Terremoti: previsioni o illusioni?

Cosa significa esattamente prevedere un terremoto? Che livello di precisione è necessario perché la previsione sia adeguata? E le previsioni sono davvero utili?

In Italia si parla di terremoto solo a ridosso di un evento sismico rilevante che ha provocato molti danni. Se ne parla anche per qualche mese, poi l'argomento scompare, quasi dimenticandosi della natura sismica della nostra penisola. Nel terremoto dello scorso aprile che ha colpito l'Abruzzo, per la prima volta, si è parlato anche di possibilità di prevedere questo genere di eventi. Il comune cittadino, leggendo i giornali e ascoltando le conversazioni che fiorivano nei bar e alle file dei supermercati, ha così scoperto che è possibile prevedere i terremoti prima che avvengano. Ma cosa significa esattamente prevedere un terremoto? Esaminiamo questo tema e poi cercheremo di scoprire che cosa c'è di vero e cosa di fantasioso e illusorio in ciò che si è detto e scritto negli ultimi mesi nel nostro Paese.

Prevedere un terremoto significa sapere in anticipo che avverrà. Se io sapessi in anticipo che la mia auto uscirà di strada mentre affronto l'ultima curva sulla strada per arrivare al lavoro, potrei decidere di prendere l'autobus, o quantomeno guidare con prudenza, far controllare lo sterzo, le ruote, eccetera. Ma se io venissi a saperlo solo cinque secondi prima di affrontare la curva, a cosa mi servirebbe? Potrei solo rallentare, ma sarebbe comunque una situazione disperata.

Allo stesso modo, a cosa serve prevedere un terremoto se ciò non avviene con un anticipo sufficientemente ampio da consentire alle autorità di prendere dei provvedimenti, come ad esempio evacuare gli abitanti di una certa zona? Quindi affinché la previsione possa dirsi pienamente utile, sarebbe necessario conoscere il momento esatto in cui avverrà un terremoto, con un anticipo di almeno qualche ora. Ovviamente anche sapere che un terremoto avverrà tra due minuti potrebbe essere utilissimo, se esistesse qualcuno in grado di prendere iniziative tempestive, quali l'interruzione dell'erogazione del gas e della corrente elettrica, per evitare il rischio che si sviluppino incendi, che a volte fanno più danni del terremoto stesso.

Prevedere un terremoto significa quindi conoscere con un certo anticipo, meglio se ampio, quando avverrà il sisma. Infatti non possiamo far evacuare gli abitanti di un'intera città a tempo indeterminato, ospitandoli per settimane o mesi altrove, senza che sia ancora accaduto nulla alle loro abitazioni. Naturalmente bisognerebbe che la previsione per essere utile indicasse anche l'area precisa nella quale avverrà il terremoto. Noi sappiamo peraltro che i terremoti avvengono solo in determinate aree caratterizzate da specifici contesti geodinamici. Per esempio da geologo posso dire che ben difficilmente si verificherà un terremoto a Cagliari o a Oristano, mentre è probabile che prima o poi esso si produca a Potenza o a Messina.
Siamo quindi arrivati a stabilire che per poter davvero prevedere un terremoto dovremmo essere in grado di dire che un sisma avrà luogo in un'area sufficientemente circoscritta, in un lasso di tempo non troppo esteso (non superiore a qualche giorno o una settimana al massimo).
Ma queste due informazioni sono davvero sufficienti per prevedere in maniera utile un terremoto?

L'Italia, e in particolare la sua dorsale appenninica, è interessata da eventi sismici con cadenza quotidiana, anzi, prendendo in considerazione anche gli eventi più modesti, inferiori alla magnitudo 3 della scala Richter, la terra in Italia trema più volte all'ora. Sarebbe quindi inutile, per non dire estremamente dannoso, evacuare una città o una regione quando si dovesse sapere che vi avverrà un terremoto alle 17 del pomeriggio seguente, se non conoscessimo anche l'intensità del terremoto. Potrebbe infatti trattarsi semplicemente di un terremoto di magnitudo 2 o 3, in grado di far cadere qualche calcinaccio o di produrre delle crepe negli edifici più vecchi. La prevenzione, se presa sul serio e ben applicata, potrebbe invece metterci al sicuro da sismi così deboli, per esempio costruendo le nostre abitazioni secondo i criteri antisismici.

Di conseguenza, bisognerebbe poter prevedere, oltre alla località precisa e al momento esatto, anche l'intensità del terremoto. Se viene previsto un sisma di magnitudo 5 o 6, considerando la vulnerabilità del territorio italiano che è estremamente elevata, si dovrà evacuare l'area interessata, si provvederà ad allarmare la protezione civile e gli ospedali, si metteranno in sicurezza gli impianti. Ecco cosa significa prevedere un terremoto: dire con qualche giorno di anticipo dove esso avrà luogo, quando e con quale intensità. Se anche solo una di queste informazioni viene a mancare, la previsione è, di fatto, inutilizzabile.

Il problema è che non esiste a oggi un metodo scientificamente valido e attendibile per prevedere i terremoti. La difficoltà risiede principalmente nel fatto che i terremoti si verificano a causa dell'accumulo di energia elastica in mezzi non omogenei, dal comportamento non facilmente prevedibile e modellizzabile, in contesti geologici molto profondi e inaccessibili all'indagine diretta (decine di km di profondità). La previsione è quindi possibile solo in termini probabilistici, e in questo modo, di fatto, le informazioni che ne derivano sono inutilizzabili, perché non si può mantenere un'intera regione in un continuo stato di emergenza per periodi più lunghi di qualche giorno.

Per minimizzare i danni e le perdite umane, la parola magica non è previsione, dal momento che allo stato attuale essa non è possibile, ma prevenzione. Costruire case in grado di resistere alle scosse di media intensità, o di non crollare subito se colpite da scosse più potenti, dando il tempo alle persone di mettersi in salvo, questo è un modo alla nostra portata per combattere i disastrosi effetti del terremoto.
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