Quella volta che ho incontrato un vampiro sulla luna...

Una cronaca divertita e divertente del Convegno visto di giorno e di notte, davanti e dal retro

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  • 04-03-2010
  • di Valentina Paggi
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Valentina Paggi

Mi capita in questi giorni, a una settimana dalla fine del congresso, di sentire un senso di vuoto e di mancanza di qualcosa, qualcosa di impalpabile e ormai irraggiungibile, e di provare una malinconia sottile a cui non riesco a dare un nome.

Non sono né l'unica né la prima a provare queste sensazioni e a paragonarle a quella pubblicità in cui i "reduci" dalle crociere reclamizzate scoppiavano a piangere senza motivo o sviluppavano vere e proprie dipendenze (ho sentito molti partecipanti al convegno fare lo stesso paragone in questi giorni) ma vorrei cercare di spiegare perché mi sento così, e di ottenere, signori e signore della giuria, la vostra comprensione e, se possibile, una totale assoluzione…

Il dietro le quinte

Immaginatevi.

Immaginatevi una lunga giornata di lavoro, e una fuga dallo stesso per prendere al volo l'ultimo treno utile per Abano Terme. Immaginatevi (forse per qualcuno sarà più complesso, ma per me, lo ammetto, è normale amministrazione) di sbagliare la coincidenza, la stazione di arrivo e perfino la fermata dell'autobus che vi deve portare in albergo, e di giungere trafelati, stravolti e all'ultimo momento davanti al teatro dei congressi, dove da domani si terrà l'attesissimo convegno del ventennale del CICAP.

Immaginatevi di posare la mano sulla lucida maniglia, fare pressione sulla porta e… e qui l'immaginazione lascia il campo alla realtà, una realtà parallela in cui mi sono trovata catapultata per tre, ahimè brevissimi, giorni.

Il teatro congressi è immenso, sterminato, ancora in piena fase di allestimento: il dubbio – legittimo – è: ce la faremo a finire in tempo?

Stoici volontari sono in piedi da stamattina a preparare tessere, svuotare cassoni, trascinare scatoloni, montare impianti. Ma nonostante la stanchezza si respira un clima di allegria e distensione. Sono a casa.

La mitica Paola De Gobbi sgobba, Massimo Polidoro in T-shirt corre senza posa da una parte all'altra del teatro, e quasi quasi comincio a credere ai fantasmi quando più di una volta mi viene detto «Guarda, è appena passato Piero Angela!». Non c'è verso, sarò lenta a voltarmi io o un fulmine a sfrecciare per le stanze lui, ma ogni volta che mi giro non ne vedo traccia. Mi consolo soltanto con la cena (diciassette a tavola e un gatto nero che passa su e giù intorno al tavolo, in perfetto stile CICAP) durante la quale decido quale sarà la mia mansione della serata: esporre giganteschi cartelloni fuori dalle finestre del teatro, praticamente dal tetto, rigorosamente al buio e muniti di "armi" strane come grosse funi e taglierini dall'aria vagamente minacciosa. Mansione che procede liscia come l'olio, se si esclude un megaposter messo a testa in giù, la scoperta (ma solo a fine lavoro) che la luce in realtà C'ERA – bastava solo accenderla – e il mio spolverino, appunto, totalmente impolverato… Misericordiosamente ci accorgiamo solo il giorno dopo che i cartelloni sono tutti sghembi! Ma ormai abbiamo imparato il mestiere e rimediamo. Chissà mai che in futuro possa tornarci utile…

Adesso però è il momento di tornare in albergo, domani la sveglia è a un'ora impietosa ma dobbiamo fare anche questi piccoli sacrifici se non vogliamo farci trovare impreparati al…

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In reception aspettando i convegnisti. ©AV

Primo giorno di convegno

Non so voi, ma io ho sempre avuto una grande passione per i parchi a tema.

Luoghi ove poter sospendere la propria incredulità per immergersi in mondi perduti, realistici e avventurosi, dimenticando per un attimo il solito tran tran quotidiano e le banalità di tutti giorni. In film come Il mondo dei robot pochi fortunati turisti facoltosi possono scegliere di visitare a Delos uno solo tra luoghi come l'antica Roma, il Medioevo o il Far West, interagendo con androidi identici agli esseri umani; in parchi come Disneyland invece a chiunque è concessa una foto con immensi pupazzi raffiguranti i tuoi miti di gioventù che ti scuotono vigorosamente le mani sbandierando sorrisi artificiali.

