Un esempio di psicoterapia pseudoscientifica: la terapia dellÂ’urlo primario*

La terapia dellÂ’urlo primario ha avuto un periodo di grande successo, sia pure in assenza di prove scientifiche a suo favore. Come si è sviluppata e, soprattutto, che fine ha fatto oggi?

  • In Articoli
  • 31-03-2015
  • di Aristide Saggino ed Angelo Collevecchio
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Introduzione


Danny è nella stanza del suo terapeuta, comincia a raccontare momenti angoscianti della propria infanzia, i comportamenti dei suoi genitori e la sua sofferenza. Il dott. Arthur Janov lo incita a chiedere aiuto ai suoi genitori, il paziente resiste, non vuole chiedere aiuto a chi ha già mostrato di non essere in grado di darglielo. Il terapeuta lo spinge ancora a chiedere aiuto. Come un fulmine a ciel sereno Danny emette un urlo lancinante, carico di dolore e di angoscia. Dopo l’urlo, durato pochi secondi, il paziente è a terra sfinito.
Quanto appena descritto potrebbe sembrare la scena di un thriller, in verità è la descrizione di un episodio da cui il dottor Janov ha tratto ispirazione per formulare la sua teoria e la sua prassi psicoterapeutica. Da questo episodio e da un altro simile, infatti, il fondatore della primal scream therapy (terapia dell’urlo primario) ha dato inizio alle sue riflessione sulle cause delle nevrosi e del malessere psicologico.
Oggigiorno molti lettori (ed anche molti addetti ai lavori) non hanno mai sentito nominare questa psicoterapia, ma in passato la terapia dell’urlo primario è stata molto pubblicizzata e “venduta”, è proprio il caso di dirlo, come la soluzione per tutti i disturbi psicologici.

La nascita della primal scream therapy


Intorno agli anni settanta il dottor Janov irruppe sulla scena della psicologia internazionale con una nuova forma di psicoterapia che si presentava come la panacea di tutti i disagi psicologici, in quanto, a suo parere, riusciva a modificare le radici profonde delle nevrosi.
È importante sottolineare che il metodo fu popolare soprattutto su un piano di marketing e presso il pubblico generale e non in ambito accademico. Fin dalla prima formulazione del suo lavoro, la comunità scientifica non ha mai preso in seria considerazione le teorie di Janov, le quali apparivano alquanto generiche e senza una base scientifica.
Fulcro del lavoro e delle teorie di Janov sono il dolore e la sofferenza psichica infantili che sono considerati la fonte di tutti i disagi. Janov sosteneva che il dolore che un bambino vive si imprime nel suo sistema nervoso. Egli criticava le altre forme di terapia perché, secondo lui, lavoravano solamente a livello superficiale e non in profondità. Ma cosa intendeva Janov per “dolore”? Egli sosteneva che la sofferenza umana può essere causata da due situazioni: un trauma di elevata entità oppure un susseguirsi di frustrazioni legate alle esigenze fondamentali del bambino. La frustrazione dei bisogni infantili creerebbe una sofferenza tale da imprimersi nel substrato psicobiologico (da notare qui la vaghezza della concettualizzazione che caratterizza l’intero approccio della terapia dell’urlo primario).
Le teorie di Janov ricevettero ampia risonanza anche grazie a famosi pazienti che si sottoposero alla sua nuova forma di psicoterapia, primi fra tutti John Lennon e la sua compagnia Yoko Ono. Entrambi gli artisti, venuti in possesso del primo libro di Janov, decisero di voler intraprendere un percorso psicoterapeutico con il dottor Janov. Le sedute con Janov hanno influenzato anche alcune opere di John Lennon ed in particolare “Remember”, “I found out” ed “Isolation”.
Per alcuni anni il pubblico guardò con curiosità a questo nuovo approccio e Janov e sua moglie aprirono diverse scuole nelle quali formavano nuovi terapeuti alla primal scream therapy. Come ogni buon imprenditore, Janov brevettò presso l’U.S. Department of Commerce i termini “Primalas” “e “Primal” al fine di limitare l’uso del termine solo ai terapeuti formati presso i suoi Centri. A distanza di alcuni anni l’ente di registrazione federale decise che i termini registrati erano troppo generici e di conseguenza li escluse dall’elenco dei brevetti.
La parabola del successo della primal therapy durò circa dieci anni; intorno agli anni ottanta le agenzie assicurative decisero di non rimborsare i clienti che avevano fatto ricorso a questo indirizzo terapeutico. Nel volgere di alcuni anni il dottor Janov subì, oltre alle nuove direttive delle agenzie assicurative, alcuni incendi dolosi che colpirono un suo istituto e la parabola discendente, sia dell’autore che del suo metodo, si fece più ripida.
Se si prova a fare una indagine sui principali motori di ricerca scientifici si scopre come gli studi sulla primal scream therapy siano estremamente esigui, seguendo in ciò la falsariga di tutte le pseudoscienze. Proviamo pertanto ad indagare ed a comprendere come il dottor Janov pensava di alleviare il disagio psicologico dei suoi pazienti.

