Eppur si muove... (rabdomanzia)

La scienza e il fascino incerto dellla rabdomanzia

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  • 28-07-2003
  • di Andrea Albini
"I contadini hanno creduto nella rabdomanzia e gli scienziati hanno creduto che la rabdomanzia fosse una credenza da contadini. Ora, ci sono tanti scienziati che credono nella rabdomanzia che mi viene il sospetto che dopo tutto non possa essere altro che un mito".

Così, nel 1932, Charles Fort commentava in "Wild Talents"[1] la pratica che, nella sua forma più classica, utilizza una forcella flessibile ricavata da un ramo, per trovare il punto in cui scavare con successo per attingere l'acqua.

Charles Fort era un eccentrico americano che nei primi decenni del Novecento raccolse un'enorme quantità di cronache su fatti strani e incredibili, prelevandoli principalmente da giornali e riviste d'ogni tipo conservate nella New York Public Library e al British Museum di Londra; egli utilizzò quest'enorme massa grezza e poco controllata di dati principalmente contro un obiettivo: l'uso retorico della scienza e chi l'adopera per creare false certezze. La rabdomanzia sembrava a quel tempo un candidato ideale per mettere in imbarazzo la "scienza ufficiale": "essa è stregoneria - scriveva Fort - ma una forma di stregoneria che è stata messa all'opera. Si tratta di un miracolo che ha trovato un impiego".

Le stesse perplessità che Fort immaginava la rabdomanzia dovesse provocare alla scienza, dovevano avere percorso, quasi due secoli prima, gli illuministi che compilarono l'Enciclopedia delle Arti e dei Mestieri2 . Per quanto la rabdomanzia fosse inaffidabile come pratica e simile in modo preoccupante a una forma di divinazione, la bacchetta del rabdomante si muoveva per davvero - anche se non sempre - nelle mani di chi la utilizzava, e lo faceva in modo apparentemente indipendente dalla sua volontà. "Da dove proviene questo movimento? - si chiese il compilatore della voce "Rabdomanzia" - È naturale? È sovrannaturale? È a queste due domande che si riduce tutto quello che è stato scritto pro o contro la bacchetta del rabdomante". In realtà, altrettanto importante era determinare quanto questa pratica fosse efficace.

Nonostante questo, in tutta la Francia era ancora viva l'impressione per il "caso" di Jacques Aymar. Questo contadino del lionese divenne celeberrimo nel 1692 per avere "individuato" con la sua bacchetta da rabdomante i responsabili di un fatto di sangue. Arrivato a Parigi e sottoposto a nuove verifiche, sembrò avere perso i propri poteri. Il suo attrezzo restò immobile quando, per ordine del procuratore del re, fu condotto nel luogo dove un arciere era stato assassinato e non si mosse neppure quando si trovò a passare di fronte ai responsabili di questa vicenda, che nel frattempo erano stati arrestati. Un ulteriore tiro mancino gli fu giocato chiedendogli di individuare il luogo, nei pressi della Biblioteca reale, in cui era stata sepolta una borsa di monete d'oro. La forcella di Aymar indicò un punto ben preciso ma in realtà l'incaricato di questo esperimento aveva solo finto di seppellire l'oro.

In quel periodo non mancava chi propendesse per interpretazioni demoniache, come il filosofo e sacerdote francese Malebranche, o chi, come il vescovo di Morienne, utilizzasse la bacchetta divinatoria per determinare la genuinità o la falsità delle reliquie. L'interesse prevalente degli scienziati del tempo era però rivolto verso la scoperta dei possibili meccanismi che facevano muovere questo attrezzo[2]. Ci fu chi pensò che gli scuotimenti fossero dovuti al magnetismo e chi chiamò in causa le "esalazioni" delle acque sotterranee, che avrebbero appesantito l'estremità della bacchetta del rabdomante per le stesse presunte ragioni "che fanno inclinare verso il basso i rami degli alberi piantati sui bordi delle acque". Ogni sistema filosofico riusciva a spiegare il comportamento della bacchetta all'interno del proprio quadro, e tutte le interpretazioni erano equivalenti e ipotetiche. I filosofi "peripatetici" utilizzarono la dottrina delle qualità occulte, i cartesiani la adattarono alla teoria dei vortici, altri ancora immaginarono che fosse dovuta agli "atomi" che si agganciavano alla bacchetta.