Qui, dentro il teatro dei congressi, accadono entrambe le cose. Ma sono di più e sono migliori, perché sono vere.

E la mia Delos, la mia Disneyland, è ad Abano Terme.

I "luoghi tematici" che puoi "visitare" sono tantissimi, dalla Luna ai cieli solcati da immaginarie scie chimiche, dalla Dallas del 22 novembre alla Liverpool dei (finti?) Beatles, dai palcoscenici degli illusionisti a quelli degli pseudoguaritori, dall'universo dei deliri complottisti al "mondo infestato dai demoni" nel quale pullulano vampiri, licantropi e streghe. È l'effetto Barnum fatto realtà: c'è di tutto per tutti, e per fortuna non si deve neanche scegliere, la casa offre il trattamento completo. E invece degli asettici pupazzoni artificiali dei parchi dei divertimenti, ci sono, mescolati tra la folla, miti in carne e ossa che, sebbene assediati dai fan, non rifiutano a nessuno strette di mano, due parole, autografi, fotografie, sorrisi sinceri.

Infatti tra spettatori e soci CICAP, tra simpatizzanti e frequentatori abituali del corso per indagatori di misteri, tra appassionati e semplici curiosi, spiccano volti notissimi come quello di Piero Angela o di Silvan, miei eroi personali tipo Paolo Attivissimo e Matteo Rampin, Umberto Guidoni e Andrew Basso, che lungi dal comportarsi da star seguono il convegno come tutti gli altri, ridono e scherzano per i corridoi, sono disponibilissimi con chiunque voglia avvicinarli e – soprattutto – non indossano i ridicoli costumoni di gommapiuma che rivestono i "big" di Disneyland. Cosa volere di più dalla vita?

La mia mansione "ufficiale" è quella di tener d'occhio la sala, quindi mi piazzo in uno dei sedili in fondo dal quale ho buona vista su tutta la platea. All'inizio il compito è difficile, perché non riesco a concentrarmi sugli interventi, terrorizzata che uno o più "fattoidi"[1] si facciano riconoscere come al solito con le loro domande – o "interventi", secondo la loro versione – fiume o incomprensibili, e il loro bieco attaccamento verso il microfono, che riescono a strappare anche alle vallette più tenaci. Ma quest'anno è diverso. Sarà l'intervento "magico" della presenza di Silvan, sarà che ormai il pubblico è più selezionato e abituato, ma personaggi bizzarri pare che non ce ne siano, così piano piano mi rilasso, sospendo la mia incredulità, e mi tuffo a capofitto nell'oceano mozzafiato delle meraviglie.

Le luci si abbassano, le teste che punteggiano la platea si immobilizzano, i sussurri scemano, fino a ottenere un silenzio assoluto.

Signori e signore, lo spettacolo sta per cominciare.
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Libri e riviste in vendita al Convegno. ©AV

Massimo Polidoro, Piero Angela, Steno Ferluga e Silvio Garattini aprono il convegno facendo un breve riassunto della storia e degli scopi del CICAP, e non mancano i momenti di commozione quando ricordano la triste scomparsa prematura di Riccardo Mancini, fondatore della casa editrice Avverbi, e di Franco Ramaccini, rimpianto socio storico e tra i teorizzatori dell'ipotesi tissotropica riguardante il "sangue" di san Gennaro (ci mancherete, amici!).

Dopo il primo coffee break – ce ne saranno molti, strategicamente distribuiti ogni pochi interventi, che daranno modo di sgranchirsi le gambe e di permettere a chi ha fatto una levataccia per giungere qui da tutta Italia di assumere un po' di salvifica caffeina – comincia la prima sessione vera e propria, incentrata sugli inganni e illusioni della mente.

Sergio della Sala, Luciano Arcuri e Peter Kramer mi terrorizzano quando ci dimostrano che la nostra mente è infida, segue degli schemi a cui non possiamo sottrarci e che non dobbiamo fidarci di ragionamenti che ci paiono coerenti: siamo tutti in balia di illusioni e condizionamenti, e di meccanismi di influenza sociale. Niente è come sembra, o meglio, come CI sembra, ci sono sempre dei trabocchetti in cui il nostro cervello cade e che ci impediscono di vedere oggettivamente la realtà.

