Lo scetticismo ha bisogno di più storici e sociologi

img
Il logo del Committee for Skeptical Inquiry, l'associazione scettica statunitense
Traduzione di Barbara Acerbi

Lo scetticismo organizzato ha la fama di attirare fisici e psicologi. Per verificarlo, ho controllato il numero di Marzo/Aprile 2021 di Skeptical Inquirer e letto, nei risvolti di copertina, la lista dei componenti del Committee for Skeptical Inquiry (CSI) e dei loro consulenti tecnici e scientifici. Secondo i miei calcoli, circa il 20% del totale aveva una formazione in fisica e astronomia, gli psicologi erano secondi col 16%, tutte le altre discipline erano molto meno rappresentate. In particolare, ho trovato solo un paio di scettici degni di nota che erano storici, precisamente storici della scienza. E solo pochissimi sociologi o studiosi di scienze politiche, che studiano i movimenti antiscientifici, erano stati accreditati dal CSI.

Sicuramente questo dipende dagli interessi personali dei vari esperti. Io insegno fisica, quindi posso indicare facilmente gli errori scientifici in presunti poteri parapsicologici, fonti di energia inesauribili o incontri con alieni. Pochi, tranne gli specializzandi in fisica, ricorderanno tutta la matematica che gli ho rovesciato addosso, ma i miei studenti non dimenticano quante volte ho detto loro di prendere i cellulari e cercare “Quantum University”, avvertendoli delle stupidaggini che avrebbero trovato nei link relativi alla presentazione (e vendita) di pratiche mediche alternative. Ho cominciato a interessarmi seriamente alla pseudoscienza e al paranormale in quanto esempi di come si possa interpretare male la fisica.

Posso anche capire perché a molti psicologi piace criticare le stranezze che costituiscono i soliti bersagli dello scetticismo. Io tengo seminari interdisciplinari di Weird Science (“Scienza stravagante”), che portano gli studenti di qualsiasi disciplina a esplorare la natura della scienza attraverso l’esame delle affermazioni paranormali o pseudoscientifiche. Nelle mie aule ci sono sempre un paio di specializzandi in psicologia, che sembrano avere ben chiari in mente i bias cognitivi che portano alle credenze magiche. I fisici spiegano perché un qualsiasi fenomeno, per esempio la chiaroveggenza, non corrisponde alle nostre attuali conoscenze di come funziona il mondo. Gli psicologi possono dimostrare che i poteri paranormali non funzionano nei test sperimentali. Inoltre gli psicologi danno una marcia in più alla nostra comprensione, spiegandoci perché le credenze parapsicologiche sono così convincenti per tante persone.

La nostra pratica standard in quanto scettici, perciò, si fonda sulle scienze naturali e sulla psicologia, e fa inoltre riferimento alla filosofia della scienza della metà del ventesimo secolo. Fisici, biologi e chimici spiegano perché un particolare argomento bizzarro - misticismo quantico, Bigfoot, omeopatia - sono discutibili.

Gli psicologi testano le capacità umane e ci spiegano le peculiarità cognitive che ci rendono suscettibili a credere al magico. Molti scettici inoltre integrano il loro approccio standard con un affidabile compendio di fallacie informali, (Boudry 2017), abbinato a una lista delle proprietà tipiche di una pseudoscienza, come l’infalsificabilità e così via. La scienza, possiamo affermarlo, viene definita dal metodo scientifico. I problemi cominciano quando gli impostori che spacciano stranezze non applicano il metodo scientifico.

Tutto ciò potrebbe apparire come un lavoro di preparazione davvero impegnativo se serve solo per inchiodare i veggenti delle hotline telefoniche e i mostri lacustri. Vivendo però in un’epoca in cui le teorie della cospirazione si mangiano viva la politica e i movimenti antiscientifici che negano il cambiamento climatico favoriscono la fine della civiltà, separare il vero dal falso non è cosa di poco valore. E noi ci auguriamo che il nostro approccio scettico abituale, allenato e affinato su credenze come l’astrologia e le energie che guariscono, ci prepari a trattare anche forme più estreme di bizzarria.
image
©Nick Youngson CC BY-SA 3.0 Pix4free.org

Metodo? Che metodo?


