Il mistero della Sfinge su Marte

  • In Articoli
  • 28-03-2001
  • di Andrea Albini

Dal settembre 1997, se non saranno sopraggiunti inconvenienti, la sonda automatica americana Mars Global Surveyor (MGS) sarà in orbita attorno a Marte. Il viaggio sarà durato dieci mesi e altri cinque saranno necessari perché la sonda trasformi la sua orbita ellittica in una circolare di circa due ore. Da marzo 1998 insieme a una serie di altri esperimenti cominceranno le operazioni di mappatura della superficie del pianeta che dureranno per un anno marziano (all'incirca due anni terrestri).

La ragione particolare per cui alcuni scettici e si spera vivamente alcuni meno scettici attendono gli esiti di questa missione è collegata con il misterioso "volto" o "sfinge" che alcuni asseriscono di avere individuato dalle fotografie del pianeta rosso riprese durante una missione precedente che la NASA effettuò negli anni settanta.

Tutto iniziò più di venti anni orsono, nel luglio 1976 quando il Viking, la prima sonda in grado di trasmettere immagini dettagliate della superficie marziana, orbitava attorno al pianeta. Al centro informazioni NASA di Pasadena in California, dove si esaminavano le centinaia di fotografie che la sonda trasmetteva, qualcuno ne scoprì una piuttosto curiosa. Forse pensando di aumentare l'attenzione dell'opinione pubblica in quelle giornate estive venne rilasciato un comunicato stampa dove si mostrava la famosa foto del volto marziano commentandola come: "Una grande formazione rocciosa centrale che sembra una testa umana ed è formata da ombre che danno l'illusione di occhi, naso e bocca". Subito l'immagine fu ripresa da giornali e televisione e rapidamente fece il giro del mondo. Difficilmente qualcuno al centro NASA di Pasadena immaginò in quei giorni di aver dato avvio ad una proficua attività di sfruttamento dell'immaginazione a discapito della razionalità.

Nonostante la NASA si affrettasse a precisare che si trattava di "una formazione a forma di altopiano roccioso con segni di erosione" da quella penuria di dati sorse, principalmente in America, una fiorente industria "a conduzione familiare" che ha prodotto, oltre a svariati gadget sul tema, una serie di libri sui cosiddetti misteri di Marte che hanno avuto un grosso successo in quel paese. Leggendo questi libri si scopre che la sfinge di Marte non è sola. Nella stessa regione geografica, denominata Cydonia, gli esperti di monumenti marziani ci dicono di aver individuato anche una gigantesca piramide a cinque lati allineata con altri strani oggetti battezzati sempre dagli esperti di Cydonia come la città, il duomo, la fortezza, ecc. La nomenclatura di queste formazioni non sembra suggerire di certo che siano oggetti naturali. Naturalmente anche la new-age popolare è andata a nozze con questo tipo di notizie. Seguendo schemi ben noti si sono poi trovate connessioni matematiche e geometriche tra gli oggetti che venivano via via "scoperti" e la piramide di Cheope, il tempio del Partenone o il numero pi greco e si sono venduti orologi con il misterioso volto alieno impresso sul quadrante.

Gli USA sono un paese dove le teorie della cospirazione crescono particolarmente rigogliose e non stupisce che la NASA si trovò ben presto accusata di voler coprire la verità sulla scoperta dei resti di un'antica civiltà marziana. Per zittire questo gruppo di entusiasti che crede che ci si trovi in presenza di strutture artificiali erette da creature intelligenti, l'Ente spaziale americano ha comunicato nell'ottobre 1996 che quando il Mars Global Surveyor raggiungerà la zona "incriminata" durante il suo rilievo fotografico le immagini dettagliate della zona saranno subito messe su Internet non appena saranno ricevute [2], in modo che ognuno possa farsene un'opinione. [1]. Se teniamo conto che la misteriosa sfinge marziana occupa una superficie di 1.5 chilometri quadrati e che le fotocamere del Surveyor hanno un'apertura di campo di circa 3 chilometri con una risoluzione da due a tre metri, presto anche i brufoli (o i microcrateri) di quella regione non avranno più segreti per il mondo.

Troppo bello per essere vero? chi aveva gridato alla cospirazione aveva affermato in un primo momento che la NASA avrebbe evitato di includere l'area di Cydonia nel rilievo fotografico, ma Arden Albee lo scienziato responsabile del progetto MGS ha dichiarato pubblicamente che l'agenzia spaziale comunicherà in anticipo l'avvicinamento della sonda all'area "incriminata" [1].

