Il gigante di Cerne Abbas, un problema ancora aperto

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  • 02-08-2021
  • di Roberto Labanti
Il Cerne Abbas Giant è una figura lunga 55 metri scavata nel gesso in una collina nelle vicinanze del villaggio di Cerne Abbas, nel Dorset, sud-ovest dell’Inghilterra. Rappresenta un uomo nudo con una clava e un gigantesco fallo, forse Ercole, e, forse, un tempo, doveva avere una sorta di pelle d’animale (con una testa attaccata) drappeggiata su una spalla: i guasti del tempo hanno però fatto perdere questo particolare.

Oggi è di proprietà del National Trust, un’organizzazione non governativa che ha fra i suoi scopi la difesa dei beni culturali inglesi. Il primo riferimento alla sua esistenza è del 1694, quando tre scellini furono destinati al suo restauro. Ma a quando risale? L’erudizione antiquaria inglese lo ha ritenuto per lungo tempo antico, ma più di recente si è invece pensato a una datazione vicina a quella prima attestazione e cioè alla metà del XVII secolo, quando potrebbe essere stato disegnato come forma di satira (per cui l’organo genitale) verso Oliver Cromwell (1599-1658), lord protettore d’Inghilterra, Scozia e Irlanda, descritto a volte come un nuovo Ercole[1].

Per provare a chiarire il mistero della sua realizzazione, agli inizi della primavera del 2020, Martin Papworth e collaboratori hanno avviato per conto del National Trust una serie di nuove indagini archeologiche sul sito del Gigante[2].

La pubblicazione dei risultati di queste nuove ricerche, per ora solo in sede divulgativa, è stata rallentata dall’epidemia di COVID-19. Nel luglio del 2020, però, è apparsa una prima datazione, effettuata attraverso una particolare tecnica bio-archeologica che fa uso delle chiocciole di molluschi gasteropodi rinvenuti durante gli scavi. Sapendo da quando un particolare mollusco è documentato in Gran Bretagna è infatti possibile stimare un terminus post quem, una data dopo la quale un manufatto è stato realizzato. A Cerne Abbas sono state rinvenute due specie (fra cui Cernuella virgata) che sappiamo essere giunte involontariamente in Inghilterra attraverso gli scambi commerciali solo a partire dal XIII-XIV secolo[3].

Il Gigante è quindi (come minimo) del tardo Pieno Medioevo o ancora successivo?

No, secondo quanto invece sembrano affermare nuovi risultati presentati a metà maggio 2021. In questo caso si è utilizzata una tecnica nota come Optically Stimulated Luminescence (OSL), o luminescenza stimolata otticamente, che permette, attraverso l’analisi della radiazione emessa dai cristalli di quarzo, di stimare quando per l’ultima volta il minerale è stato esposto alla luce solare.

Campioni raccolti in diversi punti della figura hanno fornito una serie di differenti datazioni medie: si va dal 910 (con un range fra 700 e 1100), quindi inizi del X secolo, del terreno colluviale che ha riempito gli originali intagli nel gesso della collina al 1250 (range: 990-1510), quindi metà del XIII secolo, di altro terreno generato dai detriti accumulatisi, passando per il 980 (con range fra 650 e 1310) dello strato di gesso più basso che riempie un intaglio e per il 1240 (range: 1080-1400) del campione che proviene da un deposito all’altezza del piede destro del Gigante.

Secondo Papworth questi risultati sono “davvero inaspettati”: “rilanciano i riferimenti medievali che parlano degli abitanti zona come adoratori della divinità sassone Helith” prima che la vicina abbazia benedettina venisse fondata dal nobile Æthelmær il Robusto nel 987, “ma questo sembra improbabile nel Dorset del X secolo in una società che a quel tempo era in gran parte cristiana”. Poi, “le date e la stratigrafia sembrano mostrare un tempo di abbandono e poi di ricreazione” della figura, ancora però in epoca medievale e potenzialmente sassone (il periodo anglosassone ha fine con l’invasione normanna del 1066)[4]. Infine, la rilevazione effettuata attraverso la metodologia LIDAR, e cioè una scansione mediante un laser della raffigurazione, mostra che in origine il Gigante potrebbe aver “indossato i pantaloni” perché la cintura continua attraverso il pene e quest’ultimo potrebbe allora essere stato aggiunto nel tardo XVII secolo[5].

Lo storico della prima età moderna Ronald Hutton, dell’Università di Bristol, un’autorità nel campo delle ricerche sulla storia del folklore e sul paganesimo, è perplesso, come ha spiegato alla rivista digitale The Wild Hunt: “se si prendono tutti i risultati assieme” la nuova datazione “solleva tanti problemi quanti ne risolve” e “le cose sono ora meno chiare di prima”. Per lo studioso inglese, infatti, la datazione indicata dalla luminescenza stimolata otticamente è quella “meno culturalmente probabile”: un Ercole virile scolpito nella collina ha infatti senso “in un contesto antico o della prima età moderna”, non “nel primo o nel pieno Medioevo”, come invece è il periodo delineato dall’OSL. Poi, quest’ultima datazione va in conflitto con quella più tarda fornita dai gusci di lumaca: “quindi qualcosa non va in una delle due”[6].

Il mistero quindi permane: e chissà che non sia davvero giunto il momento di “mettere insieme le evidenze materiali e letterarie per dare loro giganti , infine, una storia corretta” come scriveva lo stesso Hutton qualche anno fa nel suo Pagan Britain: perché di giganti, in realtà, nella campagna inglese ce ne erano diversi, nella prima età moderna: a Oxford, Cambridge e Plymouth. E, oltre al Gigante di Cerne Abbas, un altro sopravvive: il Long Man (“uomo lungo” perché la figura misura 70 metri) a Wilmington, nell’East Sussex, nel Sud-Est. Attestato a partire dal 1710, qui ricerche archeologiche del 2003 suggerivano una realizzazione nel XVI o XVII secolo[7]. Forse però anche qui, a questo punto, sarà il caso di rivedere il tutto.

Note

1) R. Hutton. 2013. Pagan Britain. Yale University Press, New Haven-London, p. 357.
7) R. Hutton, 2013, cit., p. 357.
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