Tuttavia, l’approccio scettico standard presenta qualche lacuna. Per esempio, la nostra filosofia della scienza è davvero datata. Al giorno d’oggi, molti scettici ancora evocano l’esistenza di un metodo scientifico ben definito, di una logica fondativa della scienza e di criteri quali la falsificabilità che permettono di separare la finzione dalla vera scienza. Nessuna di queste idee è oggi molto accreditata. Ci sono moltissimi filosofi, storici e sociologi che studiano come funziona la scienza. Non fanno discorsi da salotto sulla scienza, ma studiano attentamente e in dettaglio casi reali di cambiamenti scientifici. E questi specialisti in studi sulla scienza sono propensi a sostenere che non c’è un metodo specifico che caratterizza la scienza. Esistono piuttosto numerosi metodi che si intrecciano e che ci aiutano a costruire la conoscenza in ambiti differenti. È sbagliato ritenere il metodo scientifico come qualcosa che precede il toccare - sondare - spiegare, ovvero considerarlo come una raccolta di regole trascendentali che fondano la conoscenza e individuano le spiegazioni migliori. I metodi hanno a che fare con i modi migliori e peggiori di conoscere il mondo: se un qualunque metodo funziona ci dice già, in se stesso, qualcosa su come il mondo funziona (Edis 2018a). Nella scienza, come in qualsiasi aspetto della vita, inventiamo continuamente come andare avanti. Le nostre liste di bias cognitivi ed errori di ragionamento sono abbastanza utili, ma c’è il rischio di allungarle troppo. Alcune credenze in cose strane, per esempio spiriti e fantasmi, nascono da caratteristiche basilari della mente umana (Turner et al. 2017). Anche in società altamente tecnologiche e molto secolarizzate, dobbiamo aspettarci che esistano molte credenze scarsamente organizzate e di basso livello in spiriti o poteri paranormali. Possiamo stare all’erta contro i bias cognitivi che ci portano a credere nei fantasmi, e tenere tali bias fuori dalle nostre conoscenze scientifiche, ma forse questo è il meglio che possiamo fare.

Altri tipi di credenze bizzarre, per esempio il creazionismo, hanno radici diverse. L’idea creazionista si sviluppa da bias cognitivi che indirizzano verso l’idea di un grande disegno e, quindi, di uno scopo all’origine del mondo (Kelemen 2012), mentre la teoria pseudoscientifica di un “creazionismo scientifico” e di un disegno intelligente sono intrinsecamente legate a una religione monoteistica altamente organizzata e contraria alle spinte alla secolarizzazione. Il creazionismo ha una profondità storica e sociale superiore a quelle credenze che originano dai bias cognitivi.

Affrontare i creazionismi


Fra le stranezze che mi hanno affascinato di più ci sono l’intelligent design e la varietà di creazionismi nell’Islam.

Ho cominciato rintracciando gli errori creazionisti in fisica e biologia; dopotutto trovare la spiegazione di certi errori può essere utile per riuscire a capire come funziona davvero il mondo. Comunque, la ricerca di una spiegazione più adeguata circa le origini del creazionismo mi ha condotto a scoprire qualcosa che va al di là degli errori scientifici e dei bias cognitivi. Perché, per esempio, vediamo movimenti che si formano abbracciando pseudoscienze elaborate? Le comunità profondamente religiose non hanno bisogno di abbracciare il creazionismo, quando possono limitarsi a rifiutare passivamente l’evoluzione e a ignorare le sfide che la scienza pone alle credenze tradizionali. A volte però, in alcuni contesti, gli intellettuali religiosi sono stati fautori di proposte che erano alternative alla scienza mainstream e un simile approccio apologetico ha preso piede. Negare l’evoluzione è diventato importante e il creazionismo ha raggiunto una popolarità di massa. Alcuni intellettuali religiosi hanno fondato istituzioni che si sviluppano e si costruiscono su idee creazioniste. Per me tali esempi di pseudoscienze sono più interessanti e significativi delle orde di cacciatori di fantasmi dilettanti che fanno un cattivo uso degli strumenti di laboratorio. Scoprire esattamente gli errori dei creazionisti nel descrivere il mondo dovrebbe dirci molto sulla natura della vera scienza.

