La “beffa” del Santo Graal. E ancora: nodi di Hartmann, omeopatia e terapie New Age, scienza e società, magia tedesca e previsio

Sono uno studente universitario al primo anno di Ingegneria Informatica. Per anni mi sono dedicato alla prestidigitazione, e ho avuto alcuni contatti con il Circolo Amici della Magia di Torino. Il mio carattere razionale (troppo, secondo parenti e amici) mi ha sempre portato a essere scettico su qualsivoglia fenomeno paranormale. Sono venuto a conoscenza dell’esistenza del CICAP seguendo la trasmissione televisiva Misteri. Mi sono procurato il libro di Piero Angela Viaggio nel mondo del paranormale e l’ho divorato in due giorni. Proprio oggi ho acquistato i sei volumetti pubblicati da Stampa Alternativa Non ci casco! su cui ho trovato l’indirizzo della vostra Home Page. Nel leggere i nomi dei vari membri del Comitato ho avuto un sobbalzo quando ho trovato il nome di Umberto Eco. Adoro i suoi romanzi, tanto che sto leggendo per la quinta volta il suo Il Pendolo di Foucault. Proprio quest’ultimo ha ispirato un saggio che ho scritto nell’aprile 1996, intitolato Il Santo Graal in Piemonte. Premetto che il Santo Graal è un oggetto che mi ha sempre affascinato molto, ma essendomi accostato alla vasta letteratura in proposito con uno spirito molto scettico, ho spesso trovato lacune, bizzarre teorie sulla presunta locazione della reliquia, conclusioni arbitrarie nelle varie ricerche storiche condotte. Non potevo tollerare di avere in casa un libro che “metteva il Graal in Francia, un altro che lo “metteva” in Inghilterra, un altro ancora in Etiopia (!). Mi dissi che, con un po’ di impegno, sarei riuscito anch’io a mettere il Graal dove volevo. Scelsi il paesino di Torre Canavese che sorge sulle colline nei pressi di Ivrea. Nei pressi del paese sorge un pilone abbandonato, scrostato dal tempo, sul quale appare un dipinto raffigurante il Calice di Cristo. Partendo da questo elemento, ho fatto per settimane ricerche in biblioteca, cercando tracce che legassero in qualche modo il Graal con quel paesino. Incredibile ma vero, sono riuscito a creare uno scenario perfettamente credibile e rigoroso, corredato da decine di citazioni autorevoli da saggi storici e indagini archeologiche. Il modo in cui li ho disposti convince inequivocabilmente il lettore della veridicità della mia ricerca. Prima di stampare il saggio, inserii un capitolo finale rivelando il “trucco” che avevo usato, asserendo che io non volevo in alcun modo condurre una ricerca seria, ma solo una parodia dei vari libri che “mettevano” il Graal di qua e di là. Stampai in casa una dozzina di copie, e le distribuii a parenti e conoscenti. Poi avvenne qualcosa che io non mi aspettavo. Se alcuni capirono il mio intento ironico, altri invece mi interpellarono per chiedermi se davvero avevo compiuto gli studi, per domandarmi ulteriori indiscrezioni sull’ubicazione del Calice. Ma altri fatti bizzarri accaddero. Consegnai una copia del saggio al Sindaco del paese, ed egli la passò ad altri torresi. In pochi giorni il pilone fu completamente ripulito dagli sterpi, e divenne il centro delle passeggiate di molti. Avevo creato una leggenda, e molti l’avevano presa per vera. Dunque davvero la gente ha bisogno di credere alle favole e di vivere in un mondo popolato da mitiche presenze. Forse ho sbagliato a raccontare loro una “storia”? O la colpa è loro, perchè non hanno colto l’intento ironico delle mie parole? Scriveva Eco nel suo Pendolo «Tu inventi e loro credono. Non bisogna suscitare più immaginario di quanto ce ne sia» (p. 118).

Invio per curiosità l’ultimo capitolo del saggio, in cui rivelo il “trucco” che ho usato.

