nulla ci autorizza a giungere a simili conclusioni. Per fare qualche esempio, indipendentemente dal merito delle singole osservazioni, la stazione automatica inquadra tutti e solo quei fenomeni luminosi che si verificano nella parte occidentale della vallata; gli appostamenti osservativi delle missioni Embla, invece, si sono sempre concentrate su un fenomeno luminoso posto in direzione sud. La stazione, quando non è in avaria, è attiva 24 ore su 24; gli appostamenti (skywatch) dal Visa Point avvengono invece solitamente di sera e a notte non troppo inoltrata. È evidente che le condizioni di lavoro sono ben diverse e che queste differenze orientano l'attenzione verso stimoli luminosi tra loro non necessariamente assimilabili. A questo si aggiunga il fatto che le immagini raccolte dalla stazione di monitoraggio sono state sottoposte a un (seppur modesto) vaglio critico, nel tentativo di trovare eventuali stimoli prosaici. La documentazione fotografica e video raccolta dalle missioni Embla, invece, non è mai stata sottoposta a un'accurata disamina finalizzata a escludere stimoli luminosi di natura più comune. Le cose, però, sono cambiate proprio con la missione Embla 2002.

È emerso qualcosa di nuovo?

La possibilità che mi è stata offerta di assistere direttamente ai lavori della missione mi ha consentito di analizzare sistematicamente l'evidenza prodotta, alla luce di quanto osservato sul campo.

Che cosa ha scoperto?

Detto sinteticamente, che l'evidenza prodotta dagli appostamenti al Visa Point si riduce a ben poco. La totalità dell'evidenza fotografica e spettroscopica raccolta nel 2002 riguarda una luce stazionaria più volte osservata per alcuni secondi in direzione sud, bassa sulle colline. Tale luce è perfettamente spiegabile con l'osservazione di fari d'automobile. E tenga conto che tale luce è anche responsabile di buona parte delle osservazioni avvenute durante le missioni 2000 e 2001.

Come fa ad essere così certo di questo? Come si può pensare che degli scienziati non siano in grado di identificare, nell'arco di tre anni, dei comuni fari d'automobile?

Non c'è scritto da nessuna parte che "scienziato" sia sinonimo di "buon osservatore dell'ambiente esterno". Come faccio a esserne certo? Perché io stesso ho osservato quella luce attraverso un cannocchiale rifrattore, mentre gli altri la osservavano a occhio nudo o attraverso gli obiettivi delle macchine fotografiche: attraverso il cannocchiale erano perfettamente visibili i doppi fari anteriori di un auto.

Perché si dovrebbe credere alla sua parola?

Nessuno chiede di compiere atti di fede. La valle è lì: la mia "congettura" è perfettamente verificabile o falsificabile da terzi muniti di appositi strumenti di osservazione.

Insomma, in mano non ha elementi concreti?

Certo che ci sono elementi concreti. Nell'ottobre del 2002 è stato pubblicato il rapporto di Teodorani sulla missione 2002: esso contiene una riproduzione dello spettro di tale luce. Una mia successiva analisi, pubblicata sul sito del CIPH, ha dimostrato che tale spettro è esattamente quello che ci si aspetterebbe da una faro alogeno la cui luce è stata raccolta con una pellicola come quella utilizzata da Teodorani. Questa conclusione va nella medesima direzione della mia esperienza visiva. Inoltre, c'è la questione della strada.

Vorrebbe forse dire che in quella direzione passano strade?

Esattamente.

E nessuno si è mai preoccupato di controllare questo particolare?

Proprio così. A dire il vero nessuno, prima della missione CIPH dell'agosto 2002, si era neppure preoccupato di raccogliere cartine topografiche 1:50.000 o mappe 1:5.000. Così come nessuno si era preoccupato di condurre una mappatura della distribuzione abitativa dei valligiani.

Mi pare che lei stia dipingendo un panorama abbastanza sconsolante dello stato delle ricerche ad Hessdalen.

No, assolutamente! Occorre distinguere tra il contributo, nel quale non entro, dato dall'équipe di ingegneri del Progetto Embla, capeggiata da Stelio Montebugnoli, e quello dato dall'équipe fisica, capeggiata da Teodorani. In riferimento a quest'ultima ci sono state sicuramente gravi carenze nella metodologia di raccolta dei dati, come esemplificato dalla scelta degli strumenti ottici, dalla scelta della pellicola fotografica e dalla incapacità di filtrare il rumore di fondo (rappresentato in questo caso dai fari d'automobile) al fine di evidenziare un eventuale stimolo anomalo. Ci sono poi state carenze nell'elaborazione dell'evidenza, che non hanno consentito all'équipe fisica del Progetto Embla di giungere a corrette conclusioni sulla natura dello spettro, o che hanno portato, addirittura, a discutibili conclusioni sui dati fotometrici, come i "100 kW", e la "temperatura effettiva" della luce. Entrambi i dati sono risultati essere ricavati sulla base di presupposti erronei relativamente a isotropia dell'emissione luminosa e dimensioni della sorgente.

