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L’Omeopatia
nella Teoria e nella Pratica Odierna
di Giancarlo Lancini,
garante Cicap Lombardia
Introduzione
E’ facile constatare
come, alla crescente diffusione di prodotti omeopatici spesso
venduti senza prescrizione, corrisponda nel pubblico ed in misura
di poco minore nei farmacisti una scarsissima conoscenza dei principi
di questo sistema terapeutico e dei rimedi da questo proposti.
Riassumo in questo articolo le informazioni essenziali, ricavate
da autorevoli trattati di omeopatia, commentate da alcune mie
osservazioni e da rilievi critici tratti dalla letteratura scientifica.
I pricipi fondamentali dell’omeopatia possono essere così
riassunti:
1) La cura di una malattia si ottiene con un rimedio che provoca
gli stessi sintomi della malattia
2) Per essere efficace la sostanza attiva deve essere usata in
soluzioni estremamente diluite, potenziate mediante scuotimento.
Maggiore la diluizione, maggiore l’efficacia.
3) La sperimentazione di un potenziale rimedio deve essere effettuata
su persone sane. Si devono annotare minuziosamente gli effetti
(sintomi) indotti, Il rimedio curerà le malattie che inducono
nel paziente sintomi simili a quelli rilevati nella sperimentazione.
4) Le condizioni considerate malattie dalla medicina ortodossa
sono frequentemente solo manifestazioni esteriori di malattie
croniche dette diatesi. Compito del medico omeopata èintervenire
su queste malattie: Psora, Lue, Sicosi, Tubercolosi
5) Tra i rimedi attivi su una determinata patologia deve essere
individuato quello specificamente adatto al singolo paziente.
La scelta può essere facilitata considerando a quale tipo
psico-fisico il soggetto appartiene. I tipi (o costituzioni) proposti
da studiosi omeopati sono: carbonico, solforico, fluorico, fosforico.
Vengono qui dapprima illustrati e commentati questi principi.
In seguito verranno esaminati la pratica delI’omeopatia al giorno
d’oggi ed i risultati cImici riportati in letteratura.
La legge dei simili
I principi dell’omeopatia sono stati chiaramente esposti dall’ideatore
di questo sistema terapeutico, Samuel Hanhemann in un celebre
trattato, L”Organon” pubblicato in diverse edizioni nella prima
metà dell’ottocento (1), ma considerato tuttora fondamentale
dagli omeopati. Citiamo quanto enunciato nel paragrafo 24 a proposito
del primo principio: Non rimane quindi altro modo utile di impiegare
le medicine nelle malattie che quello omeopatico, mediante il
quale noi cerchiamo perla totalità dei sintomi del caso
clinico la medicina che tra tutte le medicine ha 11 potere e la
tendenza a produrre uno stato artificiale di malattia maggiormente
simile a quello della malattia in questione. Su cosa si basi questa
affermazione perentoria è enunciato nel paragrafo 26: Questo
dipende dalla seguente legge di natura alla quale è dovuta
ogni cura reale che si sia verificata: una affezione dinamica
più debole è permanentemente estinta nell’organismo
vivente da una più forte se la seconda (anche se diversa
nella sua natura) è molto simile alla prima nelle sue manifestazioni
(enfasi dell’autore).
Secondo Hanhemann il principio e la legge enunciati sono dimostrabili
sia teoricamente che sperimentalmente. La dimostrazione teorica
è data nei Par. 10 — 17 dell’Organon: in breve quando un
individuo si ammala è la sua Forza Vitale (la dynamis o
energia di tipo spirituale, nell’originale tedesco geistartigen)
(2) che viene danneggiata in modo quasi spirituale dall’agente
patogeno. Il medicinale omeopatico, inducendo in modo quasi spirituale
una malattia simile ma più grave, annulla nella Forza Vitale
la malattia originaria. (come accade che all’alba lo splendente
Giove scompare dallo sguardo dell’astante? A causa di una simile
forza che agisce sul suo nervo ottico, la luminosità del
giomo che si avvicina .... Organon, nota al Par 26). Mentre è
comprensibile che Hanhemanr~ì credesse nella Forza Vitale,
dato che il vitalismo era la teoria dominamte nella sua epoca,
stupisce un poco che ancora oggi, dopo i risultati indiscutibili
della biochimica, si leggano frasi come: “ Analizzando il cosiddetto
vitalismo noteremo che questo è un un fenomeno reale e
concreto, non visibile nè pesabile ma quantizzabile dai
sintomi psicofisici osservabili (2) o peggio ‘Allo stato attuale
delle conoscenze della della fisica quantistica, l’interpretazione
vitalistica di Hanhemann appare di una modernità sorprendente”
(3). Per quanto mi riguarda io mi sono recentemente letto Q E
D (l’elettrodinamica quantistica) di Feynman e non riesco proprio
a immaginare cosa abbia a che fare la fisica quantistica con l’energia
vitale.
