Le ragioni del terremoto

Gli effetti devastanti di un terremoto sono noti a tutti. Ma che cos'è esattamente un terremoto, quali sono le cause che lo scatenano? È un fenomeno destinato a esaurirsi oppure rappresenta una minaccia costante per l'incolumità dell'uomo?

La Terra è ben lungi dall'essere statica e immutabile. Al contrario, è in continua evoluzione. La crosta superficiale del nostro pianeta è scomposta in decine di piccoli e grandi frammenti, chiamati placche litosferiche dai geologi, che galleggiano sopra la parte superiore, allo stato fuso, del mantello (l'altro strato, quello intermedio, che, con la crosta e il nucleo, forma l'interno della Terra). A decine o centinaia di chilometri dalla superficie, nelle profondità del nostro pianeta, agiscono spinte di potenza inimmaginabile, responsabili del lento e irrefrenabile spostamento delle masse continentali. Queste enormi forze, e gli spostamenti dei blocchi continentali lungo le zone di frattura chiamate faglie, devono fare i conti con superfici di scorrimento discontinue, con conseguente attrito e resistenza al movimento. Questo fa sì che abbia luogo l'accumulo di enormi quantità di energia elastica; energia che, in un dato momento, viene rilasciata repentinamente, con effetti devastanti sulla superficie.

Questo, in poche parole, è un terremoto. La liberazione, nel giro di pochi secondi o al massimo alcuni minuti, di un'eccezionale quantità di energia accumulata elasticamente nel corso di decine o centinaia di anni. E poiché le spinte che muovono i continenti esistono da miliardi di anni, ed esisteranno ancora per altrettanto tempo, è facile comprendere come sia totalmente illusorio che il terremoto possa cessare di affliggere una data regione della Terra.

Dove avvengono i terremoti?

Come si sa, i terremoti colpiscono soprattutto determinate aree del globo. Il motivo è semplice: i terremoti, come del resto buona parte dei fenomeni vulcanici, hanno luogo laddove una placca litosferica finisce e ne comincia un'altra, cioè dove le placche si incontrano e si spostano reciprocamente (allontanandosi, avvicinandosi e sovrapponendosi, oppure scorrendo una contro l'altra). L'Italia si trova immersa in un contesto geodinamico particolarmente sfavorevole, esattamente dove la placca euroasiatica incontra la placca africana: enormi forze spingono queste due placche una contro l'altra, con conseguenti terremoti e formazione di vulcani. All'interno delle placche la situazione tettonica è molto più tranquilla: per esempio, nella piccola zolla corrispondente alla Sardegna e alla Corsica non avvengono terremoti.

L'uomo può fare ben poco per opporsi a queste forze della natura. Le energie implicate nel corso di un terremoto sono talmente elevate che è difficile – di fatto impossibile – fare qualcosa per impedirlo. Le zone di frattura in cui si ha la liberazione dell'energia dei terremoti si trovano in profondità nella crosta, anche a diverse decine di chilometri di profondità, in un punto chiamato dai sismologi "ipocentro". Ad esso corrisponde, in superficie, l'epicentro, la cui posizione, dopo ogni terremoto, viene rilevata dalle reti di sismografi. Dall'ipocentro si liberano onde sismiche di vario tipo, ma quelle responsabili della maggior parte dei danni prodotti in superficie sono quelle superficiali, che a loro volta possono essere sussultorie e ondulatorie, a seconda delle modalità di oscillazione, con effetti comunque devastanti su edifici, ponti, strade e ferrovie.

I terremoti vengono avvertiti proprio a causa della liberazione di onde sismiche. Queste possono essere rilevate strumentalmente, attraverso apparecchiature chiamate sismografi, dislocate ovunque; il confronto dei loro dati, raccolti in modo continuo 24 ore su 24, consente ai tecnici di determinare la posizione dell'epicentro di un sisma. I sismografi rilevano tuttavia i terremoti nel momento in cui avvengono; non sono in grado di prevederli. A cosa può servire avere informazioni su un terremoto quando è già accaduto?

Prevedere i terremoti

L'uomo ha sempre sentito l'esigenza di prevedere un terremoto, per cercare di salvare il maggior numero di persone. L'idea principale è quella di sapere in anticipo che un terremoto di data intensità colpirà, in un dato giorno, una determinata località. In questo caso, avendo da qualche ora a qualche giorno di anticipo, le autorità potrebbero provvedere a un'evacuazione delle città interessate, alla messa in sicurezza degli impianti produttivi, alla chiusura di ponti, viadotti, gallerie. In tal modo non si eviterebbero la maggior parte dei danni materiali, ma si salverebbero migliaia di vite umane. Non è cosa da poco. In realtà, sarebbe già utilissimo prevedere un sisma con una o due ore, o persino pochi minuti di anticipo. Si potrebbero infatti interrompere le erogazioni di gas e della corrente elettrica, evitando l'insorgere di incendi, oppure bloccare servizi come la metropolitana o i treni, e chiudere gli accessi a ponti e viadotti. Questo tipo di previsione non è però al momento possibile, come viene spiegato nell'articolo di Giovanni Perini in questo numero della rivista. Non esiste infatti nessuno strumento in grado di fornirci informazioni tali da prevedere un terremoto con accuratezza sufficiente a organizzare l'evacuazione di una città, l'interruzione dei servizi, la messa in sicurezza degli impianti.