Le ricerche dell'Amoretti

Dopo aver verificato di persona che gli strumenti della rabdomanzia funzionavano davvero, alcuni studiosi sacrificarono il rigore sull'altare della passione. In Italia, sull'inizio dell'Ottocento, un accanito sostenitore della rabdomanzia fu Carlo Amoretti, geografo, erudito di vastissima cultura e bibliotecario all'Ambrosiana di Milano. Amoretti rimase abbagliato dalle esibizioni del rabdomante Pennet, già "scoperto" dal medico francese Thouvenel. Dopo che questo sensitivo ebbe indicato dove si sarebbero trovati alcuni "filoni bituminosi o metallici", Amoretti osservò la bacchetta muoversi come di moto proprio, non solo nelle mani del rabdomante, ma anche nelle proprie. Ben presto anch'egli trovò un soggetto particolarmente dotato nella persona di Vincenzo Anfossi, un ragazzo con cui percorse l'Italia alla ricerca di nuovi rabdomanti. I propositi dell'erudito erano ambiziosi: riconciliare fisica e rabdomanzia attraverso le nuove scoperte del galvanismo. Amoretti distingueva le "sostanze elettromotrici", in grado di trasmettere più o meno bene l'elettricità, e gli "elettromotori", cioè i rabdomanti, che con forcelle e pendolini sapevano amplificare la percezione che ricevevano di queste sostanze. Una volta accertata la realtà dei movimenti involontari della bacchetta, l'Amoretti non fece molto per cercare di verificare quanto fosse efficace la rabdomanzia. Nei suoi libri presentò un elenco di cento individui, selezionati in base al censo da un gruppo di quattrocento persone con poteri rabdomantici. Tra questi, figuravano parroci, medici, avvocati, direttori delle gabelle, commercianti, scienziati, bibliotecari, ingegneri e professori. "Per la loro onoratezza - scrive l'Amoretti - e pe' loro numi, devono ritenersi incapaci di non solo d'inganno, ma anche d'errore, sopra tutto trattandosi di cosa di fatto che a loro succede"[3].

I primi scettici

Ovviamente non mancavano anche gli scienziati scettici. Già lo stesso Georg Bauer, meglio noto come Agricola e considerato il fondatore della mineralogia, aveva espresso i suoi dubbi sulla rabdomanzia nel momento in cui la divinazione dei metalli era diventata popolare in Germania durante il Cinquecento. Nel De Re Metallica, egli sosteneva che le ragioni del movimento della bacchetta era da ricercarsi nel modo con cui essa era manipolata, piuttosto che in cause esterne. Solo con l'Ottocento iniziarono a essere compiuti una serie di esperimenti ben fatti, e fu formulata un'interpretazione fisica su cosa causasse i movimenti degli strumenti del rabdomante.
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Un'illustrazione tratta dal De Re Metallica (1540) di Georg Bauer, in arte "Agricola", mostra un rabdomante impegnato nella ricerca di minerali. Già allora, il Bauer spiegava che le ragioni del movimento della bacchetta erano da ricercarsi nel modo con cui essa era manipolata piuttosto che in cause esterne


Nella prima metà di quel secolo, il noto chimico francese Michel-Eugène Chevreul compì una serie di semplici e ingegnosi esperimenti con il pendolino. Da essi emerse non solo che il movimento era attenuato quando il braccio era immobilizzato, ma anche che il suo comportamento diventava imprevedibile quando uno schermo nascondeva dalla vista dello sperimentatore la presenza o l'assenza dell'oggetto della divinazione[4].
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Illustrazione da un testo francese del 1793: vari modi di tenere le bacchette da rabdomanti; tutti quanti hanno in comune un equilibrio precario.


Quasi contemporaneamente, in Inghilterra, lo psicologo William B. Carpenter elaborava il concetto di "azione ideomotoria"[5], fondamentale per descrivere i movimenti involontari causati dalla suggestione (vedi anche l'articolo di James Randi più avanti, NdR).

