L'ultimo Catone

di Matilde Asensi
Sonzogno, Milano, 2005
pp. 483 &euro 18.00

  • In Articoli
  • 26-08-2005
  • di Adriana Latina
L'ultimo Catone di Matilde Asensi è davvero un gran bel romanzo. Intendiamoci: io sono di parte questa volta, visto l'argomento del libro, e considerata la mia passione per il romanzo storico. Ma, soggettività a parte, una prosa estremamente fluida e strabilianti colpi di scena, tengono il lettore incollato alle pagine, invogliandolo a leggersi le quasi 500 pagine tutte in una volta.

Il racconto inizia nella Roma contemporanea: Suor Ottavia Salina, esperta in paleografia presso l'Archivio Segreto Vaticano, è chiamata a rapporto dalle massime autorità pontificie dopo una morte misteriosa. A lei, instancabile lettrice di manoscritti e pergamene difficilmente decifrabili, viene affidato l'incarico di indagare sulla morte di Abi-Ruj Iyasus, un etiope di trentacinque anni, deceduto dopo lo schianto dell'aereo a noleggio su cui volava in direzione del Peloponneso. Sul cadavere dell'uomo vengono identificati un tatuaggio di sette croci e le sette lettere greche, che compongono la parola che significa "croce" in greco. Ma non solo: sul luogo dello schianto sono ritrovati anche piccoli frammenti di legno. Potrebbero essere minuscole porzioni della reliquia della Vera Croce di Gesù.

Da qui, inizia un viaggio nei luoghi più sacri delle origini della cristianità: dal Monastero di Santa Caterina nel Sinai, la cui biblioteca contiene antichissime pergamene di testi apocrifi mai decifrate, a Gerusalemme fino ad arrivare a Costantinopoli, l'attuale Istanbul; da Atene ad Alessandria di Egitto, Suor Ottavia viene affiancata dalla Guardia Svizzera Kaspar Glauser-Röist e dall'archeologo Farag Boswell.

E le indagini, che sembrano concludersi rapidamente iniziano davvero proprio dove sembravano terminare. La scoperta di una setta religiosa di tipo massonico - gli Staurophylakes, i custodi della croce - erano incaricati di proteggere il sacro legno nel IV secolo e sono probabili indiziati nella morte dell'etiope Abi-Ruj Iyasus. La chiave di lettura dell'intricata serie di indizi viene fornita dalla Divina Commedia e, più precisamente, dal Purgatorio. Grazie alla sua interpretazione, vengono dissolti, molto lentamente e con colpi di scena degni dei migliori legal thrillers americani, uno dopo l'altro tutti i misteri: Catone l'Uticense, colui che diede il nome agli archimandriti degli Staurophylakes, è il guardiano del Purgatorio dantesco: una coincidenza non casuale. Suor Ottavia, infatti, scopre che gli Staurophylakes non si sono estinti, ma sono sopravvissuti alle Crociate e potrebbero essere rinchiusi in qualche monastero a custodire la Vera Croce.

Le strabilianti scoperte archeologiche si moltiplicano: la tomba dell'imperatore Costantino - quello della conversione al cristianesimo grazie alla visione della croce di Cristo in battaglia (in hoc signo vinces) - pergamene segrete con gli avvenimenti più impensabili - Dante stesso faceva parte dei custodi della Vera Croce - e poi Sant'Elena, tesori nascosti in cattedrali orientali e molto altro.

Insomma: la documentazione storica ed ecclesiastica usata in questo romanzo è filologicamente ineccepibile e risulta affascinante la coinvolgente miscela di misteri archeologici delle reliquie di Cristo escogitata dall'autrice. Dimenticavo: bello, sì. Ma pur sempre un romanzo. E, visto il successo de Il Codice da Vinci, occorre sempre ricordare di scindere la finzione storica dalla saggistica.

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