Disastrose leggende

Un esame delle più note voci e false notizie sull'attentato.

Dalle macerie delle Torri Gemelle di New York si sprigionavano ancora altissime colonne di polvere e fumo e già prendeva il via in tutto il mondo un fitto tam-tam di leggende metropolitane, voci fuori controllo e false notizie sull'attentato. Jean-Noël Kapferer, un sociologo francese che studia le leggende, sostiene che questi racconti nascono soprattutto in situazioni di crisi che rappresentano un problema emotivamente importante per gli individui. Questo spinge le persone a discutere tra loro in maniera particolarmente vivace e ad avanzare ipotesi, spiegazioni, proposte di soluzione per trovare un nuovo ordine che consenta di risolvere la crisi decidendo quali azioni e comportamenti intraprendere.

È allora facile capire perché l'attentato di New York abbia potuto provocare così tante leggende. Si tratta dell'attacco più tragico e violento mai perpetrato sul territorio statunitense, di un evento trasmesso in diretta televisiva minuto per minuto, ma soprattutto di un episodio dopo il quale, come hanno detto molti, la vita quotidiana di ognuno di noi non sarà più la stessa. Perché per la prima volta, in Occidente, la guerra ha come obiettivo i civili, quindi potenzialmente ogni cittadino, e il nemico è invisibile, quindi potenzialmente ovunque. Anche i luoghi più protetti, come il Pentagono, si sono rivelati vulnerabili e anche i poliziotti più esperti, quelli della CIA e dell'FBI, si sono dimostrati incapaci. Inoltre il nemico agisce per ragioni e secondo modalità per noi del tutto incomprensibili. In un mondo che sembra non avere più un ordine chiaro e condiviso, le leggende servono allora a riportare stabilità, e sicurezza fornendo chiavi di lettura degli eventi che diano loro un senso e un significato. Ecco alcune delle storie fino ad oggi più diffuse.

Il diavolo tra le fiamme.O era Bin Laden?

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È la prima leggenda a diffondersi: tra le nuvole di fumo provocate dall'attentato si distingue il volto del demonio. La foto che lo dimostra è stata scattata da Mark Phillips un fotografo free-lance che l'ha venduta alla Associated Press, una delle più importanti agenzie di notizie del mondo. In realtà, come gli psicologi della percezione ben sanno, l'occhio umano ha sempre la tendenza, di fronte a immagini indefinite a riconoscervi forme già note. E una volta che questo avviene, o che qualcuno ci ha suggerito cosa riconoscere, è impossibile fare a meno di vederlo sempre. La stessa cosa accade, per esempio, quando si osservano le nuvole in cielo e queste sembrano avere forme di animali o di volti umani. Una seconda versione della leggenda, peraltro, sosteneva che il volto riconoscibile nella foto fosse quello di Bin Laden, di cui da subito si è parlato come possibile attentatore. E in effetti anche questa interpretazione si adatta alla foto, dimostrando così che ognuno può riconoscervi ciò che più si adatta ai suoi desideri o alle sue aspettative.

Nostradamus l'aveva detto!

Immancabile dopo ogni tragedia (sempre dopo, ovviamente) arriva la profezia di Nostradamus che aveva già previsto tutto. Questi sono i versi che già il 12 settembre hanno cominciato a circolare nei newsgroup di Internet in cui si discuteva dell'attentato: "Nella città di Dio ci sarà un gran tuono/due fratelli fatti a pezzi dal Caos/mentre la fortezza resiste/il grande leader soccomberà/la terza grande guerra comincerà quando la grande città brucerà. Nostradamus, 1654". Va detto subito che questa quartina è falsa: Nostradamus è morto nel 1566 e quindi nel 1654 non poteva comporre più nulla. Si tratta invece di versi scritti da uno studente canadese, tale Neil Marshall, che li ha utilizzati in un saggio in cui dimostra come sia facile scrivere delle profezie generiche che possono adattarsi a eventi diversi. Anche in questo caso, come nella foto del diavolo, siamo noi ad attribuire un significato ad alcune parole adattandole ad un certo contesto (per un'analisi dettagliata di tutte le profezie dell'attentato attribuite a Nostradamus, vedi l'articolo a pag. 30).

Le false immagini CNN

L'11 settembre la CNN mandò in onda immagini di palestinesi che festeggiavano l'attentato di New York. Il giorno dopo un'amica giornalista mi disse che stava girando la voce che in realtà quelle erano immagini di repertorio girate una decina d'anni prima. Si trattava di una leggenda messa in giro, sembra involontariamente, da Marcio Carvalho, uno studente universitario brasiliano. Un amico gli aveva infatti raccontato che un professore aveva un video girato dalla CNN nel 1991 in cui si vedevano esattamente le stesse immagini mandate in onda quest'anno. Marcio raccontò del video in una chat su Internet e la notizia si sparse velocemente attraverso il bocca a bocca della rete. Quando però chiese al suo amico di fargli vedere il video, questi ammise di non averlo mai avuto. A quel punto Marcio mandò un nuovo messaggio in rete spiegando che non era sicuro che la storia fosse vera, ma questa smentita fu inefficace e la leggenda continuò a diffondersi in tutto il mondo, costringendo la CNN, che aveva trasmesso le immagini, e la Reuters, che le aveva girate, a mandare smentite ufficiali a tutti i giornali.

Come si sono salvati 4.000ebrei?