Forse solo sapendolo possiamo sfuggire a certi vizi di forma (mentis?) in cui cadremmo inesorabilmente tutti. Decisamente avvincente, anche se molto inquietante! In platea un neonato, intanto, gorgheggia. Un dubbio mi assale: non sarà l'unico tra noi a vedere veramente la realtà?

Intanto, dopo un – tranquillissimo! Miracolo! – dibattito con il pubblico, è giunta l'ora del lunch break ristoratore, consumato in fretta e furia ma con gli amici del corso per indagatori, che ormai non vedevo da mesi. Siamo pronti per la seconda sessione!

Le luci si abbassano, la sala si oscura: perfetta atmosfera per il tema del pomeriggio, "In cerca di misteri tra fantasia e realtà". E gli argomenti vanno dall'horror alla fantascienza, i miei generi letterari preferiti! Comincia Armando de Vincentiis che ci illustra un caso "vero" di licantropia. Chi l'ha detto che gli uomini-lupo non esistono? Con lui scopriamo che, complici il folklore, l'autoconvincimento e – perché no? – un po' di incoraggiamento famigliare queste creature possono lasciare la pagina scritta per aggirarsi realmente tra di noi… Brrr! Prosegue il biondocrinuto Matteo Borrini, affascinante antropologo e archeologo forense, che ci fa immergere nelle incredibili – ma reali – origini del mito del vampiro che, ricusando la sua dimensione fantastica e letteraria, nasce come cadavere di umili origini. Poi le credenze, la malattia, o la mancanza di informazioni sul processo della decomposizione lo hanno innalzato al rango di macabro revenant impietoso e sterminatore, che tanto posto avrà nella moda letteraria dall'Ottocento ai giorni nostri. Non si sprecano accurate descrizioni sulla tanatomorfosi e la corruzione dei cadaveri. Sarò macabra, ragazzi, ma mi piace! Siamo in perfetto clima horror. È come entrare nel Castello degli Orrori a Disneyland: suggestivo e inquietante, ma perfettamente sotto controllo…

Dopo il coffee break (ma ho già detto che i coffee break sono come i luna park: una splendida occasione per incontrare gente sempre diversa, fare due chiacchiere, scappare un attimo fuori con qualche amico che non vedevi da anni, vedere illusionisti che improvvisano qualche gioco di prestigio, farsi qualche sana risata, prendere impegni con il CICAP fino al 2029?) dopo il coffee break, dicevo, Giuseppe Lippi, storico curatore di Urania e grande affabulatore, ci teletrasporta nelle galassie lontane lontane della fantascienza, che è molto più vicina alla scienza di quello che crediamo. Steno Ferluga ci rivela invece, grazie anche ai divertenti filmati de Le Iene, il seguito dell'avvincente caso dell'enigmatica "targa a protezione biofotonica" acquistata per 70 mila euro alla Camera di Commercio di Trieste allo scopo di… uhm… deumidificare l'ambiente? Contenti loro…

Altro coffee break, poi ecco il momento dell'Ospite della Serata. Certo, sapevamo già che purtroppo per motivi di salute l'annunciato James Randi non sarebbe potuto venire, ma vederlo nel filmato in cui ci salutava mi ha messo un po' di magone… passato presto quando un Piero Angela in splendida forma e dall'inesauribile chiacchiera ci ha intrattenuto per più di due ore – lasciandoci a bocca aperta – raccontandoci la nascita del CICAP e le sue passioni, preziosissimo documento di storia orale, ricco di aneddoti divertentissimi e appassionanti.

In terribile ritardo sulla scaletta, mentre in sala si sta allestendo il palco per la grande serata di magia, scappo nella hall per vedere se riesco a trascinare qualcuno a mangiare un boccone, ma è un'impresa ardua: i volontari sono tutti dietro i banchetti, assediati da acquirenti e da curiosi, e mi metto a dare una mano anch'io per arginare la massa. Finalmente, in un'adrenalinica corsa contro il tempo riusciamo a liberarci e schizzare verso la pizzeria più vicina. Mangio così in fretta che quando torno in sala non capisco più dove ho lo stomaco e dove la testa, ma quando lo spettacolo comincia dimentico pure di averli, tanto sono affascinata e perduta dietro mondi lontani…

