Intervista a Ignazio Marino, direttore dell'ISMETT

Lo stato dei trapianti d'organi in Italia tra istituti ad alta specializzazione

  • In Articoli
  • 23-11-2001
  • di Emiliano Farinella
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Ignazio Marino
Ignazio Marino, Nato a Genova il 10 marzo 1955, è professore di chirurgia all'Università di Pittsburgh dove ha lavorato per 15 anni. Nel 1999 si è trasferito in Sicilia, a Palermo, per dirigere l'Istituto Mediterraneo per i Trapianti e Terapie ad Alta Specializzazione (ISMETT) ed avviare un programma di trapianti multiorgano.
E` uno dei 3 Consulenti scelti dal Ministro della Sanità per la Consulta Tecnica Permanente del Centro Nazionale per i Trapianti e membro del Centro Regionale per i Trapianti della Regione Siciliana.
Ha una casistica personale di oltre 350 trapianti di fegato ed e' stato uno dei componenti del team che ha eseguito, il 28 giugno 1992 ed il 10 gennaio 1993, gli unici 2 xenotrapianti di fegato da babbuino ad uomo della storia. Membro di 23 Società Scientifiche e socio fondatore di due, ha ricevuto 35 riconoscimenti internazionali; è anche membro dell’Editorial Board di Transplantation e di altre 2 riviste scientifiche internazionali. E' autore di 444 pubblicazioni scientifiche e di un libro.

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  • Il sito dell'Istituto Mediterraneo per i Trapianti e Terapie ad Alta Specializzazione'': http://www.ismett.edu




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Il profilo dell'ISMETT
L’ Istituto Mediterraneo per i Trapianti e Terapie ad Alta Specializzazione (ISMETT) nasce da una partnership internazionale tra gli ospedali palermitani Civico e Cervello ed il Centro Medico dell’Università di Pittsburgh (UPMC Health System), sede del più prestigioso centro trapianti del mondo. Il progetto per la creazione di un centro trapianti multiorgano è stato avviato nel 1997 e finanziato dalla Regione Siciliana, dal Ministero della Sanità, oltre che fortemente sostenuto dal Comune di Palermo.
Lo staff medico, diretto dal prof. Ignazio Marino, ha avviato una serie di programmi di chirurgia ad alta specializzazione. Tra questi il principale è quello di trapianto di fegato. Il 31 luglio 1999 è stato eseguito il primo trapianto di fegato in Sicilia e fino ad oggi sono stati effettuati in totale 28 interventi di questo tipo, con una percentuale di sopravvivenza paragonabile ai migliori centri trapianti del mondo (91% a 365 giorni, calcolata con il metodo di Kaplan Meier).
Ugualmente importante è il programma di trapianto di rene da donatore vivente. In questo caso si tratta del trapianto di un organo donato in vita da un congiunto del paziente. Fino ad oggi ne sono stati effettuati 21 e l’ISMETT nel 2000 è stato il primo centro italiano per questo tipo di interventi.
Dall’inizio dell’attività clinica, inoltre, sono stati eseguiti più di 1000 interventi di alta specializzazione, in particolare chemioterapia intrarteriosa epatica, TIPS, resezioni epatiche e termoablazione per la cura dei tumori del fegato.
Sono stati eseguiti inoltre 4 trapianti di rene da donatore cadavere, per un totale di 53 trapianti complessivi in 18 mesi di attività.
All’interno dell’Istituto sono attivi numerosi servizi ad alta tecnologia. I principali sono la Cartella Clinica Elettronica, che ha sostituito quella cartacea ed è disponibile, attraverso un terminale informatico, in ogni stanza ed in ogni reparto, e la Telepatologia, un sistema di consulto medico intercontinentale che collega il laboratorio di Anatomia Patologica dell’ISMETT alla divisione di Anatomia Patologica dei Trapianti dell’Università di Pittsburgh. Il collegamento avviene in tempo reale attraverso una linea dedicata ad alta velocità ed il servizio è disponibile ogni giorno della settimana, 24 ore su 24.

Qual è la filosofia dell’ISMETT verso i trapianti?

