Pseudoscienza, fantascienza e creazionismo

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Edmond Hamilton (1904-1977), uno dei grandi autori della space opera americana, si interessò fin dall'avvio della sua carriera letteraria alle idee di Charles Fort (1874-1932), dalle cui opere trasse ispirazione per alcuni racconti, come “The Space Visitors”, pubblicato nel marzo del 1930 su Air Wonder Stories e “The Earth Owners”, uscito nell'agosto del 1931 su Weird Tales.

Fort, a partire dal celeberrimo The Book of the Damned (edito nel 1919), tra le molte altre speculazioni che avrebbero contributo allo sviluppo di quella che sarebbe diventata nota come la 'teoria degli antichi astronauti', aveva ipotizzato che «l'evoluzione sulla Terra sia stata indotta da influenze esterne». Una posizione chiaramente antievoluzionistica, che portava avanti una nuova forma di creazionismo (già presente da tempo negli ambienti della Società Teosofica), in base alla quale la comparsa dell'homo sapiens sulla Terra era dovuta non più a Dio, ma agli alieni.

Hamilton, come altri autori della letteratura fantascientifica, rimase affezionato a questa improbabile, ma affascinante speculazione, proponendola in uno dei suoi romanzi più famosi, The Valley of Creation, uscito per la prima volta nel luglio del 1948 sulla rivista Startling Stories. La vicenda, ambientata in una valle sconosciuta del Tibet, ruota intorno all'esistenza di una misteriosa comunità, la Fratellanza, alla quale appartenevano, tutti posti su un piano di eguaglianza e pari intelligenza, uomini e animali, in particolare «le quattro specie di animali superiori, lupi, tigri, cavalli e aquile». Attraverso una serie di incredibili avventure e peripezie il protagonista della storia, Eric Nelson, riesce a introdursi nella valle, fino a scoprire che la cosiddetta «Caverna della Creazione» è in realtà «una nave spaziale, che è giunta sulla Terra, è caduta, ed è stata sepolta qui dallo scorrere dei secoli». Una volta penetrato all'interno del vascello spaziale, Nelson accede al segreto della Fratellanza. Gli alieni, ormai morenti dopo l'incidente che li aveva fatti precipitare sul nostro pianeta, avevano deciso di conservare in qualche modo il loro sapere e le loro conoscenze: «L'unico modo per realizzare questo progetto era riuscire a trasferire le nostre menti nei corpi di creature nate su questo mondo. Solo le creature più progredite avrebbero potuto ospitare le nostre menti. Così scegliemmo, tra tutte, cinque specie diverse, la scimmia, la tigre, il cavallo, il lupo e l'aquila. Per lo meno una di queste specie diverse, speravamo, sarebbe sopravvissuta anche se le altre fossero perite. Così prendemmo i membri di queste tribù e alterammo la loro struttura cerebrale in modo da permettere loro la conversazione telepatica e modificammo i loro geni in modo da rendere questo potere ereditario. Poi trasferimmo le nostre menti nei loro corpi». Dunque, in questo modo erano stati creati «i primi esseri intelligenti della Terra».

Nel 1960 Hamilton ritornò sul tema degli antichi sbarchi alieni sulla Terra nell'avvincente The Haunted Stars (in italiano, Gli incappucciati d'ombra), nel quale si parla della scoperta, in una caverna (ancora una volta) situata presso il cratere Gassendi sulla Luna, di un'antichissima base aliena ormai da tempo abbandonata, la cui civiltà, linguisticamente molto vicina ai Sumeri, ha caratteristiche simili a quelle terrestri. La conclusione può essere quindi una sola: l'umanità deve la sua origine a esseri provenienti dallo spazio. Nelle conversazioni fra alcuni dei protagonisti del romanzo, le implicazioni della scoperta diventano evidenti: sia l'evoluzionismo che il creazionismo biblico vanno abbandonati a favore del creazionismo extraterrestre: «la lingua che parlavano somigliava al sumero. Ma i corpi non somigliavano soltanto: erano identici ai nostri. Al vostro e al mio Fairlie. Come la mettiamo con la coincidenza? E delle nostre credenze, che ne è? Vanno all'aria Darwin e la Genesi».