La dimostrazione sperimentale è data da alcuni esempi riportati
minutamente da Hanhemann Un esempio è la corteccia di china,
che provoca ad alte dosi sintomi simili alla febbre malarica ma
che in dosi moderate controlla la febbre. Questo è senz’altro
verificabile, dato il contenuto di chinino nel preparato. Meno
credibile è un secondo esempio caro a Hanemann (4): l’estratto
di Belladonna, dati I sintomi che provoca, sarebbe il farmaco
di elezione per la cura della scarlattina. Possiamo notare che
nei trattati di farmacologia sono riportati alcuni casi di farmaci
che a basse dosi presentano un effetto contrario a quello osservato
a dosi terapeutiche (ad es i barbiturici a basse dosi aumentano
la sensibilità al dolore) ma sono numerossimi gli esempi
contrari: la streptomicina in dosi relativamente alte è
ototossica, ma non risulta che in dosi minori curi la sordità,
gli anti infiammatori non steroidei possono notoriamente indurre
gastriti ed ulcere ma non pare che abbiano alcun ruolo nella cura
di questa malattie, etc.
La Dinamizzazione
Avendo stabilito il principio di similitudine, Hanhemann si è
posto il problema di come evitare che I sintomi della malattia
si aggravassero fino ad un limite intollerabile a causa della
somma della malattia iniziale e di quella (più forte) indotta
dal farmaco. Sperimentò la somministrazione di dosi ridotte
del medicinale ma, poichè i risultati non erano soddisfacenti,
in seguito si convinse che il massimo effetto terapeutico con
il minimo aggravamento dei sintomi si potesse ottenere mediante
un procedimento detto di” potentizzazione, o dinamizzazione, della
sostanza. In pratica si eseguono diluizioni successive di una
soluzione madre della sostanza attiva; la soluzione risultante
da ogni diluizione viene “dinamizzata” mediante energico scuotimento.
Comunemente si usano le diluizioni decimali (uno a dieci, indicate
con D) o centesimali (uno a cento, indicate con C). Nel paragrafo
270 della quinta edizione dell’Organon viene suggerita, come più
efficace, la trentesima diluizione centesimale (30C). Nella pratica
odierna questa diluizione sembra essere ancora molto usata anche
se da alcuni vengono preferite le cosiddette basse diluizioni,
dalla quarta all’ottava decimale (da 4D a 8D) . E’ sempre ritenuto
essenziale un vigoroso scuotimento delle soluzioni tra una diluizione
e la successiva.
L’affermazione che l’efficacia di un medicamento aumenti con
la diluizione (sia pure “dinamizzata” mediante scuotimento) non
è ovviamente condivisa dalla maggior parte degli studiosi
in generale e dei biologi in particolare. Si fa notare, tra l’altro
che oltre alla tredicesima diluizione centesimale la soluzione
non può più contenere nemmeno una singola molecola
della sostanza originale. Ci si chiede inoltre per quale miracolosa
ragione la dinamizzazione potenzi la capacità curativa
di un prodotto e non potenzi, contemporaneamente, gli effetti
secondari o tossici del prodotto stesso.
Per controbattere queste critiche studiosi di fede omeopatica
hanno cercato di dimostrare sperimentalmente, su sistemi biologici
semplici o su animali l’effetto di varie soluzioni omeopatiche.
Il caso più noto è il famoso esperimento di Bienveniste,
un noto biologo, sulla degranulazione dei basofili (5). In sostanza
questo ricercatore sosteneva che l’attività di una soluzione
di antisiero decresceva gradualmente con le prime diluizioni decimali
successive, per crescere poi fino alla nona diluizione, decrescere
fino alla dodicesima, crescere fino alla quindicesima e così
via, con andamento sinusoidale con un periodo tra sei e nove diluizioni
successive, indefinitamente. Questi risultati si sono dimostrati
assolutamente non riproducibili quando nello stesso laboratorio
di Bienveniste si è cercato di ripeterli in presenza di
una commissione indipendente (6). La mancanza di verifiche indipendenti
è, più in generale, il punto debole di tutti questi
esperimenti. Vickers ( un ricercatore del London Homeopathic Hospital)
ha esaminato numerosi studi pubblicati su questo argomento e ha
trovato che nei soli tre casi in cui gli studi sono stati ripetuti
indipendentemente i risultati sono stati negativi o non attendibili
(7). Inoltre la somministrazione di diluizioni omeopatiche di
sostanze attive non ha dato, in esperimenti controllati, sintomi
specifici o sostanzialmente diversi nei soggetti trattati rispetto
ai controlli (8, 9).
Nel complesso non sembra proprio che esista una legge universale
fisico-biologica per cui, in contrasto con le leggi della chimica
e della fisica, l’attività biologica di una sostanza verrebbe
considerevolmente aumentata da diluizione estreme con scuotimento.
