San Gennaro e la spettrografia

La fotografia all'infrarosso: aspetti tecnici e manualità operativa

  • In Articoli
  • 23-06-2006
  • di Carlo Marchesano

Nel periodo gennaio-giugno 2004, partecipando al III corso specialistico del CICAP di Indagine Scientifica del presunto Paranormale, ho scelto come attività investigativa di corsista esterno l'esecuzione di alcuni esperimenti fotografici utilizzando uno speciale tipo di pellicola fotografica: quella sensibile ai raggi infrarossi dello spettro elettromagnetico.

Perché proprio questa particolare e mirata attività investigativa?

La fotografia all'infrarosso viene spesso usata per identificare le contraffazioni di scritti o per verificare, nelle indagini di polizia, l'architettura di una ferita quando questa è nascosta sotto un velo ematico di sangue.

Per avere risultati certi e ripetibili, ogni fotografia all'infrarosso deve essere studiata molto bene: prima come teoria applicata agli scopi che si desiderano ottenere, poi come pratica nell'esecuzione della tecnica operativa di ripresa.

Presso la biblioteca del CICAP ho avuto il modo di leggere, per la prima volta, il libro di Pier Luigi Baima Bollone dal titolo San Gennaro e la Scienza.

In particolare, sono stato particolarmente incuriosito dal capitolo 12 che riporta i risultati di alcune riprese fotografiche eseguite sulle due ampolline di vetro del sec. IV racchiuse nella teca-reliquiario di San Gennaro. Riprese eseguite, appunto, con una speciale pellicola fotografica a colori sensibile ai raggi infrarossi.

Riporto esattamente i paragrafi del libro (estratti dal cap. 12 a pagina 205) che hanno ridestato il mio spirito investigativo di ricercatore chimico-fotografico: "Avutane l'autorizzazione, durante la cerimonia pubblica del 19 Settembre 1986 ho provveduto a fotografare la teca con le ampolle di S. Gennaro dapprima con una consueta pellicola a colori e successivamente con pellicola infrarossa sempre a colori. Il risultato è veramente a sorpresa. Nelle fotografie a colori normali si osserva il livello del "sangue" liquefatto mentre nelle fotografie a luce infrarossa, eseguite subito dopo le prime, non si rileva alcun livello, e questo almeno in apparenza risulta in accordo con l'ipotesi che nelle ampolline sia contenuto sangue".

L'impostazione degli obiettivi della ricerca: il primo obiettivo

Ricordando la frase (attribuita a Einstein) "mai smettere di farsi domande", mi sono subito chiesto: a parte il peso, che cos'è che mi permette di distinguere subito, con un semplice sguardo, un contenitore di vetro vuoto, per esempio una provetta, da una riempita con acqua distillata?

A questa prima domanda, la risposta è stata immediata: è la presenza del "menisco" cioè quella calotta sferica che è visibile nella zona del contenitore dove esiste il contatto di superficie liquido/aria (fig. 1).

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Fig.1: provette di vetro: a sinistra vuota, a destra provetta contenente 10ml di acqua distillata.

Dal Lessico Universale Italiano della Treccani (ed. 1974) alla voce menisco è riportata la seguente descrizione: "In tubo capillare, la superficie di separazione del liquido contenuto nel tubo stesso dal mezzo sovrastante. Se il tubo è cilindrico ad asse verticale il menisco è approssimativamente una calotta sferica e, a seconda che questa sia concava o convessa, si specifica esso stesso come concavo o convesso; i due casi si verificano rispettivamente quando il liquido bagna o no la parete del tubo."

La formazione del menisco è legata al diverso comportamento delle forze di adesione e coesione proprie dei liquidi. La coesione è quella forza che permette alle molecole di un liquido di formare la singola goccia mentre l'adesione ne permette di bagnare le pareti del recipiente in cui è contenuto.

Nel nostro esempio dell' acqua contenuta nella provetta, le forze di adesione sono maggiori di quelle di coesione e questo permette all'acqua di "arrampicarsi" sulle pareti. Bisogna poi tenere presente che anche la forza di gravità ha un suo effetto in quanto agendo su tutta la massa dell'acqua, crea un avvallamento nella zona centrale della provetta dove l'acqua non ne tocca le pareti.