Citazione di inizio capitolo:

«All’inizio della nostra ricerca non sapevamo esattamente che cosa stavamo cercando - anzi, non sapevamo neppure che cosa avevamo sotto gli occhi. Non avevamo teorie e non facevamo ipotesi: non eravamo partiti con lo scopo di provare qualcosa. [...] Le conclusioni che finimmo per raggiungere non erano prestabilite. Ci arrivammo passo a passo, come se le prove che andavamo accumulando avessero un loro spirito d’iniziativa e ci guidassero...»

Michael Baigent, Richard Leigh, Henry Lincoln,

The Holy Blood and the Holy Grail, 1982, London,

Cape, 1)

All’inizio della mia ricerca sapevo esattamente che cosa stavo cercando - anzi, sapevo perfettamente che cosa avevo sotto gli occhi. Avevo una teoria e facevo mille ipotesi: ero partito con lo scopo di provare qualcosa. Le conclusioni che finii per raggiungere erano prestabilite. Ci arrivai passo a passo, come se le prove che andavo accumulando avessero un loro spirito d’iniziativa e mi guidassero. Volevo provare che il Graal si trovava in un certo luogo. Volevo, inoltre, che tutte le informazioni riportate in questa ricerca fossero rigorosamente vere e verificabili da chiunque. Il mio fine ultimo era quello di dimostrare che con la Storia si può giocare, e che, partendo da una serie di proposizioni vere, è possibile raggiungere conclusioni errate. Frequentai biblioteche e lessi tutti i jàtti storici che potevano provare la mia ipotesi con la quale ero partito. Sapevo che per fargli dire altro dovevo saltare dei brani, e considerare certe proposizioni come più rilevanti di altre. Mi accorgevo di procedere per associazioni indebite, cortocircuiti straordinari, a cui mi sarei vergognato di prestar fede se me lo avessero imputato. E che mi confortava l’intesa - ormai tacita, come impone l’etichetta dell’ironia - che stavo parodiando la logica degli altri. Al lettore scettico, assicuro che sono sempre partito da dati oggettivi, in ogni caso notizie di pubblico dominio. Ho citato quasi tutte le pubblicazioni che ho consultato per la mia ricerca, e ho cercato di inserire il maggior numero possibile di autorevoli citazioni che provassero quel che volevo provare.

Quale regola ho seguito? Prima regola: i concetti si collegano per analogia. [...] La seconda regola dice che, se alla fine tout se tient, il gioco è valido. [...] Terza regola: le connessioni non debbono essere inedite, nel senso che debbono esser già state poste almeno una volta, e meglio se molte, da altri. Solo così gli incroci appaiono veri, perchè sono ovvi. [...] Così abbiamo fatto noi. Non abbiamo inventato nulla, salvo la disposizione dei pezzi. Scriveva Jacopo Belbo: «Credi che ci sia un segreto e ti sentirai iniziato. Non costa nulla. Creare un’immensa speranza che non possa mai essere sradicata perchè la radice non c’è. Degli antenati che non ci sono non saranno mai lì a dire che hai tradito. [...] Creare una verità dai contorni sfumati: non appena qualcuno cerca di definirla, lo scomunichi. [...] Perchè scrivere romanzi? Riscrivere la Storia».

Questo ho fatto.

Ho riscritto la Storia.


Perché vi ho scritto?

Innanzitutto per congratularmi con voi per l’idea di costituire un Comitato come il CICAP, poi per l’impegno che mettete nella vostra opera al servizio di una umanità più ragionevole e aperta al nuovo millennio.

Mi avrebbe fatto piacere, inoltre, raccontarvi questa esperienza sul Santo Graal, che ha dimostrato ancora di più ai miei occhi che la gente è vorace, e se le offri qualcosa, immediatamente è pronta a crederci senza porsi alcuna domanda.

Mariano Tomatis
Torino


Circa i “nodi di Hartman”


Mi è stato riferito che vi siete occupati della griglia di Hartmann e dell’elettromagnetismo. Potreste indicarmi alcuni link su internet o testi in cui si mettono in dubbio tali ipotesi? (tutti i testi che ho trovato sono infatti a favore).