L’efficacia della vaccinazione viene talvolta portato a sostegno
del tatto che piccolissime quantità di sostanze possano
produrre importanti effetti biologici. Non c’è dubbio che
una piccola quantità di antigene possa indurre la produzione
di notevoli quantità di anticorpi. Si deve tuttavia osservare
che la differenza tra piccole quantità e nessuna quantità
è fondamentale. Si può inoltre notare che la vaccinazione
si basa sul concetto di indurre una malattia in forma attenuata
per prevenirne la forma grave: esattamente il contrario del principio
omeopatico di indurre una malattia simile ma più far-te
per combattere la malattia già instaurata. Il che spiega
l’atteggiamento alquanto critico di Hanemann nei confronti della
vaccinazione; e d’altronde ancora oggi una corrente di omeopati
èassolutamente contraria a questa essenziale pratica di
medicina preventiva (10).
La sperimentazione dei rimedi (proving)
In base al primo principio la potenzialità di un nuovo
rimedio può essere stabilita solo studiando I sintomi che
esso provoca nelle persone sane. Infatti come afferma Hanhemann
: Non vi è quindi altra via possibile che permetta di accertare
accuratamente gli specifici effetti delle medicine sulla salute
degli individui . . che somministrare le diverse medicine sperimentalmente
in dosi moderate a persone sane per accertare quali cambiamenfr
sintomi e segni la loro influenza produce (Organon Par. 108).
L’idea che la sperimentazione clinica dei potenziali rimedi (detta
proving) debba essere eseguita su individui sani è considerata
ancora oggi basilare nella teoria omeopatica, e alle modalità
con cui deve essere eseguita sono dedicati importanti capitoli
nei trattati di omeopatia. Secondo un autorevole testo di omeopatia
classica (11) I rimedi moderatamente attivi allo stato grezza
( Lobelia, lpecac, Cicuta etc.) devono essere provati senza diluizione.
Prodotti molto tossici come Mercurius solo in forma dinamizzata
(cioè diluiti). Prodotti inerti come Lycopodium, Carbo
veg., Graphites daranno buoni risultati solo se provati ad alta
potenza (cioè ad altissima diluizione). Secondo un testo
più moderno invece tutti I rimedi devono essere provati
a diverse diluizioni e l’esperimento deve includere oltre ai soggetti
trattati anche soggetti di controllo (12). Qualsiasi sia la metodologia
adottata, tutti i testi sono concordi nel prescrìvere una
estrema accuratezza nella rilevazione di tutti i sintomi anche
apparentemente irrilevanti, nel determinare con che modalità
insorgono e scompaiono, quali circostanze (caldo, freddo, umido
secco, notte giono etc.) li aggravano o li attenuano (13). I dati
così rilevati su ogni singolo rimedio, detti “patogenesi”
del rimedio, sono stati raccolti in trattati intitolati~~~Materia
Medica”, che costituiscono quindi la farmacopea generale omeopatica.
Il primo di tali trattati, “Materia Medica Pura” compilato da
Hanemann stesso comprende un centinaio di rimedi, ma il numero
è salito rapidamente e nel classico “Materia Medica “ di
Herring ne sono riportati circa 1500. Sulla validità delle
osservazioni ottenute utilizzando alte diluizioni vi sono tuttavia
legittimi dubbi in quanto, come prima accennato, in un recente
esperimento in doppio cieco su sessanta volontari, l’estratto
di Belladonna alla trentesima centesimale non ha dato i sintomi
caratteristici descritti nei trattati, anzi non ha dato sintomi
sostanzialmete diversi dal placebo (8), e simili risultati negativi
erano stati precedentemente riportati in letteratura (9).
Riportare interamente il “proving “di uno di questi rimedi richiederebbe
troppo spazio: ad esempio per il rimedio Sulphur sono elencati
nella prima edizione di “Materia Medica Pura” 161 sintomi, e nella
seconda edizione del 1825 ne sono elencati ben 815. Mi limito
quindi a riassumere brevemente una patogenesi molto citata, quella
di Aconitum (14,15)
Aconitum napellus
Sintomi generali ansia, febbre con agitazione fisica e psichica;
dolori con formico/li; infiammazione de/le mucose — I sintomi
appaiono e scompaiono bruscamente; vento e freddo sono cause scatenanti
Sistema neuro-psichico: estrema agitazione; paura della morte;
insonnia, nevralgie, vertigini Apparato digerente: bocca secca,
bruciori gastrici, coliche, addome caldo, teso
Apparato circolatorio: acccelerazione ca,rJiaca; polso duro,
teso.
Apparato respiratorio: tonsillite; dolori iancinantial petto;
tosse notturna
Organi dei sensi: mucosa nasale irritata; otalgia improvvisa;
infiammazione congiuntive Apparato locomotono: dolori articolari;
nevralgie di tipo scìatìco,
In base a questi sintomi secondo Regazzini (14) il rimedio Aconito
dovrà essere usato negli stati ansiosi, nell’insonnia agitata,
stati influenzali, laringite, tracheite, tonsillite, nevralgie
a frigore, enterocolite, otite acuta, congiuntivite acuta, mìalgie
Secondo Fabbro (15) è consigliato quando la febbre sale
rapidamente, il paziente rabbrividisce, ha sete intensa, è
rosso in viso; quindi è un ottimo rimedio per la febbre
da rosolia, morbillo, varicella.
