Io e il Cicap; Ancora sul cambiamento climatico; Il mistero dell’acqua diamantina; Omeopatia

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  • 22-02-2011
  • a cura di Fara Di Maio

Io e il Cicap: come e perché


Vi scrivo non per raccontare un fatto, ma per parlare del mio avvicinamento al Cicap. Come la maggior parte dei soci Cicap, non sono sempre stato uno scettico, anzi ho creduto nei fenomeni paranormali, soprattutto religiosi. Da classico bambino italiano, ho sperimentato la full immersion nel cattolicesimo e questo ha condizionato non poco la mia vita. I dogmi e le verità imposte, da non mettere mai in dubbio, si sono inculcate nella mia mente e ci sono rimaste a lungo. Anche il fatto di sentire storie su maghi e guaritori vari da parte di amici e parenti altro non ha fatto che incrementare le mie credenze. Allo stesso tempo però, da adolescente, sviluppai una vera passione per la matematica e la scienza in generale; ciò mal di si adattava a queste convinzioni. Inizia una fase di dubbio.

Proprio nei primi anni da adulto scopro il Cicap, un gruppo di persone che alla tv mette in dubbio addirittura i miracoli! Un conto sono i maghi, a cui credo sempre meno, ma la religione cattolica e i suoi santi sono assolutamente una verità! Con una certa morbosa curiosità, inizio quindi a cercare informazioni sul Cicap. Leggo e comprendo tanti trucchi su maghi e guaritori, spiegazioni plausibili su miracoli (il “ketchup-sangue” di San Gennaro, quando lo dico, lascia sempre a bocca aperta gli amici) e inizio a pensare che non sono solo ad avere dubbi, anzi. Inizio ad avere un approccio più critico verso i fenomeni; è più plausibile che i guaritori filippini siano degli impostori oppure che effettuino operazioni a mani nude senza incisioni e senza che il paziente senta alcun dolore?

Ma la religione cattolica è troppo presente e ancora oggi ho difficoltà ad affermare il mio ateismo. Anzi, qui è la prima volta che lo affermo, di solito dico: ”credo di essere ateo”. Cercare di liberarsi da dogmi inculcati da bambino non è facile; diciamo che so di essere ateo, ma non ci credo! Nella nostra società è infatti più facile credere che non credere, si è più integrati. So comunque di non essere l’unico. Ringrazio quindi il Cicap, che tra le innumerevoli luci brillanti e colorate del paranormale che la tv e i giornali continuamente presentano, sembra una piccola luce, diversa dalle altre, meno appariscente, ma che accompagna una persona che vuole sapere e non solo credere in una società ancora troppo piena di credenze ancestrali. E mi piacerebbe che anche altri lettori descrivessero la propria “rivelazione”, in modo da condividere le proprie storie e aiutare altri ad avere meno dubbi.

Matteo, Città di Castello (PG)

Risponde Lorenzo Montali

Ringrazio Matteo per questa sua lettera, non è mai facile raccontarsi in prima persona, soprattutto quando si parla deslle difficoltà che si incontrano quotidianamente, o che si sono sperimentate nel passato, nel tentativo di definire una propria posizione rispetto ad argomenti complessi e che sfidano le nostre diverse appartenenze famigliari, gruppali o culturali in senso ampio.

Come abbiamo scritto tante volte, non pensiamo che abbia senso un’equiparazione tout-court tra credenza nel paranormale e fede religiosa: si tratta di fenomeni che sono diversi da più punti di vista e se li si volesse assimilare si rischierebbero semplificazioni e forzature eccessive. È chiaro però che continueremo, come abbiamo sempre fatto, ad occuparci di paranormale religioso perché, come dimostra anche la lettera di Matteo, l’attività del Cicap anche in questo ambito riesce a favorire lo sviluppo di senso critico, la curiosità come prima molla della conoscenza e il desiderio di andare al di là dei racconti dati per scontati per provare a osservare, sperimentare, formulare ipotesi alternative e migliori.

Da questa lettera vorrei prendere anche un altro spunto, cogliendo l’invito che Matteo fa ad altri soci del Cicap a raccontare il proprio avvicinamento al Comitato: scriveteci la vostra esperienza, in queste pagine saremo ben contenti di ospitarla.

Ancora sul cambiamento climatico


Scrivo a proposito della lettera, pubblicata sul numero 2 di Query, con la quale 16 studiosi italiani contestano il contenuto dell’articolo "Caos climatico" apparso sul numero 1 della rivista.

Non sono un climatologo (mi consola il fatto che non lo siano neanche molti dei firmatari della lettera), ma ritengo mi siano consentite alcune osservazioni in qualità di semplice scienziato e di socio del CICAP.

