Enrico FermiIl genio obbediente

di Giuseppe Bruzzaniti
Einaudi, 2007
pp. 386, E 24,50

  • In Articoli
  • 02-11-2008
  • di Giulio Passatore
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L’autore, attualmente insegnante in un liceo scientifico genovese, ha svolto per un trentennio un’attività di ricerca nell’ambito della fisica del Novecento documentata da varie pubblicazioni. Il presente libro su Enrico Fermi è il frutto e la sintesi delle vaste competenze acquisite. Assai efficace la sua struttura: dopo un primo capitolo di carattere biografico si alternano quattro capitoli dedicati alle “mappe globali” e agli “itinerari di ricerca”. Le prime concernono lo sviluppo generale della fisica in due periodi, i secondi la contestuale attività scientifica di Fermi. Precisamente, il secondo capitolo presenta lo sviluppo dei temi fondamentali della fisica dal 1900 al 1933, periodo caratterizzato dalla nascita e dalla sistematizzazione della relatività e della meccanica quantistica. Il terzo capitolo è dedicato all’attività di ricerca di Fermi dal suo inizio “ufficiale” (1921) al 1933. Il quarto capitolo descrive lo sviluppo della fisica nucleare fondamentale e applicata e l’inizio della fisica della particelle dal 1934 a 1954; infine il quinto capitolo concerne l’attività scientifica di Fermi dal 1934 alla morte (secondo “itinerario di ricerca”).
Le “mappe globali” sono presentate con un’accuratissima documentazione e analisi critica. L’esposizione, rivolta a lettori non esclusivamente fisici, ma dotati di valida cultura generale, è chiara e riesce a superare, anche grazie alla terza appendice dal titolo “Approfondimenti”, le notevoli difficoltà insite nel rivolgersi a un pubblico non specialistico. Assai utili sono i frequenti schemi a blocchi che presentano i collegamenti tra idee e fatti fondamentali. Questi capitoli costituiscono un’eccellente storia della fisica di quel periodo cruciale che fu la prima metà del Novecento.
Gli “itinerari di ricerca” seguono dettagliatamente lo svolgersi degli interessi scientifici oggetto delle successive pubblicazioni di Fermi. Il lavoro è assai impegnativo: come dice l’autore nell’introduzione, non si tratta di semplice esposizione documentaria, bensì di «penetrare all’interno del documento, evidenziarne la struttura, sezionarlo, portare alla luce, chiarendone la natura, le diverse connessioni causali con altri documenti che, oltre a strutturare l’itinerario di ricerca, lo ancorano al contesto scientifico in cui si sviluppa». La lettura del libro mostra che l’intento dell’autore è stato pienamente conseguito.
Nell’epilogo l’autore affronta un tema di cui spesso si è parlato: il pensiero di Fermi nei confronti della fisica nell’ambito della cultura umana. La domanda è se Fermi avesse una filosofia della fisica. Riporto il parere dell’autore che condivido pienamente: «Secondo un’opinione diffusa, l’etichetta filosofica da incollare al nome di Enrico Fermi è quella del pragmatismo. Ma io ho sempre avuto l’impressione, leggendo del suo “atteggiamento pragmatico”, che questo sia un modo educato per dire che Fermi non aveva una filosofia. Se “avere una filosofia” significa esprimersi in un certo linguaggio e avere dei punti di riferimento espliciti in qualche scuola di pensiero, allora questo è sicuramente vero. Se, al contrario, significa volgere uno sguardo critico alle proprie scoperte, al loro valore conoscitivo e, più in generale, al valore conoscitivo dell’impresa scientifica, allora penso si possa dire che Enrico Fermi ha avuto una sua filosofia».
Chi scrive ha avuto la fortuna di seguire l’ultimo corso di Fermi che trattava dei suoi recenti esperimenti sull’interazione tra mesoni e protoni, che costituì gli albori della sistematica della fisica delle particelle (Les Houches, luglio 1954, tre mesi prima della sua morte) e di conoscerlo personalmente anche fuori dalle lezioni. Il ricordo di quei giorni corrisponde pienamente all’immagine che risulta dalla lettura di questo libro.

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