Enea Lucchi



Risponde Roberto Vanzetto:

Caro dott. Enea, a quel che risulta non sussistono prove dell’esistenza della griglia e dei nodi di Hartmann (v. anche “Forum” in questo numero, n.d.r.). In qualsiasi testo di elettromagnetismo, sia per studenti delle scuole superiori, sia per studenti universitari (di fisica, di matematica o di ingegneria), il campo magnetico terrestre non prevede in alcun modo l’esistenza di una griglia. Non solo, ma le equazioni di campo di Maxwell non possono dare una griglia come soluzione: le linee di campo non possono infatti mai incrociarsi e quindi non possono dare origine a nodi. Nei testi di elettromagnetismo, tipo quello del prof. Luciano Guerriero (presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana), le teorie di Hartmann non vengono messe in dubbio per il semplice motivo che non vengono nemmeno considerate degne di attenzione: tali teorie infatti si scontrano persino coi concetti più elementari di fisica (è come se un gruppo di persone cominciasse a dire che la Terra è di forma cubica: nei libri di geologia difficilmente se ne troverebbe traccia). In tutti i testi di bioarchitettura che invece trattano il problema, l’esistenza dei nodi e delle reti di Hartmann sono dati per scontati, così come viene dato per scontato che provochino malesseri. Ma questi testi sono molto vaghi e pieni di errori di fisica (anche elementari). In molti di essi (per esempio nel manuale di architettura di Neufert, ed. Hoepli), la rivelazione dei nodi è detta avvenire tramite la sensitività dei rabdomanti. A questo punto il discorso di sposta sulle effettive capacità dei rabdomanti, anch ‘esse mai provate. C’è infatti un premio di circa due miliardi di lire, messo in palio dal prestigiatore James Randi, per chiunque dimostri di trovare l’acqua (in condizioni di controllo) utilizzando la sua “bacchetta magica”. Se lei conosce dei testi universitari di fisica (o di geofisica), oppure degli articoli scientifici pubblicati su riviste internazionali (dotate di referee) che parlano di reti di Hartmann, la prego di farcelo sapere, perché saremmo molto interessati.

Roberto Vanzetto
Centro Interdipartimentale Studi e Attività Spaziali “G.Colombo”
c/o Dip. di Ing. Meccanica, Padova


Omeopatia dissimulatrice


Credo mi sia finalmente venuta in mente la parola giusta... Il vocabolo in questione è “sincretismo”. Non so se avete presente quel fenomeno che vede molte popolazioni forzosamente “cristianizzate” adorare - dissimulate sotto le sembianze e i nomi dei nostri santi - le loro antiche divinità. Oggi si sta sempre più rivelando esempio di sincretismo l’Omeopatia, che - sotto le mentite spoglie di scienza medica - rappresenta una vera e propria forma di pratica magica. Leggiamo insieme, se vi va, la prima parte di un trafiletto apparso il 17 luglio 1997 su Salute, supplemento del prestigioso quotidiano La Repubblica:

L’OMEOPATIA CHE PROTEGGE
Aiuta la pelle a prevenire scottature ed eritemi solari, è un ottimo coadiuvante alle tradizionali protezioni in crema... ed è omeopatico. «Si chiama Sol e contiene acqua esposta al sole per diversi giorni, diluita e in seguito dinamizzata come qualsiasi altra tintura madre. La dose consigliata è di un granulo diluito alla 200 CH una volta alla settimana», suggerisce il dottor Russo.[...]


Qui si tratta di purissimo pensiero magico, se mai ve ne fu! Se la disciplina omeopatica ottiene l’approvazione di tanti esponenti della classe medica, vien da pensare che molti studenti si siano iscritti presso la facoltà di Medicina - rassegnati a sorbirsi di mala voglia idee scientifiche, misurazioni, rasoio di Occam, principii popperiani etc. - solo perché ancora non abbiamo in Italia una sana e solida facoltà di Magia applicata... Una volta che saranno laureati, però, l’Omeopatia - senza fallo - sincreticamente potrà soddisfarli: ladies and gentlemen, the world’s famous - and absolutely scientific - voodoo dollies!

