Giovani e futuro: che prospettive dalla scuola?

Giovani e futuro. Che prospettive può dare la nostra scuola ai nostri ragazzi?

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©blog.radiopopolare.it
In occasione del XII Convegno CICAP di Volterra, sono rimasto molto colpito dall’intervento di una ragazza diciottenne, studentessa dell’ultimo anno delle superiori. Dopo il bell’intervento di Paolo Attivissimo che sottolineava la necessità di trovare strategie per riuscire ad appassionare i giovani alla scienza, la studentessa è intervenuta lanciando una sorta di grido di dolore e di aiuto: i giovani d’oggi non hanno un futuro perché non possiedono prospettive di lavoro e perché la società degli adulti è sostanzialmente indifferente nei confronti delle loro esigenze.

Negli stessi giorni di ottobre in cui si svolgeva il Convegno CICAP, i telegiornali mostravano terribili immagini di giovanissimi studenti manganellati dalla polizia: l’unica risposta che lo Stato ha saputo dare alle sacrosante rivendicazioni dei nostri ragazzi. Le manifestazioni degli studenti hanno interessato le principali città d’Italia e dovunque si è alzata unanime la protesta contro la politica dissennata con la quale da parecchi anni viene gestita la scuola pubblica italiana.

Il mondo della scuola sta attraversando un momento di profondo malessere e malcontento che accomuna preoccupantemente più generazioni. Oltre agli studenti, infatti, il disagio interessa il personale docente e non docente, precario, di ruolo e vicino alla pensione (che molti vedono ormai come una meta che continuamente si sposta in avanti). La politica dei tagli alla scuola, iniziata fin dall’epoca del ministro Moratti, è proseguita dal 2008 sotto il ministro Gelmini. È poi continuata con il governo Monti e l’attuale ministro Profumo e non ha risparmiato proprio nessuno. In virtù dell’art. 64 della legge n. 133/2008, si sono risparmiati in tre anni ben 8 miliardi di euro. Era stato promesso che il 30 per cento dei risparmi effettuati sarebbe stato utilizzato per premiare i docenti più meritevoli e migliorare pertanto la didattica. Nulla però è stato fatto. Al contrario viene paventato un incremento dell’orario dei docenti, senza alcun aumento retributivo, mentre si continuano a finanziare abbondantemente le scuole private.

Oltre agli odiosi e insensati tagli, altre ombre inquietanti stanno minacciando la scuola pubblica italiana. Esiste infatti una proposta di legge sulle norme di autogoverno delle scuole (la n. 953) che, se approvata, stravolgerebbe in profondità le istituzioni scolastiche rendendole sempre più simili ad aziende commerciali, dirette da una sorta di consiglio di amministrazione e riducendo completamente il ruolo degli attuali organi collegiali.

Il cosiddetto riordino dei cicli scolastici attuato sotto il Ministero Gelmini, più che una riforma ispirata da motivazioni didattiche è stato un insieme di drastici tagli dettati da motivazioni prettamente economiche. In quest’ottica miope non si è minimamente salvaguardato quel poco di buono che sicuramente c’era stato nelle sperimentazioni precedenti (primo tra tutti il valido “liceo scientifico-tecnologico”, sostituito da un insipido “liceo scientifico delle scienze applicate”, molto meno “scientifico” del precedente).

È evidente che in un clima di malessere e disagio di questo genere la componente più debole e penalizzata è proprio quella studentesca. Ma cosa vorrebbero di preciso gli studenti? In una lettera inviata al governo, attraverso il sito Repubblica.it, l’Unione degli universitari e la Rete degli studenti medi hanno formulato precise richieste. Eccole:

1 Edilizia scolastica. Oggi in Italia un edificio scolastico su due non è a norma. Da anni gli studenti chiedono sia pubblicata l’anagrafe dell’edilizia scolastica, chiedono che queste strutture siano messe in sicurezza. Finora tante promesse, nessun fatto. È necessario intervenire ora, prima che ci sia l’ennesima tragedia. Quali azioni intende attuare concretamente il Governo partendo da domattina per l’edilizia scolastica?

2 Diritto allo studio. Nonostante i proclami e le promesse, oggi, in Italia non esiste una legge nazionale sul Diritto allo studio. Ben poche sono le regioni che hanno adottato leggi sul diritto allo studio virtuose, e la spesa annua a studente per le famiglie italiane varia fra i 900 e i 1.600 euro. Borse di studio, comodato d’uso dei libri di testo, gratuità dei trasporti pubblici sono solamente un miraggio per la stragrande maggioranza delle realtà italiane. Una situazione insostenibile, che comporta enormi problemi, primo fra tutti l’alto tasso di abbandono scolastico che continua a caratterizzare negativamente l’Italia. Non pensa il Governo che una legge nazionale sul diritto allo studio serva oggi?

3 Innovazione della didattica. Mentre nel resto d’Europa da anni si sperimentano forme innovative di didattica che puntano a un maggiore coinvolgimento degli studenti all’interno delle classi, a una completa condivisione dei programmi, alla possibilità degli studenti di poter scegliere e modellare il proprio percorso in base alle proprie passioni e ai propri interessi, in Italia ci ritroviamo ancora con un modello frontale di lezione che non crea alcuna interazione fra studente e insegnante, con materiali didattici preistorici, con programmi estremamente datati che non tengono minimamente conto dell’evoluzione che il nostro paese e la nostra società ha avuto negli ultimi sessanta anni. Ci rendiamo conto quotidianamente che il valore formativo dell’istruzione pubblica italiana diminuisce di anno in anno. Questo Governo non crede che sia arrivato il momento di attuare una riforma della didattica, partendo magari dalle proposte fatte dagli studenti?

