L’uomo che fissa le capre (recensione cinematografica)

(The Men Who Stare at Goats, USA, 2009) di Grant Heslov; con Ewan McGregor, George Clooney, Kevin Spacey, Jeff Bridges, Stephen Lang, Robert Patrick, Stephen Root, Glenn Morshower, Terry Serpico, Rebecca Mader.

  • In Articoli
  • 06-03-2010
  • di Gabriele Capolino
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Bob Wilton, giornalista timido e impacciato, viene lasciato dalla moglie e si reca in Medio Oriente affamato di rivalsa e in cerca dello scoop della sua vita. Qui incontra Lyn Cassidy, da oltre vent'anni membro di un reparto segreto dell'esercito americano e attualmente impegnato in una misteriosa missione, e scoprirà che l'esercito e il modo di combattere sono cambiati. Infatti il bizzarro reparto, fondato nel 1983, si prefigge di utilizzare poteri psichici per poter leggere i pensieri del nemico, passare attraverso solide mura e perfino uccidere una capra semplicemente fissandola…

Grant Heslov non smentisce la fama che lo vorrebbe una figura impegnata nel panorama del cinema americano. E così, dopo averci raccontato della caccia alle streghe in pieno periodo maccartista nella seconda regia dell'amico George Clooney (Good Night, and Good Luck), nel suo film d'esordio continua ad indagare pagine oscure della storia americana. Tratto dal libro-inchiesta Capre di guerra di Jon Ronson e scritto da Peter Straughan, L'uomo che fissa le capre si veste non coi panni del dramma ma con i toni della commedia demenziale. Siamo praticamente in zona fratelli Coen, quasi da Burn After Reading, e non solo perché tra i protagonisti c'è di mezzo Clooney, che interpreta uno stralunato militare in cerca del suo guru. Ma anche perché, non a caso, questo guru, maestro e hippy è interpretato da Jeff Bridges, che sembra riprendere il suo grandissimo Jeff Lebowski, il Drugo coeniano rimasto nella memoria dei cinefili.

L'uomo che fissa le capre diventa così una commedia esilarante e velocissima, complice anche la durata, ma l'esordio di Heslov è interessante anche per ben altri motivi. La sceneggiatura, puntuale come un orologio svizzero, riesce ad unire il sottotesto politico con le strizzatine più divertenti e congeniali che si possano immaginare. Prendiamo l'argomento Star Wars, di cui già all'epoca della presentazione del film a Venezia (fuori concorso) si parlò solo a un primo livello, dimenticando forse lo strato anche più interessante del tema. In una delle prime scene, Bob Wilton (interpretato da Ewan McGregor) si ritrova a parlare con Lyn Cassidy, che gli rivela la verità sul reparto segreto dell'esercito americano. Qui Lyn dichiara che il reparto prevede di formare militari in grado di leggere il pensiero del nemico e di attraversare le mura, e soprattutto gli rivela di essere, di conseguenza, uno Jedi! La battuta, già pensata probabilmente per lasciare un suo piccolo segno nella memoria cinefila – e ci riuscirà, statene certi –, è di certo palese (Clooney che si definisce Jedi e spiega che cosa sia all'Obi-Wan Kenobi della nuova trilogia di Star Wars!?), ma ricopre una filosofia che già qualcun altro, nella storia degli States, aveva a suo modo abbracciato. Dice nulla un certo "scudo stellare", utilizzato da un certo Ronald Reagan negli anni ‘80 e auto-definito appunto Star Wars, proprio per difendere la propria patria dall'Impero del Male (ovvero l'URSS)? L'uomo che fissa le capre ritorna quindi a puntare gli occhi su uno dei periodi più bui che l'America abbia conosciuto, e con la sua patina energica, demenziale e "coeniana" copre benissimo il suo interessante discorso politico. Ma non è certo finita qui: tra dialoghi brillanti e gag che assicurano ritmo e risate a volontà (alla fin fine, L'uomo che fissa le capre è una gran bella commedia, riferimenti politici-cinematografici a parte), c'è spazio anche per colpire tutti i bersagli che Heslov vuole, dalla stessa guerra in Iraq passando giustamente per i mezzi d'informazione. Eppure, alla fine, il film di Heslov pare anche in qualche modo "assolvere" questo reparto allucinante, fuori di testa ma ben inserito nel discorso storico e politico di una nazione. Ed è un'altra interpretazione possibile, a conferma della ricchezza del film, e sta tutta nel finale, che ovviamente non vi racconteremo. Ma, per chi scrive, Heslov guarda con affetto ai suoi militari: non a chi li ha mandati in guerra o a chi ha voluto un reparto così folle e implausibile (sarebbe come avere occhi di riguardo all'edonismo reaganiano: e da Heslov non ce lo aspettiamo!), ma guarda con affetto ad una generazione che, in modo ingenuo e "New Age", ha cercato altri modi per (non) combattere la propria guerra, e di sicuro ha fatto meno danni di un'altra grande fetta di milizia americana. Forse l'America oggi ha ancora bisogno di guerrieri Jedi... o

Pubblicato su www.cineblog.it il 3 novembre 2009. Si ringrazia l'autore Gabriele Capolino e la testata Blogo per aver concesso il diritto di riproduzione.
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