Quali correlazioni?

Sincronicità, correlazioni ed astrologia

NOTA – Il brano di Raymond Smullyan a cui si fa riferimento nel testo è disponibile, nella traduzione di Mariano Tomatis, qui .

Le provocazioni di Raymond Smullyan (Smullyan 1977) sono sempre molto divertenti e stimolanti, come questa sull’astrologia. Proviamo a rispondere alla provocazione, tornando coi piedi per terra.

L’idea di sincronicità fa il suo ingresso nel pensiero occidentale con i lavori dello svizzero C. G. Jung, il fondatore di quella particolare branca della psicoanalisi denominata psicologia analitica, e da allora è stata proposta come spiegazione a quasi tutti i fenomeni paranormali, spesso in congiunzione con alcuni degli aspetti più “oscuri” della meccanica quantistica, generalmente usati a sproposito. Jung introduce il concetto di sincronicità (o “principio dei nessi acausali”) per cercare di superare il predominio del principio di causalità che permea il pensiero scientifico e la cultura dell’occidente. Con il termine si indica la coincidenza significativa di un evento interno (ossia psichico) con un evento esterno, che non ha e non può avere una connessione causale col primo.

Quella che qui ci interessa non è perciò la sincronicità tra due treni di pensieri con una possibile causa comune, come nel racconto Zen dell’articolo di Smullyan. È qualcosa di più profondo, la cui esistenza metterebbe in crisi tutto l’edificio del pensiero scientifico moderno fondato sul principio di causalità. È un concetto un po’ sfuggente che si presta a diverse interpretazioni; seguiamo il pensiero dell’autore.

Prendiamo due avvenimenti apparentemente indipendenti, senza alcuna evidente relazione di causa ed effetto: un esempio classico portato dallo stesso Jung è quello del sincronismo tra le parole di una sua paziente, che racconta di aver sognato uno scarabeo, e l’ingresso di uno scarabeo dalla finestra aperta dello studio del medico. Normalmente si classificherebbe il fatto tra le pure coincidenze, che ci colpiscono solo quando appaiono “significative”. Ma se così non fosse? La prima possibilità è che i due eventi abbiano una causa comune, in questo caso probabilmente molto remota e un po’ misteriosa; possiamo chiamare questa ipotesi “sincronicità debole.” Caso più estremo, possiamo immaginare che i due avvenimenti siano collegati da un meccanismo di pura sincronicità (che chiameremo “forte”) che non ha niente a che fare con il principio di causalità. Come possiamo fare a scoprire se la sincronicità forte è una proprietà del nostro universo?

Concettualmente è facile: si cercano, come suggerisce Smullyan, correlazioni tra avvenimenti che non possano essere ragionevolmente correlati secondo le leggi della fisica che conosciamo.

Cosa significa? Se scopriamo che, ad esempio, quando accade A accade anche B (o anche solo è più probabile che accada anche B), diciamo che A e B sono correlati. Ma correlazione non implica causalità, cioè non è detto che A sia la causa di B: potrebbe essere il contrario (se c’è un incendio ci sono i pompieri, ma non per questo posso concludere che i pompieri danno fuoco alle case) oppure esserci una comune causa che non conosco o che non ho preso in considerazione. Se ad esempio scopro che esiste una correlazione tra l’incidenza di una particolare malattia e il tasso di scolarizzazione non potrò concludere che la scarsa cultura provoca la scabbia. L’ipotesi più plausibile è che qualche causa terza sia all’origine di entrambi i fenomeni; in questo caso è facile immaginare, ad esempio, come alla vita in condizioni di povertà si possano associare sia una bassa scolarità sia scarse condizioni igieniche. Questa forma banale di sincronicità debole va tenuta in seria considerazione in qualunque studio ed è potenzialmente fruttifera, nel senso che indagando le possibili concause di avvenimenti correlati si possono fare scoperte interessanti e, magari, inaspettate.

Giustamente Smullyan osserva come l’astrologia possa “diventare un interessante terreno di studi futuri sul principio della sincronicità;” aggiungiamo però che non esiste altrove nella scienza contemporanea alcun altro indizio della validità di un simile principio.

Eventuali correlazioni osservate tra la configurazione dei pianeti del sistema solare e la nascita di un bambino avrebbero perciò importanza capitale. Se ne attribuiamo l’esistenza ad una forma debole del principio sincronico, la remota causa comune è certamente misteriosa in quanto non esistono meccanismi noti che le possano spiegare, e varrebbe la pena indagarla. Ancora più interessante è, chiaramente, l’ipotesi della sincronicità forte.

Ma è vero, come dice Smullyan, che queste supposte correlazioni non sono state studiate?