La visita medica omeopatica.
E’ intuitivo che, come logica conseguenza dei principi sopra
descritti, la visita medica omeopatica abbia come scopo di individuare
quale sia il rimedio che possa produrre il più accuratamente
possibile la totalità dei segni e dei sintomi presentati
dal paziente. I testi di medicina omeopatica (vedi ad es. 16)
portano istruzioni molto dettagliate su come ottenere una anamnesi
molto esauriente ed un quadro complessivo dei sintomi. E’ essenziale
comprendere che poiché, come detto sopra nel “proving”
dei rimedi tutti i segni, anche quelli che non sembra abbiano
la minima relazione con il rimedio, vengono considerati significativi,
così tutti i sintomi o segni presentati dal paziente, anche
quelli che non sembra abbiano alcuna relazione con la malattia,
devono essere valutati attentamente.
Per facilitare il complicatissimo confronto tra I sintomi del
paziente e quelli indotti dai diversi rimedi sono stati redatti
dei repertori, tra i quali il più usato è quello
di J. T. Kent , che riporta in modo sistematico ed organizzato
in sezioni e softosezioni i sintomi presentati da 539 rimedi Oggi
repertori anche più ricchi e complessi sono stati computerizzati
e quindi sono facilmente consultabili.
Tuttavia per gli omeopati il complesso dei sintomi non serve solamente
ad identificare il rimedio specifico per l’affezione lamentata
dal paziente. Infatti, secondo la teoria omeopatica, quelle che
vengono considerate malattie dalla medicina tradizionale non sono
frequentementa altro che manifestazioni esterne, superficiali,
di malattie croniche più profonde che Hanhemann chiama
miasmi Le vere malattie croniche naturali sono quelle che originano
da un miasma cronico, le quali, se lasciate a se stesse e non
controllate dall’uso di appropriati rimedi~ sempre vanno aumentando
e peggiorando. . .(Organon Par. 78). Finora solo la Sifilide è
stata in una certa misura riconosciuta come una malattia cronica
miasmatica che se non curata cessa solo con la fine della vita.
La Sicosi, egualmente non eradica bile dalla Forza Vitale senza
appropriato trattamento medico, non è stata riconosciuta
per quella malattia miasmatica peculiare che essa indubbiamente
è.. (Organon Par. 79). Ma incalcolabllmente maggiore e
più importante dei due miasmi cronici menzionati è,
tuttavia 11 miasma cronico Psora La Psora l’unica reale causa
e origine di tutti le altre numerose forme di malattia che sotto
i nomi di debolezza nervosa, isteria , ipocondriasi, mania, malinconia,
follia, epilessia, rachitismo, scoliosi e cifosi, carie, funghi
e nematodi, neo plasmij gotta, emorroidi, ittenzta, emorragie,
asma, impotenza e sterilità, sordità, cataratta,
calcoli, paralisi, difetti dei sensi e dolori di ogni sorta, etc.,
figurano nei trattati di patologia come specifiche indipendenti
malattie. (Organon Par. 80). Secondo l’autore quindi le tre malattie
croniche fondamentali sarebbero la Psora, la Sifilide e la Sicosi.
Successivamente una quarta malattia, la Tubercolosi è stata
aggiunta da alcuni studiosi.
Sembra logico supporre che questa teoria, comprensibilmente accettabile
quando è stata formulata nella prima metà del diciannovesimo
secolo, sia stata abbandonata dagli omeopati odierni, in vista
delle attuali conoscenze dì patologia. Sorprendentemente,
è invece tuttora considerata da tutti gli autori un fondamento
della teoria omeopatica, sia pure con alcune modifiche e variazioni
(il termine Miasmi è stato abbandonato per quello più
moderno di Diatesi). Ad esempio il Ragazzini dedica diverse pagine
alla descrizione dei sintomi della diatesi psorica e alle modalità
con cui si presenta, tra cui l’alternanza . . .che è la
tendenza dello psorico a manifestare patologie apparentemente
diverse (si attenua l’asma e compare la diarrea, scompare la diarrea
e compare l’eczema cutaneo...).. (17). Secondo Raffaella Comito
l’alternanza della psora va oltre . . . abbiamo alternanze morbose
che si manifestano nell’ambito dello stesso nucleo familiare,
per cui ad esempio il padre presenta una dermatite allergica,
uno dei figli un’ asma bronchiale, un secondo figlio una parassitosi
intestinale, e magari i1 nonno era un gran dispeptico e la nonna
una nevrotica. (18).
Diverse pagine sono anche dedicate da tutti gli autori alla descrizione
delle caratteristiche e delle modalità delle altre diatesi
(19). Riassumendo in modo estremo vengono considerate caratteristiche
della diatesi sicotica l’ipertrofia mentale e le idee ossessive,
che si riflettono nel fisico con la presenza di neo formazioni
ipertrofiche, quali tumori begnini o maligni, fibromi, cisti.
