Indignados 12CH

La presidentessa della Società Italiana di omeopatia si indigna per un articolo in cui veniva spiegato che nei prodotti omeopatici non è contenuto alcun principio attivo rintracciabile. Dimentica però che qualche anno fa era stata lei stessa ad avallare questa semplice verità.

  • In Articoli
  • 23-07-2012
  • di Salvo Di Grazia
Qualche settimana fa ho scritto un articolo sul giornale on line Il Fatto Quotidiano. Commentavo la notizia, diffusa dalla stampa, che a breve la normativa italiana sui farmaci sarebbe stata applicata (in ritardo) anche per i prodotti omeopatici. In parole povere, anche questi dovranno riportare nella confezione le indicazioni terapeutiche, dovranno avere un foglietto illustrativo e dovranno sottostare a una serie di condizioni già previste per i farmaci “tradizionali”.
image
Nessuna rivoluzione, è fondamentalmente un adeguamento commerciale da parte della nostra nazione alle leggi comunitarie anche se, indirettamente, questa novità consentirà alle aziende omeopatiche di immettere in commercio nuovi prodotti.
Nel mio articolo ho commentato positivamente, anche se con una certa ironia, questa novità: finalmente, ho scritto, il pubblico potrà essere informato correttamente sulla realtà dell’omeopatia, basta confusione e falsi miti, in tanti scopriranno che in un granulo omeopatico oltre la dodicesima diluizione (12CH) non c’è altro che zucchero (o alcol, secondo il supporto che compone il medicinale).
Non è che abbia rivelato chissà quale segreto e d’altronde il numero di Avogadro non l’ho inventato io. Non solo: qualcuno, grazie alla presenza della scheda tecnica all’interno della confezione, scoprirà che tra gli omeopatici esistono i cosiddetti “nosodi” (sostanze ricavate da organismi animali, uomo compreso) tra i quali lo sputo di tubercolotico o il pus di malato di scabbia, utilizzati come tante altre sostanze per la cura omeopatica delle malattie. E magari qualcuno riconoscerà che, visti i rimedi che utilizza, non è sorprendente che l’associazione dei medici britannica abbia paragonato l’omeopatia alla stregoneria. Insomma, se i prodotti omeopatici pretendono di essere farmaci qualche sforzo dovranno pur farlo. Si tratta peraltro di sforzi lievi perché, al contrario dei farmaci che devono dimostrare la loro efficacia, i prodotti omeopatici sono tenuti a dimostrare esclusivamente la loro innocuità. L’importante insomma è che non facciano male.
Ho aggiunto che l’omeopatia è ormai superata e illogica. Non credo di aver fatto chissà quale scoperta o annunciato rivelazioni sorprendenti, ma vista la poca conoscenza delle basi dell’omeopatia è sempre bene ribadirle e spiegarle ai consumatori. In fondo le aziende omeopatiche spendono tanto in pubblicità rivolgendosi proprio ai potenziali clienti senza però mai spiegare bene su cosa sono basati i loro prodotti.
Le reazioni al mio articolo sono state quelle abituali: chi rivelava di aver ricevuto benefici dai granuli e chi spiegava che la scienza “con le idee dell’omeopatia” ha poco (o niente) a che fare. La reazione più rabbiosa e violenta (e forse offensiva nei riguardi del sottoscritto) è stata quella della dottoressa Simonetta Bernardini, pediatra omeopata, presidente della SIOMI (Società italiana di omeopatia e medicina integrata), associazione medica che dice di vantare il maggior numero di medici omeopati iscritti, che ha divulgato una “lettera aperta” al direttore del Fatto Quotidiano minacciandolo di boicottaggio e cattiva pubblicità in quanto “a suo dire” l’articolo era pieno di bugie e cattiva informazione. La collega si riferiva, oltre che al mio, anche a un altro articolo apparso sulla stessa testata a firma di un altro medico, docente universitario, che definiva l’omeopatia “ciarpame ideologico”.
La dottoressa chiedeva cosa ne sapessero del lavoro di medico i giornalisti autori degli articoli (ignorando che sia io che l’altro autore siamo medici). Dichiarava poi che non è vero che nei prodotti omeopatici c’è solo zucchero e che lei è una pediatra con anni di esperienza e professionalità e si diceva indignata e sbigottita per le parole da noi scritte.
image
