Rennes-le-Château: una secolare caccia al tesoro.

Il fascino di una complessa ricerca, la prima parte di un articolo in due puntate

  • In Articoli
  • 08-11-2007
  • di Mariano Tomatis
Nel 1870 Henrich Schliemann, seguendo alla lettera le descrizioni dell'Iliade, fece degli scavi e trovò una città che identificò con Troia, la città cantata da Omero. Purtroppo Schliemann non era un ricercatore: era solo un cercatore. Scavò in fretta e senza metodo, per cui molti elementi preziosi per identificare i reperti andarono perduti.
Il caso di Schliemann, ma si potrebbero citare molti altri ritrovamenti clamorosi, rivela un aspetto affascinante della ricerca di tesori perduti. Mentre in parapsicologia non si è mai stati in grado di mostrare l'esistenza di alcun fenomeno paranormale, alcune cacce al tesoro si sono positivamente concluse con il ritrovamento di qualcosa. L'esistenza di precedenti illustri galvanizza il cercatore, che non a caso cita regolarmente Schliemann come esempio di «uno che ce l'ha fatta». Al fascino di questi precedenti non è immune neppure il ricercatore più scettico. Come scriveva il filosofo e scienziato Bernard le Bovier de Fontenelle, «è vero che non si può trovare la pietra filosofale, me è un bene che la si cerchi. Cercandola, si scoprono bellissimi segreti che nessuno cercava». Nel corso di questo articolo ci occuperemo di un tesoro di cui si mormora da molti secoli in un piccolo paesino sui Pirenei francesi: Rennes-le-Château. Narra la leggenda che un prete di fine Ottocento sarebbe diventato enormemente ricco proprio grazie al ritrovamento di qualcosa di molto prezioso. Sono migliaia i cercatori che ogni anno raggiungono il villaggio per effettuare i propri studi sul campo, e letteralmente centinaia le pubblicazioni dedicate a questo enigma storico e archeologico. Un interesse di questo tipo merita qualche spiegazione. La mitologia che si è creata intorno a Rennes-le-Château mostra tutti gli elementi della caccia al tesoro tipica: il Sacerdote è l'Uomo che si distingue dagli altri per la sua intelligenza e che infrange l'ordine costituito; c'è Qualcosa di nascosto che aspetta soltanto l'uomo abbastanza degno di ritrovarlo; c'è il Ritrovamento, che viene tenuto abbastanza nascosto perché nessuno possa rivendicarne la proprietà ma non abbastanza perché la voce non inizi a circolare, in versioni discordanti; c'è un aspetto Materiale del tesoro: esso viene monetizzato, forse con la vendita dei pezzi di cui è costituito, forse con un ricatto verso chi ha tutto l'interesse a mantenere segreto quel ritrovamento scomodo; ma c'è anche un aspetto Spirituale: il tesoro dev'essere tramandato integro a qualcun altro altrettanto degno di ritrovarlo, e perché ciò avvenga, il percorso per raggiungerlo dev'essere lastricato di indizi in codice che solo il più scaltro riuscirà a interpretare correttamente; solo se il tesoro c'è ancora ha un senso cercarlo al giorno d'oggi; e c'è il Depositario del segreto che, in punto di morte, non ha abbastanza voce per rivelarlo, portandolo con sé dentro la tomba. La mitologia di Rennes-le-Château offre tutti questi elementi contemporaneamente. Difficile resistere alla sua suggestione. Ma sarebbe ingenuo partire alla sua ricerca senza tenere in considerazione la genesi di questa mitologia, i documenti in grado di confermare o smentire le mille ipotesi sorte sulla sua natura, il panorama storico in cui questo enigma è nato e si è sviluppato.