Sintomi specifici poi sono i reumatismi, i processi infiammatori
cronici, tutti i sintomi urinari e uteroovarici. Alcune manifestazioni
cliniche della diatesi sifilitica (o luesinismo) sarebbero invece
le bronchiti, tonsilliti, pneumopatie croniche enfisematose; le
ragadi ed emorroidi, l’ulcera gastrica, l’herpes labiale, le otiti
etc.Possiamo trascurare la quarta malattia cronica, il tubercolinismo,
in quanto accettato, come diatesi, solo da alcuni autori.
In conclusione l’accurata visita omeopatica ha il doppio scopo
di individuare un rimedio che risolva i sintomi di una malattia
acuta e, più importante, individuare quale delle tre (o
quattro) diatesi croniche eventualmente affligga il paziente.
Viene spesso affermato, anche a scopo propagandistico che il medico
omeopata non cura la malattia ma l’individuo. In realtà
questa frase ha poco senso. Come abbiamo visto il fine della consultazione
medica è sempre quello di diagnosticare una eventuale malattia:
tra quelle considerate dalla moderna patologia, nel caso della
medicina ortodossa; nel caso della medicina omeopatica si avrà
probailmente una diagnosi analoga per le malttie acute, ma in
più una diagnosi più generale comprendente le quattro
diatesi.
Le costituzioni
In seguito all’osservazione che i rimedi non sortivano sempre
l’effetto desiderato, è stato ipotizzato che l’efficacia
dipendesse dalla sensibilità individuale del paziente,
dovuta alle caratteristiche psico-fisiche del soggetto. Si è
cercato quindi di classificare I soggetti secondo queste caratteristiche.
Nei primi anni del secolo scorso due omeopati svizzeri proposero
uno schema di classificazione basato sulle caratteristiche morfologiche,
soprattutto scheletriche (20). La classificazione riconosce tre
tipi costituzionali pricipali, o costituzioni. Secondo questo
modello alle caratteritiche morfologiche di ogni costituzione
sarebbero generalmente associate precise caratteristiche funzionali
fisiche e psichiche, e la tendenza ad essere soggetti a determinate
malattie. Ai tre tipi fondamentali veniva poi da alcuni aggiunto
un quarto tipo, che costituirebbe la costituzione ideale.
Si avrebbero quindi le seguenti costituzioni:
Normolinea o Sulfurica (costituzione di base o ideale) Brevilinea
o Carbonica
Longilinea o Fosforica Distrofica o Fluorica.
Ad esempio I soggetti sulfurici sarebbero caratterizzati da stenicità
fisica e psichica, intelligenza realizzatrice, desiderio di azione.
Sarebbero soggetti a patologie di tipo congestivo, spasmi, crisi
emorroidarie, ipertensive etc
I brevilinei (carbonici) sarebbero portati al ragionamento logico,
e dotati di senso della responsabilità. Tendenza alle malattie
metaboliche, ipertensione arteriosa sclerotica obesità
etc.
I fosforici sarebbero soggetti astenici, iposurrenalici, ipertiroidei,
psichicamente ipersensibili sentimentali, idealisti.. Soggetti
sempre malaticci, ipotesi, con tendenza alla tubercolosi.
Caratteristiche fisiche della costituzione fluorica sarebbero
le asimmetrie dovute ad alterati processi embriogenetici. Caratteristiche
psichiche l’instabiltà, l’intelligenza viva, ma anche una
certa tendenza alla perversione mentale e sessuale.
Diversi omeopati ritengono che vi sia una certa corrispondenza
tra la costituzione e la diatesi da cui un individuo sarebbe affetto.
Ritengono quindi che l’inquadramento del paziente in una determinata
costituzione aiuti nella diagnosi e nella scelta del rimedio omeopatico
(20).
Non penso che valga la pena di approfondire oltre questo argomento
che personalmente ritengo privo di qualsiasi fondamento scientifico.
L’omeopatia, in pratica, funziona?
Sembrerebbe superlfuo osservare che, mentre la farmacologia convenzionale
ha ottenuto notevoli successi nella cura di malattie gravissime
ed ha trasformato malattie che avevano un alto tasso di mortalità
in malattie perfettamente curabili, nessun risultato di questo
genere è stato ottenuto con rimedi omeopatici. E questo
nonostante la pratica omeopatica fosse molto diffusa nella prima
metà del novecento. Anzi si ritiene che proprio il confronto
tra questi risultati sia stato la causa del declina dell’omeopatia
tra gli anni quaranta e l’inizio degli anni settanta.
Ma mentre il confronto dei risultati sulle malattie ad elevato
tasso di mortalità è relativamente facile (non ci
possono essere dubbi sull’efficacia della terapia antitubercolare
che riduce il tasso di mortalità da quaranta per cento
a meno dell’uno per cento), è molto più difficile
il confronto se la malattia è meno grave e tende a guarire
spontaneamente, oppure si trascina con sintomi difficilmente quantificabili
e non ben definiti.