1) Innanzitutto, una questione di forma. Quando si sottoscrive una lettera come quella in oggetto, lo si fa sempre a titolo personale. È quindi perlomeno improprio che tre dei firmatari abbiano ritenuto di qualificarsi come membri del CICAP. Il contenuto scientificamente vacillante della lettera rischia in questo modo di gettare cattiva luce sul CICAP stesso, nonostante la giusta presa di distanza della redazione di Query.

2) Sono sostanzialmente d’accordo con la risposta della redazione. Essa tuttavia lascia nel lettore l’impressione che le questioni sollevate dalla lettera possano essere affrontate e chiarite solo in un ambito strettamente specialistico. Non è (sempre) così. Prendiamo ad esempio l’affermazione al punto 4, secondo cui il riscaldamento globale sarebbe «occorso nei tempi sbagliati rispetto all’ipotesi che lo vuole di origine antropica» dal momento che «da 10 anni, senza che si siano arrestate le emissioni di CO2, la crescita della temperatura si è arrestata».

Ebbene, chiunque guardi il grafico dei dati (Query, numero 1, pag. 26, figura 1), si accorgerà che è vero che, per una delle tre serie standard di rilevazioni, le temperature recenti (fino all’anno scorso - il 2010 si preannuncia infatti molto caldo) sono inferiori a quella del 1998, ma ciò è dovuto solo al fatto che la temperatura del 1998, presa chissà perché a riferimento, è stata eccezionalmente alta.

Se si sceglie come anno di riferimento il 1999, o il 2000, si vede che le temperature degli anni successivi sono in genere più alte.

Ma soprattutto, allargando lo sguardo all’andamento degli ultimi decenni, come bisogna fare, oppure tracciando la curva delle medie pluriennali, la crescita della temperatura risulta evidente.

In gioco, qui, non c’è alcuna complicata nozione di climatologia. Si tratta solo di leggere correttamente una serie di dati. Stupisce che gli scienziati firmatari della lettera ignorino, o volutamente trascurino, gli elementi fondamentali del metodo scientifico (peraltro più volte ricordati sulle pagine della rivista del CICAP).

3) Infine, mi sembra che la questione del cambiamento climatico attenga non solo alla sociologia e alla comunicazione della scienza, come giustamente osservato dalla redazione, ma anche alla psicologia. È interessante e si applica perfettamente allo spirito della lettera dei sedici quello che si legge nel commento al libro Fraudologia di Rampin e Caris, comparso sullo stesso numero di Query. Il recensore avverte che «lo scetticismo non deve mai condurre a un atteggiamento di rifiuto pregiudiziale di tutte le affermazioni» e critica i «tanti 'complottisti' che, in nome di un esasperato senso critico nei confronti delle 'verità ufficiali', dimenticano però di esercitarlo nei confronti delle tante 'verità alternative' messe in circolazione da individui poco propensi a valutare obiettivamente i fatti, unici giudici attendibili di qualunque affermazione». Peccato che l'autore di queste sacrosante considerazioni sia anche uno dei firmatari della lettera...

Vincenzo Barone
Fisico teorico, Università del Piemonte Orientale

Risponde Silvano Fuso

Egr. Prof. Barone,
La ringrazio per la lettera e volentieri Le rispondo. Naturalmente lo faccio a titolo personale, senza avere minimamente la pretesa di farmi portavoce degli altri 15 firmatari della lettera cui Lei fa riferimento. Mi permetto di rispondere perché Lei, sia pure senza nominarmi, mi tira direttamente in ballo, visto che il recensore del libro Fraudologia che Lei cita sono io.

Cerco di replicare con ordine ai punti che Lei solleva.

1) Può darsi che Lei abbia ragione quando afferma che “il contenuto scientificamente vacillante della lettera rischia in questo modo di gettare cattiva luce sul CICAP”. Se questo fosse vero, non posso che dispiacermene e porgere di conseguenza le mie scuse al Comitato. Personalmente ho ritenuto opportuno qualificarmi come socio effettivo del CICAP per mostrare ai lettori che all’interno del Comitato non vi è una posizione unanime sul problema dei cambiamenti climatici. Prima della pubblicazione del servizio sul numero 1 di Query c’è stato un dibattito interno e la redazione ha deciso gentilmente di ospitare sul secondo numero la voce dei “dissenzienti”. In ogni caso la questione mi sembra irrilevante: chi legge Query inevitabilmente ci conosce e quindi, anche se avessimo omesso di qualificarci espressamente come membri del CICAP, il risultato non sarebbe cambiato.