Se le pareti del recipiente sono molto vicine, tipo un tubo capillare, il fenomeno è molto evidente, l'acqua si "arrampicherà" ancora di più, l'avvallamento risulterà più marcato ed ecco perché il menisco dell'acqua è concavo. In recipienti di grandi volumi la forza di coesione, unita alla forza di gravità, tenderanno a controbilanciare l' effetto della forza di adesione riducendo al minimo la formazione del menisco.

Nel caso di contenitori di dimensioni medio-piccole, tipo ampolle od altra vetreria standard di laboratorio la superficie della maggior parte dei liquidi sarà comunque caratterizzata dalla presenza del menisco che sarà sempre perfettamente visibile. Nei trattati di chimica analitica spesso si fa riferimento a contenitori di vetro, provette, burette o cilindri graduati, molto particolari perché hanno disegnato sulla superficie esterna la banda di Schellbach che è una banda bianca, larga e opaca, con applicata sullo sfondo centrale una piccola striscia verticale blu. Questo accorgimento è utilizzato nella vetreria di analisi di un laboratorio chimico per facilitare all'analista la lettura del menisco e quindi, evitando gli errori di parallasse, determinare nel modo più preciso possibile l'esatto volume del liquido contenuto in questo recipiente.

Comunque, qualunque sia il prodotto contenuto nelle ampolle di San Gennaro, è ovvio che quando questo prodotto diventa liquido, come tale esso bagnerà le pareti dell'ampolla e, di conseguenza, è anche logico dedurne che nella superficie dove c'è il contatto liquido/aria debba esserci un menisco.

Tuttavia, nel già citato paragrafo del libro di Baima Bollone, si menziona solo la parola "livello" e mai, neanche successivamente, la parola "menisco":

Dal punto di vista scientifico i concetti di livello e menisco, in recipienti stretti tipo provetta od ampolla, sono altamente correlati fra di loro, per cui dedurre che è proprio la presenza di quest' ultimo (cioè del menisco) la caratteristica che permette a un qualsiasi osservatore di capire, con la semplice osservazione, se all'interno di un contenitore stretto di vetro chiaro trasparente, vi è o meno un certo livello di liquido, diventa molto logica.

Nella figura 2, dove il menisco, rispetto alla fig. 1 originale, è stato "cancellato" con un programma di fotoritocco, non è immediato poter stabilire, con la semplice osservazione e specialmente senza prima aver visto la fig. 1 di riferimento, se all'interno della provetta di destra vi sia o meno un certo livello di acqua distillata.

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Fig.2: provette di vetro: sinistra vuota, destra con 10 ml di acqua distillata, ma il menisco è stato "cancellato" rispetto alla foto originale (fig.1).

L'acqua distillata, come tale, è un liquido trasparente ma il menisco, indicante il suo livello quando contenuta in un recipiente stretto di vetro, è sempre perfettamente visibile per il fenomeno di una sua diversa riflessione dei raggi di luce incidente rispetto ai raggi che attraversano la massa del liquido.(vedere fig. 1)

Dopo queste premesse, ecco la formulazione della mia seconda domanda: è possibile che anche il menisco diventi invisibile, quando il livello del liquido delle ampolle di San Gennaro viene fotografato con la speciale pellicola sensibile solo alla radiazione dell' infrarosso?

Il primo obiettivo della ricerca si è quindi definito come segue: verificare se fotografando all'infrarosso, un contenitore stretto di vetro (simulante le ampolle) contenente un liquido rosso-scuro poco trasparente (simulante le caratteristiche ottiche che può avere il colore del sangue) il "menisco" di tale liquido (e quindi il suo livello) sia o no visibile nelle immagini fotografiche che si otterranno.

Il secondo obiettivo

Il principale campo di applicazione riguardo la fotografia all'infrarosso è la capacità di penetrare e attraversare materiali che invece assorbono la luce visibile e rendere quindi visibili eventuali immagini che altrimenti sarebbero nascoste.

Ancora dal libro di Baima Bollone: "Ad esempio, la fotografia con pellicola sensibile ai raggi infrarossi, che non sono percepibili all'occhio umano, mostra che il sangue ossigenato su strato sottile è trasparente così da non impressionare l'emulsione mentre in maggior quantità appare di colore giallo-verde".