Perché un terremoto è pericoloso

Ma da cosa deriva la pericolosità di un terremoto? Le scosse sismiche di fatto smuovono e fanno oscillare la superficie terrestre, facendo crollare edifici, ponti, viadotti e gallerie. È proprio nel crollo degli edifici che perde la vita la maggior parte delle persone. Non bisogna infatti immaginare un terremoto come la formazione di enormi e profonde voragini che inghiottono masse umane in fuga: è purtroppo tra le macerie delle loro case che perdono la vita la maggior parte delle vittime di un terremoto. Se le case non crollassero, o se anche solo si mantenessero in piedi per il tempo sufficiente a consentire ai suoi abitanti di uscire all'aperto e mettersi in salvo, il terremoto non avrebbe conseguenze così catastrofiche. Gli effetti sarebbero infatti limitati ai soli danni materiali, i quali peraltro provocherebbero comunque conseguenze importanti sul benessere e l'economia delle zone colpite. Altre vittime sono causate dal crollo di ponti e di viadotti. Nel 1989 un terremoto di intensità 7,1 della scala Richter colpì l'area di San Francisco in California, provocando la morte di 63 persone, a causa del crollo di un tratto dell'autostrada sopraelevata lungo due chilometri. Sarebbe potuto andare molto peggio: quel giorno, infatti, si disputava la finale tra due squadre di baseball di San Francisco. Lo stadio era affollato da oltre sessantamila persone. La struttura però subì solo lievi danni e gli spettatori non si lasciarono prendere dal panico, per cui non vi furono vittime. Oltre al crollo di edifici, ponti e gallerie, il terremoto provoca numerosi e incontrollabili incendi nei centri abitati, dovuti alla rottura delle tubazioni del gas e ai corti circuiti. Infine, va ricordato l'effetto devastante delle masse d'acqua smosse dalle oscillazioni del fondale marino durante un sisma, che raggiungono le coste sotto forma di enormi onde (tsunami) e che possono distruggere tutto, avanzando nell'entroterra anche per molte centinaia di metri.

Mercalli o Richter?

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La scala Mercalli
Gli scienziati e i tecnici che raccolgono le informazioni relative a un terremoto sono soliti definire l'entità di un sisma attraverso l'uso di scale come la Mercalli o la Richter. Poiché sempre più frequentemente a queste scale fanno riferimento anche i giornali, è utile comprenderne l'origine e il funzionamento. La scala Mercalli determina l'intensità di un terremoto basandosi sulla valutazione soggettiva dei danni provocati dal sisma sugli edifici, le strade, i ponti e altre sovrastrutture. Fu proposta nei primi anni del ventesimo secolo dal fisico italiano Giuseppe Mercalli. Essa era inizialmente suddivisa in dieci gradi, divenuti dodici con la rielaborazione del fisico Adolfo Cancani. In seguito fu rivista dal fisico tedesco Heinrich Sieberg, per cui è conosciuta anche come scala Mercalli-Cancani-Sieberg (MCS). Essendo stata rielaborata e modificata negli anni successivi da diversi altri scienziati, come Harry Wood, Frank Neumann e Charles Richter, è corretto chiamarla oggi scala Mercalli modificata (MM). Si tratta in ogni caso di una scala empirica, basata sugli effetti osservati in seguito a un terremoto, ai danni stimabili a vista, danni che dipendono dall'intensità del terremoto, ma anche dalla vulnerabilità di un territorio. In questo senso la scala Mercalli non dice nulla sulla potenza effettiva del terremoto, cioè sull'energia complessiva liberata.

