Il terremoto nella mitologia e nelle credenze popolari

Serpenti, rane, pesci gatto, giaguari, divinità marine e giganti sotterranei: le origini e le conseguenze dei terremoti sono da sempre oggetto di racconti e miti che cercano di mettere un ordine e di trovare un significato nel caos creato da questi eventi sismici

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  • 08-08-2009
  • di Franco Foresta Martin e Patrizia Polizzi
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Quando si verifica una crisi sismica è quasi inevitabile che tra la gente, oltre all'ansia e al nervosismo, riemergano antiche superstizioni. Sono il retaggio di lontane credenze, nate dalla necessità di trovare un colpevole e di personificare una forza senza volto e senza nome. D'altra parte anche i media, occupandosi di terremoti, hanno spesso riportato strane leggende di mostri e serpenti di fuoco. Ci sembra quindi utile presentare i miti popolari che in forme diverse sono presenti in ogni cultura del nostro pianeta. Ricche di fantasia e di folklore, le storie del passato possono spiegare, da un punto di vista antropologico, le superstizioni di oggi.

Il dio Poseidone era insopportabile. Capriccioso, irascibile e vendicativo, non perdeva mai occasione per dimostrare il suo potere distruttivo. Ne sapevano qualcosa gli Achei, che vivevano nel terrore delle sue ire e cercavano di ammansirlo offrendogli doni e sacrifici. Quando Telemaco arrivò a Pilo in cerca di notizie di suo padre Ulisse, trovò gli abitanti sulla spiaggia intenti a immolare grandi tori neri per ottenere i favori di Poseidone. Ma il dio non si lasciava convincere facilmente: con il suo tridente scuoteva i monti e le valli del Peloponneso, faceva tremare le città dei Troiani e terrorizzava gli Achei. Persino il signore dell'Ade, laggiù nel profondo degli inferi, saltò dal suo trono in preda al terrore temendo che la furia di Poseidone aprisse la terra fino al suo regno, mostrando agli uomini, mortali e immortali, le sue stanze piene di orrore.

Gli antichi romani vedevano nei fenomeni sismici un preludio ad altri avvenimenti terreni: erano una sorta di viatico tra il mondo degli dei e quello degli uomini. Nella terza orazione di Cicerone contro Catilina si parla di un cielo infiammato di meteore, di cadute di fulmini e di terremoti e Cicerone così commenta: «… Per non parlare degli altri prodigi che si sono verificati durante il mio consolato a.C. in un numero così grande da far pensare a un vero e proprio presagio, da parte degli immortali, degli attuali avvenimenti». L'opinione dei romani, ed è proprio il caso di dirlo, subisce una scossa nel 79 d.C., quando violenti terremoti colpiscono la costa campana, preludio all'esplosione del monte Somma-Vesuvio che provocherà la distruzione di Pompei.

Con le sue continue scosse, l'area del Mediterraneo ha ispirato da sempre storie e leggende legate ai movimenti della terra. Una di queste nasce in Sicilia, scritta probabilmente alla fine del 1200, e vede protagonista un giovane di nome Colapesce. Il ragazzo amava il mare, lo amava talmente da passare gran parte della giornata immerso nei fondali della costa orientale siciliana, ammirando la vita, le forme e i colori di quel magico mondo. Poi, un giorno arriva a Messina un re superbo e crudele: getta una coppa d'oro in fondo al mare e sfida la resistenza di Colapesce. Il giovane si tuffa e lì, tra le ombre degli abissi e le sagome minacciose degli squali, vede la sua terra sorretta da tre colonne in corrispondenza di tre vertici geografici dell'isola: una in buono stato, una lesionata e una, proprio sotto Messina, prossima alla rottura. Tornato in superficie, con la coppa d'oro ma allo stremo delle forze, racconta tutto al suo re. Il monarca, insensibile alle preghiere della figlia, costringe Colapesce a immergersi nuovamente, promettendogli in cambio un anello preziosissimo e la mano della principessa. Colapesce si tuffa, ma non riemerge più. Secondo la leggenda è rimasto sul fondo del mare a sostenere, con tutte le sue forze, la colonna corrosa e a impedire che la sua città venga distrutta dai cedimenti della crosta.

Nessuno invece pare possa salvare la basilica di San Francesco ad Assisi dall'anatema di Frate Leone, uno dei primi compagni del santo. Nei Fioretti di San Francesco (Anonimo, 1370-1390), si narra che intorno al 1228, poco dopo l'inizio dei lavori per la costruzione della basilica, Frate Leone, contrariato da tanta pomposa ostentazione, pronunciò le seguenti parole: «Francesco non l'avrebbe voluta e prima o poi crollerà». Inutile ogni commento.

Percorrendo le vie dell'Oriente arriviamo in India, dove i bramini raccontano che la causa dei terremoti è da attribuire alla stanchezza di uno dei sette serpenti incaricati dal dio Visnù di sostenere la Terra. Nell'intento di scaricare il gravoso fardello sulle spalle del vicino, il serpente provoca sconvenienti movimenti della crosta. Di matrice più erotica è la leggenda, sempre orientale, secondo cui il terremoto è generato dall'accoppiamento focoso di un gigante sotterraneo con la sua amata.

Secondo alcuni popoli dell'Asia centrale, i sismi sono prodotti da un'enorme rana che vive nelle profondità del nostro pianeta e che ogni tanto si scuote. Nella mitologia dei tartari del Caucaso i terremoti sono generati invece da un toro gigantesco che porta la Terra sulle corna: ogni volta che l'animale agita violentemente la testa, il mondo trema.

Anche i giapponesi hanno personificato i terremoti: orribili esseri dal corpo di uomo e la testa di pesce-gatto. Nel tempio di Kashina è rappresentata una divinità celeste che ordina al dio Daimyojin di conficcare, a colpi di martello, un cuneo di legno nella testa di un tale mostro, chiamato anche nanazu, meritevole di punizione perché ha provocato il terremoto di Edo, l'attuale Tokyo, causando distruzione e morte. Durante la cerimonia, gli altri nanazu che assistono alla scena rappresentano altrettanti terremoti storici giapponesi: Kwanto, Osaka, Koshu, Echigo, Odawara e Sado. Il guaio, con queste terribili creature, è che, appena l'attenzione del Daimyojin viene meno, tornano a muoversi, provocando ancora terremoti.

Grande sfoggio di fantasia anche per gli indiani Tzotzil del Messico meridionale, secondo i quali un insolente giaguaro cerca sollievo ai suoi pruriti strofinandosi proprio contro i pilastri della Terra.

E per concludere, una credenza popolare proveniente dal Cile meridionale. La colpa dei terremoti, secondo la mitologia india, è da attribuirsi a due serpenti dispettosi: Cai-cai e Treg-treg. La prima è la signora dei mari, dei laghi e dei fiumi; vive in una grotta sotterranea e quando ne esce causa maremoti e inondazioni. Treg-treg vive invece nelle viscere di una collina e da lì controlla l'attività di Cai-cai. Ogni tanto i due grossi serpenti litigano e le forti codate di Treg-treg provocano frane che seppelliscono Cai-cai. È a questo punto che il povero serpente, per liberarsi dal peso dei macigni, si scuote e si agita violentemente, provocando i terremoti.

Testo tratto da Terremoto. I miti della sismologia tra previsione e prevenzione, Roma: Avverbi, 1998. Si ringrazia l'Editore per aver concesso il diritto di riproduzione.


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