Dopo la comunicazione della NASA di cui si è detto sopra la faccia fu riscoperta nel 1979 insieme alla piramide da due ingegneri informatici, Vincent DiPietro e Gregory Molenaar che allora lavoravano sotto contratto per la NASA. I due usarono una loro tecnica di miglioramento dell'immagine e in seguito insieme al fisico John Brandenburg fondarono una società chiamata Mars Research [3]. Negli anni successivi entrò in campo anche Richard Hoagland, che era stato consulente della NASA per la placca con il messaggio agli extraterrestri installata sulla sonda Pioneer 10. Hoagland è una figura estremamente controversa, con un passato in settori come l'archeoastronomia. I suoi calcoli e correlazioni furono considerate come pura numerologia dai molti critici. Nel 1987 Hoagland, scrisse il libro I Monumenti di Marte e fondò un'organizzazione chiamata Mars Mission molto critica verso le presunte chiusure della NASA [4]. Nel 1991 Mark Carlotto pubblicò The Martian Enigmas dove asseriva di aver usato tecniche che provavano la tesi del manufatto e diceva di aver individuato nel volto la presenza di denti [5]. Anche il cartografo e geomorfologista Erol Torun, l'astronauta Brian O' Leary, l'antropologo Randolfo Pozo, il geologo James Erjavec e l'archeologo James E. Strange scrissero di anomalie da loro rilevate nell'osservazione o nel trattamento statistico delle immagini della zona inviate dal Viking. Nel 1993 infine, Stanley McDaniel, un professore di filosofia alla Sonoma State University in California, pubblicava un rapporto di 200 pagine dove faceva la storia degli studi sopra indicati e sottolineava la non volontà della NASA ad approfondire le ricerche.

A questo punto è doveroso ricordare che il rigore con cui si fa un'indagine, se esiste, non è sufficiente per giustificarne le conclusioni. Alcuni anni fa anche per i famosi cerchi nel grano comparsi in Inghilterra alcuni avevano elaborato complicati modelli matematici prima che due pensionati buontemponi confessassero il loro scherzo.

In un commento ufficiale la NASA ha fatto osservare che l'interpretazione unanime di tutti i geologi che hanno studiato la formazione è che la spiegazione più semplice di quello che si vede è data da una combinazione di luce, ombre ed erosione naturale. Vale anche quanto faceva notare Carl Sagan quando diceva che archeologi e simili esperti dovrebbero intervenire con le loro interpretazioni solo dopo che i planetologi, i geologi e gli astronomi hanno determinato l'artificiosità degli oggetti.

La parola finale la darà comunque la Mars Orbiter Camera (MOC) del Surveyor. Micheal Malin, il presidente della società che ha costruito la fotocamera e colui che decide cosa fotografare, ha riempito il suo sito Internet di informazioni tecniche su come verrà fotografata l'area di Cydonia. Commentando le elaborazioni delle immagini fatte dai proponenti dei manufatti marziani, Malin ci ricorda che non si poteva estrarre maggiore informazione dai dati che quella che era presente all'inizio. La maggiore risoluzione della MOC porrà fine, si spera, alle supposizioni.

Quale che sia il risultato auguriamoci che nella sua valutazione la tanto decantata "apertura mentale" dei seguaci della newage sia perlomeno pari a quella dimostrata dall'ente spaziale americano in questa occasione. "Naturalmente sarebbe molto eccitante" ha scritto in un editoriale la rivista New Scientist "se le immagini dettagliate rivelassero veramente un'antica città. Ciò farebbe miracoli anche per il budget della NASA. Ma questa è una teoria della cospirazione di tipo diverso".

Come è possibile che la nazione con le capacità tecniche, scientifiche ed economiche più elevate coltivi anche atteggiamenti così estremistici? Di certo la cultura americana presenta alcuni aspetti molto bizzarri per gli occhi europei. Basta pensare solo all'integralismo, quel fenomeno unico nell'occidente che preme affinché nelle scuole sia insegnato il "creazionismo" al posto della provatissima teoria scientifica dell'evoluzione. Oppure pensiamo al monopolio nordamericano sui presunti rapimenti da parte degli alieni. Nel suo libro American Exceptionalism, Seymour Martin Lipset cerca di analizzare le cause di questa stranezza. Molti americani scelgono di vivere in un contesto di credenze che sembrano bizzarre da fuori ma sono perfettamente sensate ed accettate all'interno della comunità in cui vivono.

Anche l'atteggiamento di tanti americani nei confronti della scienza rispecchia questo eccezionalismo. Come nel caso dei presunti artefatti alieni su Marte molto spesso non è il concetto di scienza stessa che viene messa in discussione, ma piuttosto la definizione di chi parla a nome della scienza.

Nel suo libro Redeeming Culture [6] lo storico James Gilbert mostra come in America l'interpretazione fideista del mondo spesso non si contrappone a quella scientifica ma piuttosto vuole "redimerla" perché la trova troppo astratta, distaccata e lontana dal senso comune. Ecco che allora Immanuel Velikovsky scrive nel 1950 un libro, Worlds in Collision che, sebbene quasi sconosciuto da noi, provocò grandi discussioni negli USA. In esso l'autore cercava goffamente di dare una spiegazione storico-scientifica ai miracoli del Vecchio Testamento.