2) A me sembra che sul fatto che da una decina d’anni la crescita della temperatura si sia arrestata vi sia un sostanziale accordo sia tra i sostenitori che tra gli oppositori dell’origine antropica del riscaldamento globale (AGW). Il grafico di figura 1 a pag 26 cui Lei si riferisce in realtà ha una scala temporale piuttosto compressa e non consente di visualizzare bene le cose. Esistono grafici a scala più espansa e in essi si vede bene la presenza di oscillazioni. È vero che nell’ultima decade sono presenti anche picchi di temperatura piuttosto elevati, ma vi sono anche brusche diminuzioni. In ogni caso i dati non mostrano nessuna tendenza al rialzo. Tendenza che invece, “allargando lo sguardo”, appare evidente fin dalla fine della Piccola Era Glaciale, molto prima dell’inizio delle emissioni antropiche di biossido di carbonio.

Anche i climatologi fautori dell’AGW sono concordi nell’ammettere l’esistenza di un declino nell’aumento delle temperature degli ultimi anni. Come ricordato nella lettera, infatti, l’arresto della crescita delle temperature viene confermato anche dal direttore della Climatic Research Unit Phil Jones nell’intervista del febbraio 2010 a BBC News. La questione controversa è ovviamente la sua interpretazione e il fatto che i modelli climatologici riescano o meno a giustificarlo.

3) Riguardo all’affermazione secondo la quale la questione del cambiamento climatico riguarderebbe anche la psicologia, può darsi, di nuovo, che Lei abbia ragione. Se questo è vero però riguarda ovviamente entrambi gli schieramenti. Circa la psicologia degli altri 15 firmatari, ovviamente, non posso pronunciarmi. Dico solo che le posizioni riguardo al problema dell’AGW sono diversificate, essendoci inevitabilmente, come in tutti i gruppi umani, falchi e colombe, ovvero studiosi convinti della totale infondatezza della teoria AGW e altri semplicemente animati dal dubbio. Personalmente appartengo a quest’ultima categoria. Francamente non so chi abbia ragione. Ho firmato il documento semplicemente perché mi sembrava riduttivo etichettare come “bufale” le critiche alla teoria AGW, spesso sollevate anche da seri addetti ai lavori. Quindi non mi sembra affatto vi sia contraddizione tra quanto scrivo nella recensione a Fraudologia e il fatto che abbia sottoscritto la lettera in questione. Proprio perché «lo scetticismo non deve mai condurre a un atteggiamento di rifiuto pregiudiziale di tutte le affermazioni» mi è sembrato giusto prendere in considerazione anche le obiezioni alla teoria AGW.

Il mistero dell’acqua diamantina


Ho sentito parlare dell'acqua diamantina e mi sono informata un po' su internet ma sinceramente stento a capire cosa sia e come funzioni. Potete aiutarmi? Grazie.

Chiara

Risponde Enrico Speranza

L’inventore dell’“Aqua diamantina” o “acqua diamante” Joël Ducatillon la definisce sul suo sito come: «...un’acqua di fonte la cui Coscienza è quella della quinta dimensione, con l’aggiunta di alcuni codici della sesta e settima dimensione». (http://www.liberamenteservo.it/servizi/steel_storm_staelhe/acqua%20diamante_1.htm ) Queste ed analoghe affermazioni ne danno una descrizione che potremmo definire di tipo “spirituale/esoterico”, anche se in altri passaggi troviamo invece una terminologia che apparentemente appartiene al dominio delle scienze empiriche, con concetti come quello di “salto quantico”. Anche in questo caso però essi vengono utilizzati in chiave “spirituale” ed emozionale, non in maniera coerente rispetto alle attuali conoscenze scientifiche da cui sono tratti. Non è quindi possibile darne una valutazione di tipo scientifico dal momento che si tratta di un dominio e di una logica, quello spirituale, che esula dalle possibilità di indagine della Scienza.

Il problema è allora perché a questa comune acqua di rubinetto, oltre che “doti” e “potenzialità” di tipo spirituale, vengano attribuite anche qualità medicamentose e persino magiche, secondo molte testimonianze che circolano in rete o attraverso il “passa parola”. Merita qui osservare che nessuna di queste argomentazioni è rinvenibile nei diversi scritti ufficiali sul tema, che sottolineano, in maniera certo non lineare, il valore altamente spirituale dell’assunzione di tale “tipologia” d’acqua. (Si veda a questo proposito il libro liberamente scaricabile: Acqua Diamante, Una coscienza). È chiaro però che le diverse proprietà che vengono attribuite a quest’acqua (per esempio: favorisce una migliore digestione, aiuta a rimarginare le ferite più velocemente) possono essere testate scientificamente, anche perché non esistono ad oggi esperimenti che convalidino tali affermazioni. Il Cicap Lazio, di cui sono coordinatore, ha organizzato qualche anno fa un esperimento in doppio cieco i cui risultati, pur non avendo una valenza statistica, mostrano come i partecipanti non siano stati in grado di capire la differenza tra l’“acqua diamantina” ed una normale acqua in bottiglia. L’esperimento aveva un prevalente valore didattico: era volto a mostrare come si organizza uno studio randomizzato in doppio cieco e fu organizzato durante il Corso Investigatori del Cicap del 2006 a Roma.