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Nel frattempo, Hamilton era diventato uno degli sceneggiatori di punta della DC Comics e non mancò di trasferire alcune delle sue tematiche preferite sulle pagine dei fumetti. Sul n. 333 di Adventure Comics (giugno 1965), uscì la storia “The Civil War of Legion” (disegnata da John Forte). Qui Hamilton narra di un'antica guerra, avvenuta milioni di anni or sono, tra il popolo di Krypton (il pianeta originario di Superman) e la Terra. La Legione dei Supereroi (le cui avventure si svolgono nel XXX secolo e di cui fa parte anche Superboy, la versione adolescente di Superman), venuta a conoscenza di questo fatto grazie al rinvenimento di una tavoletta metallica, di epoca assai remota e dotata di iscrizioni, decide di risolvere il mistero andando a ritroso nel tempo. Ed effettivamente la Legione scopre che gli abitanti di Krypton avevano raggiunto la Terra, ingaggiando una lotta con gli antichi abitanti del pianeta, gli Atlantidei, i quali, a loro volta, non erano di origine terrestre, ma provenivano dallo spazio, più precisamente dalla galassia Vruun. Un nome, questo, già noto ai lettori di Hamilton, dato che così si chiamava anche la città in cui risiedeva la misteriosa Fratellanza ne La valle della creazione.

Il riferimento di Hamilton alla mitica civiltà di Atlantide ci permette di ricordare che le prime analisi critiche sui molti presunti misteri che animavano le pagine non solo dei racconti di fantascienza, ma di libri, giornali e riviste, giunsero comunque proprio dall'ambiente fantascientifico, ad esempio grazie a un autore del calibro di Lyon Sprague de Camp (1907-2000), il quale nel 1954 pubblicò la prima edizione di Lost Continents: The Atlantis Theme in History, Science and Literature, destinato a diventare un classico da citare in maniera obbligatoria nelle bibliografie dei libri sull'argomento (cfr. 125). La prima traduzione italiana del volume di De Camp (basata su una edizione aggiornata e ampliata dell'opera) uscì nel 1980 per i tipi di una delle case editrici che maggiormente hanno contribuito allo sviluppo della science fiction in Italia, la Fanucci di Roma. Inserita all'interno della collana «Futuro Saggi», diretta da Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco (e tradotta da uno dei nomi storici della fantascienza italiana, Roberta Rambelli), l'opera di De Camp fu oggetto di una particolare operazione editoriale, volta a modificarne (se non a stravolgerne) l'intento originario. La prefazione all'edizione italiana, infatti, affidata a Roberto Fondi, in quel momento facente capo all'Istituto di Geologia e Paleontologia dell'Università di Siena, si poneva in totale contrapposizione alle conclusioni di De Camp, negando che il racconto di Platone su Atlantide fosse soltanto «una magnifica favola inventata dal più idealistico e poetico dei grandi filosofi greci». Criticando le conclusioni raggiunte dalla scienza contemporanea, tra cui anche la teoria della tettonica a placche, Fondi sosteneva che l'esistenza di antichissime civiltà, come quella di Atlantide, fosse al contrario testimoniata da una serie di fatti inequivocabili, tra cui le prove, da lui stesso addotte, che dimostravano l'infondatezza dell'evoluzionismo: «ad un esame più attento ed approfondito dei fatti reali, l'evoluzione biologica risulta essere non una realtà scientificamente dimostrabile, ma solo un'ipotesi non convalidata da oltre un secolo di intense ricerche». Proprio nel corso del 1980, infatti, Fondi aveva pubblicato, assieme al biologo e genetista Giuseppe Sermonti (1925-2018), un volume dal titolo Dopo Darwin. Critica all'evoluzionismo (nel quale veniva presentata la cosiddetta 'ipotesi devoluzionista'), puntualmente richiamato nelle note della prefazione al testo di De Camp. Significativo era il richiamo di Fondi agli «out-of-place-artifacts (OOPART) che, di tanto in tanto, vengono riportati alla luce», i quali suggerivano «l'idea di civiltà tecnologicamente assai progredite, vissute in tempi remotissimi e quindi scomparse in seguito a catastrofi naturali o prodotte dall'uomo». Un tema, quello del ritrovamento di oggetti in un contesto in cui non avrebbero dovuto trovarsi, molto caro a Charles Fort.

Pseudoscienza, fantascienza, creazionismo: le tappe di un affascinante viaggio di andata e ritorno.

Riferimenti bibliografici

  • M. Ciardi. 2017. Il mistero degli antichi astronauti. Roma: Carocci.
  • L. Sprague de Camp. 1980. Il mito di Atlantide e i continenti scomparsi. Introduzione del prof. Roberto Fondi. Roma: Fanucci.


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