Davanti a tale indignazione non ho potuto fare a meno di replicare e così anche io ho scelto la formula della “risposta aperta” che ho pubblicato nel mio blog in rete. Oltre a informare la dottoressa di essere un collega, e che questo poco cambia riguardo la scientificità dell’omeopatia, le ho ricordato anche che fu ella stessa ad ammettere che in un prodotto omeopatico non c’è altro che zucchero. In un’intervista a un giornale (Il Giornale.it del 21 agosto 2011) infatti, alla considerazione dell’intervistatore: «Se l’omeopatia funzionasse andrebbe contro tutti i principi della fisica, della chimica e della biologia: dopo 12 diluizioni centesimali è acqua diluita con acqua», la dottoressa rispondeva: «Ha ragione. Ma questo è un problema più della fisica che dell’omeopatia». Oltre a notare la disarmante risposta mi chiedevo: cosa è cambiato nel frattempo? Perché anche lei riconosce l’assenza di principio attivo nei granuli omeopatici ma ora si scandalizza quando a dirlo è un’altra persona? Come fa la dottoressa a credere alla memoria dell’acqua se già la sua è così poco affidabile?
Ma la perla più preziosa della “lettera aperta” omeopatica è la distinzione che fa la dottoressa Bernardini, la quale, riferendosi agli omeopati, parla di «penne responsabili e attente che guardano i pazienti negli occhi e che ci pensano bene quando scrivono su una ricetta un farmaco chimico e/o un medicinale omeopatico».
Ora, tralasciando la velata (e neanche tanto) accusa che i medici non omeopati non siano attenti e non “guardino i pazienti negli occhi”, possiamo certamente concordare sul fatto che i farmaci siano chimici, come d’altronde è chimico tutto ciò che ci circonda. Ma che il medicinale omeopatico non sia chimico è una novità. Di cosa sarebbe composto allora? Cosa assumono i pazienti degli omeopati? Raggi cosmici? Energie? Non si sa, la dottoressa non lo specifica.
I dibattiti sull’omeopatia, lo sappiamo, spesso non conducono a nulla e gli omeopati sono abituati a contraddizioni evidenti.
Così, per rispondere con i fatti al dubbio che insinua la dottoressa sul contenuto dei granuli omeopatici, l’ho invitata a una sorta di esperimento pubblico (nemmeno tanto originale): prendiamo 20 granuli, 10 omeopatici e 10 di zucchero e la dottoressa, con qualsiasi mezzo lei ritenga più adeguato (a sua scelta), dovrà dirmi esattamente quali sono i granuli omeopatici e quali quelli “placebo”. Ho comunicato la notizia direttamente alla mail della sua società omeopatica e non avendo ricevuto risposta le ho scritto una seconda volta. Silenzio. La collega omeopata ha preferito tacere. Non so se per lei fosse la scelta migliore, ma di sicuro, per l’ennesima volta, un omeopata si è sentito in grado di porsi sopra la scienza, indignandosi, stupendosi e negando nozioni ormai assodate perché qualcuno queste nozioni le ha raccontate. Poi però, al momento di dimostrare di avere ragione, si è tirato indietro.
Ho sempre sostenuto che sono gli stessi omeopati a dimostrare l’inconsistenza delle loro teorie tutte le volte che tentano di spiegarle o che si avventurano in discussioni sul tema. Questa “indignazione” mi ricorda quella dell’addetto stampa di un’azienda omeopatica italiana che rispose a un mio articolo che criticava violentemente un loro prodotto. Si trattava di ghiandole di rospo, veleno di serpente e cervello di scrofa diluiti omeopaticamente e venduti per il trattamento dell’autismo. Dichiarai il mio stupore nel vedere una tale pozione magica venduta come “medicinale”, soprattutto perché indirizzato a bambini con un grave problema di salute. L’addetto stampa dell’azienda produttrice, oltre a poco velate minacce di querela, dichiarò che nel loro prodotto non vi erano le ghiandole del rospo né gli altri ingredienti “bizzarri” che avevo elencato, credendo lo avessi fatto ironicamente per paragonare il loro medicinale a una pozione da streghe. Pubblicai l’immagine della confezione di quel prodotto che confermava tutti gli ingredienti, ghiandole di rospo comprese e l’addetto stampa si ritirò in silenzio, senza ammettere la sua impreparazione: non conosceva nemmeno gli ingredienti del prodotto e li aveva ritenuti talmente assurdi da scambiarli per uno scherzo inventato con fantasia e polemica.
Chiedo solo che gli omeopati non parlino più di “apertura mentale” e medicina complementare finché restano chiusi e fermi nei loro dogmi antiscientifici: a quanto pare per loro offendersi è semplice, spiegare il perché no.

Per leggere le fonti


1 http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04/09/limportante-faccia-male/203266/
2 http://medbunker.blogspot.it/2012/04/lettera-aperta-non-indignata-alla.html
3 http://t.contactlab.it/c/2002631/413/4658308/595?i=461687146&u=http://www.siomi.it/siom...
accessToken: '2206040148.1677ed0.0fda6df7e8ad4d22abe321c59edeb25f',