Un immenso Silvan fa uno strepitoso numero di mentalismo, ma quello che mi paralizza alla sedia è la sua manipolazione a 140 carte con sottofondo musicale: ne rimango letteralmente incantata, e credo di non aver mosso un muscolo per tutto il tempo. Si merita veramente la fama internazionale che ha, e di essere considerato una vera e propria leggenda vivente!
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Andrew Basso. ©AV

Un divertentissimo e ironico Raul Cremona fa da collante tra gli altri prestigiatori che si succedono sul palco, ed ecco quindi Pecar che danza con un tavolino levitante, un bellissimo Walter Rolfo che entra con i guanti infuocati e fa apparire bianche colombe, Francesco Tesei e il suo straordinario numero di mentalismo e – last but not least, anzi! – il giovane e simpaticissimo campione mondiale di escapologia Andrew Basso, che si libera senza sforzo da una camicia di forza ed esce da una cassaforte a tempo di record. Decido in un lampo cosa voglio fare da grande: non più il pirata o l'antropologo forense, ma l'escapologo! O forse potrei fare tutti e tre, uhm…

Dopo questo elettrizzante spettacolo, stanchissimi ma felici decidiamo di seguire i prestigiatori che devono ancora mangiare, e giunti nella solita pizzeria ci sediamo pudicamente in un angolino limitandoci a occhieggiarli ogni tanto: tanta magia tutta insieme farà succedere ancora qualcosa?

La risposta è . Dal nulla uno spaventoso temporale, con tanto di tuoni e fulmini, ci blocca letteralmente sotto il grande tendone all'aperto. E qui, mentre intorno l'acqua scroscia e allaga la piazza, ha luogo il Più Grande Spettacolo del Mondo. Maghi e illusionisti tirano fuori monete e carte, e improvvisano tra di loro una serie di routine e di giochi uno più straordinario dell'altro. Per ore. Con gli occhi sgranati stiamo a osservarli mentre fanno sparire oggetti e mazzi interi, mentre il tempo intorno a noi perde di significato…

Finalmente (purtroppo?) comincia a spiovere, e possiamo azzardarci a tentare di tornare in albergo. Sono le tre di notte passate, ma questo fuori programma ci ha solo resi più ansiosi di partecipare al…

Secondo giorno di convegno

Un po' pesta per il tardo orario della sera prima, ma entusiasta della giornata di ieri corro (ormai mi sembra di non saper far altro) in sala conferenze, dove (ahi!) i lavori sono cominciati da pochissimi minuti. Adalberto Piazzoli presenta il programma della mattinata, moderando in maniera decisa ("Non permetterò a nessuno di fare commenti sulla bellezza e sull'intelligenza dei relatori!") i futuri interventi del pubblico. Eheh. Intanto un preparatissimo Andrea Ferrero ci fa una panoramica sul satanismo, svelando le origini di molte leggende e "demonizzazioni" (appunto!) nate intorno a esso, finendo per definirle un "collante sociale" attorno al quale nuclei di gente in conflitto tra di loro possono aggrapparsi per trovare un punto comune. Anche il satanismo serve a qualcosa, allora!

Subito dopo Luca Antonelli racconta di sperimentazione sui rabdomanti… lascio a voi indovinare come sono andate a finire!

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Da sinistra: Marco Morocutti, Andrea Ferrero, Adalberto Piazzoli. ©AV

Marco Morocutti invece si lancia in pirotecniche digressioni sulla storia del suo avvicinamento al CICAP e degli argomenti a cui si è accostato, facendoci letteralmente cadere dalla sedia dalle risate quando, parlando di pareidolia acustica, ci fa sentire la "versione alternativa", ma realmente percepibile, del vero testo di Funky Town, nota canzone anni '70. Ascoltandola l'uditore potrebbe sì recepire le parole "gotta make a move to a town that's right for me" ma anche, una volta avvertito, quelle (si tappino le orecchie, anzi gli occhi, i bambini che leggono questo resoconto) "caro amico mio culattone aspettami". Incredibile! Funziona veramente! Ogni volta che sentirò questa canzone non potrò fare a meno che cantarla così! E in ogni caso, con questa sibillina frase che campeggia a caratteri cubitali sulla slide, il suo intervento finisce, tra gli applausi scroscianti di un pubblico in preda all'ilarità (e tra le facce sconcertate degli ignari incauti entrati in sala in quell'istante).