Studiare il creazionismo conduce rapidamente a occuparsi delle complesse storie di reazioni che ci sono state all’evoluzione (vedi per esempio Brown 2020) e di come il creazionismo si viene configurando nel contesto dei movimenti populisti di destra.

image
Auto creazionista. ©Amy Watts Flickr
Conoscere la scienza ci aiuta a vedere dove la teoria del creazionismo sbaglia. La checklist scettica standard ci aiuta, a volte, a capire come i creazionisti facciano presa sul loro elettorato in comunità religiose conservatrici. Ma la lista dei bias cognitivi e degli errori di ragionamento non serve molto a chi tenta di capire i contesti storici e sociali che caratterizzano le diverse tipologie di creazionismo.

Il creazionismo non nasce da errori cognitivi individuali, è organizzato e promosso da istituzioni. All’inizio, queste sono associazioni apologetiche come Answers in Genesis o The Discovery Institute, ma possono anche comprendere media e network religiosi conservatori. I creazionisti cercano poi di bypassare o di trasformare istituzioni scientifiche mainstream, come le facoltà scientifiche universitarie. In certi casi, come con il governo islamico turco, riescono a raggiungere un notevole successo (Edis 2021). Se riteniamo che i vari aspetti del creazionismo non sono in realtà scientifici, ciò non dipende dal fatto che il creazionismo non riesce a soddisfare una checklist datata, per esempio riguardo alla falsificabilità. Le affermazioni principali del creazionismo partono da un’idea sbagliata della fisica o della biologia, e sono chiaramente false. Il creazionismo non è una scienza perché le istituzioni creazioniste non sono strutturate per spiegare in maniera adeguata il mondo (Edis 2018b). Il creazionismo lavora per produrre una cultura alternativa, nella quale le sue affermazioni, che sembrano folli agli scienziati tradizionali, sembrino plausibili. Una parte di questo lavoro trae vantaggio da bias cognitivi o comuni errori di ragionamento, sfruttandoli per i propri scopi apologetici. Ma oltre a questo c’è di più. In un contesto sociale ciò in cui si crede ha un prezzo: abbiamo bisogno di investire risorse per acquisire conoscenze sul mondo, e ci sono anche costi per il fatto di avere tali credenze e agire in base ad esse. In campo politico, è importante segnalare la propria lealtà a un gruppo, e quindi, in una logica strumentale, tali costi rendono razionali alcune false credenze. In questi casi, anche i lenti meccanismi di formazione razionale delle credenze possono essere utilizzati per favorire le credenze false (Edis e Boudry 2019). Le checklist scettiche che sottolineano gli errori di ragionamento individuali non servono a molto in simili circostanze.

Se vogliamo applicare lo scetticismo non solo a fantasmi e Bigfoot per contrastare gli odierni movimenti antiscientifici che minacciano la nostra civiltà, certi fenomeni, come il creazionismo, vanno studiati attentamente. Le più significative forme di negazionismo della scienza sono sociali, politiche e ben organizzate: richiedono che si presti attenzione alle istituzioni e non solo alle fallacie dei processi cognitivi individuali.

Costruire socialmente lo scetticismo


Dato che noi scettici siamo maggiormente focalizzati sulle scienze naturali e la psicologia, non siamo abituati in eguale misura a ragionare come storici o sociologi. Non amiamo la politica, preferiamo un approccio specialistico basato sul detto “solo i fatti, signori”. Inoltre lo scetticismo organizzato ha una forte tendenza a operare in difesa della scienza, e siamo attratti da un’immagine eroica della scienza identificata con il progresso umano (vedi, per esempio, Pinker 2018). Se però spostiamo il focus sulle istituzioni, vediamo che l’analisi delle istituzioni si può applicare anche alla scienza e allo scetticismo. Questo implica poter muovere delle critiche e non limitarsi a celebrare la scienza, e non è detto che gli scettici lo apprezzino.

Una ragione per essere cauti è la recente diatriba promossa dagli scettici nei confronti di quelle filosofie della scienza che sottolineano come la conoscenza sia una costruzione sociale.

Eminenti scienziati e scettici si rifanno ancora a certi episodi delle cosiddette “Science Wars” di alcuni decenni fa (un articolato dibattito tra filosofi della scienza realisti e post-modernisti che si è sviluppato negli Stati Uniti negli anni ’90 del secolo scorso, N.d.T.), per spiegare che la critica postmoderna alla scienza va decisamente fuori strada. (Dawkins 2021).

