Riflessioni un po' amare sulle difficoltà di parlare di scienza

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Nella rubrica di questo numero mi permetto di condividere con i lettori alcune riflessioni su un paio di eventi che mi sono recentemente capitati.

Il 20 settembre scorso mi contatta via Facebook un mio ex studente, di nome Alessandro, diplomatosi nel 2009. Dopo vari convenevoli e un breve resoconto di quello che sta facendo nella vita, il ragazzo (oggi 28enne) viene subito al sodo e mi dice:

Nell’ultimo anno mi sono avvicinato alla teoria della Terra piatta: so che sembra, ed è vista, come una buffonata ma ha molti, ma molti, punti per me convincenti, e volevo chiedere cosa ne pensa (non sono impazzito, ma parlare inglese mi ha aperto altri canali di informazione).

Io rimango piuttosto perplesso e temo mi voglia fare uno scherzo. Alessandro conosce bene il mio impegno scettico e uno scherzo in tal senso sarebbe anche divertente. Gli comunico il mio sospetto, mostrandomi divertito. Purtroppo però mi rendo conto che Alessandro non sta affatto scherzando. Gli segnalo alcuni articoli critici nei confronti dei sostenitori della Terra piatta reperibili in rete e lui mi risponde:

Prof, in quanto uomo di scienza, La invito a prendere più seriamente la questione: esiste un premio per chiunque dimostri rotazione e curvatura terrestre di 50.000 dollari: mai stato ritirato! Inoltre La invito a documentarsi su video e immagini Nasa dello spazio: però con occhio critico. Non bastano gli articoli che mi ha segnalato e che già conoscevo. È una cosa seria. Come Le ripeto, non sono né pazzo né analfabeta e penso neanche stupido. Le chiedo di passare un po’ di tempo a documentarsi su quello che propone la teoria (non ciò che sostiene la Flat Earth Society che è un gruppo creato appositamente per ridicolizzare la faccenda). In particolare si legga ciò che sostiene Eric Dubay.

Sono sempre più perplesso. Conoscevo di nome Eric Dubay, ma cerco ulteriori informazioni su di lui in rete e mi leggo le sue “200 prove” con le quali sostiene di dimostrare che la Terra è piatta. Rispondo ad Alessandro facendo una sconsolata considerazione:

Se tu parli seriamente, non posso che constatare amaramente il mio fallimento di docente di discipline scientifiche. E insieme al mio quello dei miei colleghi. Cinque anni di liceo scientifico evidentemente non hanno sortito alcun risultato.

Poi cerco di far ragionare Alessandro, mostrandogli la totale assurdità di quanto sostenuto da Dubay. Alessandro mi risponde in maniera piccata:

Prof. dovrebbe essere orgoglioso invece che un suo studente abbia capito cosa vuol dire scienza! Allora, se Lei è così sicuro e ha le prove che la Terra sia sferica, vada a ritirare il premio di 50.000 dollari. In bocca al lupo!

Poi, mi scusi, possiamo parlarne quanto vuole, ma Le pare che nel 2018 non esista una sola foto reale della Terra o di un satellite? E i video con i razzi a propulsione nello spazio? E i pianeti disegnati da artisti? C’è poco da dire purtroppo.

Sempre più allibito, gli invio i link di varie foto della Terra ripresa dallo spazio e Alessandro risponde:

C’è una foto diversa all’anno e Le sembrano foto reali? Qui è questione di buon senso non di lauree! Però noto come Lei eviti risposte dirette, come fanno tutti: insulta o ridicolizza, mi aspettavo di meglio da lei, Prof.! Viviamo in un’epoca in cui la “scienza” è la nuova religione e come nel Rinascimento (sic) chi screditava Dio veniva bruciato, oggi si fa lo stesso con chi va contro la scienza ufficiale, che non è altro che fantasia e algoritmi matematici basati su castelli di carta. Bisogna essere svegli per capirlo e non è da tutti purtroppo.

Cerco di rimanere calmo e di farlo ragionare, spiegandogli che la scienza non si basa su fantasia e castelli di sabbia, ma su dati concreti e rigorosi ragionamenti matematici. Inoltre la scienza, disciplina antidogmatica per eccellenza, è ben diversa dalla religione. Cerco anche di spiegargli che lui si sente gratificato perché crede di aver scoperto una verità che tutti gli hanno tenuto nascosto fino a ora. Così facendo, però, in realtà dà solo credito a congetture prive di ogni fondamento.

