Tutto per una conferenza

Una giovane volontaria del CICAP Piemonte racconta le vicissitudini legate all'organizzazione di una conferenza nella sua scuola

  • In Articoli
  • 06-11-2006
  • di Sara Benatti
Antefatto - maggio 2005. Entusiasta di ritorno dalla Fiera del Libro, orgogliosa del mio nuovo status di volontaria del CICAP Piemonte, mentre affronto con passione degna del mio sangue ancora giovane i primi lavoretti (correttrice di bozze, essenzialmente) rigorosamente gratuiti (siamo volontari, appunto), ecco che vengo colpita dall'idea. "Perché non portare il CICAP nella mia università?"

Povera illusa, non sapevo in cosa mi imbarcavo.

Vicissitudini lunghe un anno

Prima di tutto, si va a parlare col Preside. Inghiotti in fretta la timidezza (ma qualche "boccone" riemerge puntualmente di tanto in tanto), raggiungilo nel suo studio, cerca di spiegargli cosa hai in mente. Specifica che non vuoi far intervenire qualche svitato che parla di rapimenti UFO o di fine del mondo, si tratterebbe di un evento culturale, potrebbero intervenire Questo & Quello, che hanno pubblicato un milione e mezzo di saggi...

La mia proposta suscita un certo interesse - non entusiasmo, certo, ma quanto meno sono stata ascoltata. Bene. Comincia l'inseguimento: si cerca qualche professore interessato a prendere parte al progetto (principalmente nell'ambito Psicologia e Filosofia, ovvero proprio gli esami che ho dato meno, tenuti da professori che non conosco nemmeno di nome). Be', cerco, mando mail, verifico; ottengo qualche responso benevolo (e anche tanto silenzio), ma si tratta di una strada che non porterà a nulla. Ho già capito la regola base che verrà confermata sempre più nel tempo: tutto quello che puoi, fallo da sola.

Siamo a giugno, intanto; i corsi finiscono, se ne riparlerà a settembre. L'estate è dedicata alla ricerca del conferenziere più adatto: parlo con tanti, alla fine la disponibilità mi viene data da Mariano Tomatis, giovane prestigiatore torinese, uno dei soci più in vista del locale "Circolo degli amici della magia", appassionato di misteri e per questo diventato collaboratore del CICAP; è autore in particolare di Rol - Realtà o leggenda, prima e finora unica biografia critica sul noto "sensitivo" torinese, e del recente volume Dietro il Codice Da Vinci.

Molto bene. Il conferenziere c'è, l'evento sarà "Trucchi e segreti del paranormale", un'ottima introduzione all'argomento anche per chi ne è digiuno; il Preside è d'accordo. Il più è fatto?

Illusi...

Dopo l'estate

Si fissa una prima data, in dicembre. Come intuirete, sapendo che la conferenza poi è stata solo a maggio, le cose non sono filate lisce. Perché? Ma perché bisogna "prenotare la sala"... io propongo timidamente quella che era la mia modestissima idea, sfruttare l'aula più grande dell'Università, che oltretutto sarebbe anche stata comoda, bella, ampia...

No. Occorre lo Studio Tal dei Tali, ma è del Comune. Oh. È possibile prenotarlo? Sì, certo. Ecco la prima, forzata deroga al "fai tutto da sola": devono farlo i segretari dell'Università, ovviamente, io sono Nessuno e non posso certo telefonare al fratello del cugino del nipote del parrucchiere del barboncino del sindaco per farmi ascoltare.

Bene. Fiduciosa, mi affido al Preside che pare sempre interessato - e lo è davvero, solo che scoprirò ben presto che, nonostante tutta la sua sincera buona volontà, è assillato da miriadi di impegni che rendono difficile gestire il tutto. Intanto, la data è stata spostata a gennaio, per comodità. Mariano viene informato e gentilmente acconsente.

Cerco in tutti i modi di evitare il Metodo Bart & Lisa Simpson (andare dal Preside tutti i giorni a chiedere "Ha prenotato la sala? Ha prenotato la sala? Ha prenotato la sala?" prendendolo per sfinimento. Sono ancora timida...). Però qualche mail, qualche sollecito, interventi... niente. Irrompe il Natale, le vacanze, e anche senza bisogno di conferme so già la conclusione: "Mariano, e se la spostiamo a marzo?" Mariano gentilmente acconsente.

Ricomincia il tran tran. Si parla sempre del famoso Studio-del-Comune. Io purtroppo ho quasi ininterrottamente lezione, è un trimestre terribile, durante il quale davvero ho bisogno delle bombole a ossigeno per sopravvivere. Nonostante questo, passo spesso dal Preside, che conferma disponibilità e buona volontà. Marzo si avvicina però, e comincio a sospettare come andrà a finire... Anche perché salta fuori la novità: prima di chiedere il permesso per l'uso della sala, occorre ottenere il patrocinio del Comune, che così non ci farebbe pagare l'affitto. E come si fa? Occorre far approvare l'evento dal Consiglio di Facoltà. Maledetta burocrazia, per sconfiggerla sì che servirebbero poteri paranormali. Comincio ad avvilirmi.

Fortunatamente non sarò io a dover spiegare il progetto davanti a tutti i professori. Il giorno del Consiglio mi ritrovo a sperare con tutte le mie forze che il Preside si ricordi di chiedere questa benedetta approvazione; se lo ricorda. Probabilmente fa il mio nome, perché alcuni professori nei giorni seguenti mi chiederanno di che si tratta. Spiego, cercando di non fare la figura dell'aliena. Intanto "Mariano, andrebbe bene all'inizio di maggio?". Mariano gentilmente acconsente.

