Altri cerchi misteriosi

Uno dei motivi per cui i cerchi della Namibia o quelli dell'Alaska sono rimasti a lungo senza una spiegazione dipende forse dal fatto che si trovano in luoghi remoti. Se si fossero formati in zone abitate avremmo risolto il problema da tempo. Questi paesaggi sono incredibili, proprio il genere di cosa che chiede di essere spiegata.

Quando si parla di cerchi misteriosi la prima cosa che balza alla mente sono le enigmatiche impronte che da anni compaiono nei campi di grano inglesi. In verità, con il tempo quelli che erano semplici cerchi si sono evoluti e oggi sono diventati disegni spettacolari e bellissimi, vere opere d’arte destinate a durare solo fino al momento del raccolto.
Si è anche capito che a farli sono uomini e non alieni; Francesco Grassi ha scritto un eccezionale libro sull’argomento Cerchi nel grano. Tracce d’intelligenza a cui rimando per approfondire.
Nel mondo, però, esiste una serie di misteriose formazioni circolari, sicuramente non dovute alla mano dell’uomo e che, in qualche caso, mancano ancora di una spiegazione. È il caso, per esempio, dei curiosi cerchi della Namibia, tracciati circolari di terreno sabbioso allo stato puro con un diametro variabile tra i due e i dieci metri presenti in alcune zone ai confini del deserto della Namibia.
image
«Negli ultimi trent'anni sono state tentate varie strade per cercare di dare una spiegazione a questo curioso fenomeno» dice Gretel van Rooyen, botanico dell'Università di Pretoria, «dal terreno radioattivo che impedirebbe alla vegetazione di crescere alle proteine tossiche rilasciate nel suolo da una varietà locale di euphorbia».
C’è anche la possibilità che responsabili dei cerchi siano colonie di termiti capaci di far sparire dal terreno ogni traccia di sementi. Il gruppo guidato da Gretel van Rooyen, tuttavia, ha scavato fino a due metri di profondità intorno ai cerchi africani ma non ha trovato traccia di insetti. «I cerchi» conclude van Rooyen «rimangono per ora un mistero».
image
Hodotermes mossambicus
La pensano diversamente Thorsten Becker e Stephan Getzin, due studiosi dell’Istituto di Botanica all’Università di Colonia, in Germania, che hanno condotto un’estesa ricerca sui cerchi africani. La loro ipotesi è che a produrre i cerchi sia invece proprio un certo tipo di termite, la Hodotermes mossambicus, che realizza queste forme in zone aride, man mano che consuma la vegetazione all’interno del cerchio e accumula gli scarti tutt’intorno. «Non appena migliorano le condizioni per l’alimentazione», spiega Becker, «in seguito a maggiori piogge per esempio, i nidi diventano ridondanti e sono abbandonati. I cerchi di terreno spoglio impiegano poi del tempo a ricoprirsi di vegetazione». Forse, dunque, è per questo che il gruppo di lavoro di van Rooyen non ha trovato termiti.
image
Una conferma dell’ipotesi, comunque, potrebbe arrivare presto. D’altra parte, spesso alla scienza serve tempo per comprendere cosa provochi un fenomeno. Solo da poco, per esempio, si sta cominciando a capire da cosa dipendano i perfetti cerchi di pietre che coprono il terreno in alcune zone dell’Alaska e dell’isola norvegese di Spitsbergen.
image
Non si formano solamente cerchi, anche poligoni, strisce e altre forme geometriche, ma qui non si tratta di interventi animali né tantomeno dello scherzo di qualche burlone. In questo caso, il fenomeno è dovuto al periodico congelamento e disgelamento del terreno.
«I cerchi» spiega Mark Kessler, del Dipartimento di scienze della terra dell’Università della California, a Santa Cruz, «si generano per auto-organizzazione e lo stesso processo è alla base di tutte le diverse forme».
Secondo Kessler le forme sono il risultato di due meccanismi concorrenti: da un lato una “selezione laterale”, che sposta il terreno verso zone dove più alta è la concentrazione di terra, e le pietre dove invece è più alta la concentrazione di pietrisco; dall’altro il restringimento dei mucchi di pietra, che di conseguenza si dispongono linearmente. L’emergere di una forma piuttosto che un’altra dipende dalla forza dei due meccanismi, dalle percentuali di terreno e pietre presenti e dalla pendenza del terreno.
«Se si parte con una disposizione casuale di pietre su un terreno» spiega Kessler «si vede che una gelata con successivo scongelamento rende lo strato di terra instabile e ne deforma la disposizione. Si ottengono dei poligoni quando la pressione è forte abbastanza da compensare la selezione laterale».
Uno dei motivi per cui questi cerchi, così come quelli africani, sono rimasti a lungo senza una spiegazione dipende forse dal fatto che si trovano in luoghi remoti. «Se si fossero formati in zone abitate», conclude Kessler, «credo che avremmo risolto il problema da tempo. Questi paesaggi sono incredibili, proprio il genere di cosa che chiede di essere spiegata».
image
Marasmius oreades
Così come chiedevano di essere spiegati anche gli “anelli delle fate”, quegli insoliti cerchi più chiari o scuri che comparivano e compaiono tutt’ora nell’erba. Un tempo, come dice il nome, si pensava che testimoniassero il passaggio di gruppi di fate, che si radunavano e danzavano in cerchio nell’erba. Poi si è pensato che invece documentassero il sabba delle streghe e, per questo, sono stati ribattezzati “cerchi delle streghe”; in entrambi i casi, era fortemente sconsigliato entrarvi o attraversarli, salvo rischiare di impazzire.
Già nel 1792, però, il botanico William Withering scoprì che a produrli non erano streghe o fate ma un tipo di fungo, il Marasmius oreades, detto anche “gambe secche” in italiano e “fairy ring mushroom” in inglese. Si tratta di un fungo che cresce, in estate e in autunno, sia in prati selvatici che domestici. Il fenomeno dipende dal fatto che questi funghi crescono in circolo, cioè alla periferia del micelio, che si estende radialmente e uniformemente a partire da una spora centrale. Queste colonie di funghi determinano un cambiamento di colore dell'erba circostante.
accessToken: '2206040148.1677ed0.0fda6df7e8ad4d22abe321c59edeb25f',