Il problema è che è quasi impossibile, in base
alla teoria omeopatica, stabilire con certezza se un rimedio è
clinicamente efficace. Infatti ricordiamo che per il terzo principio
sopra illustrato le virtù medicinali di un preparato possono
essere accertate solo somministrandolo a persone sane. Nel paziente
si può infatti osservare solo la somma dei sintomi della
malattia e di quelli (simili) indotti dal farmaco. La questione
è affrontata solo indirettamente nei trattati di omeopatia,
ma nel Roberts ad esempio troviamo un lungo capitolo intitolato
“Reazione ai rimedi” (21) neI qule si analizzano gli effetti possibili
di un trattamento. L’effetto atteso, in base alla teoria, è
un aggravamento dei sintomi come conseguenza della somma sopra
accennata. Se l’aggravamento èlieve si deve ritenere che
il farmaco agisca; se è severo si può pensare che
il soggetto sia molto sensibile o che la dose sia troppo elevata.
Ma rimane il dubbio che la malattia stia semplicemente seguendo
il suo corso, in presenza di un farmaco innocuo ed inefficace.
Se all’aggravamento segue un miglioramento e la guarigione si
può ipotizzare che il rimedio abbia agito, ma si può
anche pensare si tratti di una guarigione spontanea. Analoghi
dubbi sorgono nel caso che si abbia un miglioramento senza un
precedente aggravamento, o un miglioramento seguito da un peggioramento.
Raramente nel caso la malattia persista si ammette che il rimedio
possa essere inefficace; si preferisce ipotizzare una particolare
insensibilità del soggetto, oppure cause esterne, come
uno stile di vita insalubre o l’uso precedente di farmaci o vaccinazioni.
E’ evidente che l’unica via ragionevole per dimostrare l’efficacia
di un rimedio è un esperimento clinico controllato, nel
quale i risultati ottenuti su un gruppo di pazienti trattati vengano
confrontati con quelli osservati su gruppi di controllo, trattati
con altri farmaci o con placebo. Questa via è stata per
molti anni rifiutata dagli omeopati perché non è
in accordo con diversi dettami della teoria, quali la relazione
tra malttia acuta e diatesi, la sperimentazione sul sano, e la
prescrizione specifica per il paziente e non per la malattia.
Tuttavia negli ultimi decenni due fattori hanno contribuito a
far accettare l’idea dell’esperimento controllato: il primo la
necessità di presentare qualcosa di convincente alle Autorità
Sanitarie per ottenere riconoscimenti ed eventualmente l’ammissione
al Servizio Sanitario pubblico (o ai rimborsi delle Assicurazioni
private); il secondo è la pressione delle grandi aziende
produttrici di rimedi omeopatici che traggono la maggior parte
dei loro proventi dalle vendite in farmacia senza prescrizione
medica. E’ ovvio il loro interesse che ogni prodotto venga associato
ad una o più malattie e non individuaiizzato sul paziente.
Sia per l’influenza di questi fattori, sia per interesse scientifico,
numerosi esperimenti cimici controllati sono stati eseguiti principalmente
negli anni ottanta e novanta, I risultati di quelli pubblicati
prima del 1997 sono stati esaminati in una rassegna pubblicata
su Lancet (22) Riporto le conclusioni degli autori ‘i risultati
della nostra meta-analisi non sono compatabili con l’ipotesi che
gli effetti cImici delI’omeopatia siano interamente dovuti al
placebo Ma vi è insufficiente evidenza in questi studi
che ogni singolo tipo di trattamento omeopatico sia chiaramente
efficace per qualsiasi condizione clinica” E ancora: “Il nostro
studio non ha grandi implicazioni per la pratica clinica poiché
abbiamo trovato scarsa evidenza di efficacia di ogni singolo approccio
omeopatico in ogni singola condizione clinica”. Per un commento
più approfondito rimando ad un mio articolo pubblicato
su “La chimica e l’industria” (23). Per quanto riguarda il periodo
tra il 1997 e il 2000 ho trovato in letteratura quattordici lavori
che riportano esperimenti cImici controllati. Anche in questi
casi nessun trattamento omeopatico dimostra evidenza di sufficiente
attività terapeutica. In cinque lavori viene riportata
una statisticamente significativa differenza col placebo su qualche
parametro marginale. Nagli altri nove lavori non si è evidenziata
alcuna differenza con il placebo. Oltre a questi lavori sperimentali
sono state pubblicate due rassegne La prima esamina I risultati
riportati in sette lavori sull’efficacia dell’Oscillococcino sull’influenza
(24). Gli autori concludono che I dati non sono sufficienti per
raccomandare questo rimedio nella prevenzione o trattamento di
questa malattia. La seconda (25) esamina I risultati pubblicati
sull’ efficacia dell’omeopatia nell’asma e conclude che non vi
è sufficiente evidenza per una valutazione positiva.