Ma lei ha avvistato qualcosa di interessante in valle, qualche fenomeno che non riesce a spiegarsi?

Io no. Ho visto solo gli aerei che sorvolano la vallata lungo la rotta Oslo-Trondheim, delle meteore, dei corpi astronomici e i fari d'automobile di cui sopra. Non posso però assolutamente escludere che occasionalmente appaiano a Hessdalen anche fenomeni ripetitivi di natura diversa; fenomeni, magari, aventi una periodicità meno elevata di quanto supposto dai ricercatori italo-norvegesi e che eventualmente richiedano un ampliamento del nostro quadro concettuale in materia di fisica dell'atmosfera; o che ci possano spingere a dover congetturare sperimentazioni militari o ipotesi più esotiche. Mi limito solamente a rilevare che l'evidenza ottica riportata nel rapporto dell'équipe fisica della missione Embla 2002 è interamente spiegabile con dei banali fari di autoveicolo.

Secondo lei ci sono prospettive di progresso nel settore della ricerca sulle luci di Hessdalen?

Distinguiamo i due ambiti: quello più classicamente ufologico e quello più recente, della ricerca strumentale.

Sotto il primo profilo, le testimonianze dei valligiani, che ho avuto modo di raccogliere anch'io, dimostrano l'esistenza di segnalazioni attualmente non facilmente riconducibili a cause note, che riguardano sia luci che oggetti, sia lontani che ravvicinati: un po' quello che contengono gli archivi degli ufologi in tutto il mondo, insomma. Possiamo quindi affermare che a Hessdalen sono stati visti (anche) degli UFO in senso tradizionale e che occorrerebbe approfondire le indagini su queste osservazioni, soprattutto da parte dei nostri colleghi norvegesi che invece danno un po' l'impressione di essersi distaccati da Hessdalen, delegando per così dire ogni attività al Project Hessdalen (che invece si occupa solo del monitoraggio strumentale): si renderebbe necessaria una sistematica raccolta di queste testimonianze, attenta a questioni sia metodologiche sia etiche. Occorrerebbe poi interrogarsi sul fatto se Hessdalen sia in qualche modo speciale, quanto a quantità e qualità dei fenomeni osservati, oppure se questi risultati non siano altro che il frutto di una particolare attenzione per questo sito.

Circa l'aspetto dell'ufologia strumentale, vi è il monitoraggio della stazione permanente, che avrebbe tutto da guadagnare da un'efficace triangolazione dei fenomeni, dalla possibilità di ottenere anche dati spettroscopici e, infine, da una sistematica disamina delle immagini raccolte. Per quanto concerne i risultati delle missioni sul campo, ritengo sia importante comprendere che molte delle cose che Teodorani dà per scontate, scontate non sono.

Credo insomma che la ricerca sul fenomeno, di cui le luci di Hessdalen rappresentano un aspetto, debba essere sostenuta con forza. Questo vale sia per gli aspetti strumentali sia, soprattutto, per gli aspetti testimoniali.

Insomma, la ricerca deve continuare?

Assolutamente sì, e infatti continua, soprattutto nell'ambito dei rilevamenti strumentali. Anzi, è incoraggiante che ci siano delle persone motivate a impiegare tempo e forze in queste ricerche. Così come trovo altrettanto incoraggiante che ci sia un comitato, come il CIPH, attivamente impegnato a raccogliere risorse per rendere possibili queste ricerche. Certo, è auspicabile che l'esperienza maturata sia d'insegnamento. Tuttavia sarebbe un vero peccato che errori commessi in passato ci precludano dalla possibilità di commetterne di nuovi in futuro. Mark Twain ebbe a scrivere: "Sta' attento a spremere da un'esperienza tutta la saggezza che può contenere; non fare come il gatto che si siede sulla stufa accesa. Di certo non si siederà più su una stufa accesa - e questo è bene - ma neppure su una spenta".

Edoardo Russo
Presidente del Centro Italiano Studi Ufologici (CISU)

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