E si ricomincia. Proprio poche settimane prima della data scelta, il Preside, come se niente fosse, mi dice "Pensavo di farla nell'aula grande". Avete presente le incudini da duecento chili che cadono sulla testa nei cartoni animati? Era l'aula che volevo io! Perché allora tutto il caos, le attese?...

Vabbe'. Sorrido e annuisco. L'importante è che si faccia. La data subisce un ultimo spostamento per evitare le coincidenze con un altro convegno (Mariano gentilmente acconsente...). Intanto si parla di pubblicità, di comunicati stampa, di annunci sul sito di Facoltà (di cui non si vedrà traccia - manca appunto la possibilità del "fai tutto da sola", non sono io a poter gestire il sito). Ok, prepariamo almeno queste benedette locandine. "Sì, sì, certo, le facciamo". Le locandine arrivano quattro giorni prima della conferenza. E sono anche poche. E riportano che la conferenza si terrà non in quella famosa aula (che io avevo già annunciato a tutti) ma in un salone apposito nell'edificio delle segreterie amministrative. Io lo scopro solo quando mi vengono consegnate.

Con un lieve tic all'occhio e il mal di testa (avevo perso il conto degli spostamenti di data e di sala, proprio come voi che leggete queste drammatiche righe), afferro il fascio di locandine, e vado in missione-attacchino. Le bacheche (tutte), le aule computer, le copisterie, le librerie, gli studi, i bar (fortunatamente con l'aiuto di una mia cara amica che mi ha sostenuto in questo progetto e che a volte mi ha accompagnato come rappresentante degli studenti quando si trattava di affrontare questo o quel problema). Le locandine finiscono presto, vado in copisteria e le fotocopio io stessa per aumentarne il numero.

Finalmente l'evento

Tra l'afa e una lieve pioggerellina arriva il gran giorno. Io mi sento orgogliosa, immodestamente forse, ma non importa: è passato un anno dalla folle idea, ho mandato decine e decine di mail, ho sollecitato, discusso, esortato. Alla Fiera del Libro di questo maggio ho anche avuto il piacere di parlare con Mariano di persona e non solo per mail, e rivederlo in stazione è un piacere. Io stessa sono molto curiosa di vederlo all'opera, so più o meno di cosa parlerà ma non ho idea di come si svolgerà effettivamente l'evento. La gente non è molta (un po' per l'immancabile catena di sfighe che ha colpito parecchie persone di mia conoscenza interessate a venire, un po' per lo scarso preavviso (eh, già, niente comunicati stampa...). Giuro a me stessa che la prossima volta (sì, sono masochista, nonostante tutto vorrei che ci fosse una prossima volta) farò in modo di poter davvero fare tutto da sola, senza dover dipendere da altri per questo e quest'altro, a costo di piantare un tendone di fronte a casa e noleggiare un aereo per gettare volantini sulla città tutti i giorni per un mese intero.

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Mariano Tomatis durante l'esecuzione del numero del mazzo che si gonfia.

Si inizia. E mi viene chiesto di fare una breve presentazione, visto che sono io che ho portato Mariano qui. Un secondo di panico, un secondo di "ecco lo sapevo", perché avevo pensato potesse succedere, ma nessuno me ne aveva parlato effettivamente. Mi alzo, sciorino una presentazione che non sarà certo brillante, ma almeno non balbetto e non mi impapocchio: un pomeriggio allo stand Avverbi della Fiera del Libro, a spiegare alla gente che passa che il CICAP non è una cosa che si mangia e non è un gruppo di esoteristi fanatici mi ha allenato.

Corro a sedermi di nuovo, tocca a Mariano; che è simpatico, coinvolgente, brillante; spiega chi è, come è entrato nel CICAP, qual è il suo campo d'indagine, cita gli X-Files e fa sorridere la gente. E come potete immaginare, non ci si annoia. Prima Mariano spiega la differenza tra un vero fenomeno paranormale (ancora da trovare, in realtà...) e gli stessi effetti riprodotti con un trucco; poi si entra nel vivo, e si arriva dalla teoria alla pratica, mentre si passano in rassegna alcuni casi famosi (Uri Geller, Sai Baba, Gustavo Rol). Essenziale sottolineare che non si discute di fede o di messaggi, ma di fenomeni concreti e dunque verificabili; insomma, non si contesta il fatto che Sai Baba parli di Amore universale, ma il fatto che faccia "comparire" oggetti nella sua bocca; non si contesta la fede in Dio, ma il fatto che una statua pianga effettivamente sangue senza un trucco... Dai cucchiaini che si piegano ai chiodi infilati nel naso, dalla differenza tra un testo che si limita a raccontare un fenomeno meraviglioso senza nemmeno provare a capire cosa può provocarlo e uno che invece va oltre e ricerca delle spiegazioni critiche, il tempo passa in fretta. Mariano coinvolge i presenti nei suoi trucchi, un modo divertente per arrivare ai concetti concreti, appassionare e far capire qual è il lavoro che il CICAP si sforza di fare: informazione critica e divulgazione scientifica. La conferenza si conclude, iniziano le domande, e si parla di sensitivi, spiritismo, cerchi nel grano. Tramite i moduli distribuiti ai presenti raccolgo giudizi lusinghieri e adesioni alle newsletter del CICAP, e perfino qualche futuro nuovo volontario che esprime il desiderio di collaborare attivamente al nostro gruppo piemontese. E ce n'è sempre bisogno...

Nonostante tutte le difficoltà, e il fatto che secondo la più pura legge di Murphy tutto ciò che poteva andare storto lo ha fatto, alla fine anche questo giorno è venuto ed è passato. E adesso sono già qui che progetto un nuovo evento, una nuova sfida... Non vorrei mai correre il rischio di godere di una giornata tranquilla.

Sara Benatti
Gruppo CICAP-Piemonte

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