4 Democrazia scolastica. Il coinvolgimento della componente studentesca all’interno della vita democratica delle scuole dovrebbe crescere, essere incentivato. Oggi ci ritroviamo invece di fronte a un disegno di legge, l’ex Aprea, che mina le basi della rappresentanza studentesca, deregolamentando completamente il diritto di assemblea degli studenti. Come si esprime il Governo in merito? Non pensa sia necessario intraprendere un’altra strada, ad esempio rendendo finalmente paritetici i consigli di istituto e valorizzando maggiormente la consulta degli studenti?

5 Riforma scolastica. Partendo dal presupposto che la scuola italiana avrebbe bisogno di una riforma complessiva, che preveda una totale revisione dei cicli di studio, una rivendicazione che gli studenti portano avanti da anni è quella dell’introduzione di un biennio unitario per tutte le scuole. Questo perché oggi in Italia è necessario superare la visione per cui esistono scuole di serie A (licei) e di serie B (tecnici e professionali), perché è impensabile che un ragazzo di 14 anni sappia cosa gli interessa o meno studiare, perché è necessario un percorso di inserimento all’interno del mondo delle scuole superiori più graduale, che dia una preparazione di base uguale per tutte e tutti. Non pensa il Governo che sia arrivato il momento di introdurre questo sistema, ad esempio avviando delle sperimentazioni strutturate, cominciando al contempo una discussione con tutte le componenti del mondo scolastico per arrivare a una riforma complessiva dei cicli che porti ad esempio a finire il percorso scolastico un anno prima?

6 Tasse universitarie. La tassazione studentesca universitaria negli ultimi anni è aumentata del 60 per cento nonostante siamo il terzo paese in Europa per importo delle tasse studentesche. Ogni anno migliaia di studenti capaci e meritevoli ma con una difficile situazione economica alle spalle non ricevono alcun supporto dallo Stato per poter frequentare l’università. Perché spesso si trovano centinaia di milioni di euro per provvedimenti più che discutibili - basti pensare alle spese militari, agli scandali della corruzione politica - ma non ci sono mai i soldi necessari per garantire il diritto allo studio, diritto umano sancito anche dalla nostra Costituzione?

7 Qualità dell’offerta formativa universitaria. Sempre più università differenziano l’importo delle tasse in base ai servizi che offrono. Molte università, invece che competere sulla qualità dell’offerta di insegnamenti, spingono gli studenti in condizioni economiche più difficili a iscriversi con importi di tasse molto bassi cui sono collegati servizi scadenti. Di fatto questa è una concorrenza al ribasso fatta sulla pelle della parte più debole degli studenti. Come si può assistere inermi a questo scandalo senza impedire una concorrenza che discrimini gli studenti in base alla loro condizione economica?

8 Numero dei laureati. Dopo anni in cui il numero di studenti iscritti al sistema universitario italiano è aumentato costantemente, ormai abbiamo assistito a una inversione di tendenza. Il numero di iscritti all’università è in calo, nonostante fossimo già uno dei Paesi con minor numero di laureati, sia in relazione all’Europa che ai Paesi OCSE. Proprio in questi giorni c’è chi propone l’introduzione del numero chiuso anche per i corsi di Giurisprudenza. È possibile sostenere ancora oggi che in Italia ci sono troppi studenti e quindi arrivare a imporre il numero chiuso ormai nella maggioranza assoluta dei corsi di studio? Come mai nessuno ricorda mai che l’Europa non ci chiede solo il pareggio di bilancio ma prima ancora ha stabilito la necessità di avere un maggior numero di laureati?

9 Finanziamenti agli atenei e merito. Per anni si è fatta molta retorica sulla necessità di valutare le università, di attivare politiche di promozione della qualità. Come è però possibile valutare un sistema universitario che non ha le risorse per funzionare? Come è possibile che un’università con una valutazione negativa migliori ricevendo ancora meno fondi? Come è possibile che l’ANVUR Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca svolga un compito tanto importante senza la necessaria partecipazione e indipendenza dal Ministero?

10 Disoccupazione giovanile. I giovani oggi si trovano sempre più di fronte a situazioni lavorative critiche. La disoccupazione giovanile è ormai a livelli altissimi e sempre più giovani si trovano in condizioni lavorative incerte e prive di diritti. La qualità della propria formazione sempre più spesso non solo non è valorizzata, ma è vista come un peso per il mondo del lavoro. In teoria vogliamo tutti andare verso un’economia della conoscenza che valorizzi competenze e alta formazione, ma in realtà cosa sta facendo concretamente il Governo in questo campo?

Mi sembra si tratti di richieste concrete, ben poco ideologiche, che meriterebbero risposte, non manganellate. Si commentano infine da sole le parole usate dal sottosegretario all’istruzione Marco Rossi Doria per “rispondere” agli studenti: «La nostra generazione non è stata all’altezza delle grandi questioni che avevamo davanti e i risultati sono adesso sotto gli occhi preoccupati dei più giovani. Il Paese ha estremamente bisogno del loro contributo ideale e fattivo per cambiare ciò che non funziona più, per trovare le risposte che noi non abbiamo saputo dare».
Tenete duro ragazzi!
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