Sandro G. Masoni
Cagliari
e-mail: [email protected]


Alla salute!


Vi invio un articolo tratto da un lungo servizio dedicato alla New Age e comparso in ottobre sulle pagine romane del quotidiano La Repubblica. Credo non siano necessari altri commenti:

BRIGLIADORI: BEVO L’URINA COSI’ CERCO L’IMMORTALITÀ

L’attrice più vicina alla New Age parla della sua ultima terapia. Quando (la Brigliadori) crede nelle cose ci si dedica anima e corpo. Come accade nell’ultimo toccasana che ha trovato: l’uroterapia. «Già, in pratica bisogna bere un po’ di pipì al giorno... Persino Galeno, medico del 200 d.c., ne parla nei suoi testi. Del resto, il suo vero nome è “Amaroli”, che significa immortalità. Ecco, io così cerco l’immortalità: nell’urina, infatti, rimangono materiali di scarto che magari i reni non sono riusciti a filtrare e che secondo principi omeopatici fanno bene all’organismo... D’altronde basta mangiare in modo non pesante... e le assicuro che la cosa non è affatto disgustosa. Il problema è con i bambini. Con i miei non ho ancora provato. Ma basta diluirla con camomilla e il gioco è fatto. Non se ne accorgeranno mai...» E la medicina tradizionale? «Neanche la considero. Sono addirittura contraria a vaccinare i bambini. Una delle mie figlie ha avuto un danno all’orecchio per colpa di un vaccino. I rimedi naturali sono sempre la miglior cosa...»


Anna Formica
IASI-CNR, Roma


Considerazioni su scienza e società


Sono in sintonia con il vostro atteggiamento razionale ma noto, spesso a mie spese, come questa “Visione Galileiana della natura” sia così impopolare e a volte emarginante. La rigorosità del fisico e dello scienziato nell’esame sperimentale di fenomenologie viene spesso considerata dal senso comune come perifrasi politicante, inconcludente, inconciliante con le realtà e le velocità quotidiane. Non sono ancora riuscito a trovare, nel contesto locale, una persona sufficientemente equilibrata nell’indagine di un qualsiasi fatto; la superficialità (es. la scuola) o il distorto empirismo (nel lavoro) sono oggi imperanti ma molto distanti dal mio modo di pensare. La produttività a tutti i costi, il successo, la bieca apparenza, sono queste le cose che interessano la gente. Il punto di arrivo per i giovani della mia età è l’automobile o l’essere conosciuti e osannati. A pochi interessa la vera scienza e molti di quei pochi la utilizzano per essere considerati” diversi” in mezzo ai tanti.

Nel portare avanti il pensiero scientifico vi è un atteggiamento puro e leale verso le verità del mondo e un entusiasmo incomparabile che non ho trovato tra gli stretti spazi lasciati dall’egoismo della società. Alcune colpe però ristagnano anche nelle persone d’alta cultura: la priorità della scienza dev’essere la divulgazione (e troppo spesso la si rifugge). Chi si è avvicinato nel corso dei tempi alle scienze e alla conoscenza lo ha fatto perché si è accorto dei meccanismi straordinari della natura, della coerenza impressionante di qualsiasi processo esistente alle leggi fisico- matematiche che non possono essere create a priori; l’uomo, il pioniere in mezzo al caos.

Sempre attento, come astrofilo e lettore di riviste scientifiche, ai servizi e agli spunti veramente interessanti ed educativi del Comitato, sarei onorato di collaborare in qualche indagine seria.