Le tendenze attuali deII’omeopatia
Non è semplice, data la mancanza di studi appropriati
avere un quadro soddisfacente di come l’omeopatia sia oggi praticata
dagli omeopati e di quali siano le motivazioni che inducono centinaia
di migliaia (o milioni) di persone ad rivolgersi a questo sistema
terapeutico.
Le modalità di prescrizione adottate oggi dagli omeopati
variano considerevolmente in quanto l’evoluzione della teoria
omeopatica ha portato a diverse scuole di pensiero, da quella
“classica” che tende ad usare un unico rimedio scelto in base
alle caratteristiche del paziente a quella “complessa” che usa
rimedi diversi a seconda della malattia. Frequentemente medici
omeopati prescrivono sia rimedi omeopatici che farmaci tradizionali.
Vi sono tuttavia omeopati che ritengono che i farmaci convenzionali
riducano l’efficacia dei rimedi omeopatici e si sono verificati
casi gravi in pazienti che non assumevano farmaci essenziali perché
così consigliati (10). Si stanno inoltre diffondendo pratiche
esoteriche, come l’uso del pendolino durante la visita medica
o la diagnosi effettuata automaticamente da una stupefacente macchina,
chiamata Vegatest che in brevissimo tempo individuerebbe qualsiasi
malattia mediante misure di resistenza elettrica del paziente
(26). Le motivazioni che inducono moltissime persone a rivolgersi
all’omeopatia sono certamente molto varie, complesse e poco studiate.
Secondo Stefano Cagliano una motivazione importante èl’insoddisfazione
del rapporto medico-paziente che è frequentemante giudicato
troppo sbrigativo e impersonale (27) mentre la minuziosa visita
omeopatica è rassicurante perché viene percepita
come interesse del terapeuta nei problemi della persona. E’ d’altronde
esperienza comune, ed èstato anche dimostrato (28), che
la consultazione medica omeopatica ha un effetto salutare sui
soggetto, indipendentemente dalla eventuale conseguente prescrizione.
Una seconda motivazione può essere la diffusa (anche se
poco giustificata) diffidenza nei confronti dei farmaci in generale:
il rimedio omeopatico viene percepito come “naturale” e quindi
non dannoso per definizione secondo l’ideologia naturista imperante.
Più rilevante il fatto che l’omeopatia viene percepita
come un sistema di cura efficace non tanto nei confronti di singole
patologie, ma come un sistema che migliori il benessere generale
dell’individuo. L’omeopatia agirebbe quindi sulla relazione tra
il corpo e la mente e da questo punto di vista potrebbe essere
assimilata alle medicine olistiche orientali, come la medicina
tradizionale cinese, la ayurvedica, etc.. Si può notare,
ad esempio, che David Riley, uno dei più celebrati omeopati,
in una serie di lavori sull’ effetto di rimedi omeopatici nelle
malattie respiratorie consideri come parametro principale non
il miglioramento dei sintomi specifici ma la percezione soggettiva
di benessere dei pazienti. Tuttavia I risultati positivi ottenuti
inizialmente da Riley, enfaticamente citati dalla propaganda omeopatica,
sono stati successivamente smentiti da studi più rigorosi
effettuati sia dal gruppo del dottor Riley stesso (29) che da
altri autorevoli esperti (32).
Nonostante la mancanza di solide prove (e forse proprio per la
scarsa efficacia terapeutica dimostrata) si è sviluppata
negli ultimi anni una marcata tendenza a non considerare più
le medicine olistiche come “alternative” nei confronti della medicina
convenzionale, termine che sottintendeva una mutua esclusione,
ma come “complementari”, cioè passibili di una tranquilla
convivenza. Questa tendenza in gran parte è incoraggiata
a livello politico-istituzionale, sia nelle organizzazioni internazionali,
sia a livello nazionale in molti Paesi. Tipicamente negli Stati
Uniti èstato istituito, nell’ ambito del National Institute
of Health, un National Center for Alternative and Complementary
Medicine, molto attivo nello sponsorizzare ricerche e comunque
nel diffondere l’idea della complementarietà, anzi possibilmente
della integrazione, delle medicine alternative e quella ortodossa.
Un autorevole invito all’integrazione è stato espresso
dal Principe Carlo d’inghilterra, estimatore deII’omeopatia, in
un articolo sul British Medicai Journal (30), che non ha mancato
di influenzare I’establishment medico britannico.
Una discussione approfondita sulla ragionevolezza di questa tendenza
sarebbe opportuna, ma non è certamente possibile condensarla
in poche righe. Mi limito a segnalare un articolo di Ernst, ricco
di dati e di interessanti valutazioni (31). Da parte mia confesso
il timore che questo atteggiamento sostanzialmente anti-scientifico
conduca, invece che ad un più razionale uso dei farmaci,
ad un nostalgico ritorno alla cultura medica degli anni trenta,
quando l’arte del curare era affidata all’abilità del clinico
nel sostenere psicologicamente e fisicamente il paziente, dato
che di farmaci efficaci ce ne erano veramente pochi.