Ed ecco formularsi la mia terza domanda: il sangue è caratterizzato da una colorazione rossa abbastanza intensa, dovuta alla presenza del ferro nell'emoglobina, ma è trasparente all'infrarosso come prodotto ematico di per se, cioè come liquido avente, oltre al ferro, altri specifici componenti chimici-biologici, oppure perché è proprio e solo il suo colore rosso a permettere alle radiazioni infrarosse di penetrare al di sotto della sua superficie?

Ed ecco la definizione del secondo obiettivo della ricerca: verificare se i raggi infrarossi sono in grado di penetrare al di sotto dello strato sottile di un liquido rosso non trasparente alla luce visibile (simulante appunto le caratteristiche ottiche che può avere il colore del sangue) per rendere visibile, tramite la loro riflessione registrabile con la fotografia all'Infrarosso, l'eventuale immagine nascosta al di sotto di esso . Poiché l'ipotesi si basa sul verificare se è proprio quel tipico colore rosso derivante da composti chimici contenenti ferro (di cui l'emoglobina del sangue è un esempio) ad essere trasparente all'infrarosso, negli esperimenti che seguono i test sono stati eseguiti utilizzando come campione rosso una soluzione acquosa di un composto di ferro chelato di cui vedere anche in appendice .*

Per una dettagliata ed esauriente descrizione della tecnica con relative modalità di sperimentazione vi rimando alla versione estesa del presente articolo (presto disponibile sul sito del CICAP) completa di foto a colori e bianco e nero.

Le prove eseguite sono state sinteticamente riassunte per questo articolo, dalla tabella 1.

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Tabella 1

I risultati ottenuti hanno dato conferma che il menisco di un liquido e/o il suo relativo livello sono perfettamente visibili anche nella fotografia all'infrarosso,in più, inserendo all'interno di una provetta grande, riempita di soluzione di Ferro chelato, una provetta più piccola contenente acqua (campione F1) è stato possibile dimostrare che il menisco del livello dell'acqua di questa seconda provetta, non visibile all'occhio umano e non distinguibile nelle fotografie effettuate con pellicola tradizionale a colori poiché coperto dalla soluzione rossastra del ferro, era chiaramente riconoscibile nelle foto all'infrarosso (fig. 3).

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Fig.3: Fotografia b&n Infrarossi.

In definitiva possiamo dunque affermare che un liquido avente il tipico colore rosso, dovuto a composti del ferro, quindi non trasparente alle radiazioni del visibile, permette ai raggi infrarossi di penetrare al di sotto dello strato sottile che bagna le pareti del contenitore dove esso è contenuto per registrare così l' immagine presente al di sotto di esso.

Considerazioni e conclusioni finali

Prima di elencare quali sono state le mie conclusioni finali, alla quali sono pervenuto esaminando in dettaglio tutti i risultati di questo lavoro svolto come corsista esterno del CICAP, richiamo ancora una volta i paragrafi del libro San Gennaro e la Scienza, sempre estratti dal cap. 12, che sono stati appunto i riferimenti che hanno generato e definito gli scopi ed obiettivi di questa ricerca:

"Ad esempio, la fotografia con pellicola sensibile ai raggi infrarossi, che non sono percepibili all'occhio umano, mostra che il sangue ossigenato su strato sottile è trasparente così da non impressionare l'emulsione mentre in maggior quantità appare di colore giallo-verde.

Avutane l'autorizzazione, durante la cerimonia pubblica del 19 Settembre 1986 ho provveduto a fotografare la teca con le ampolle di S. Gennaro dapprima con una consueta pellicola a colori e successivamente con pellicola infrarossa sempre a colori. Il risultato è veramente a sorpresa. Nelle fotografie a colori normali si osserva il livello del "sangue" liquefatto mentre nelle fotografie a luce infrarossa, eseguite subito dopo le prime, non si rileva alcun livello, e questo almeno in apparenza risulta in accordo con l'ipotesi che nelle ampolline sia contenuto sangue.

A mente fredda l'accertamento va però ridimensionato. Non si tratta infatti di una prova e forse neppure di un indizio. È stata scattata nella calca e nella concitazione del momento, con le luci inadatte della cerimonia e con molti riflessi nonostante l'impiego del filtro polarizzatore che aggiunto a quello giallo reso necessario dalla pellicola sensibile ai raggi infrarossi, non ha certo determinato una resa eccepibile. Un fatto è tuttavia indubbio: il risultato è proprio quello che si sarebbe dovuto produrre se nelle ampolle si trovasse esattamente materiale ematico".