Storia di una caccia al tesoro


L'ambientazione della storia è fondamentale: tutto prende il via in un'area della Francia abitata sin dal Neolitico, che ha visto succedersi tribù celtiche, romani, visigoti, arabi, franchi. Il contributo artistico e archeologico di questo avvicendamento è straordinario. Nel 1885 viene nominato parroco di Rennes-le-Château don Bérenger Saunière. Il sacerdote si arricchisce enormemente, e spende le sue fortune nella costruzione di alcuni magnifici edifici da lasciare in eredità alla sua perpetua. Il Vescovo si infuria perché vorrebbe che quegli immobili finissero nelle mani della Chiesa: lo processa e lo sospende dalle sue funzioni. Nanni Moretti non c'era ancora, ma già all'epoca la domanda era: «Dove ha preso i soldi?».
Negli Anni Cinquanta un albergatore eredita dalla perpetua tutti gli averi del sacerdote e ne fa un Hotel Ristorante. Sull'insegna, oltre al "panorama indimenticabile", promette una "storia meravigliosa": la stessa che racconta a tutti i clienti, la storia del vecchio parroco del paese che divenne ricco grazie a un tesoro. La favola di don Saunière inizia ad arricchirsi di particolari frutto della fantasia di un abile narratore. Tra i clienti c'è il giornalista di un quotidiano locale, che nel gennaio 1956 dedica un'intera pagina al racconto del loquace albergatore. "La favolosa scoperta del sacerdote miliardario di Rennes-le-Château". Il tesoro consisterebbe nell'oro della Corona Francese, nascosto a Rennes da Bianca di Castiglia per metterlo al sicuro dalla Rivolta dei Pastorelli nel 1250. È un tesoro materiale, quindi cominciano i primi scavi. Vengono alla luce tre scheletri e poco più. Il tesoro non si trova. Ne approfitta un rampante esoterista, Pierre Plantard, che legge i romanzi di Lupin e si appresta a riversarne la geniale ed enigmistica ironia nel mondo reale. Fonda un'associazione che chiama Priorato di Sion. Ha bisogno di antenati illustri per promuoverla negli ambienti esoterici dell'epoca, e pensa ai Merovingi. Plantard rielabora a modo suo le vicende di don Saunière, raccontando una nuova versione dei fatti: l'antica dinastia dei Merovingi non si è estinta ma i suoi discendenti sono ancora in vita. Saunière l'avrebbe scoperto e si sarebbe arricchito trovando le loro ricchezze, disseminate sulle montagne circostanti. Nello scenario fantastico di Plantard, si tratta ancora di un tesoro materiale, costituito da dodici forzieri ognuno collegato ad un segno zodiacale. Ma il tesoro ha anche una dimensione più spirituale: è il segreto della discendenza dei Merovingi, l'opportunità di far governare la Francia da un monarca illuminato. Gli scritti di Plantard anticipano molti dei temi che la New Age farà suoi con l'avvicinarsi del Terzo Millennio. Nel 1982 il colpo di scena. Tre scrittori inglesi propongono in un best seller internazionale una versione dei fatti ulteriormente arricchita di nuovi particolari: Saunière avrebbe trovato nella chiesa parrocchiale di Rennes-le-Château le prove dell'esistenza di una discendenza di sangue di Gesù Cristo e Maria Maddalena. Impugnato questo segreto, il sacerdote avrebbe estorto milioni di franchi al Vaticano con la minaccia di rivelarlo. Il tesoro perde ogni materialità: è un segreto terribile, che nella sua potenziale intenzione di abbattere la Chiesa di Roma seduce anche le associazioni anticlericali che si dichiarano più razionaliste. Finché nel 2003 qualcuno trova davvero un tesoro. Vale circa 600 milioni di euro. Si chiama Dan Brown, e il tesoro esce dalla sua penna: si intitola Il Codice da Vinci, e racconta la storia di un omonimo di Saunière, anch'egli custode del "segreto terribile" di Cristo e la Maddalena. I libri dedicati a questo enigma storico sono letteralmente centinaia. Gran parte di essi mescolano allegramente le diverse versioni della storia di Saunière, mettendo sul tavolo pezzi di puzzle che provengono da disegni di epoche e personaggi diversi. L'effetto che si produce sul lettore è quello di un totale straniamento: visto che i pezzi non combaciano tra loro ed è praticamente impossibile ricostruire l'immagine complessiva, tanti ne deducono che si tratta di uno dei più grandi misteri della storia, e alcuni arrivano a pensare - come vedremo - che il destino stesso dell'umanità sia legato in qualche modo agli eventi occorsi a Rennes-le-Château. Il trucco sta nel riconoscere che non c'è un solo disegno da ricomporre, ma i disegni sono molti e ognuno appartiene a un periodo storico diverso. Bisogna, quindi, distinguere i pezzi sul tavolo, riconoscervi gli elementi più antichi e quelli più moderni, ricostruendo con pazienza non tanto "la" storia di Saunière ma "le" diverse versioni della stessa storia, così come si sono stratificate, sommate e mescolate nel corso di un secolo. Senza, naturalmente, illuderci di completare i puzzle: sono molti gli elementi andati perduti per sempre e nell'ambito storico i "fatti" sono molto più sfumati che nell'ambito scientifico.