Questo è un peccato. Per diverse buone ragioni, oggi negli studi condotti sulla scienza è dato per scontato sostenere che la scienza è una costruzione sociale. Ma il fatto che noi costruiamo la conoscenza attraverso meccanismi sociali non significa che la scienza sia inaffidabile, arbitraria o separata dalle verifiche di laboratorio. L’essere una costruzione sociale non implica che la scienza sia una favoletta, allo stesso modo in cui il fatto che i neuroscienziati ci dicano che il nostro ragionare è dovuto all’attivazione dei neuroni non implica che tutti i nostri pensieri siano fantasie. Vuol dire semplicemente che dobbiamo trattare la scienza e la ragione come fenomeni terreni, anziché come ideali trascendentali. Gli studi sulla scienza seminano dubbi sui miti degli scettici, come il mito circa l’esistenza di un metodo scientifico universale predeterminato. Ma quel dubbio nasce da un’indagine capillare sulle istituzioni scientifiche, spesso volta a spiegare gli innegabili progressi fatti dalla scienza.

Almeno uno dei membri del CSI, la storica della scienza Naomi Oreskes, adotta la complessa prospettiva degli studi sulla scienza per dimostrare che la conoscenza scientifica merita la totale fiducia del pubblico (Oreskes 2019).

Sono convinto che l’immagine più caotica e meno eroica della scienza che emerge dallo studio delle sue istituzioni sia la più accurata. Se vogliamo raggiungere una conoscenza accurata, entrare maggiormente in contatto con le complicazioni che caratterizzano la realtà concreta ci aiuta.

Eppure, riportare la questione sul piano della concretezza genera alcune domande scomode. Se siamo in grado di identificare gli aspetti istituzionali patologici del creazionismo, possiamo anche interrogarci sui lati negativi delle nostre università e centri di ricerca. Qualsiasi scienziato attivo che ha avuto motivo di lamentarsi delle amministrazioni universitarie, delle agenzie di finanziamento, o delle procedure della revisione tra pari, sa che le istituzioni hanno un peso e che non sono mai perfette. Ma allora, se impariamo qualcosa circa le caratteristiche delle istituzioni che promuovono le credenze paranormali e le pseudoscienze, possiamo applicare queste conoscenze per migliorare il nostro modo di fare vera scienza. Quelli di noi che credono nell’accuratezza non potranno che approvare questa idea.

Gli scettici, inoltre, promuovono la divulgazione della scienza. Occuparsi dei contesti storici e sociali della produzione della conoscenza è molto importante per comunicare correttamente. Noi scettici adottiamo spesso un modello in cui noi rappresentiamo la competenza scientifica e cerchiamo di correggere coloro che vengono fuorviati da bias cognitivi e ragionamenti errati. Purtroppo, però, esempi come il creazionismo – in cui la pseudoscienza è intrecciata a movimenti populisti di destra che cercano di mettere in dubbio competenze politicamente scomode - dimostrano anche i limiti di quel modello. Slogan come “fidatevi della scienza” non esprimono solo un riconoscimento neutrale della realtà, ma sono troppo spesso legati a politiche tecnocratiche che promuovono gli interessi di classi professionali accreditate a discapito di gruppi in concorrenza - e i professionisti non sono uniti tra loro. Gli interessi di scienziati e scettici non sempre coincidono con quelli di economisti, consulenti di gestione oppure di oligarchi della tecnologia. Il nostro desiderio di avere una conoscenza accurata non è favorito da politiche populiste incentrate sulla lealtà alla propria etnia o alla religione. D’altra parte, i nostri interessi scientifici possono anche scontrarsi con gruppi professionali che vorrebbero trasformare la scienza in una fabbrica di proprietà intellettuali e in una mera struttura per il business e la tecnologia (Edis, 2020).

Il progresso delle nostre scienze è sempre stato accompagnato da cambiamenti istituzionali. Spesso a causa di pressioni esterne, quali le richieste degli enti finanziatori. Ma dobbiamo anche riflettere di più e chiederci come rendere la scienza ancora migliore in presenza di circostanze che cambiano.
image
Michelangelo La creazione di Adamo. ©Wikipedia

Storici e sociologi


Una comprensione più accurata della scienza richiede di andare oltre le nostre checklist per identificare la pseudoscienza e la nostra immagine eroica della scienza.