Descrizione del metodo


Come si è specificato all’inizio dell’articolo, l’idea del metodo di lavoro e della teoria terapeutica è legata all’esperienza vissuta con un paziente e successivamente riproposta in un secondo caso clinico. A partire da questi due casi Janov propose un nuovo approccio alle nevrosi. Le nevrosi ed, in generale, il disagio psicologico rappresentano la conseguenza di un dolore emotivo che non è mai stato espresso e che si è sedimentato e radicato nella parte più profonda della mente e del sistema nervoso centrale. La sofferenza che il bambino non è riuscito a metabolizzare e che non è stato in grado di esprimere viene definita “dolore primario”. Il dolore primario (primal pain) crea uno stato di tensione emotiva persistente e diffusa, in quanto focalizzato nelle aree più profonde del sistema nervoso centrale. I possibili dolori fisici rappresentano la conseguenza di questa tensione psicologica che si è creata per fronteggiare il dolore. Pur di sopravvivere al dolore primario, il bambino crea un sorta di doppio Sé non contaminato dalla sofferenza, laddove il vero Sé continua a richiedere la soddisfazione dei bisogni che non sono stati appagati e, di conseguenza, danno origine allo stato di agitazione psicologico e fisico. Tra i bisogni principali che possono dare origine al dolore primario vi sono il bisogno di amore e di protezione.
Lo scopo della terapia era quello di spingere il paziente ad urlare il proprio dolore primario. Riportare alla luce la sofferenza era la via maestra per liberarsi della frustrazione e di conseguenza far riemergere il vero Sé che la sofferenza aveva indebolito. Solo in seguito a ciò il paziente poteva trovare sollievo.
I metodi utilizzati da Janov per stimolare il ricordo degli eventi infantili traumatici erano a dir poco particolari. Per raggiungere il suo scopo egli ideò una strategia alquanto bizzarra: il simulatore della nascita che consisteva nell’uso di un tubo di vinile attraverso il quale il paziente, dopo essere stato coperto da una sostanza scivolosa, doveva scorrere per uscirne fuori. Questo strumento aveva lo scopo di aiutare il paziente a far riemergere le sofferenze provate durante la nascita ed, attraverso questo vissuto, esprimere la propria sofferenza così da liberarsene. Rivivere il dolore legato alla nascita voleva dire, secondo il dottor Janov, ripercorrere e riportare alla luce la prima sofferenza che il neonato aveva vissuto e di conseguenza liberare da questa tensione i nuclei più profondi dell’encefalo. Se non fosse per il rispetto che bisogna sempre avere nei confronti della sofferenza altrui sarebbe interessante e divertente osservare cosa poteva accadere nella stanza del terapeuta quando veniva utilizzata questa strategia terapeutica...
Dall’esposizione del metodo si può evidenziare che l’efficacia della psicoterapia dell’urlo primario poteva al massimo limitarsi all’effetto catartico che si può avere nel rivivere ad esempio alcuni momenti d’angoscia, cosa d’altronde comune a molte altre tecniche psicoterapeutiche.