Ciò che caratterizza la qualità dei servizi all’Istituto Mediterraneo per i Trapianti rappresenta, al di là della specifica tipologia e del livello qualitativo delle procedure effettuate, è l’applicazione nella realtà italiana di un diverso modello di organizzazione medica. Il punto cruciale di differenziazione rispetto al modello tradizionale italiano (ed europeo in genere) è rappresentato dall’organizzazione di un team di operatori con diverso background e specializzazioni eterogenee, ma in grado di integrarsi nella gestione clinica dei pazienti con il massimo utilizzo delle competenze di ciascuno.
Lo staff dell’ISMETT è composto da chirurghi, anestesisti, infettivologi, epatologi, nefrologi, cardiologi, gastroenterologi e radiologi che lavorano fianco a fianco. Per rafforzare questo sistema, l’organizzazione della degenza ha annullato la differenziazione, tipica degli ospedali italiani, tra reparti di chirurgia, di epatologia, di nefrologia, ecc., strutturandosi in termini di intensità di cura (degenza normale o area di terapia intensiva) e non in base alla patologia del paziente. La disponibilità, all’interno del reparto, di un’area di terapia intensiva molto avanzata, attrezzata con strumentazione di avanguardia e che consente una completa ed autonoma gestione del paziente in condizioni critiche, è un aspetto innovativo non solo per la qualità dell’assistenza medica, ma anche per la sua valenza culturale.

Le paure nei confronti della donazione che base hanno? Come sconfiggerle?

La paura più grande è legata al concetto di morte cerebrale. Il timore è quello di ritrovarsi distesi in un lettino d’ospedale ancora vivi ed essere identificati come donatori. E’ proprio quel concetto sbagliato e privo di fondamento scientifico che ha fatto scoppiare il “caso Celentano” qualche settimana fa. Per molte persone, infatti, è difficile accettare l’idea che una persona possa essere morta anche se il suo cuore continua a battere. E’ di fondamentale importanza far comprendere alle persone che la morte dell’uomo corrisponde alla fine dell’attività cerebrale, cioè al momento in cui nel cervello non c’è più segno di quella che i medici chiamano attività elettrica, e che profanamente possiamo anche definire “vita”.

I movimenti "antipredazione" hanno un significativo impatto negativo? Perché vengono portate avanti così a lungo tesi infondate, e come controbattere efficacemente?

L'impatto negativo dei movimenti antipredazione è strettamente legato alla diffusione da parte dei mass media di determinate notizie. Quando viene diffusa la notizia di un uomo considerato morto e poi tornato in vita, le donazioni sicuramente subiscono un calo. I mezzi d’informazione in merito alla questione della donazione e del trapianto hanno una grossa responsabilità. Se non si spiega al pubblico che il coma e la morte cerebrale sono due cose differenti si rischia di seminare il panico e dare spazio proprio alle leghe antipredazione. Dal coma ci si può risvegliare ma una persona morta non può tornare in vita, è questo il messaggio che tutti dovrebbero comprendere e accettare serenamente. E’ necessario spiegare che questa è una condizione irreversibile e che non vi è alcuna possibilità di errore perché i controlli sono meticolosi e completi. Un potenziale donatore è ricoverato in un reparto di rianimazione dove ci sono medici e infermieri che verificano e controllano quanto monitorato dalle apparecchiature. Una Commissione composta da un medico legale, da un anestesista e da un neurofisiopatologo esperto in elettroencefalografia, nominata dalla direzione sanitaria, ha il compito di osservare, per un certo numero di ore, che la morte sia veramente tale (questo periodo che viene definito per l’appunto “osservazione”). Solo alla fine di questo triplo livello di verifica si avviano le procedure di prelievo degli organi, nei casi in cui ci sia il consenso alla donazione.

Quali fondamenti ha la leggenda urbana del furto degli organi? Ci sono casi documentati di pazienti italiani che hanno comprato reni o organi all’estero?

Come ogni leggenda che si rispetti anche quella sul furto degli organi è inverosimile. Partiamo dal presupposto, vero, che per prelevare un rene sia necessaria una sala operatoria, tre chirurghi, alcuni infermieri, un reparto per la fase post prelievo, insomma è necessario un ospedale dove nel caso di ipotetici “furti” tutti siano d’accordo e conniventi nel prelevare organi a poveri innocenti, magari fatti sparire subito dopo per evitare scomodi scandali…Il furto degli organi non esiste e non è praticabile. Quello che accade in alcune parti del mondo, nelle zone economicamente più arretrate, è il commercio di organi. Si tratta di povera gente che, con il miraggio di guadagnare qualche soldo per tirare avanti, decide di vendere un rene in cambio di somme più o meno alte di denaro. È un fenomeno difficile da monitorare e controllare per la polizia dei paesi in cui questa pratica è diffusa ma il rischio è molto alto soprattutto per gli ipotetici acquirenti. Non conoscendo da dove arriva l’organo, le eventuali malattie o infezioni del donatore, le condizioni di prelievo (che potrebbero aver compromesso la funzionalità dell’organo), a volte il rimedio può risultare peggiore del male stesso; molti di questi pazienti trapiantati attraverso pratiche clandestine hanno contratto, per esempio, il virus dell’AIDS o dell’epatite C, attraverso l’organo trapiantato


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