Radioestesia ed elettricità

Le interpretazioni scientifiche della rabdomanzia e delle pratiche affini fatte da Chevreul e Carpenter, furono piuttosto snobbate dalla comunità scientifica - che aveva cose più importanti di cui occuparsi - e non ebbero una vasta eco di pubblico. Anzi, la divinazione con il pendolino ritrovò un certo successo, a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento, sotto il nome di radioestesia. La scoperta della radioattività aveva mandato in fibrillazione il mondo scientifico. Dovunque si scoprivano nuove fonti di energia, precedentemente inimmaginabili, e contemporaneamente sorgevano una serie di associazioni di radioestesia che utilizzavano il pendolino per gli impieghi più disparati, compresa l'individuazione dei dispersi in battaglia durante la Grande guerra (vedi anche l'articolo di Antonio Bellezza, Ndr).

L'ipotesi di un'origine elettrica della rabdomanzia tornò a essere proposta pubblicamente, ancora all'inizio del Novecento, dal capitano Giuseppe Malagoli, ufficiale del genio e fondatore delle colombaie militari. L'uso dei piccioni viaggiatori era stato di importanza strategica per le comunicazioni militari fino a quando le scoperte di Marconi avevano aperto nuove prospettive. Come molte persone istruite che hanno creduto nella rabdomanzia, Malagoli affermò, in un volumetto apparso nel 1907, che vi era stato costretto da quello che aveva visto[6]. A convincerlo era stato principalmente un certo Chiabrera; un contadino piemontese di cinquantasei anni dall'aspetto sincero che non sapeva ne leggere ne scrivere. Rabdomante dall'età di dodici anni, Chiabrera era anche fortemente sordo, un difetto che, a suo avviso, era stato causato dall'uso della bacchetta. Appoggiandosi a una tesi del medico e fisiologo tedesco Hoppe, Malagoli credette che la rabdomanzia fosse in realtà un fenomeno di sensibilità elettrica. Il Chiabrera, affermò, gli aveva dato "l'impressione di un grande apparecchio elettrico, le cui braccia sono l'estremità dei due poli del circuito ed avente, l'apparecchio, per pila la terra; chiuso il circuito mediante la bacchetta e alimentata la pila colle sorgenti che incontra, l'apparecchio tosto funziona". Nonostante i suoi ripetuti richiami sulla natura speculatoria delle sue teorie, quello che Malagoli sembrò non dubitare, fu che la rabdomanzia esistesse e funzionasse. I suoi esperimenti furono piuttosto rivolti a verificare le sensazioni che i rabdomanti dicevano di provare, cercando di misurare le variazioni elettriche dell'organismo e raccogliendo osservazioni su accelerazioni del polso, formicolii e disturbi dello stomaco dei suoi sensitivi.

Le cautele mostrate da Malagoli non esistettero invece in Piero Zampa, un ingegnere bolognese che, dall'inizio del Novecento, si occupò con entusiasmo di rabdomanzia per oltre mezzo secolo. Il suo libro più famoso, gli Elementi di Radioestesia Teorica e Pratica, è passato di ristampa in ristampa fino ai giorni nostri. In quest'opera la radioestesia sembra tornare a confondersi con il suo passato di pratica divinatoria e trova impiego in una lunga serie di applicazioni che vanno dal pittoresco, come la scelta dei colori per l'arredamento della casa, al pericoloso, come la scelta dei funghi mangerecci o la verifica dei calcoli del cemento armato, al decisamente inquietante, come l'individuazione dei "traditori della Patria"[7].

In tempi recenti, forse uno dei più clamorosi appoggi alla rabdomanzia da parte di uno scienziato è arrivato da Yves Rocard, un fisico di chiara fama, che fu insegnante all'Ecole Normale Supérieure di Parigi, nonché uno dei padri della bomba atomica francese. Con caratteristico understatement, l'Enciclopedia Britannica conclude l'esposizione del notevole curriculum dello scienziato affermando che il prestigio di Rocard risentì del suo tardo interesse per la rabdomanzia. In realtà egli aveva pubblicato le sue idee sull'argomento già nel 1964, in un libro intitolato Le Signal du Sourcier. Successivamente, le sorprendenti affermazioni del fisico francese furono messe alla prova da parte di un'associazione scettica belga - il Comité Para - senza che si arrivasse a risultati favorevoli alla rabdomanzia[8].

Gli esperimenti più recenti


Se gli esperimenti di Rocard, così come egli li descrisse, sembrano lasciare a desiderare sul piano della messa a punto, i tentativi di verificare l'efficacia di questa tecnica non sono mancati da parte di privati cittadini, scienziati o associazioni scettiche. Ricordiamo solo il test sui rabdomanti italiani, per l'assegnazione del premio da un milione di dollari, che l'investigatore dell'occulto James Randi condusse in Italia nel 1978, su invito della Rai e di Piero Angela, che si concluse con un fallimento per i rabdomanti[9].