Il puzzle: una tessera troppo moderna


Per fare un esempio dell'allegria filologica con cui vengono presentati i pezzi del puzzle si può citare l'occhio di Horus che Saunière avrebbe collocato sul frontone della sua chiesa. Diversi "cercatori" si domandano: «Perché un prete cattolico colloca un simbolo egizio su una chiesa? Forse il tesoro aveva a che vedere con l'Egitto? Iside? Le piramidi?».
La fotografia sempre citata (fig.1) mostra un simbolo che ha qualche vaga somiglianza con l'occhio di Horus. A partire da questo elemento, si moltiplicano a dismisura le ipotesi sui collegamenti della zona con l'Antico Egitto, con un incredibile spreco di energie intellettuali. Perché la domanda corretta da porsi è: «A quando risale questo pezzo del puzzle?». Se andiamo a indagare, scopriamo che nei primi Anni Novanta del XX secolo la mattonella in cima al tettuccio cadde, e in attesa di sostituirla, i muratori applicarono un po' di cemento al cui centro fissarono parte di una mattonella rotta. La fotografia venne scattata proprio durante i lavori di restauro. Il pezzo del puzzle egiziano non si riesce a collocare nello scenario soltanto perché è troppo recente, e fa parte di un disegno che non è quello originale.

Il puzzle: una tessera troppo antica


Un altro esempio è quello della fotografia di Saunière sul letto di morte. Sul comodino si intravede un copricapo vescovile. Secondo alcuni Cercatori sarebbe un indizio del fatto che il sacerdote sarebbe riuscito a guadagnarsi la carica di Vescovo grazie al terribile segreto che aveva scoperto, con il quale avrebbe ricattato il Vaticano. In questo caso l'anno chiave è quello in cui morì Saunière, il 1917. Facendo qualche ricerca, si scopre che la foto risale al 1892, e che l'uomo ritratto è in realtà padre Jean, abate di Fontfroide, come recita la didascalia della fotografia pubblicata su un libro del 1896. Padre Jean era stato eletto "Abbé Mitré", e aveva acquisito gli stessi diritti e le stesse responsabilità sulla sua abbazia di un vescovo sulla sua diocesi. Ecco spiegata la presenza di una mitra vescovile. Qui siamo di fronte a un pezzo troppo antico per entrare nello scenario: la foto venne infatti scattata venticinque anni prima della morte di Saunière.

Il puzzle: un'altra tessera moderna


Un altro elemento che viene spesso presentato per affermare l'appartenenza di Saunière a oscure società segrete dedite all'alchimia è l'ex libris che riporta le sue iniziali, BS (fig.3). È bastato spedire un'email al curatore del museo per scoprire che il segnalibro venne realizzato nel 1990 e venne messo in mostra per scherzo, forse trovando singolare la coincidenza tra le lettere BS e le iniziali del parroco. Molti libri disquisiscono sulle geometrie occulte che il sacerdote avrebbe nascosto nel disegno, che in realtà è un vero simbolo alchemico che riporta le iniziali di due elementi chimici: il bismuto e lo zolfo. Altre voci sostengono che sotto le montagne intorno a Rennes-le-Château ci sarebbero dei giacimenti d'oro: ne parlerebbe un libro del 1802. Un'indagine documentale approfondita lo conferma: in quell'anno il Ministro degli Interni francese aveva commissionato un'analisi orografica dettagliata dell'Aude, la regione di Rennes, e l'autore Barante aveva indicato nella montagna del Blanchefort la presenza di alcune miniere d'oro e d'argento. Quelle stesse miniere avevano ispirato una leggenda riportata su un libro del 1832, secondo cui il diavolo in persona custodirebbe un tesoro di 19 milioni e mezzo in oro. Lo scenario leggendario che precede l'arrivo di Saunière a Rennes-le-Château è già stato analizzato da chi scrive.[1]

Ricostruire le vicende di Rennes-le-Château


Chi si imbatte in questa caccia al tesoro per la prima volta è spesso colto da uno sgradevole senso di confusione. I nichilisti arrivano a sostenere che tale confusione è insuperabile e che è impossibile pervenire a una corretta ricostruzione dei fatti. Nondimeno il ricercatore si sforza in ogni modo di andare all'origine, di recuperare i documenti originali e di accostarli in modo da comporre un disegno il più possibile coerente. E nonostante siano praticamente sconosciuti dai lettori italiani, questi documenti esistono e gettano una luce molto chiara sulle vicende di Bérenger Saunière. Esistono documenti ufficiali da cui possiamo ricavare una cronologia precisa: un documento del Vescovo di Carcassonne, ad esempio, indica che Saunière venne destinato a Rennes-le-Château il 22 maggio 1885 (fig.4).

