Una sindone parigina

  • In Articoli
  • 10-01-2006
  • di Gian Marco Rinaldi
Sulla Stampa dello scorso 22 giugno, un articolo del corrispondente da Parigi portava il titolo: "La Sindone rifatta in laboratorio". Sopra e sotto al titolo: "L'equipe di Science & Vie avrebbe ricostruito il più grande mistero della storia cristiana" e "Le tecniche del Medioevo per provare un presunto falso". Il giornalista aveva assistito il giorno prima a una conferenza stampa organizzata dal mensile Science et Vie (S&V), durante la quale era stato mostrato un metodo per produrre un'immagine simile a quella del volto della Sindone di Torino. L'esibizione doveva averlo impressionato: "Sul lino si staglia, ben marcato, color sangue, il volto di un uomo. Nel negativo fotografico il viso diventa di un sorprendete, arcano realismo. La somiglianza con il viso della sindone è stupefacente, trasmette un frammento di quella immensa carica emozionale che ha fatto tremare generazioni. Ne viene, occorre confessarlo, un senso di oscuro disagio".[1] E l'articolo prosegue con parole che appaiono insolite per il giornale della città che custodisce il sacro lenzuolo: "Secondo la equipe riunita dalla rivista francese Science & Vie il più grande, affascinante mistero della storia cristiana, la Sindone, l'impronta di Gesù, non è altro che un fortunato colpo messo a segno da avidi falsari medioevali, istigati forse da vescovi avidi di elemosine e di potere, passato attraverso i secoli trionfalmente spinto dal vento della credulità e da quella che questi infervorati positivisti definiscono "una vergognosa rinuncia degli scienziati a usare il linguaggio della scienza"".
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L'immagine sindonica ottenuta dall'equipe di Science et Vie.
Negli stessi giorni la notizia veniva diffusa da vari giornali francesi e rimbalzava anche a livello internazionale. I resoconti, per lo più, davano l'impressione che il metodo presentato durante la conferenza fosse nuovo e che rappresentasse un colpo per la credibilità della reliquia, in quanto mostrava come fosse stato possibile, per un artefice medievale, creare un falso. Per esempio un articolo in un giornale francese si apriva così: "La scienza ha messo a segno una nuova vittoria contro i partigiani dell'autenticità del Santo sudario di Torino".

La conferenza stampa del 21 giugno a Parigi era stata organizzata in vista della pubblicazione, sul numero di luglio della rivista, di un ampio dossier sulla Sindone in chiave critica, con gli interventi di diversi autori. Il direttore aveva pensato di corredare il dossier con l'esemplificazione di una copia ottenuta con metodi accessibili a un artista medievale. Aveva quindi incaricato un collaboratore, Jacques di Costanzo, di eseguire una riproduzione del volto.

Alla conferenza partecipavano alcuni degli autori del dossier. Di Costanzo non era presente ma altri due autori, Paul-Éric Blanrue e Patrick Berger, hanno usato il suo metodo per produrre la copia. Hanno steso un telo sul bassorilievo di un volto. Con un tampone di panno o di cotone cosparso di polvere colorata hanno battuto leggermente o frizionato sul telo. La polvere in questo caso era un ossido di ferro (il pigmento dell'ocra rossa). L'immagine che si forma in questo modo mostra infatti caratteristiche tipiche della Sindone. Si ha una parziale inversione del chiaroscuro rispetto a un normale ritratto, dato che le parti rilevate del bassorilievo vengono più marcatamente impresse, mentre le parti incavate restano più in chiaro. Ne consegue in modo automatico che una riproduzione fotografica dell'immagine appare più realistica nel negativo che nel positivo. Inoltre il colore rimane sulla superficie delle fibre del tessuto e non penetra in profondità, non ci sono segni di pennello e l'immagine appare sfumata e priva di linee di contorno. Insomma questa dell'applicazione di una polvere col supporto di un bassorilievo appare una verosimile ipotesi per il metodo con cui la Sindone fu eseguita (almeno per il volto, mentre per il resto della figura si può pensare a un analogo decalco su un reale corpo umano anziché un bassorilievo).