Nell'insieme dei risultati ottenuti, va tuttavia fatto notare che non è stato possibile eseguire dei confronti diretti poiché nel libro, San Gennaro e la Scienza di Baima Bollone, non sono state riportate nessuna delle immagini fotografiche di riprese all'infrarosso ed al visibile, citate dall'autore.

Comunque, a seguito delle sperimentazioni fin qui condotte possiamo affermare che:

1) Le riprese fotografiche all'infrarosso sono sempre molto impegnative! Per ottenere risultati altamente significativi e riproducibili, bisogna operare seguendo attentamente delle precise e dettagliate modalità operative da scegliere, di volta in volta, secondo gli obiettivi finali che si desidera ottenere.

2) Il livello di un liquido contenuto in un recipiente stretto è sempre definito dalla presenza del suo menisco che indica la superficie di separazione del liquido stesso dal mezzo sovrastante; se il liquido è contenuto in un qualsiasi recipiente stretto di vetro chiaro trasparente (tipo ampolla od altra vetreria di contenimento) l'immagine del menisco potrà sempre essere registrata tramite una ripresa fotografica, sia utilizzando pellicola sensibile solo al visibile oppure pellicola speciale sensibile sia al visibile che alle radiazioni elettromagnetiche dell' infrarosso vicino.

3) Il fatto noto che i raggi dello spettro elettromagnetico dell'infrarosso vicino possano penetrare attraverso strati sottili si sangue non risulterebbe condizione sufficiente a definire qualsiasi liquido che presenta tale trasparenza ai raggi infrarossi, come un liquido che contiene del materiale ematico; dalle prove eseguite risulta che anche un liquido avente il tipico colore rosso dei composti di ferro come il rosso del ferro-emoglobina presente nel sangue, ma contenente solo del ferro chelato proveniente da un complesso organo-metallico tipo EDDHA-NaFe è perfettamente trasparente ai raggi infrarossi riflessi.

Tutte le sperimentazioni effettuate, di cui questo articolo è la sintesi, sono realizzabili con materiali di uso comune o comunque facilmente reperibili; per tutti i dettagli ricordo ancora una volta che la versione estesa di questo articolo sarà disponibile sul sito del CICAP.

Non mi resta che augurare buon lavoro a tutti coloro che avranno tempo e voglia di proseguire questa affascinante avventura, raccomandando nell'eseguire fotografie con le speciali pellicole sensibili ai raggi infrarossi, di operare sempre con tutti gli accorgimenti tecnici necessari per portare a buon fine questo particolare tipo di ripresa (vedere la bibliografia specifica per la fotografia all'infrarosso).

Carlo Marchesano, Perito Chimico. Ex -dirigente di laboratorio di Ricerca per Processi di Chimica Fotografica per Colore e Bianco&Nero. Inventore e co-inventore di 19 brevetti industriali

Appendice

Il composto chelato del Ferro, utilizzato come soluzione rossa negli esperimenti.

Sequestrene NK 138 Fe ( componente principale EDDHA-NaFe)

- confezione da 5 bustine x 20 g di prodotto in granuli di colore rosso-bruno - KB (marchio The Scotts Company Italia)

- le soluzioni al 2 per cento ed al 4 per cento, usate negli esperimenti descritti, si sono preparate sciogliendo in 100 g di acqua demineralizzata, rispettivamente 2g e 4g di prodotto granulare ed agitando sino a soluzione avvenuta.

In commercio è possibile trovare altri composti rossi di ferro chelato (generalmente sono tutti prodotti utilizzati come fertilizzanti) tra cui anche un prodotto già liquido, come per esempio quello conosciuto con il nome di "sangue di bue". contenente Ferro chelato con EDTA.

Note

(*) Il Ferro chelato è un fertilizzante solubile in acqua; il cui composto principale è EDDHA-NaFe.

(**) Nei campioni F) e F2) c'è solo la provetta grande e nessuna provetta piccola interna

(***) La provetta grande del campione F2) ha sul bordo esterno la linea bianca di Schellbach

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