L'animale irrazionale (recensione)

L'uomo, la natura e i limiti della ragione
Danilo Mainardi
Mondadori, 2001
pp.166, L.30.000

  • In Articoli
  • 14-09-2001
  • di Alessandro Zocchi

Nel suo ultimo libro il noto etologo Danilo Mainardi ci offre l'analisi di un particolare atteggiamento dell'uomo: quello di credere in qualcosa la cui esistenza non è dimostrata dalla ragione.

La maggior parte delle persone del nostro pianeta, pur vivendo nelle più disparate culture, è convinta che esistano fenomeni ed entità che influenzano la nostra vita in modi a noi sconosciuti. Queste credenze vanno dalle piccole superstizioni, all'astrologia, al credere in un Dio e nella vita dopo la morte. Il problema che l'autore si pone però non è tanto la credenza in sé quanto perché l'uomo, pur essendo l'animale più razionale, crede.

Nel primo capitolo, intitolato "L'etologia può spiegarci perché crediamo?", l'autore illustra come intende affrontare il problema. L'atteggiamento umano del credere potrebbe essere un comportamento selezionatosi nel corso dell'evoluzione, al pari di tutte le altre caratteristiche anatomiche e comportamentali. Se così fosse, sarebbe possibile rintracciare negli animali, almeno in forma primitiva, alcune "componenti del credere" e osservare come si siano evoluti per giungere all'uomo nella loro forma più complessa. In questo modo, il fenomeno del credere acquisterebbe un grande valore per la sopravvivenza e diventerebbe così quello che Mainardi chiama "l'irrazionale necessario".

Dal secondo capitolo in poi l'autore ci propone un percorso da seguire e identifica in almeno sette fenomeni, quegli elementi che potrebbero spiegare la nascita della capacità di credere. Ogni elemento viene definito in capitoli separati e studiato in maniera comparata fornendo esempi di come lo si ritrovi in natura o di come possa essere evidenziato con esperimenti di laboratorio. Due capitoli spiccano forse di più. Uno è dedicato all'autoconsapevolezza e descrive come sia stata dimostrata sperimentalmente solo in tre specie di scimmie antropomorfe e, forse, nell'elefante. Il secondo tratta di come l'uomo sia riuscito a illudersi di essere indipendente dalla natura e di come pensi di esserle superiore grazie alla sua evoluzione culturale.

Il nono e ultimo capitolo s'intitola come il primo, ma senza il punto interrogativo. Ed è qui che viene fatta una sorta di quadro finale in cui i singoli elementi vengono incastrati per spiegare la nascita della capacità di credere e, soprattutto, per spiegare come tale attitudine sia favorevole alla sopravvivenza.

La tesi portante di questo libro è la considerazione che se credere nell'irrazionale è un atteggiamento tanto diffuso allora deve avere avuto un ruolo non indifferente nell'evoluzione dell'uomo e continua ad averlo. Un'analisi appropriata può aiutarci a capire la filogenesi di questa capacità umana e l'etologia comparata ne indica un possibile percorso. In questo modo, l'autore suggerisce che la metafisica possa essere legittimamente inserita nel campo d'indagine della scienza, cosa che molti scienziati credenti non reputano possibile.

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