Enrico Vieschi
Città di Castello (PG)


Una visita nella magia tedesca


Due volte all’anno, in primavera e in autunno, si svolge a Monaco di Baviera, l’Esoterik Tage, la giornata esoterica, mostra-mercato di tutto ciò che è paranormale. Quest’anno l’edizione di primavera è stata raddoppiata. Ho perso la prima, ma non mi sono fatto scappare la seconda. La moglie mi ha accompagnato suo malgrado («un fesso e il suo denaro verranno presto separati»). L’evento si è svolto alla Loewenbraeukellar, uno dei templi della birra a Monaco e devo dire che la scelta è stata azzeccata visto il senso di ebbrezza che ho provato entrando. Col mio biglietto esoterico in mano, per il quale ho dovuto sgusciare 15 mistici marchi, ho varcato la soglia e mi sono trovato di fronte a una sala strapiena di persone. L’inizio è stato esaltante: lo stand della fotografia Aurografica ha calamitato la mia attenzione. Un tizio si è seduto su una sedia modello Alcatraz, ha appoggiato le mani su piastre metalliche, mentre una piacente signora gli scattava una foto con un apparecchio scatoliforme dal quale uscivano cavi di porta parallela e cavazzi ad alta tensione. Dopo 5 minuti la foto. Bellissima, con la testa del signore tutta avvolta da cumulinembi azzurri e verdi. «Cosa si capisce dalla foto?», chiedo ingenuamente. «Il signore ha una notevole aggressività repressa (il verde), ma una buona tendenza al misticismo (viola)». «Capisco. Ma le foto Kirlian non andavano fatte sotto vuoto ?» «Come dice?» «Niente, arrivederci». Passo oltre e l’effetto inebriante della Kellar si fa sentire: la testa mi gira e rotola fra piramidi di rame, globi di pietra, generatori orgonici spiraliformi, ma anche creme afrodisiache, strumenti musicali sciamanici, o sassofoni di bambò (giuro!). Gli stand delle lettrici di tarocchi sono uniformemente distribuiti e forniscono servizi a prezzi (mi dicono) modici: 70 marchi per mezz’ora. Mi aggiro per gli stand e l’unica cosa che trovo di esoterico sono i prezzi: per una seduta di Reiki si sborsano 175 marchi, 195 con l’ausilio dcl pendolo (?). Ci sono pietruzze vendute a prezzi di creazioni di Cartier; creme che, visto il costo, devono contenere almeno peli di unicorno; anelli fatti di un metallo sicuramente ignoto e rarissimo, data la quantità di marchi necessari per comprarli. Per motivi sicuramente cabalistici quasi tutti gli oggetti esposti hanno prezzi costituiti da tre cifre (in marchi). I servizi offerti sono numerosi: dalle banali numerologhe al “Database Universale”, contenente le informazioni delle vite passate di tutti gli esseri umani vissuti sulla terra. Ci sono gli iridologi e c’è l’esperta in cromo-arredamento che tramite un programma Windows ti svela che la cucina la dovresti verniciare di rosa e il soggiorno di arancione (non ho chiesto per il bagno, sorry) e guai a lasciare la camera da letto in bianco! Tutte le dimostrazioni sono a pagamento, e io ho finito il contante, scusate se non posso dare maggiori dettagli. Nel mentre si acquista e si prova, all’interno di salette, si svolgono miniconferenze di astrologia, qualcosa-terapia e Programmazione Neurolinguistica. Tutto in tedesco e a pagamento. Per quanto riguarda la teoria una sola novità: curatevi con i tensori! Recita così lo striscione di uno stand. I tensori, se non ho capito male, sono aggeggi filiformi che soppianteranno presto gli obsoleti pendolini. Il prossimo anno mi aspetto una cura a base di Sommatorie o l’avvento delle “Derivate della Salute”. Uno stand attira la mia attenzione. Ci sono signori seduti su poltrone anatomiche che indossano occhiali scuri e cuffie. E’ la demo di una Brain Machine, uguale identica alla mia, con la differenza che questi vogliono 1850 marchi per un modello che io ho pagato 400. A parte i signori in demo e me nessuno considera le Brain Machine - non saranno troppo esoteriche o forse lo sono troppo. Mi allontano di buon umore con la sensazione di aver guadagnato 1450 marchi. Giro per gli stand e guardo la gente. Gente dall’aspetto normale, non particolarmente eccitata (l’unico con gli occhi spiritati sono io) e non troppo disposta all’acquisto. In un angolo una signora con tailleur grigio passa la mano su una candela, mi chiedo se sta bruciando gli spiriti negativi o si prepara a una seduta di pranoterapia. A fianco a me passa un angelo, sotto forma di obesa signora di 60 anni dalla veste candeggiata di fresco e dalla chioma altrettanto candeggiata. Ha il viso rapito e l’agilità con cui si muove tra la folla e sale al secondo piano è decisamente paranormale. La seguo, ma dopo pochi metri la perdo di vista e vado a sbattere contro un banchetto che vende uno strumento per misurare la bioenergia: è un segno del destino. Le istruzioni cartacee dicono che avvicinando la mano alla ruota dentata questa si mette a girare con velocità proporzionale al livello di bioenergia. Bellissimo! E costa solo 378 marchi! Sto per mettere mano alla carta di credito, quando sento una staffilata fra le scapole. Mi volto e parecchi metri dietro di me vedo mia moglie, seduta vicino a un Taroccatore che mi lancia un’occhiata da far svenire un toro: la telepatia esiste. Non demordo e aspetto che qualcuno faccia la demo della ruota (5 marchi). Arriva il pollo. Si siede, versa l’obolo, e avvicina la mano alla ruota. Dopo parecchie esitazioni la ruota si mette a girare: miracolo! Con la mano sinistra va un po’ peggio: si sa la mano sinistra attira mentre la destra emette l’energia. Eccitatissimo chiedo se fanno sconti per diplomatici (è una palla che non funziona mai!). Il tipo mi risponde che può arrivare a 350 marchi, batterie incluse. «Scusi, ma funziona a batterie?» «Certo, ma solo per far accendere le spie di livello energetico». «Aaaah, eh già; grazie e arrivederci». Quella paragnosta della moglie l’ha azzeccata ancora. Ci avviamo all’uscita senza aver comprato nulla, nemmeno un Budda della felicità, ma lieti di aver passato un pomeriggio fuori da questo mondo.