Abbiamo testi scritti di pugno da Saunière. In questa pagina racconta le Missioni tenute in paese nel 1891, durante le quali fu addirittura - scrive - scattata una foto (fig. 5). Abbiamo pagine dei diari quotidiani del parroco, dai quali possiamo conoscere perfino le condizioni atmosferiche giorno per giorno: 20 settembre pioggia. 21 settembre la sera pioggia. 22 settembre piove durante la notte. 25 settembre bel tempo. 27 settembre tempo coperto (fig.6). Abbiamo decine e decine di fatture in cui vengono riportati gli acquisti del sacerdote. (fig.7). Chi legge in ogni statua della chiesa un indizio in codice sul tragitto che conduce al tesoro deve tenere in considerazione che Saunière le scelse da un catalogo (fig.8). Qui scopriamo che lo scultore Giscard faceva lo sconto quantità: il catalogo indica per il fonte battesimale un costo complessivo di 350 franchi, mentre Saunière ne pagò soltanto 300. Ora, dato che lo stipendio mensile era di 75 franchi, da dove prendeva tutti i soldi che spese per restaurare la chiesa e innalzare le sue costruzioni? Per scoprirlo, possiamo consultare i registri delle messe che vendeva per corrispondenza. Saunière era meticolosissimo, e compilava centinaia di pagine come se fossero fogli elettronici di Excel. A destra si vedono le messe recitate, a tre a tre, il 19, 20 e 21 aprile 1893. Prendiamo in considerazione soltanto le messe ricevute il 17 agosto 1909 (fig.9). A sinistra scopriamo che si trattava di messe vendute nel luglio di un anno prima. Sulle colonne troviamo l'acquirente, le messe acquistate, l'importo pagato e il tipo di messa da recitare: per un'intenzione, per le anime del purgatorio, per un defunto. Possiamo subito dedurne che le messe venivano pagate un franco, a volte un franco e mezzo. Quello che però colpisce è la mole: 260 messe in un solo giorno, per un guadagno di 275 franchi. Ma quante messe poteva celebrare al giorno un sacerdote? Secondo il Codice di Diritto Canonico, al massimo tre. Impossibile recitare tutte quelle che vende. Sui registri delle messe (fig.10) possiamo seguire con precisione il ritardo che si accumula via via. Il ritardo si accumula sempre di più, e alla fine il sacerdote si arrende: tira una riga sul registro e scrive "Mi fermo qui" (fig.11). È il 9 gennaio 1894. Da questo momento in avanti i soldi continueranno ad arrivare sempre più copiosi, ma il sacerdote smette di registrare le messe: impossibile recitarle tutte. Per conoscere il suo andamento economico abbiamo a disposizione decine di registri, compilati meticolosamente, nei quali sono riportate in dettaglio tutte le entrate e le uscite (fig.11).
A sinistra le entrate: nel luglio 1902 arriva lo stipendio trimestrale di 225 franchi. A destra le uscite: 200 franchi vengono pagati all'architetto Caminade, che stava progettando quella che sarebbe diventata Villa Bethania. Sono documenti segreti, che il parroco custodì scrupolosamente senza mai rivelare al vescovo di possederli. A distanza di un secolo, possiamo considerarli preziosi quanto i pizzini di Provenzano: materiale esplicito, senza censure, cui Saunière affidava anche gli acquisti più strani come decine di bottiglie di vini pregiati e polvere da sparo. La meticolosità di Saunière è tale che possiamo ricostruire al centesimo il suo andament-o economico, che rispecchia gli eventi che segnarono la vita del sacerdote: il capitale aumenta gradualmente fino al 1901. Con l'inizio dei lavori, per quattro anni il sacerdote chiude in passivo. Con la fine dei lavori, il bilancio torna in attivo. Il materiale a disposizione è stato solo in parte analizzato: sono letteralmente migliaia le pagine da leggere, confrontare, decifrare per chiarire lo scenario e rispondere a una domanda che ancora non ha trovato una risposta esaustiva: perché così tanta gente inviava denaro al parroco di Rennes-le-Château? Le risposte sono sepolte in queste pagine. Nella prossima parte dell'articolo mi occuperò, invece, degli aspetti più "materiali" della ricerca dei tesori: triangolazioni, geometrie bizzarre e chi più ne ha, più ne metta.

Questo intervento è stato presentato in occasione del decimo Convegno del CICAP di Padova (7-8 ottobre 2006).

Note


1) Mariano Tomatis, "I Documenti segreti" in Dietro il Codice da Vinci, Padova: Quaderni del CICAP, n.7, 2006


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