Per riuscire a capire la persistenza della pseudoscienza dobbiamo prestare più attenzione alle istituzioni, e quindi adottare una prospettiva storica e sociologica, andando oltre la fisica e la psicologia.

A me piacerebbe trovare più storici e sociologi nei gruppi scettici. Il mio coinvolgimento nello scetticismo ha le stesse radici della curiosità che mi ha portato verso la fisica. Ma quello che lo ha mantenuto vivo per decenni è l’aver incontrato non solo psicologi e altri accademici, ma anche maghi, esperti di mass-media, avvocati che si occupano di diritti dei consumatori.

Quando insegno ai miei studenti alcuni dettagli esoterici della meccanica quantistica, mi domando se non sto dedicando tempo ad argomenti che interessano solo pochi aspiranti specialisti. Ma quando introduco lo scetticismo verso il paranormale e le pseudoscienze mi connetto a questioni più profonde, come la natura della conoscenza e della realtà. Quasi chiunque può trovare qualcosa che lo interessi e magari dare un contributo.

Quando insegno nel mio corso di Weird Science, imparo sempre dagli studenti che non si affidano istintivamente agli scienziati. Ritengo che per ottenere uno scetticismo ancora più efficace dovremmo allargare ulteriormente la nostra prospettiva e imparare di più dagli storici e dai sociologi.

Con un po’ di fortuna, e se riusciremo a non distruggere la civiltà, forse in un paio di decenni tra i Membri e Consulenti del CSI vedremo in proporzione un numero leggermente inferiore di fisici e psicologi e leggermente superiore di storici e sociologi.

E questo, per me, sarebbe il progresso.

Pubblicato su Skeptical Inquirer, Volume 45, No. 5, Settembre/ottobre 2021 (disponibile all’url: https://bit.ly/3C6AiRg ). Si ringrazia l’Editore per aver concesso il diritto di riproduzione.

Riferimenti bibliografici

  • Boudry, Maarten. 2017. The fallacy fork: Why it’s time to get rid of fallacy theory. Skeptical Inquirer 41(5): 46–51.
  • Brown, C. Mackenzie, ed. 2020. Asian Religious Responses to Darwinism: Evolutionary Theories in Middle Eastern, South Asian, and East Asian Cultural Contexts. Basingstoke, United Kingdom: Springer Nature.
  • Dawkins, Richard. 2021. Science: The gold standard of truth. Skeptical Inquirer 45(2): 38–40.
  • Edis, Taner. 2018a. Two cheers for scientism. In Maarten Boudry and Massimo Pigliucci, eds., Science Unlimited? The Challenges of Scientism. Chicago, IL: University of Chicago Press.
  • 2018b. From creationism to economics: How far should analyses of pseudoscience extend? Mètode Science Studies Journal 8: 141–147.
  • 2020. A revolt against expertise: Pseudoscience, right-wing populism, and post-truth politics. Disputatio Philosophical Research Bulletin 9: 13.
  • 2021. The Turkish model of Islamic creationism. Almagest 12: 40–65.
  • Edis, Taner, and Maarten Boudry. 2019. Truth and consequences: When is it rational to accept falsehoods? Journal of Cognition and Culture 19: 153–175.
  • Kelemen, Deborah. 2012. Teleological minds: How natural intuitions about agency and purpose influence learning about evolution. In Karl S. Rosengren, Sarah K. Brem, E. Margaret Evans, et al., eds. Evolution Challenges: Integrating Research and Practice in Teaching and Learning about Evolution. Oxford, United Kingsom: Oxford University Press.
  • Oreskes, Naomi. 2019. Why Trust Science? Princeton, NJ: Princeton University Press. (Perché fidarsi della scienza, Oreskes Naomi, Bollati Boringhieri , 2021).
  • Pinker, Steven. 2018. Progressophobia: Why things are better than you think they are. Skeptical Inquirer 42(3): 26–35.
  • Turner, Jonathan H., Alexandra Maryanski, Anders Klostergaard Petersen, et al., eds. 2017. The Emergence and Evolution of Religion: By Means of Natural Selection. Abingdon, United Kingdom: Taylor & Francis.
accessToken: '2206040148.1677ed0.0fda6df7e8ad4d22abe321c59edeb25f',