Dopo un rapido coffee break – siamo già in ritardo, costante che caratterizzerà ormai l'intera giornata – è il turno di Francesco Grassi, che azzarda uno "schema evolutivo darwiniano" dei cerchi nel grano, seguito a ruota da Stefano Bagnasco e Beatrice Mautino con il loro simpaticissimo intervento dall'azzeccato titolo "Ogni mystero è una fava".

E ora, circa a mezzogiorno, arriva uno dei momenti più attesi: l'ostensione della Sindone di Gigi Garlaschelli per mano di Gigi Garlaschelli stesso!

Dopo una breve digressione sulla storia degli studi sulla Sindone esposta a Torino, infatti, Gigi ci annuncia che è riuscito a "fare una sindone come Dio comanda" facendo stendere un "povero cristo" su un tavolo e… la platea esplode tra applausi e risate. Ma quando la vera finta sindone viene "ostesa" nel teatro c'è ben poco da ridere: ehi, ci assomiglia veramente! È perfetta! E tutto questo usando esclusivamente materiali facilmente reperibili nel 1300. Geniale, a dir poco.

Dopo un pranzo velocissimo ma divertente (qui tutto è divertente, caspita! Chi l'avebbe mai immaginato?) rieccoci tutti in sala per la seconda parte, tutta incentrata sulle teorie del complotto. Lorenzo Montali ci spiega come ci sia un vizio di forma da parte dei complottisti, i quali vedendo il risultato di determinate azioni cercano di ricostruire gli eventi secondo uno schema ordinato, anziché pensare a un movimento entropico degli avvenimenti, il più delle volte in mano alle leggi del caos, più che del caso. Diego Verdegiglio ci trasporta invece in pieno delitto Kennedy, raccontandoci che, se si seguissero tutte le teorie, finanche quelle più balzane, che sono state esposte finora, a tutt'oggi si potrebbero contare almeno ottantadue tiratori e un numero molto maggiore di spiegazioni "logiche" (alieni inclusi, of course!) sul controverso assassinio. E ci fa pure vedere le foto scattate all'obitorio, raccomandando agli impressionabili di non guardare. Ovviamente io ho tenuto gli occhi ben aperti…

Glauco Cartocci ci parla invece dei numerosissimi indizi che i fan dei Beatles avrebbero trovato sulle copertine dei loro album e non, a favore della teoria della presunta morte di Paul Mc Cartney, senza sbilanciarsi sulla plausibilità o meno della suddetta teoria. Al momento delle domande del pubblico, un bambino fa scatenare applausi scroscianti quando chiede perché non sia mai stato fatto un test del DNA. Giovani cicappini crescono! Siamo in ritardissimo: rapido coffee break e un carismatico Paolo Attivissimo, con tanto di gigantesco modellino di razzo a fianco ci spiega come indagare i complotti e perché non sarebbe stato possibile fingere lo sbarco lunare. E la risposta è di una chiarezza disarmante: semplicemente perché, nel '69, non avevamo la tecnologia per falsificarlo.

A intervento finito è memorabile la sua uscita di corsa impugnando il razzo e gridando "SWISHHH!". Il pubblico è in deliquio.

Simone Angioni affronta lo scottante argomento delle scie chimiche, ma il mio terrore di interventi polemici da parte del pubblico rimane infondato: dev'essere senza dubbio anche questa volta opera di Silvan che, signori e signore, è quiiii!!

Aldo Savoldello, in arte Silvan, qualunque cosa faccia riesce a concentrare su di sé l'attenzione esclusiva di tutti. Affascinante affabulatore, è un deposito vivente di aneddoti che racconterebbe per sempre e che noi staremmo a sentire in eterno: le sue storie sono anche la storia d'Italia, un'Italia che non c'è più ma che rivive fervida nelle sue parole. Ed è anche una storia di coerenza scettica, quando racconta di momenti in cui sarebbe bastato lasciare in sospeso la credulità della gente, e invece ha sempre negato di avere poteri paranormali. Un grandissimo uomo, un esempio per tutti noi.

Quando scendiamo, ancora affascinati e colpiti, nella hall stanno allestendo un gigantesco buffet per la cena: mangiamo in piedi chiacchierando e ridendo, e mentre sono in fila col piatto in mano ho anche modo di conoscere dal vivo Mariano Tomatis, di cui seguo blog e articoli da anni. È simpaticissimo e alla mano, come del resto tutti quelli con cui ho avuto la fortuna di parlare in questi giorni. Coincidenza o casualità?