Ad oggi, la serie di esperimenti sulla rabdomanzia in assoluto più rigorosa dal punto di vista scientifico è stata realizzata in Germania: il luogo in cui questa pratica ha avuto origine durante il Cinquecento. Nel 1990, l'Associazione tedesca per lo studio scientifico delle parascienze (GWUP) preparò e condusse su dei volontari uno studio controllato sulla rabdomanzia molto accurato sia dal punto di vista della meticolosità, sia nella scelta del protocollo, sia nell'esecuzione. I ricercatori non trovarono effetti sostanziali a favore della rabdomanzia e misero in guardia contro l'uso disinvolto di presunti effetti statistici ricavati dall'analisi dei dati dopo che questi sono stati raccolti [10].

Conclusioni


Nonostante che le idee dei rabdomanti contrastino con alcuni principi di base dell'idrogeologia (vedi anche l'articolo di Nello Lo Monaco, NdR) e che ormai pochi scienziati sono disposti a scommettere su di essa, spesso la rabdomanzia torna ancora ai nostri giorni - forse sull'onda della riscoperta del magico e della sua mercificazione - confondendosi a volte con la sua forma più antica di pratica divinatoria generale, anche perché nei paesi tecnologicamente avanzati non c'è più gran necessità di un suo impiego nella ricerca dell'acqua o dei metalli. A favorire questa sopravvivenza, i media vecchi e nuovi ogni tanto ci parlano di industrie petrolifere, aziende e privati cittadini che si avvalgono con profitto dell'uso dei rabdomanti: un tipo di notizia che sicuramente farebbe la gioia di Charles Fort.

Andrea Albini Dipartimento di Ingegneria Elettronica, Università di Pavia

Andrea Albini è autore, insieme a Luigi Garlaschelli, di un'indagine critica sulla rabdomanzia e la rodioestesia di prossima pubblicazione presso le Edizioni Avverbi.

Note


1) Charles Fort. "Wild talents" in The complete books of Charles Fort. Dover, New York, 1974 (1° ed.), pp. 1045-1048.
2) J. Collin de Plancy. Dictionnaire infernal. (Ristampa della seconda edizione, 1825-26) Edition 10/18, Parigi, 1999, pp. 63-67.
3) Carlo Amoretti. Della rabdomanzia ossia elettrometria animale. Ricerche fisiche e storiche. Giuseppe Morelli stampatore-librario, Milano, 1808.
4) Michel-Eugène Chevreul. "Lettre à M. Ampere sur une classe particulière de mouvements musculaires." Revue des deux Mondes, 1833. Ristampata in traduzione inglese su Skeptical Inquirer, luglio-agosto 2001, pp. 35-39.
5) William B. Carpenter. "On the influence of suggestion in modifying and directing muscular movement independently of volition." Proceeding of the Royal Institution, vol. 1, 1852, pp. 147-153.
6) Giuseppe Malagoli. Metodo facile e sicuro per scoprire sorgenti e miniere. Un po' di luce sulla rabdomanzia. Libreria editrice internazionale G. T. Vincenzi e nipoti, Modena, 1907.
7) Piero Zampa. Elementi di radioestesia teorica e pratica. Vannini, Brescia, 1971.
8) S.N. "A propos de l'ouvrage d'Yves Rocard "Le signal du sourcie" Experiences relatives au "Signal du Sourcier"." Novella breve del Comité belge pur l'investigation scientifique des phénomenes réputés paranornormaux. Numero 42 (maggio 1967).
9) Piero Angela. Viaggio nel paranormale. Mondadori, Milano, 2000. Il resoconto dettagliato di questi esperimenti si trova in: James Randi, Flim-Flam, Fandonie, Avverbi, Roma, 1999.
10) Robert König, Jürgen Moll e Armadeo Sarma. "The Kassel dowsing test." Swift, vol. 1, n. 1, pp. 3-8 (prima parte); vol. 1, n. 2, pp. 4- 8 (seconda parte), 1997. Originariamente comparso in lingua tedesca su Skeptiker, gennaio 1991.
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