Verifiche empiriche della terapia dell’urlo primario


Le strategie utilizzate per la preparazione delle sedute sono da ricondursi ad un approccio basato sulla catarsi. È interessante osservare che Janov prescriveva ai pazienti una preparazione psicologica prima di sottoporsi ad una sessione terapeutica. Nel suo primo testo[1] Janov spiegava che prima di iniziare la seduta il paziente avrebbe dovuto sospendere (per quattro-cinque giorni) qualunque farmaco che potesse influenzare l’umore ed evitare l’assunzione di alcol o tabacco. È curioso osservare che egli chiedeva ai suoi pazienti di vivere in isolamento per le 24 ore che precedevano l’incontro evitando contatti con parenti ed amici.
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Durante la seduta il terapeuta chiedeva la completa fiducia del paziente. Nella fase iniziale della terapia, che poteva durare un paio di settimane, era vivamente sconsigliato andare a lavoro o a scuola. Le sedute potevano essere giornaliere e durare anche due ore.
Questa serie di limitazioni e prescrizioni ci mostra come il paziente venisse messo in una situazione di soggezione psicologica atta a favorire il processo catartico. È il dottor Janov stesso a sostenere che l’aspetto centrale del suo approccio terapeutico consiste nel far rivivere la sofferenza che si è vissuta nell’infanzia. Rivivere emotivamente l’evento traumatico e le emozioni ad esso connesse permetterebbe la liberazione dai sintomi e dalla tensione emotiva.
La catarsi è un metodo di “purificazione” che si conosce sin dall’antichità e che ha lo scopo di liberare il corpo e l’anima da ogni forma di contaminazione. I metodi utilizzati da Janov possono essere visti come una rivisitazione moderna dei metodi catartici che gli antichi Greci utilizzavano nei loro templi e nei loro sanatori. Fin qui pertanto niente di nuovo sotto il sole.
Nonostante questa strategia possa dare effetti benefici provvisori, non sono da sottovalutare gli effetti a lungo termine, in particolar modo se riferiti ad emozioni violente o di rabbia. Berkowitz[2][3] mette in evidenza che l’espressione di comportamenti violenti ed aggressivi, ed il loro continuo rinforzo, possono aumentare la possibilità che essi si ripresentino. Pertanto, non è tutto oro quel che luccica...

Caratteristiche delle pseudoscienze


La non validità scientifica dell’approccio terapeutico ideato da Janov viene confermata dalla quasi totale assenza di articoli scientifici sul suo metodo. Come collocare quindi la terapia dell’urlo primario? Oggigiorno, la valutazione dell’efficacia delle psicoterapie è un importante argomento di dibattito nella comunità scientifica, non solo degli psicologi. Inoltre, il continuo richiamo alla necessità di contenere la spesa sanitaria ha portato numerosi governi a porsi in maniera pressante la domanda su quali forme di psicoterapia siano realmente efficaci. Già negli anni ottanta del secolo scorso, citiamo solo un dato storico onde evitare un accumulo di citazioni in un articolo divulgativo, il governo statunitense si operò per stilare criteri che potessero essere utilizzati per valutare l’efficacia delle tecniche di sviluppo del potenziale umano in ambito militare. I risultati della commissione del National Research Council istituita a tale scopo vennero riferiti da Druckman e Swets[4] che sottolinearono che la valutazione non doveva soffermarsi solo su un criterio. Un punto centrale cui pervenne la commissione era che qualsiasi approccio non poteva essere valutato da ricercatori, i quali a loro volte ne erano i creatori o promotori. Le ricerche sull’efficacia dei farmaci sono realizzate con il metodo definito “doppio cieco” (nel quale né il medico né il paziente sanno a chi viene somministrato il farmaco ed a chi il placebo) proprio perché il promotore di un metodo è molto interessato a dimostrarne l'efficacia, è meglio escluderlo da qualsiasi valutazione del metodo da lui scoperto. Un approccio psicoterapeutico per essere considerato efficace e scientifico deve sottoporsi alle stesse metodologie scientifiche cui devono sottostare i farmaci.
È bene, sia per i pazienti che per la società, iniziare ad utilizzare lo stesso approccio scientifico anche in ambito psicoterapeutico; tale approccio si caratterizza soprattutto per l’utilizzo di trial clinici randomizzati e controllati, così come avviene da molto tempo nella ricerca farmacologica. Quando un indirizzo terapeutico non riesce ad affrontare la sfida del modello scientifico possiamo cominciare a parlare di pseudoscienza.
Prima di rispondere al quesito posto all'inizio di questo paragrafo è bene soffermarsi un attimo a riflettere su quali siano le differenze sostanziali che caratterizzano le scienze e le pseudoscienze. In un loro lavoro critico sul modello scientifico applicato alle psicoterapie, Saggino e Collevecchio[5] mettono in evidenza quali caratteristiche differenziano una teoria scientifica da una pseudoscientifica.
Le pratiche pseudoscientifiche tendono a basarsi su un corpus teorico alquanto vago e non sperimentale. Altresì, i principi teorici che le caratterizzano tendono ad essere estrapolati da esperienze personali, aneddoti o dall’osservazione di casi singoli. Inoltre, molte teorie pseudoscientifiche vantano riscontri scientifici non ben identificabili (ad esempio “Lo hanno dimostrato le neuroscienze” senza specificare altro). Un elemento di netta differenza con le scienze sta nel fatto che queste ultime tendono ad auto-correggersi ed a modificarsi alla luce delle evidenze empiriche, a differenza delle pseudoscienze le quali, invece, tendono a rimanere arroccate sulle loro idee spostando sul piano prettamente personale eventuali obiezioni ed evidenze contrarie.