La sera stessa nel dormiveglia mi rendo conto di non aver visto neanche un banchetto di prodotti omeopatici. Cosa vorrà dire?

Fabio Sogni
ESO - European Southem Observatory,
Garching bei Muenchen - Germania


Come fare previsioni “sicure”


Dopo aver riletto le splendide previsioni di Polidoro per il 1996 (S&P n. 13), mi sono ricordato di un sistema per produrre “previsioni esatte” che ho letto qualche anno fa su Le Scienze; non so se è un sistema già noto ai più ma vorrei condividerlo con gli altri lettori.

Si procede in questo modo.

Si selezionano (per esempio) 1024 persone di medio/alto tenore economico. Si prende un qualunque fenomeno binario (la temperatura che sale o scende, il valore di un certo Titolo azionario che sale o scende, il tasso di cambio lira/marco, etc.). Si divide il gruppo in due parti di 512 persone; al primo sottogruppo si manda prima dell’evento una previsione (per esempio: «il cambio sale»), al secondo sottogruppo si manda la previsione opposta («il cambio scende»). Dopo l’evento si scarta il sottogruppo con la previsione sbagliata e si divide il gruppo che ha ricevuto la previsione giusta in due parti di 256 persone; si applica iterativamente la stessa tecnica. Dopo un certo numero di previsioni si ottiene un “piccolo” gruppo di persone che ha ricevuto 4, 5 o 6 previsioni tutte esatte: a questo gruppo si manda una lettera del tipo: «Siamo una azienda specializzata in analisi sul mercato dei cambi. Come vede siamo in grado di prevedere con esattezza cosa accade...», segue la richiesta di un contributo di qualche tipo in cambio di una previsione cha farà guadagnare, se azzeccata, un sacco di soldi».

Ricevuto il contributo... si sparisce.

Non è male, no?

Renato Serafini
Research Department Banca d’Italia, Roma

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