Irremovibile, Alessandro cerca di portare il discorso su quelli che lui ritiene aspetti tecnici:

Le navi scompaiono all’orizzonte per la curvatura terrestre? Se le guarda con un telescopio si vedono ancora per molti km. Sul lago Michigan negli USA si vede da sponda a sponda con un cannocchiale: sono distanti 80 km e dovrebbe esserci una curvatura di 300 metri. Cosa vuole che Le dica? Devo credere per forza a quello che dicono?

Se la Nasa è un Suo punto di riferimento dovrebbe ricredersi. Per anni mi sono chiesto cosa fossero quelle cose che svolazzano vicino alla ISS nelle missioni in spazio aperto. Bolle d’aria! Semplicemente perché sono tutte scene girate in piscine. Mi mostri una foto reale proveniente dallo spazio. Non esiste! Con 12.000 satelliti e 40 telescopi non esiste una foto reale.

Faccio un ultimo tentativo di farlo ragionare, citandogli anche le fotografie che Samantha Cristoforetti, recente ospite del CICAP-Fest, ha scattato dalla ISS per hobby personale. Lui mi risponde:

La Cristoforetti mente: non crederà anche nello sbarco sulla Luna per caso? E comunque Prof. mi scusi: ma Lei pensa davvero che le navi spariscano dietro la curvatura? Vada al porto un secondo: quando vede sparire una nave all’orizzonte faccia un video col telefono e aumenti lo zoom, per magia la nave riappare. E poi come si potrebbe vedere la Corsica o la Capraia da Genova se la superficie terrestre fosse curva?

Poi ci si chiede perché la gente non parla di questa faccenda: si è visto dalla sua reazione.

Prof., qui stiamo rasentando il ridicolo. Io le cose gliele ho spiegate come a un bambino se non le capisce, boh!

Mi rendo conto che è impossibile continuare a discutere. Parliamo due lingue diverse e del tutto estranee una all’altra e sono piuttosto avvilito. Sarei comunque disposto a continuare, ma è Alessandro a interrompere la comunicazione.

Pochi giorni dopo, in seguito alla pubblicazione di una mia intervista video in cui critico le argomentazioni dei no-vax, ricevo una mail che afferma:

Sono una mamma di 47 anni, ho tre ragazzini e, insieme a mio marito, abbiamo deciso consapevolmente ed egoisticamente, di non vaccinare i nostri tre figli appena nati. Nel 2002 abbiamo pagato una ammenda di 400 euro per questo e lo Stato non ha avuto problemi ad incassare. La precisazione che voglio farLe è: nessuno deve essere obbligato a somministrarsi farmaci. Deve continuare a esistere il principio di libertà di scelta: SEMPRE! Le malattie possono essere controllate ma non eliminate, i virus e i batteri esistono: infatti la vita sul pianeta esiste grazie a questi “esseri”.

Lei sostiene che bisogna credere nella scienza. Ma questa è Fede non scienza.

Cerco di rispondere pacatamente, replicando ad alcune sue affermazioni e sottolineando che non vaccinandosi si mette a repentaglio la propria salute (o quella dei propri figli), ma anche quella degli altri. Lei mi risponde affermando, tra l’altro:

Purtroppo la nostra filosofia di vita non coincide completamente con la Sua [...]. I vaccini a nostro avviso sono uno strumento efficace in caso di epidemia, ma essere costretti a un trattamento sanitario, che comporta rischi, deve rimanere una scelta. L’egoismo è insito nell’essere umano. La natura non conosce il concetto di giustizia e quindi elimina le forme di vita che meno si adattano all’ambiente. E Le ricordo, non essendo ipocrita, che siamo sette miliardi sul pianeta... che milioni di persone non mangiano e vivono disperatamente, ma qui in Occidente ci preoccupiamo di evitare l’influenza ogni autunno, senza capire che prendere farmaci non stimola il sistema immunitario, anzi...

[...] Noi pensiamo che la natura, anche se crudele, abbia sempre ragione, l'uomo invece è crudele e ipocrita [...]. Per queste ragioni abbiamo accettato il rischio che i nostri figli potessero essere danneggiati da una malattia naturalmente, piuttosto che da un virus iniettato col nostro consenso. [...] Noi comprendiamo il Suo punto di vista, mi creda. Semplicemente non crediamo che l’essere umano sia la cosa più importante. Vediamo la vita secondo un sistema naturocentrico e non antropocentrico. Potremmo scriverci per anni: non cambieremo idea, ma non per stupidità mi creda. È proprio un modo diverso di vivere. Noi non abbiamo paura della morte, né del dolore. Fanno parte della natura e del destino di ognuno di noi.

Vista la sua affermazione, ritengo inutile proseguire la discussione.

È proprio vero: rivolgersi a chi vuole credere non serve a nulla. Per questo noi continuiamo a rivolgerci a chi vuole capire. Ma l’amarezza rimane.
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