Inoltre, dato che si parla molto dei diritti del malato, mi sembra
che un diritto essenziale sia quello di ricevere un’informazione
corretta anche sulla reale efficacia dei rimedi prescritti o consigliati.
Ho accennato prima al fatto che, al giorno d’oggi, molti rimedi
omeopatici sono venduti senza prescrizione in farmacia. Mi sembra
importante sottolineare che questa pratica è difficilmente
giustificabile sia per chi crede nella medicina ortodossa che
per chi crede nell’omeopatia e nei principi di questo sistema
terapeutico.
Bibliografia
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Web Version 1997, Homeopathy Home (*)
2) Ragazzini M, Lezioni di Omeopatia Ed. Tecniche Nuove, Milano
1997, pag 36
3) Comito R, Introduzione allo studio dell’omeopatia. Ed. Tecniche
Nuove, Milano 1993, pag.
40
4) Hanhemann 5, Materia Medica Pura, Il Edizione 1825. http://www.minutus.com/htm
5) Davenas E, Beauvais F, Amara J, Oberbaum M, Robinzon B et
al.. Human basophil degranulation triggered by very diluted antiserum
against IgE. Nature 333, 8 16-18 (1988)
6) Maddox I, Randi J, Stewart WW. “High dilution” experiments
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311-20 (1999)
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trial of homoeopathic ~proving’ for Belladonna C30. J R Soc Med
91, 579-82 (1998)
9) Cagliano 5, Guarire dall’Qmeopatia, Ed. Marsilio, Venezia
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10) Vickers A, Zollman C. Homeopathy. Brit Med J 319, 1115- 1118
(1999)
il) Roberts HA, Omeopatia. I Principi e l’Arte del Curare. Trad.
Italiana, Edizioni Mediterranee Roma 1986, pag. 154
12) Comito R, Op. cit., pagg. 16,17
13)Roberts HA, Op. cit., Cap. 15: La Sperimentazione Farmacologica,
pagg.149-159
14) Ragazzini M, Op cit, Cap. 14: Una Classica Patogenesi: Aconitum
pagg. 49-52
15) Fabbro V, Conoscere L’Omeopatia — Esempio di studio di un
rimedio omeopatico policresto http //www omeoimo it/conoscer/
llesempi html
16) Comito R, Op cit,Capitoli 8-10, pagg.79-107
17) Ragazzini M, Op.cit., pag.70
18) Comito R, Op.cit., pag.126
19) Roberts HA, Op. cit., Capitoli 22-30, pagg. 200-262; Ragazzini
M, Op. cit., Capitoli 20-23, pagg. 65-80; Comito R, Op.cit. Capitolil2-18,
pagg. 12 1-173
20) Comito R, op. cit. Cap. 7: Costituzioni e tipologia sensibile,
pagg. 55-74
21) Roberts HA, Op.cit., Cap. 14: Reazione ai rimedi, pagg. 138-148
22) Linde K, Claudius N, Ramirez G, Melchart D, Eitel E, et al..
Are the clinical effects of homoeopathy placebo effects? A meta-analysis
ofplacebo controlled trials. Lancet 350,
834-843 (1997)
23)Lancini & Sperimentazione clinica, omeopatia e meta-analisi.
Chim e Ind 80, 84 1-842 (1998)
24) Vickers AJ, Smith & Homeopathic Oscillococcinum for preventing
and treating influenza and influenza-like syndromes. Cochrane
Database Syst Rev 42: CDOO 1957 (2000)
25) Linde K, Jobs KA. Homeopathy for chronic asthma. Cochrane
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26) Lewith GT, Kenyon JN, Broomfield J, Prescott P, Goddard J,
Holgate ST. Is electrodermal testing as effective as skin prick
test for diagnosing allergies? A double blind, randomised block
design study. Brit Medi 322, 13 1-134 (2001)
27) Gagliano S, Guarire dall’Omeopatia, Editori Marsilio, Venezia
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28) Mercer SW et al., Scottish NIIS Research Conference, Stirling,
Sept. 2000. Citato in Reilly D. Enhancing human healing. Brit
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29) Taylor AM, Reilly D, Llewellyn-Jones RI-I, McSharry C, Aitchinson
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perennial allergic rhinitis with overview offour trial series,
Brit Med J 321. 47 1-476 (2000)
30) HIRH Prince Charles. The best ofboth world. Brit Med J 322,
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31) Ernst E. The role of complementary and alternative medicine.
Brit Med J 321, 1133-1135 (2000)
32) Lewith GT, Watkins AD, Hyland ME, Shaw 8, Broomfield JA,
Dolan G, Holgate ST. Use ofultramolecular potencies ofallergene
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randomised controlled clinical trial. Brit Med J 324, 520-523
(2002)
(*) La traduzione in italiano dei passi citati dell’ Organon è
dell’autore.
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