Più in generale, si può affermare che non esistono prove che avvalorino le diverse affermazioni sugli effetti “incredibili e miracolosi” dell’acqua diamantina, che sembrano invece essere frutto della normali distorsioni, errori ed errate interpretazioni del passaparola e di singole “testimonianze” aneddotiche. water.eps

Omeopatia: cosa c’entra l’Antico Testamento con la scienza?

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Daniele e Nabucodonosor
Vi segnalo un articolo letto su La Stampa web: http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/blog/grubrica.asp?ID_blog=254&ID_articol... . Non sono un esperto, ma la mia impressione è che l’articolo sia molto fumoso e che sia molto vicino al punto di vista di una società direttamente interessata alla 'certificazione' delle medicine alternative. Credo inoltre che equiparare un aneddoto dell’Antico Testamento ad un rapporto di trial medico sia poco scientifico, ma correggetemi se sbaglio. Non mi dispiacerebbe leggere un commento in un prossimo numero di Query. A proposito di Query: non fa rimpiangere S&P e l’ho trovato molto gradevole; una sola critica per gusti personali: gli articoli impaginati con più colonne risultano più difficoltosi da leggere. A tutti voi buon lavoro e cordiali saluti.

Amedeo Lanza di Casalanza

Risponde Salvo Di Grazia

Gentile lettore, l'articolo apparso su La Stampa on line è stato preparato da esponenti della maggiore industria di prodotti omeopatici in Italia e nella sua genericità e scarsa scientificità fornisce un'idea abbastanza precisa di quello che è l'omeopatia. Nell'articolo si racconta di un episodio dell'Antico Testamento nel quale l'ebreo Daniele, alla corte del re Nabuccodonosor, fece seguire a tre suoi uomini una dieta senza carne né vino che si differenziava nettamente dall'alimentazione dei cortigiani del re, che invece approfittavano abbondantemente di questi alimenti. Dopo soli dieci giorni Daniele e i suoi tre amici godevano di una salute migliore dei cortigiani del re e si sentivano meglio e questo avrebbe dimostrato che la dieta che seguivano era quella più adatta agli uomini del tempo.

Nell'articolo si paragona questo episodio ad un trial clinico definendolo una sorta di primo esempio di ricerca scientifica. Ecco quello che fa l'omeopatia: definisce scientifico ciò che non lo è. L'episodio dell'Antico Testamento, pur essendo naturalmente solo un racconto metaforico, è proprio quello che si deve evitare quando si vogliono ottenere risultati attendibili ed utili nel campo della ricerca. Gli uomini di Daniele erano solo tre (più Daniele quattro) e quindi rappresentavano un campione troppo piccolo per essere attendibile. Sono poi stati escluse altre variabili che potevano condizionare i risultati? I cortigiani di Nabucodonosor si alimentavano solo di carne e vino o facevano anche uso di droghe e conducevano una vita molto stressante tra battaglie e spostamenti? Conosciamo l'età degli uomini del re o erano tutti anziani e per questo di salute cagionevole in confronto ai giovani e forti amici di Daniele? In questo senso, trarre conclusioni da una "ricerca" senza sapere se questa soddisfi tutti i criteri di scientificità è pretestuoso e fuorviante e finora l'omeopatia ha fatto proprio questo: tutti gli studi che sembrano darle ragione sono imprecisi, poco corretti, deboli statisticamente e scientificamente; al contrario gli studi più precisi e con metodi più corretti ne smentiscono l'efficacia e concludono all'unisono che l'omeopatia ha lo stesso effetto del placebo. Come si vede dunque l'esempio illustrato nell'articolo appare perfettamente aderente alla concezione di "scienza" che hanno gli omeopati: non importa come si conduce una ricerca, l'importante è che dia ragione alla teoria delle diluizioni spinte. Si tratta del modo peggiore per giungere ad una conclusione corretta ed attendibile. L'articolo conclude infine con un elenco di studi in corso o in via di organizzazione che dovrebbero servire a dimostrare finalmente che la memoria dell'acqua esistere e che i prodotti omeopatici hanno un effetto che va al di là del placebo.

Li attendiamo con ansia, sarebbe un passo avanti nella conoscenza, ml’importante è che siano studi seri e ben condotti o non rivelerebbero nulla di nuovo. Fino ad oggi infatti, nonostante l'omeopatia sia praticata da quasi due secoli, nessuno, nemmeno tra gli omeopati, è riuscito con sufficiente certezza a dimostrare i princìpi che regolerebbero l'azione di questa pratica ed anche la verifica dell'efficacia clinica di questa teoria, nata quando ancora non si conoscevano nemmeno i batteri, non ha mai condotto a risultati favorevoli scientificamente inoppugnabili.
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