La terapia dell’urlo primario come pseudoscienza


Se si prova ad analizzare criticamente la terapia dell’urlo primario scopriamo che essa si basa su affermazioni vaghe e non verificabili; in aggiunta usa un gergo pseudoscientifico per dare credibilità alla sua teoria e le “prove” d’efficacia sono legate ad esperienze personali e ad aneddoti e non ad una procedura di verifica oggettiva. Le supposte prove neuroscientifiche che l’autore vanta non sono mai state esplicitate e nessun tipo di riscontro è mai stato presentato.
Le caratteristiche che connotano la primal scream therapy la possono far classificare senza dubbio tra le pseudoscienze. Saggino e Collevecchio[5] sottolineano come il confine tra scienza e pseudoscienza sia a volte labile, ma ciò non significa che non vi siano criteri per delimitarlo. Nel loro libro “Psicoterapie e metodo scientifico. Un’analisi critica”, gli autori delineano quali siano i criteri che possono aiutare il cliente/paziente a scegliere un approccio psicoterapeutico basato su un metodo scientifico e con prove d’efficacia a suo favore, quale la psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT)[6] attualmente considerata il punto di riferimento delle psicoterapie scientificamente validate.

Conclusioni


Arrivati alla conclusione di questo articolo molti lettori si saranno convinti che la terapia dell’urlo primario sia ormai estinta e persa tra le pieghe della storia. Con rammarico, a titolo di cronaca, è importante evidenziare che tale indirizzo non è estinto, ma che invece straordinariamente esistono ancora psicoterapeuti che ne fanno uso e che ne affermano la validità (nonché pazienti che a loro si rivolgono).
Su qualunque libreria online si può verificare che i libri sulla primal scream therapy sono ancora reperibili. In psicoterapia alcune teorie e prassi terapeutiche tendono a non morire, ma a sopravvivere nonostante la bocciatura della comunità scientifica internazionale. Il perpetuarsi di pseudo-psicoterapie, oltre a nuocere ai pazienti che hanno bisogno di un trattamento psicoterapeutico, può nuocere a tutto l’ambito della psicoterapia portando ad un ingiustificato discredito dell’intero approccio psicoterapeutico.
Per non cadere vittima di situazioni spiacevoli è bene promuovere una sana informazione basata su modelli scientificamente riconosciuti. In una società che fa sempre più ricorso alla psicoterapia è bene avere gli strumenti per orientarsi adeguatamente.
Una bussola efficace è l’insieme delle linee-guida emanate dall’American Psychiatric Association[7], le quali raccomandano gli interventi più efficaci per ogni tipo di disturbo psicologico. Tali linee guida considerano la psicoterapia cognitivo – comportamentale (CBT) in generale il trattamento psicoterapeutico meglio validato da un punto di vista scientifico. Pertanto, essendo la conoscenza potere, è opportuno che le persone che necessitano di un trattamento psicoterapeutico (ed i medici che lo consigliano) si attengano a linee guida che suggeriscono trattamenti basati sull’evidenza della ricerca, come lo sono più in generale tutte le terapie mediche.

Note


1) Janov, A. 1970. “The Primal Scream”. Dell Publishing Company.
2) Berkowitz L. 1970. “Experimental investigations of hostility cathasis”. Journal of Consulting and Clinical Phychology, 71, pp. 235-246.
3) Berkowitz L. 1973. “The case for bottling up rage”. Psychology Today, 35, pp. 1-7.
4) Druckman, D., Swets, J.A. (a cura di) 1988. “Enhancing human performance. Issues, theories and techniques”. Washington, DC: National Academy Press.
5) Saggino A. e Collevecchio, A. 2014. “Psicoterapie e metodo scientifico. Un’analisi critica”. Milano: Franco Angeli.
6) Il sito della Associazioni Italiana di Analisi e Modificazione del Comportamento e Terapia Comportamentale e Cognitiva (AIAMC), una delle maggiori società italiane di psicoterapia scientifica, può fornire informazioni e contatti sulla psicoterapia cognitivo-comportamentale.
7) American Psychiatric Association 2006. “American Psychiatric Association Practice Guidelines for the treatment of psychiatric disorders: Compendium 2006”. American Psychiatric Publications.
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