Ma ecco che inizia la grande serata dedicata alla Luna condotta da uno strepitoso Piero Angela: lui con Steno Ferluga e il nostro astronauta Umberto Guidoni ripercorrono la storia dello sbarco facendo vivere un fremito anche a noi che non eravamo ancora nati. È come essere lì, col fiato sospeso, insieme ai milioni di telespettatori di quella notte d'estate di quarant'anni fa…

Stacchetto musicale: le sbrilluccicanti MoonSisters, in abitino di paillette argentato cantano e ballano Fly Me to the Moon e altre canzoni a tema tra un tripudio di applausi, poi Paolo Attivissimo – che entra accompagnato dalla musica di Star Trek e con un action figure di un astronauta in mano – continua la serata dimostrandoci definitivamente come mettere a tacere ogni tipo di voce che sosterrebbe che non siamo mai stati sulla Luna. Dopo il suo intervento, sfido qualsiasi lunacomplottista a dire una sola parola. Una!

Chiudono la serata lunare le MoonSisters, che, aprendosi a ventaglio mentre cantano, ci rivelano chi è il pianista che coprivano: sorpresa! È Piero Angela in persona, per di più bravissimo!

La serata continua con la proiezione di simpatici spot pubblicitari per promuovere il CICAP e alcuni cortometraggi, poi, anche se è tardissimo, andiamo tutti insieme a bere ancora qualcosa. Fa un po' tristezza il fatto che sia già l'ultima sera, e vogliamo cogliere l'occasione per stare insieme il più possibile. Strano a dirsi, ma questi due giorni ci hanno unito tantissimo anche sul piano umano… Ormai, dopo il giorno precedente, i camerieri della pizzeria ci conoscono bene, basta ordinare "il solito" per essere accontentati, e la serata (che tecnicamente sarebbe più nottata) procede tra risate e chiacchiere. Anche questa volta abbiamo fatto tardissimo, e anche se un po' controvoglia a un certo punto andiamo finalmente a dormire per essere prontissimi per il…

Terzo (e purtroppo ultimo) giorno di convegno

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Piccola maga. ©AV

Al mio arrivo, alle nove, si sente che l'atmosfera è un po' cambiata. Sarà perché è domenica mattina, sarà che molti sono già dovuti andare via, ma la sala non è piena come i giorni scorsi, anche se poco a poco molta gente arriva alla spicciolata. Mauro Gaffo ci parla del rapporto lettore-giornale su riviste come Focus e Brain Trainer, e Mariano Tomatis ci entusiasma con la sua relazione su matematica e magia: dopo averci fatto fare calcoli a mente su un numero a caso che ognuno di noi aveva pensato scopriamo che non solo il risultato è lo stesso, ma pure che non esistono elefanti in Danimarca (né ermellini nel Darfur, se è per questo…)

Dopo il coffee break, durante il quale la giovane e bravissima prestigiatrice Serena, dieci anni, che ho conosciuto in questi giorni mi insegna a fare il Trucco delle Tre Corde, torno in sala dove Gianni Sarcone e Marie-Jo Weber ci presentano difficilissimi rompicapo da risolvere (ma non necessariamente) tramite il pensiero laterale. Ma è qui che comincio ad agitarmi. Scopro infatti, all'improvviso, che tra pochissimi minuti, durante l'assegnazione dei Premi dovrò salire sul palco!

È vero, ero nella giuria e ho letto i racconti in gara, ma da qui a salire lassù tra gente e riflettori ce ne passa… Per fortuna fila tutto liscio e, anzi, da là mi godo anche la premiazione per i Falsi paranormali, che non avevo ancora visto ma che sono uno più bello e divertente dell'altro. Devo dire che tutti i partecipanti hanno fatto un ottimo lavoro, sbizzarrendosi nelle opere più strampalate ma anche… verosimili. Bravissimi!

