Gli Alieni

di Tommaso Pincio
Fazi Editore, 2006
pp. 256, € 16

  • In Articoli
  • 16-11-2006
  • di Andrea Albini
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Scrivere un saggio sugli alieni che si legga tutto d'un fiato senza eccedere nel gusto per mistero non è impresa da poco e Tommaso Pincio lo ha capito benissimo. Questo autore e giornalista romano, che da bambino fantasticava di essere un extraterrestre costretto per punizione a vivere sulla Terra, ci parla di come la percezione degli "alieni" ha percorso la cultura e la sottocultura americana - e attraverso di essa il mondo - influenzando e venendo influenzata dal cinema, dalla politica, dai miti e dalle delusioni dell'american way of life. Per evitare che un fenomeno elusivo come le visite degli extraterrestri al nostro pianeta sia accettato come un atto di fede, la cosa migliore è raccontare come si è evoluto in una prospettiva storica. Da questo esercizio potremmo imparare qualcosa di più su noi stessi e anche sulla nostra società. L'alternativa è raccogliere grandi quantità di dati (a favore o contro) gli Ufo e i loro inquilini nell'intento di fare proseliti oppure di confutare le affermazioni più clamorose.

Come per i proverbiali asini, non possiamo dimostrare che i "dischi volanti" non esistono fino a quando saranno fornite prove concrete; ma proprio perché la loro "dimensione ideale" è il mito - come ha dichiarato in un'intervista recente - Pincio si è concentrato sul "perché" gli alieni sono giunti tra noi. Invece di scrivere un inconcludente tomo di ufologia egli si è concentrato particolarmente sulla cinematografia di fantascienza, convinto di poterne trarre "riflessioni più serie e credibili" sugli extraterrestri. Partendo dal paradosso di Enrico Fermi, secondo cui, se la probabilità dell'esistenza di forme di vita su altri mondi è altissima, non si spiega perché esse non si siano fatte ancora vedere, il libro conduce il lettore attraverso un percorso che, iniziando dall'utopia scientifica di inizio secolo in cui gli alieni erano creature superiori da cui imparare, li ha trasformati in mostri o in esseri inquietanti. Per Pincio, i momenti chiave di questa evoluzione sono particolarmente due: la guerra fredda e la paranoia che la ha accompagnata (gli Ufo come velivoli nemici, la minaccia aliena come metafora della minaccia sovietica, eccetera) e il crollo del "sogno americano" (la comparsa degli "uomini in nero" che cercano di insabbiare le prove dell'esistenza di extraterrestri nelle basi militari come indice della mancanza progressiva di fiducia degli americani per il proprio governo, eccetera). Troviamo anche i primi rapiti, i contestatori delusi degli anni sessanta che speravano di conciliare le droghe sintetiche con l'ufologia e le sette semireligiose dei contattisti. Ma in un mondo "fluttuante e senza più realtà", racconta Pincio, può capitare di trovare esposte su Playboy le grazie di tre adepte del movimento raeliano, oppure scoprire che un ex ministro della difesa canadese crede negli Ufo ed è preoccupato per una possibile guerra intergalattica.

Il saggio Pincio racconta queste storie con distacco e un poco di ironia, senza forzare nei commenti per darci maggior spazio di riflessione al termine di ogni capitolo. Più che ai superesperti di alieni, che sanno già tutto e sono in genere poco spiritosi - ha osservato su Repubblica Concita de Gregorio - questo libro è adatto a chi gli alieni fino ad ora li ha considerati con superficialità. Forse le teorie di Pincio sono vere solo in parte, forse le speculazioni sulla forma dei "dischi volanti", i mandala delle considerazioni ufologiche di Jung e la moda del frisbee sono, appunto, solo speculazioni ma come non cedere a un libro che ci parla di "alieni" per invitarci a pensare.

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