Alle origini dei capelli di ghiaccio

Finlandia, 11 gennaio 2014. Teemu Mäki-Patola sta camminando nei boschi di Espoo, quando scopre un ramo dall’aspetto curioso: dal legno escono filamenti bianchi, quasi fosse un piumino. Prova a staccare un pezzo della strana pelliccia bianca, ma questa si scioglie completamente nella sua mano: non sono fili di nylon, è ghiaccio![1]

Le foto vengono pubblicate dal quotidiano locale Keski-Häme e riprese dall’Ilta=Sanomat, che interrogano gli esperti: a rispondere è James Carter, geologo dell’Illinois State University. Quelli in cui si è imbattuto Mäki-Patola sono i cosiddetti capelli di ghiaccio (spesso chiamati anche con l’equivalente tedesco, Haareis).[2] Si tratta, in effetti, di un fenomeno piuttosto curioso, tanto che ha fatto pensare i più impressionabili a un prodotto dell’inquinamento (la paura della “neve chimica“, si sa, è ormai un classico della letteratura cospirazionista, sia in Italia sia all’estero).[3]

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©italsanomat.it
I capelli di ghiaccio, invece, sono un fenomeno che nulla ha a che vedere con pseudo-fenomeni artificiali: sono strutture che si formano a contatto con tronchi, quando questi vengono intaccati da particolari specie di funghi.[4] Il congelamento dell’acqua in prossimità del micelio provoca man mano il sollevamento dello strato di ghiaccio, che attira a sé l’acqua contenuta nel legno, attraverso un processo di suzione capillare (chiamato criosuzione). Il risultato è un ago di ghiaccio che cresce a poco a poco dal ramo, fino a una lunghezza di 10 cm, e che viene chiamato “ghiaccio di segregazione” (perchè segrega, cioè separa, l’acqua dal legno).
Analoghi fenomeni accadono quando sottili strati di ghiaccio “crescono” dai pori del suolo (colonne di ghiaccio) e dagli stomi delle piante (fiori di ghiaccio).

I capelli di ghiaccio, a quanto sembra, furono descritti per la prima volta in letteratura scientifica nel penultimo decennio del XIX secolo. Fra gli studiosi di questo fenomeno figura anche il “papà” della teoria della deriva dei continenti, Alfred Wegener (1880-1930), che li analizzò nel 1918.
In tempi più recenti, le ricerche di Gerhart Wagner e Christian Mätzler (2008) hanno confermato il ruolo dei funghi nel processo: irrorando con un funghicida il legno il ghiaccio si formava, i “capelli” no.[5]

Già, ma quali funghi? Un ulteriore passo avanti nella comprensione dei capelli di ghiaccio è stato fatto questa estate, grazie ancora a Mätzler, dell’Istituto di fisica applicata dell’Università di Berna. Insieme a due ricercatrici tedesche, Diana Hofmann (chimica) e Gisela Preußu (biologa), questi ha infatti recentemente pubblicato su Biogeosciences un articolo che identifica undici possibili responsabili del fenomeno, a partire da campioni raccolti nel 2012, 2013 e 2014 nelle foreste di Brachbach, in Germania.
L’unica specie presente in tutti i legni analizzati era l’Exidiopsis effusa, che rimane quindi la maggiore indiziata per la formazione dei “capelli di ghiaccio”. Nell’acqua di fusione sono stati poi identificati composti organici come la lignina e il tannino, che probabilmnente impediscono al ghiaccio di formare cristalli più grandi sulla superficie del legno. E che permettono così la formazione di questo incredibile, meraviglioso, spettacolo della natura.[6]

Una prima versione di questo articolo è apparsa su Query Online il 15 settembre 2015 .

Note

3) Si veda Lincos, S. 2014. La psicosi della falsa neve. Queryonline. disponibile all’url http://www.queryonline.it/2014/02/08/la-psicosi-della-falsa-neve/
4) Una galleria fotografica è disponibile qui: http://www.livescience.com/51637-hair-ice-photos.html
6) Hofmann et al. 2015.
Evidence for biological
shaping of hair ice. “Biogeo-sciences” vol. 12, pp. 4261-4273; doi:10.5194/bg-12-4261-2015, open access.
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