Di supposte nuove declassificazioni di documentazione ufologica statunitense

  • In Articoli
  • 01-04-2015
  • di Roberto Labanti
Ancora una volta, tanto rumore per nulla di nuovo. Questa la sensazione che chi in passato ha un po' frequentato la documentazione ufologica prodotta da forze armate e servizi d’intelligence statunitensi ha avuto scorrendo quanto pubblicato da innumerevoli media internazionali agli inizi di gennaio in relazione a due diverse notizie.

Ha iniziato la Central Intelligence Agency (CIA) il 29 dicembre ricordando ai suoi centinaia di migliaia di followers sul social network Twitter che il saggio già segnalato con un tweet in occasione del supposto anniversario del caso Roswell era stato l’articolo più letto nel corso del 2014, vista la visibilità mediatica che in luglio aveva avuto: “segnalazioni di attività inusuali nei cieli degli anni ‘50? Eravamo noi”.[1] Il rinvio era a quel breve passaggio (in un testo di 400 pagine) della versione declassificata nel 1998 della monografia di D. E. Welzenbach e G. W. Pedlow The Central Intelligence Agency and Overhead Reconnaissance. The U-2 and OXCART Programs, 1954 - 1974 (1992) in cui è riportata la convinzione di James A. Cunningham, Jr, un dirigente CIA che seguiva alcuni progetti speciali dell’Agenzia, che più della metà dei rapporti d’avvistamento UFO giunti fra la fine degli anni ‘50 e gli anni ‘60 del XX secolo al Project Blue Book dell’U.S. Air Force fossero da attribuire agli allora segretissimi voli associati ai programmi U-2 e OXCART. Ne avevamo parlato anche noi qui su Query l’anno scorso (sul numero 16), quando Jeffrey T. Richelson era riuscito ad ottenere la pubblicazione di parti del rapporto che precedentemente l’Agenzia aveva ritenuto di mantenere riservate. Che si trattasse di una notizia non recente (e già rilanciata due volte solo fra il 2013 e il 2014) non ha scoraggiato i mass media che l’hanno rimbalzata in tutto il mondo.

E proprio il Project Blue Book è stato il protagonista del secondo annuncio: “Ufo: Usa, 130mila X-Files ora online” titolava il sito web dell’ANSA il 21 gennaio scorso, riprendendo una notizia già in circolazione da diversi giorni: il 12 gennaio il sito statunitense The Black Vault, gestito da un autore interessato ai documenti governativi e alle presunte cospirazioni, aveva infatti reso noto di avere pubblicato i documenti del progetto ufologico dell’aeronautica militare USA cessato da oltre quarant’anni[2].

Una nuova declassificazione? O, quantomeno, la digitalizzazione di documenti fino ad oggi conservati solo in archivio? La risposta è no ad entrambe le domande. Facciamo un passo indietro.

Basato presso la Wright-Patterson Air Force Base di Dayton, Ohio nel Midwest degli Stati Uniti, il Project Blue Book (1952-1969), insieme con i predecessori Project Sign (1948-1949) e Project Grudge (1949-1952), è stato per oltre vent’anni il collettore delle segnalazioni di UFO nell’Aereonautica militare statunitense. Quando il progetto fu infine chiuso perché, come scrisse Robert Channing Seamans Jr., un ex dirigente della NASA entrato in quel 1969 nell’amministrazione della Difesa come Segretario dell’aeronautica, il suo proseguimento “non poteva essere giustificato né sul piano della sicurezza nazionale, né in quello dell’interesse della scienza”, aveva raccolto nel proprio archivio oltre dodicimila rapporti d’osservazione che il personale del Blue Book aveva cercato, con più o meno fortuna e diligenza, di spiegare[3].

Come ha ricordato Jacques F. Vallée, allora giovane dottorando che collaborava con l’astronomo J. Allen Hynek della Northwestern University, consulente del Project Blue Book, durante gli anni ‘60 lui e altri scienziati ebbero accesso a quell’archivio, che non aveva particolari classificazioni di segretezza, e lo stesso sarebbe stato possibile per ogni scienziato qualificato che avesse dimostrato un qualche interesse[4]. Anzi, microfilm di parte del materiale realizzati per necessità d’ufficio furono forniti ad alcuni studiosi: ad esempio, nel 1968, ad un altro dottorando della Northwestern University, Herbert J. Strentz, che stava preparando la tesi in giornalismo intitolata A Survey of Press Coverage of Unidentified Flying Objects, 1947-1966.