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La scala Richter, sviluppata nel 1935 dal fisico americano Charles Richter e dal sismologo tedesco Beno Gutemberg, si basa invece sull'intensità effettiva dei terremoti, come rilevata dalla rete di sismografi installati nelle varie regioni del pianeta. La scala Richter, che di fatto non dovrebbe neppure essere considerata una vera e propria scala, si basa su valori, chiamati "magnitudo", che dipendono dalle rilevazioni strumentali dei sismi. Non ha un limite inferiore, e nemmeno uno superiore, per cui non prevede un grado massimo, come accade per esempio con la scala Mercalli. Il limite massimo è teoricamente provvisorio ed è determinato dal terremoto più potente mai registrato. Si tratta del terremoto che nel 1960 colpì Valdivia, in Cile, con una magnitudo stimata in 9,5 e che provocò oltre 90 mila morti e due milioni di senzatetto. Un'altra caratteristica, di cui bisogna tener conto quando si confrontano due terremoti di cui è nota la magnitudo, è che la scala Richter è logaritmica: quando si passa da un valore di magnitudo a quello successivo l'intensità del terremoto aumenta di 30 volte. In altre parole, un sisma di magnitudo 4 è 30 volte più potente di uno di magnitudo 3, e un sisma di magnitudo 5 è quasi circa 27 mila volte più potente di uno di magnitudo 2. La magnitudo Richter ci dice molto sull'energia liberata da un terremoto, ma poco sui danni prodotti (informazione fornita invece, come si è detto, dalla scala Mercalli), in quanto questi ultimi dipendono anche dalla vulnerabilità del territorio; infatti, un terremoto di pari magnitudo Richter può produrre danni enormi e numerose vittime in un territorio vulnerabile, come in molte località sottosviluppate o, purtroppo, in Italia, e pochissimi danni e nessuna vittima in località dove le costruzioni resistenti ai terremoti sono già una realtà, come in California o in Giappone. Basti confrontare le 63 vittime del già ricordato terremoto di San Francisco del 1989, con gli oltre 300 morti e i danni ingenti del terremoto in Abruzzo dello scorso 6 aprile. Infatti, se si confrontano le magnitudo Richter, si osserva come il terremoto californiano presentasse una magnitudo di 7,1, contro una magnitudo di 5,8 del terremoto in Abruzzo. In pratica, il terremoto del 6 aprile scorso, pur essendo circa 50 volte meno potente di quello di san Francisco del 1989, ha prodotto quasi il quintuplo delle vittime a causa della vulnerabilità del territorio italiano e dell'assenza o inefficienza dell'edilizia antisismica.

Il carattere empirico della scala Mercalli e il fatto che la scala Richter non rilevi i danni prodotti sul territorio fa sì che i due sistemi di classificazione dei terremoti siano quindi difficilmente confrontabili e correlabili, per quanto siano complementari nel senso che nel loro insieme danno informazioni complessivamente utili alla determinazione dell'entità di un terremoto.

Quanto è potente un terremoto

In termini assoluti, un terremoto sviluppa, o può sviluppare, energie di gran lunga superiori a quelle prodotte dall'uomo con le sue armi di distruzione. Per fare un esempio, l'esplosione di una piccola bomba atomica da 1 kton (equivalente a mille tonnellate di tritolo), un quindicesimo della bomba detonata a Hiroshima nel 1945, produce nel raggio di 100 km un sisma di magnitudo 4, spesso appena avvertibile. Un terremoto di magnitudo 8, come quello che ha colpito Ica, in Perù, nel 2007, ha liberato un'energia pari a 20 volte quella sprigionata dalla più potente bomba termonucleare mai costruita e fatta esplodere dall'uomo (la bomba "czar" da 50 megaton, fatta esplodere dai sovietici nel 1961, a sua volta quasi 4000 volte più potente della bomba atomica sganciata su Hiroshima).

Previsione o prevenzione?

È possibile prevedere i terremoti? Allo stato attuale, no. O almeno, questo è quello che dicono gli scienziati, come spiega l'articolo di Perini in questo numero. In molti però, in modo meno scientifico, ci hanno provato utilizzando i cosiddetti segni premonitori, come il comportamento degli animali, insetti e pesci compresi di cui si parla nell'articolo a p. 44, oppure più sensatamente, osservando la variazione di alcune grandezze quali il campo magnetico, il livello o in generale l'aspetto dei pozzi, la liberazione di sostanze gassose come il radon ma non solo.

Se sul fronte previsione si può fare ben poco, si può invece attrezzarsi per minimizzare i danni, rendendo il territorio meno vulnerabile ai terremoti. Per esempio, costruendo edifici che non crollino o che resistano il tempo sufficiente a consentirne l'evacuazione. La buona notizia è che l'edilizia antisismica è già una realtà ed è diffusa nei territori tradizionalmente sismici come la California e il Giappone. Quella cattiva è che in Italia, la cui natura sismica è ben nota, l'edilizia antisismica è ancora molto carente, per cui terremoti anche di entità non elevatissima possono produrre danni ingenti e numerose vittime.

Prevenzione tuttavia significa anche educare i cittadini a un comportamento responsabile durante un terremoto: cosa fare e soprattutto cosa non fare. Come è facile immaginare, infatti, il panico suscitato da un terremoto non favorisce la riflessione davanti a un pericolo. Sarebbe invece necessario prevedere delle esercitazioni per la gestione dell'emergenza, che dovrebbero venire effettuate sin dalla scuola elementare, come avviene in altri paesi nei quali vi è una diffusa e consolidata cultura della sicurezza, non solo nei confronti del terremoto.n

Bibliografia


  • Bosellini A. (1984), Tettonica delle placche e geologia, Ferrara: Italo Bovolenta editore.
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Quaderni delle Scienze:
  • n. 24 (1985), "I terremoti" (a cura di Enzo Boschi)
  • n. 32 (1986), "Tettonica a zolle" (a cura di Felice Ippolito)
  • n. 59 (1991), "Il rischio sismico" (a cura di Enzo Boschi)
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