Questa ipotesi non è nuova, anzi è conosciuta da molti anni. La paternità è dell'americano Joe Nickell che la introdusse attorno al 1980. Una imitazione del volto sindonico eseguita da Nickell comparve sulla copertina del suo libro del 1983,Inquest on the Shroud of Turin, e l'anno prima era stata sulla copertina di un numero dello Skeptical Inquirer. In seguito Nickell, divenuto un autorevole esponente dello CSICOP, ha continuato periodicamente a intervenire sulla Sindone con vari articoli (uno dei quali fu pubblicato proprio su S&V). In Francia il metodo del bassorilievo fu poi ripreso da Henri Broch, che nel suo sito internet ha un video con le fasi dell'esecuzione. Possiamo aggiungere che in un articolo sulla Sindone nel n.19 di S&P (1998), una foto mostra l'autore, Luigi Garlaschelli, a sua volta alle prese con un bassorilievo.

Nel suo dossier, S&V non ha preteso di presentare il metodo come se fosse una sua invenzione. Però è forse successo che durante la conferenza i relatori non hanno sottolineato l'esistenza di antecedenti, oppure qualche cronista si è dimenticato di prenderne nota, e quindi i giornali, salvo eccezioni, hanno dato la notizia come se si trattasse di una novità.

In tutti questi anni, i sindonologi (sostenitori dell'autenticità) hanno ignorato l'ipotesi del decalco su bassorilievo e non c'è da aspettarsi che cominceranno a preoccuparsene adesso. Anzi, per come la cosa è stata ora presentata dagli autori francesi, si può prevedere che i sindonologi avranno una facile risposta. Diranno che sulla Sindone non è presente materiale colorante a formare l'immagine, mentre sulla copia di S&V l'immagine è dovuta appunto al pigmento.

Quale sia esattamente la natura dell'immagine sulla Sindone, non è noto con sicurezza ed è ancora oggetto di controversia, ma un'opinione condivisa da molti, dentro e fuori il campo dei sindonologi, è che in effetti non ci sia pigmento, se non in quantità trascurabile, e che la debole colorazione della figura sia da attribuire principalmente alla degradazione della cellulosa del lino (con un processo simile a quello dell'ingiallimento della carta di un vecchio giornale). Nickell era fin dall'inizio consapevole di questo problema e introdusse nel suo modello una importante ipotesi aggiuntiva. In questa ipotesi, il materiale colorante applicato in origine sulla Sindone si è poi staccato, spontaneamente o in seguito a trattamenti subiti dal lenzuolo, lasciando solo la traccia della sua primitiva presenza sotto forma di una più accentuata degradazione delle fibre del lino. Infatti la degradazione può essere accelerata dall'azione di diverse sostanze chimiche, qualcuna delle quali poteva essere contenuta nella ricetta usata dall'artefice per il suo colorante. Naturalmente è facile pensare che una polvere applicata a secco non sia indelebile.

Per gli autori di S&V, al contrario, l'immagine sulla Sindone è causata dalla presenza di ocra rossa, la stessa che fu applicata dall'artefice e che non si è staccata col tempo. Suppongono quindi che la polvere fosse stata impastata assieme a un collante per fissarla al lenzuolo. Per la loro esecuzione hanno infatti aggiunto alla polvere un collante (gelatina animale) e affermano che le copie così ottenute sono risultate indelebili e hanno resistito al lavaggio, al calore e all'azione di varie sostanze chimiche. Si può obiettare che l'attuale figura sulla Sindone è così pallida, a mala pena visibile, che non doveva essere proprio indelebile quando fu fatta. Infatti è lecito supporre che l'artefice avesse realizzato un'immagine abbastanza ben visibile e appariscente, se l'oggetto doveva essere di qualche utilità per chi gliel'aveva commissionato.

In conclusione, la conferenza di S&V non ha portato, con l'esecuzione di questa copia, un contributo nuovo od originale alla controversia sull'autenticità della reliquia. I giornali, come succede, hanno colto l'occasione per dare risonanza a un evento che probabilmente non avrà importanti conseguenze.

Note


1) L'immagine del volto eseguita durante la conferenza è ancora visibile sul sito www.zetetique.org . Non si può dire che sia molto ben riuscita quanto a somiglianza con l'originale.
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