Il gioco di Charlie

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«Charlie, possiamo giocare?» Con questa semplice domanda e due matite messe in croce su un foglio sarebbe possibile evocare lo spirito di un bambino o, addirittura, di un demone.

È quanto sostiene l’ultima mania nata sul web, nota con il nome di “Charlie Challenge”, la sfida di Charlie, risalente forse a un’antica tradizione messicana e che incuriosisce i ragazzi mentre spaventa gli adulti. Attraverso una sorta di seduta spiritica in miniatura, infatti, sarebbe possibile porre domande a “qualcosa” che sembra in grado di rispondere.

Funziona così: su un foglio di carta si disegna una croce e nei quattro quadranti che si formano si scrivono le parole “Sì” e “No”, ripetute due volte. Quindi, si pone una matita sul foglio, in corrispondenza di un braccio della croce, e una seconda matita si appoggia in bilico perpendicolarmente sulla prima. Si chiede allo spirito se è presente e, quando la matita superiore si sposta sul “Sì”, si può iniziare ponendo altre domande. Se va sul “No” si riprova in seguito.

Sui social network è possibile trovare filmati di persone che fuggono terrorizzate non appena la matita si muove o ragazzi che scoppiano a ridere quando alla domanda “Sarò bocciato?” la matita si sposta sul “No”.

C’è però chi questo gioco lo prende molto sul serio. In Giamaica la comunità islamica ha messo il gioco al bando e alle isole Fiji il Ministero dell’educazione lo ha proibito nelle scuole. Nel nostro Paese il dirigente scolastico di una scuola media di Cerea, in provincia di Verona, ha proibito di ripetere il gioco in classe per non creare angoscia nei compagni più sensibili. Ma c’è addirittura chi si preoccupa che il gioco possa scatenare reali fenomeni soprannaturali.

La scrittrice Annalisa Colzi ne è convinta: «Ebbene, il giochino Charlie ha questo scopo: rendere schiave le anime attraverso l’evocazione dei demoni» annuncia sul suo blog. «Cosa succede a coloro che fanno questo gioco? Tante sgradevoli sorprese che nell’arco del tempo peggioreranno». E il presidente del GRIS (Gruppo di ricerca e informazione socio-religiosa), padre François Dermine, esorcista, è d’accordo: «Conosco una signora che dopo avere fatto spiritismo ha iniziato a sentire voci che le dicevano di uccidere, di uccidersi e tante altre cose negative che le facevano scoppiare la testa. Ha iniziato una serie di esorcismi ma non è stato facile liberarla, ci sono voluti anni di sofferenza e insonnia».

Voci e timori di conseguenze nefaste che, però, al di là di problematiche psicologiche individuali, non trovano riscontri nella realtà.

Tuttavia, l’idea di potere evocare gli spiriti in maniera estemporanea, e senza l’intervento di medium che cadano in trance, è tutt’altro che nuova. Sul finire dell’800 prese a diffondersi la tavoletta “ouija”, una superficie rettangolare di legno su cui erano disegnate le lettere dell’alfabeto e le parole “Sì” e “No”. Il suo stesso nome derivava dalla parola “Sì” detta in francese e tedesco.

Sulla tavoletta si poggiava un indicatore e su di esso si poneva un dito. Dopo poco, l’indicatore iniziava a muoversi puntando varie lettere che formavano, in sequenza, parole in risposta alle domande rivolte allo spirito.

Una variante più recente dell’ouija è il “gioco del bicchierino” dove, al posto della tavoletta, si usa un tabellone di carta su cui è scritto l’alfabeto e al posto dell’indicatore ci si serve di un bicchierino capovolto o di una moneta. I partecipanti poggiano un dito sul retro del bicchiere e questo inizia a muoversi indicando le varie lettere. L’ouija è stata in seguito brevettata come gioco da tavolo dalla Parker Brothers, quelli del “Monopoli”.

La spiegazione per questo tipo di fenomeni è in verità nota già dal XIX secolo, quando il fisico Michael Faraday, studiando il fenomeno dei tavolini che si muovevano durante le sedute spiritiche, scoprì che a muoverli non erano gli spiriti ma le persone che vi erano sedute intorno e che poggiavano le proprie dita sulla superficie del tavolo. Non lo facevano volontariamente, ma attraverso movimenti muscolari involontari. Quando la mente è assorta dalla concentrazione, in altre parole, i muscoli obbediscono alla volontà dell’operatore senza che questi se ne accorga.