Un atteggiamento "redentorio" di questo tipo emerge anche nel dibattito sulla vita extraterrestre nel sistema solare e sulle visite che gli UFO ci farebbero o ci hanno fatto. La spiegazione classica degli scienziati: "Possibile ma improbabile", non convince molti che cercano e credono di vedere prove dell'esistenza di tracce extraterrestri anche dove non ci sono. Si pensa allora di vedere le tracce degli alieni nei bassorilievi Aztechi o nei deserti del Perù, oppure sulla superficie di Marte. Le informazioni oggettive sulle caratteristiche chimico-fisiche dei pianeti che le sonde automatiche ci trasmettono sono percepite come aride e distaccate dalla "realtà" e non vengono accettate come definitive.

Conclusioni

I marziani sono andati forte recentemente e se solo pochi entusiasti scommettono sul ritrovamento di prove di una passata vita intelligente sul pianeta rosso, le possibilità di trascorse forme di vita meno evolute sono un poco più alte. Dopo il successo della mega produzione hollywoodiana Independence Day anche la NASA ha contribuito a questa atmosfera comunicando nell'estate 1996 il possibile ritrovamento di resti fossili di microrganismi in alcune meteorite cadute sulla Terra e provenienti da Marte. Anche questa notizia fu ripresa con grande risalto e ravvivò la nostra estate al punto che c'è da giurarci che ora milioni di persone saranno convinte che l'esistenza di forme di vita sul pianeta rosso è stata accertata. In verità il dibattito scientifico continua, la verifica è ancora altamente controversa ed è probabile che lo resti se non arriveranno nuovi dati dalla serie di sonde e moduli di atterraggio che la NASA invierà su Marte nel prossimo futuro.

MGS è stata la prima di una flotta di piccole sonde automatiche che saranno via via lanciate verso Marte e molti ricercatori attendono i dati provenienti da queste missioni. Si spera tra l'altro di poter chiarire l'origine di alcune strane immagini riprese anch'esse dal Viking nel 1976, ma che, al contrario del misterioso volto marziano, non ha conquistato le prime pagine dei giornali.

Desta interesse un oggetto vicino all'equatore del pianeta che potrebbe essere un'aggregazione di rocce carbonatiche. Se questa supposizione fosse confermata, andrebbe a confermare che in passato sulla superficie del pianeta c'era acqua allo stato liquido come sembrerebbe indicato anche dalla morfologia della superficie del pianeta. Se poi si trovassero tracce dell'esistenza di rocce dolomitiche ciò darebbe plausibilità alla presenza nel passato di vita organica su Marte [7].

E' chiaro che il posto migliore per cercare prove sull'esistenza di vita passata o presente è la superficie del pianeta stesso. Mentre esistono buone ragioni per credere che sia potuta esistere sul pianeta acqua allo stato liquido quando questo era giovane, ora esso è definitivamente inaridito [8]. Secondo alcuni esperti, quindi, se attualmente c'è vita microbatterica su Marte essa deve essere ben protetta nelle profondità del suo sottosuolo. Ci potrebbero però essere resti fossili sulla sua superficie, ma dovremmo riuscire ad identificarli nel caso questi fossili siano a livello di microrganismi. Trovare invece fossili di più grossi, se esistono e se come è presumibile non sono numerosissimi, richiede in aggiunta una buona dose di fortuna [9].

Cercare di tracce di vita su Marte si presenta a questo punto come qualcosa di molto meno banale dell'individuazione di presunti monumenti sulla sua superficie, possiamo scommettere che se questa domanda avrà una risposta questa sarà ottenuta con gli strumenti della razionalità anche se ciò rischierà di deludere chi avrebbe preferito gli effetti speciali ed un coinvolgimento come quello dei protagonisti del Odissea nello Spazio.

Andrea Albini

Bibliografia:

 

[1] New Scientist, No. 2053, 26 ottobre 1996, p.3, p.5.

[2] I dati trasmessi dall'antenna della sonda impiega 40 minuti alla velocità della luce per raggiungere la Terra e, naturalmente devono poi essere riconvertiti in immagini.

[3] Branderburg, J. E., Di Pietro, V., Molenaar, G., a) Unusual Mars Surface Features, Mars Research, PO Box 284, Glenn Dale, MD 20769, USA, 1988.

b) The Cydonia Hypothesis, Journal of Scientific Exploration, VoI. 5, No. 1 pp. 1-25.

[4] Hoagland, R.C., The Monuments of Mars, North Atlantic Books, Berkeley, USA, 1987.

[5] Carlotto M.J., The Martian Enigmas: A Closer Look, North Atlantic Books, Berkeley, USA, 1991.

[6] James Gilbert, Redeeming Culture, University of Chicago Press, USA, 1997.

[7] Le Scienze, No. 339, novembre 1996, p.15.

[8] Le Scienze, No. 341, gennaio 1997, pp. 34-42.

[9] New Scientist, No. 2043, Special Report: Life on Mars, 17 Agosto 1996, pp. 3-11

accessToken: '2206040148.1677ed0.0fda6df7e8ad4d22abe321c59edeb25f',