Dopo la chiusura del Project Blue Book l’archivio fu trasferito alla Maxwell Air Force Base di Montgomery, Alabama, sede dell’Air Force Historical Research Agency (AFHRA). Nella loro nuova sede, i documenti rimasero accessibili su richiesta fino all’inizio del 1975 quando l’Air Force provvide a microfilmarli per uso interno. Furono a quel punto esaminati per rimuovere i dati personali dei testimoni prima di passare sotto il controllo della National Archives and Records Administration (NARA) di Washington, DC che realizzò un nuovo set di novantaquattro microfilm, consultabile senza particolari restrizioni e le cui copie potevano essere acquistate dal pubblico. Probabilmente per una svista anche una copia del set realizzato dall’aeronautica (con i riferimenti dei testimoni e alcuni documenti sfuggiti alla seconda riproduzione) fu posto in consultazione presso la sede NARA di College Park, in Maryland dove, nel marzo del 1998, fu individuata da William Weitzel e duplicata dal Fund for UFO Research.

Un archivio accessibile quindi, attraverso però una serie di supporti fisici che permettevano la consultazione solo con difficoltà. Uno studioso avrebbe infatti dovuto avere accesso diretto alle bobine e, solo a quel punto, cercare quanto di suo interesse in decine di migliaia di immagini. Difficoltà che lo sviluppo del web ha in parte mitigato. Per primo si mosse un gruppo di volontari interessati alla storiografia ufologica che a partire dal 2005 ha iniziato a pubblicare sul sito Project Blue Book Archive (http://www.bluebookarchive.org/) scansioni tratte dalle diverse serie di microfilm cui abbiamo accennato, processate con un programma di riconoscimento ottico dei caratteri (OCR): fino ad oggi sono state rese disponibili ca. 56000 pagine. Nel 2007, invece, una compagnia commerciale, Footnote (poi acquisita da Ancestry), ha digitalizzato pressoché integralmente le bobine NARA, rendendo gratuitamente accessibili le circa 129000 pagine sul proprio sito (oggi http://www.fold3.com/) in immagini con una risoluzione migliore rispetto a quelle che il Project Blue Book Archive è in grado di fornire.

Veniamo ora ai nostri giorni: nel gennaio scorso, con lo scopo di facilitare le ricerche degli interessati che si sono scontrati con la non semplice interfaccia utilizzata da Fold3, The Black Vault ha pubblicato i documenti in diecimila files PDF con testo ricercabile, insieme ad una serie di ausili utili alla consultazione. Tutto qui. L’interesse sollevato dal diluvio di articoli che hanno (quasi sempre acriticamente) segnalato l’iniziativa ne ha però prodotto la rapida conclusione: una schermaglia con Ancestry sul diritto o meno di fare quello che era stato fatto ha costretto infatti il curatore del sito il 27 gennaio a rimuovere il materiale[5].

A qualcuno, a questo punto, potrebbe essere sorta l’intenzione di verificare attraverso i documenti del Blue Book comunque disponibili in rete se l’affermazione del dirigente della CIA che abbiamo menzionato all’inizio fosse o meno fondata. è già stato fatto (alla fine del secolo scorso): secondo Bruce S. Maccabee, uno dei fondatori del FUFOR lungamente impiegato come fisico presso la marina militare statunitense “le statistiche non avvalorano la tesi che vi sia stato un forte aumento di avvistamenti in un qualsiasi segmento di popolazione -piloti e controllori del traffico aereo inclusi- una volta che l’U-2 ha iniziato a volare”[6]. Forse, piuttosto che dirci qualcosa su quanto veniva visto nei cieli americani, quella convinzione ci mostra quanto l’immaginario ufologico avesse fatto presa anche nelle menti di alcuni uomini dei servizi d’intelligence, tanto da entrare a far parte dell’auto-rappresentazione del proprio passato.

Note


2) http://www.openminds.tv/usaf-ufo-project-blue-book-files-go-online-free/31656 . Per una storia del Project Blue Book e dei suoi predecessori si veda almeno le voci relative in Clark, J. 1997. The UFO Encyclopedia [2nd Ed.]. Detroit: Visible Ink e l'introduzione a Sparks, B. 2014. Comprehensive Catalog of 1,600 Project BLUE BOOK UFO Unknowns [v1.25], disponibile all’url http://www.cufos.org/BB_Unknowns.pdf ; per una descrizione dell'archivio e delle sue vicissitudini, oltre a quanto riporta Sparks si veda il materiale disponibile agli url http://www.archives.gov/foia/ufos.html ; http://www.fold3.com/page/2853_ufo_investigations/ e sul sito http://www.bluebookarchive.org/
4) C'è da aggiungere che per quanto l’archivio sia principalmente testuale, esso contiene materiale anche in altri formati. Parte del materiale video è stato reso disponibile di recente sul sito della NARA: http://blogs.archives.gov/unwritten-record/2013/09/30/project-blue-book-looking-to-the-... e http://blogs.archives.gov/unwritten-record/2013/10/28/project-blue-book-ufos-in-home-mo...
6) Maccabee, B. n.d. CIA's UFO Explanation Is Preposterous, disponibile all'url http://brumac.8k.com/cia_explaination.html

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