Dopo il lunch break (è stato straziante salutare tutti i camerieri del solito ristorante, ormai eravamo quasi diventati i loro migliori amici!) il "percorso tematico" del Convegno delle Meraviglie, per la prima volta si è biforcato, e abbiamo dovuto effettuare una Scelta. In sala i relatori proseguivano con la parte dedicata a "Scienza e educazione" mentre al pianterreno, dietro un grande poster di Houdini a grandezza naturale, cominciava il Workshop di Magia, a porte rigorosamente chiuse.
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Walter Rolfo. ©CV

Io, ancora elettrizzata dalla prima serata di illusionismo scelgo quest'ultimo e, circumnavigato Houdini, mi trovo nella Saletta dei Miracoli. Sebbene piccola, è stracolma, e tutti non hanno occhi che per i "relatori" che ci insegneranno in pratica i – è proprio il caso di dirlo – trucchi del mestiere! Dietro il lungo tavolo ci sono infatti Massimo Polidoro, Alex Rusconi, Gigi Garlaschelli, Mariano Tomatis, Nicolas D'Amore e… la piccola Serena, che in quanto a giochi di prestigio non si fa mettere sotto da nessuno. Conduce Walter Rolfo (ve l'ho già detto che è bellissimo?) e siamo attentissimi. Nell'aria non vola una mosca. Comincia Alex Rusconi, che ci spiega il gioco delle Carte Detective: visto che non tutti siamo esperti del mestiere la routine ci sembra una magia vera e propria, fino a quando non ce la spiega. Chissà se sarò in grado di riprodurla… Nicolas invece fa levitare nell'aria una banconota appallottolata: non vi racconterò MAI il trucco ma vi assicuro che era di grande effetto. Mi riprometto che una volta a casa proverò e riproverò fino a riuscirci anch'io. Gigi ci insegna i trucchi dei fachiri, e a come martellarci un lunghissimo chiodo nel naso senza fare danni. La realizzazione è semplice, ma vi assicuro che vederlo fa veramente impressione! Poi arriva il turno di Serena che ci spiega… il Trucco delle Tre Corde! Oh, no! L'unico che sapevo già! Ehm… ma lo avevo capito veramente? Riguardandolo mi accorgo che no, non avevo capito affatto (o mi ero già dimenticata tutto) e quindi un po' di ripasso mi fa solo bene. Mariano ci illustra un gioco matematico applicabile in più campi, dalla vita reale all'illusionismo, e rimaniamo affascinati da come i numeri possano davvero regolare la nostra vita… Walter fa sparire e riapparire una monetina nei luoghi più impensati, sotto i nostri occhi increduli e ipnotizzati, mentre Massimo ci spiega un paio di trucchi (uno dei quali di James Randi) per liberarsi i polsi legati con le corde. Semplice ma geniale.

Io osservo tutto incantata. La saletta affollata pare dissolversi intorno a me, e Illusione e Magia mi circondano e mi lusingano. Non me ne andrei mai. Invece purtroppo il workshop finisce, e la cosa peggiore è che è agli sgoccioli anche il convegno: durante il discorso di chiusura di Piero Angela ("Per Natale invece di regalare pantofole con le lucine intermittenti regalate un abbonamento al CICAP") quasi mi metto a piangere, sarei stata lì un'altra settimana minimo!

Un'altra parte semitragica è poi quella dei saluti. Come dire ciao in un minuto a persone con cui per tre interi giorni hai riso, lavorato, chiacchierato, dormito, scherzato, condiviso tutto questo? Quest'anno non posso fermarmi per dare una mano a smontare – un altro dei momenti più intensi del convegno, un'occasione unica per fare il vero compendio di come sia andata, e per sentirsi più affiatati con tutti – e ho pochissimo tempo prima di andarmene. Meglio, forse, sarà meno straziante…

E adesso, immaginatevi.

Immaginatevi di posare la mano sulla lucida maniglia, fare pressione sulla porta e… uscire alla luce incerta di una domenica pomeriggio, verso una grigia settimana di lavoro, traffico e tran tran quotidiano, lasciandovi alle spalle il Paese delle Meraviglie. Non sareste un po' tristi anche voi?

Valentina Paggi

Nota

1) Niente a che vedere con quelli della famosa definizione di Norman Mailer: il vero congressista CICAP chiama in gergo “fattoidi” i tanti “mattoidi” che, senza un motivo ben identificato, devono assillare uditorio e relatori con domande prive di senso, oceaniche, totalmente strampalate e fatte rigorosamente sputacchiando sul microfono. Il terrore di ogni convegno, ma fatalmente inevitabili come le formiche ai pic-nic.
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