Il primo punto da considerare è che tali correlazioni, se esistenti, non sono per niente perspicue. Gli astrologi affermano di conoscerle e su di esse basano le loro predizioni, ma tutte le volte che si è eseguito uno studio serio sull’efficacia di tali predizioni si è arrivati alla conclusione che se gli astrologi avessero tirato completamente a indovinare avrebbero fatto più in fretta e con lo stesso successo.

In uno studio pubblicato su Nature nel 1985 (Carlson 1985) si metteva alla prova la capacità di alcuni astrologi di associare un’interpretazione del tema natale del soggetto con un profilo psicologico tracciato con criteri standard. Dovendo scegliere fra tre profili scelti a caso, uno solo dei quali era quello corretto, gli astrologi hanno avuto successo nel (34 ± 4)% dei casi, risultato perfettamente compatibile con il 33% predetto da un’associazione puramente casuale. Uno studio analogo, pubblicato nel 1990 sul Journal of Scientific Exploration (McGrew & McFall 1990), porta ai medesimi risultati. Quest’ultimo studio, probabilmente l’esperimento meglio progettato mai eseguito sull’astrologia, ha inoltre messo in evidenza come non vi sia neanche accordo tra differenti astrologi sull’interpretazione del tema natale (ulteriori informazioni sono disponibili in un altro articolo).

Cosa se ne può concludere? Che i principali proponenti dell’astrologia, cioè gli astrologi stessi, sostengono l’esistenza di correlazioni tra la posizione degli astri e la vita di una persona ma non sono in grado di indicare quali queste correlazioni siano.

Il principale indizio a favore dell’esistenza di tali correlazioni, che potrebbe giustificare ulteriori ricerche, viene perciò a mancare. Nonostante ciò, esiste un filone di ricerca astrologica che mette completamente da parte le affermazioni degli astrologi e ricerca direttamente proprio correlazioni tra la configurazione zodiacale alla nascita ed il carattere di una persona (non per niente la rivista della British Astrological Association, una delle più serie pubblicazioni astrologiche, si intitola Correlation).

I più famosi studi in questo campo sono quelli del francese Michel Gauquelin, morto nel 1991. Gauquelin, scettico nei confronti dell’astrologia tradizionale, riteneva tuttavia di aver trovato una piccola ma statisticamente significativa correlazione tra determinate posizioni del pianeta Marte e la nascita di futuri campioni sportivi, il cosiddetto “effetto Marte” (ad es. Gauquelin 1988).

La disputa sull’esistenza o meno dell’effetto Marte fu purtroppo immediatamente inquinata dalla scarsa qualità di uno studio promosso dallo CSICOP, l’equivalente americano del CICAP. Le polemiche tardarono a placarsi, ma i risultati di studi successivi (ad esempio quello del Comité PARA in Belgio, Dommanget 1997) e del riesame dei dati di Gauquelin indicano come probabilmente i risultati positivi ottenuti da alcuni ricercatori fossero dovuti a problemi nella selezione del campione, cioè dei soggetti usati per lo studio (Nienhuys 1997). Per riassumere con le parole degli scettici belgi, tutti coloro i quali credono nel fenomeno propongono campioni che portano apparentemente all’esistenza di un effetto Marte, mentre i campioni proposti da chi non ci crede portano apparentemente all’assenza di un qualunque effetto.

Se pure questo non esclude definitivamente l’esistenza di queste correlazioni, l’onere di dimostrare che simili fenomeni esistano è sempre più sulle spalle di chi li propone.

Smullyan, in chiusura, scrive “Così non posso rifiutarla (l’astrologia) in toto, come fanno molti miei amici puramente empirici”. Come non ci stancheremo mai di ripetere, una affermazione scientifica è vera sempre e solo provvisoriamente. Nessun “empirico” rifiuta in toto alcunché, così come nessuno accetta una qualunque teoria senza possibilità di appello. Quando si troverà qualche indizio dell’esistenza di tali correlazioni, la comunità scientifica ne prenderà atto e si rimboccherà le maniche; nel frattempo, per un semplice principio di economia, dedichiamoci a ricerche più fruttifere.

Bibliografia


  • R. Smullyan, The Tao is Silent. New York: Harper & Row (1977).
  • Carlson, S.,“A double-blind test of astrology”, Nature 318:419 (1985).
  • McGrew, J. H., McFall, R., “A scientific inquiry into the validity of astrology”, Journal of Scientific Exploration 4:75 (1990).
  • Gauquelin, M., L’homme et les astres. Paris: Denoël (1960)
  • Gauquelin, M., “Is there a Mars Effect?”, Journal of Scientific Exploration 2:29 (1988).
  • Dommanget, J., “The ‘Mars Effect’ As seen by the Committee PARA”, Journal of Scientific Exploration 11:275 (1997).
  • Nienhuys, J. W., “The Mars Effect in Retrospect”, Skeptical Inquirer 21:24 (1997).
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