Nelle Twin Towers di New York lavoravano 4.000 cittadini ebrei ma nessuno di loro si è presentato al lavoro l'11 settembre perché erano stati avvertiti di un possibile attentato dal servizio segreto israeliano. Questa notizia è stata data, nei giorni successivi all'attentato, da AL-MANAR una televisione libanese che sostiene la causa del popolo palestinese. Si tratta di una leggenda divulgata allo scopo di far credere che Israele abbia tratto vantaggi politici dall'attentato o, addirittura, abbia partecipato alla sua realizzazione. In realtà, all'ambasciata israeliana di Roma risulta che almeno 200 cittadini con passaporto israeliano siano morti per il crollo delle torri e che la stessa sorte sia toccata a diverse centinaia di ebrei americani. Barbara Mikkelson, una ricercatrice americana di leggende, prova a ironizzare su questa voce ricostruendo un'ipotetica telefonata del Mossad, il servizio segreto israeliano: "Buonasera, David Rosenberg? Siamo del Mossad. Ascolti, non vada a lavorare martedì. Sì, be' ci sarà un altro attacco terroristico negli Stati Uniti... si dia malato. E si ricordi: non una parola coi suoi amici, colleghi e parenti non ebrei!"

Bill Gates è nel complotto!

Bill Gates è uno dei bersagli preferiti delle leggende metropolitane: troppo ricco, famoso, amato e odiato per non essere al centro di decine di storie. E così non vi sorprendete se alcuni giorni dopo l'attentato avete ricevuto nella casella di posta elettronica questo messaggio: "Uno dei due aerei che ha colpito New York era il volo Q33 NY. Digitate questa sequenza sul vostro computer usando il programma Microsoft Word, scegliete la grandezza dei caratteri 26 e il font Windings" Un'inquietante serie di simboli appare sul computer: un aereo, due grattacieli, un teschio e la stella di David. Bill Gates come Nostradamus? Un'ulteriore prova del complotto ebraico? Nulla di tutto questo. Più semplicemente, come ha dichiarato un portavoce della Microsoft, "Il carattere Windings è una sorta di alfabeto di simboli che consente di ottenere migliaia di combinazioni casuali di figure". Casuali, appunto. Fino a quando un attentato non ci spinge a ricercare in quella casualità un qualche significato, anche a prezzo di qualche forzatura: nessun aereo coinvolto negli attacchi dell'11 settembre aveva la sigla Q33 NY.

Diamo i numeri?

Il professor Piattelli Palmarini ha raccontato sul Corriere della Sera di aver ricevuto questa e-mail da un collega che insegna analisi economica a Ginevra: "Coincidenze? La data dell'attacco terroristico è l'undici di Settembre, cioè 11/9. Nove, più uno, più uno, fa 11. Il numero 11 ricorda le torri del World Trade Center, ergentisi una di fianco all'altra. L'undici Settembre è il 254-esimo giorno dell'anno, e 2 più 5, più 4 fa 11. Dopo tale data, restano 111 giorni alla fine dell'anno. 119 è il prefisso dell'Iran e dell'Iraq. Il primo volo che ha colpito le torri era il volo numero 11. Storicamente, lo Stato di New York è stato l'undicesimo Stato ad aggiungersi all'Unione. New York City ha 11 lettere. Afghanistan ha 11 lettere. The Pentagon ha 11 lettere. Il principale responsabile dell'attacco al World Trade Center nel 1993 si chiama Ramzi Yousef, un nome di 11 lettere. Il primo volo che ha colpito le torri era il volo numero 11, con 92 persone a bordo, nove più due fa 11. L'altro volo suicida, quello sul Pentagono, era il volo numero 77, con 65 persone a bordo. 6 più 5 fa 11".

Anche questa leggenda, che pretende di attribuire ai numeri capacità profetiche e di dire che il numero 11 porta sfortuna, è in verità infarcita di errori: per esempio il prefisso telefonico dell'Iran è 98 e i passeggeri sul volo 77 erano 64 e non 65. Il numero 11 sembra poi aver poco a che fare con alcuni dei protagonisti della vicenda: 'Osama Bin Laden' (13 lettere), 'The United States' (15 lettere) 'World Trade Center' (16 lettere) 'Talebani' (8 lettere). Forse allora, come suggerisce Piattelli Palmarini, "è molto umano voler negare che ci sia il puro caso... il nostro cervello ci grida che una tragedia di queste dimensioni deve avere un senso. Lo cerchiamo nei numeri e in altri segni fuggevoli".

L'attimo fuggente

Gli ultimi secondi di vita di un uomo: questa foto (vedi pagina accanto), che ha cominciato a circolare in internet alcuni giorni dopo l'attentato, sarebbe stata scattata a un ignaro turista subito prima dell'impatto di uno dei due aerei sulle Torri Gemelle. Ritrovata la macchina fotografica tra le macerie, chi ha sviluppato il rullino si sarebbe trovato di fronte alla macabra immagine. Questa foto è però un falso, realizzato da qualcuno dotato di un senso dell'umorismo quantomeno discutibile. Lo dimostrano alcuni particolari: l'11 settembre era un giorno caldo e soleggiato quindi l'abbigliamento del turista è del tutto inappropriato; alle 8,45 quando c'è stata la collisione dell'aereo il ponte di osservazione era chiuso; l'aereo della foto è un Boeing 757 mentre quello vero era un 767, che è di dimensioni molto maggiori. Eppure, per quanto falsa, quella foto continua a impressionare. Forse perché è una metafora di quel che è successo a tutti quell'11 settembre quando qualcosa di dirompente e inatteso ci ha colpito alle spalle e ha cambiato per sempre la nostra vita.

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