Nei casi come quelli descritti, il desiderio di chi partecipa a una seduta spiritica è quello di vedere il bicchierino muoversi e formare parole in risposta agli interrogativi più pressanti. Se si solleva il dito dal bicchiere, gli “spiriti” smettono improvvisamente di comunicare. Che sia così, lo può verificare chiunque con un semplice test (vedi box).

Metti gli “spiriti” alla prova


Esiste un modo molto semplice per verificare se nel gioco del bicchierino sono gli spiriti a muoverlo oppure i partecipanti a spingerlo. Si pone una moneta in cima al bicchierino capovolto e i partecipanti, anziché poggiare il dito direttamente sul bicchierino, lo appoggiano sulla moneta. Se fosse il bicchierino a muoversi da solo, la moneta non opporrebbe alcuna resistenza; nel caso invece siano i partecipanti a spingere, sposterebbero prima la moneta e solo dopo il bicchierino. Anche per il gioco di “Charlie” è possibile verificare che non ci sono forze misteriose in azione: si appoggino due matite in equilibrio una sopra l’altra, senza fogli di carta al di sotto e senza porre alcuna domanda. Si vedrà che la matita superiore inizia a muoversi da sola semplicemente a causa delle correnti d’aria.
Questo meccanismo, però, non spiega il fenomeno di Charlie, poiché nessuno tocca le matite. Che cosa accade allora e come nasce questo fenomeno? Innanzitutto, va rilevato come esso non abbia affatto antiche origini messicane ma sia qualcosa di molto più recente. Qualcuno ha ipotizzato possa trattarsi di una trovata di marketing virale ideata per promuovere un film horror in uscita, The Gallows, ma anche se i produttori del film hanno cercato di approfittare di questa pubblicità gratuita, il gioco non nasce con loro.

L’origine sembra piuttosto un gioco di equilibrio con le matite chiamato “Jugando Charly Charlie” pubblicato su YouTube nel 2014 o una sua variante precedente di qualche anno. Tuttavia, pare sia stato un servizio televisivo sensazionalistico andato in onda lo scorso aprile sulle TV della Repubblica Domenicana a scatenare l’interesse per il gioco in tutto il mondo.

Per Caitlyn Dewey del Washington Post, il gioco è l’esempio perfetto di una moda virale che attraversa le culture: «Il caso di Charlie ci dimostra come le cose si muovano online attraversando lingue e culture diverse. Si notano, per esempio, tanti giocatori e giornalisti che parlano del gioco come se fosse una novità, mentre è in circolazione da tempo e solo di recente ha superato la barriera della lingua».

Ma il fenomeno come si spiega, davvero con due matite si possono scatenare forze soprannaturali? Naturalmente no, il movimento è dovuto all’equilibrio instabile in cui si trovano le due matite. È infatti pressoché impossibile tenere immobile la matita superiore una volta che è messa in bilico sopra quella inferiore. Una qualunque corrente d’aria, provocata da un movimento, da una brezza o anche solo da un respiro è sufficiente a innescare la rotazione. Provare per credere (vedi box).

Resta però una domanda: questo tipo di giochi in apparenza soprannaturali, come anche quello di “Bloody Mary” (vedi Focus n. 269), fa male ai ragazzi? «Non ci sono studi scientifici al riguardo» dice Mark Griffiths, psicologo alla Nottingham Trent University, in Inghilterra. «Come psicologo e padre di tre adolescenti, devo ancora vedere prove che giochi simili abbiano effetti psicologici negativi, anche se non sono attività che incoraggerei. Se per alcune persone giochi del genere possono effettivamente rappresentare un rito di passaggio all’età adulta, per altri più sensibili potrebbero trasformarsi in esperienze negative».

«C’è un autentico legame sociale che si sviluppa a partire da questo gioco» conferma Stuart Vyse, psicologo al Connecticut College. «Rappresenta quasi un passaggio nella crescita per certi ragazzi, dove imparano a gestire esperienze che li spaventano. Cercano insomma di mettersi alla prova con rischi che non costituiscono autentici pericoli, anche se ne hanno le sembianze».

© 2018 Massimo Polidoro
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