Le origini del "trucco della corda indiana"

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  • 14-09-2001
  • di Giuliana Manero

Londra. Chi non ha sentito parlare della leggendaria illusione orientale secondo cui alcuni fachiri sarebbero in grado di far sollevare da sola in aria una corda fino a farla rimanere rigida? Nella versione classica di questo misterioso resoconto un ragazzo saliva sulla corda e poi scompariva dalla vista; inoltre, in alcune variazioni del racconto, il fachiro saliva sulla corda tenendo in mano un coltello: qualche istante dopo volavano a terra pezzi del ragazzo, poi il fachiro scendeva nuovamente, raccoglieva i pezzi del giovane in un cesto da cui, alla fine dell'esibizione, ne usciva il ragazzo, sano e salvo. Co me si spiega questo famoso mistero?

Qualche anno fa (nel 1996), i parapsicologi inglesi Richard Wiseman e Peter Lamont avevano condotto una ricerca su tutte le più attendibili testimonianze oculari esistenti del fenomeno (Nature 383, 1996, p. 212-13) e avevano scoperto che più tempo passava, tra l'anno in cui il fenomeno era stato osservato e l'anno in cui veniva descritto (in un articolo o su un libro), tanto più le descrizioni si arricchivano di particolari improbabili (vedi S&P12 per il testo completo della ricerca).

Con la loro ricerca, dunque, Wiseman e Lamont avevano dimostrato che tali testimonianze non andavano prese sul serio e che l'intera storia era quasi certamente una leggenda, ispirata magari dalla fiaba di Jack e i fagioli magici.

Oggi, Lamont, che non ha mai smesso le ricerche sull'argomento, è riuscito a mettere la parola fine all'intera vicenda dopo aver scoperto che l'illusione era stata inventata di sana pianta 111 anni fa da un quotidiano americano nel tentativo di aumentare le vendite.

Il quotidiano era il Chicago Tribune e, nel 1890, raccontava esattamente il numero della corda indiana in tutti i suoi dettagli più incredibili (il ragazzo che scompare in aria, viene fatto a pezzi e ricomposto nel cesto).

Solo dopo l'enorme clamore suscitato dall'articolo, quasi quattro mesi dopo, il Tribune aveva rivelato che si trattava solamente di una trovata pubblicitaria. I redattori del giornale ritenevano, infatti, che i lettori si sarebbero accorti della burla leggendo il nome dell'autore dell'articolo: "Fred S. Ellmore" (che tradotto suona un po' come: Fred V. Endidipiù!)

Secondo Lamont, che scriverà un libro sulla vicenda, l'idea per l'articolo venne ai suoi autori probabilmente da un autentico numero di equilibrismo indiano in cui un ragazzo rimane in bilico, in piedi su un alto bastone.

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