Documentazione UFO in salsa anglosassone

Concluso il progetto di digitalizzazione del Regno Unito

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  • 19-11-2013
  • di Roberto Labanti
Dal 1947 a oggi le istituzioni pubbliche – politiche, civili e militari – di diversi Stati hanno prodotto o trattato un’imponente mole di documenti relativi agli oggetti volanti non identificati: lettere dal pubblico, rapporti osservativi di civili e militari, studi e analisi, ritagli stampa, policies, interpellanze... Nonostante le consistenti perdite – dovute non a presunti cover-up ma alle normali operazioni di eliminazione di documenti disciplinate dalle normative dei diversi Paesi, oppure a trascuratezze e negligenze – una parte di questa documentazione è sopravvissuta.

Come per tutte le altre carte, le leggi archivistiche nazionali stabiliscono dove questa documentazione deve essere conservata una volta che non è più corrente (presso gli archivi settoriali dei soggetti produttori oppure presso gli archivi generali) e i limiti alla consultazione (temporali o personali). Negli ultimi anni, dato l’interesse pubblico sull’argomento, diversi soggetti hanno ritenuto meno dispendioso procedere alla digitalizzazione dei documenti, solitamente anonimizzati per ragioni di privacy e sicurezza. Messi a disposizione sulla rete, possono essere consultati sia da semplici appassionati, sia da studiosi quali gli storici interessati a indagare vicende, pratiche, ideologie, immaginario contemporaneo di quello che è un «argomento parte della nostra storia sociale e culturale», come ricorda il folklorista David Clarke, docente di giornalismo presso la Sheffield Hallam University. Egli ha studiato in modo approfondito il materiale britannico osservando che: «i documenti [...] forniscono sia una visuale sulle credenze UFO, sia un unico database di rapporti provenienti da chi li ha visti[1]». Rapporti che, è il caso di aggiungere, possono essere utili per ricerche di tipo diverso, come la ricostruzione di fenomeni atmosferici insoliti (bolidi, rientri satellitari, fulmini globulari).

In assenza di qualcosa del genere in Italia (dove il rilascio, cartaceo, di copia del materiale raccolto dall’Aeronautica Militare non ha coinvolto strutture archivistiche pubbliche ma un’associazione privata, il Centro Italiano Studi Ufologici, e si è interrotto nel 2001, quando altre priorità hanno interessato la struttura militare dopo il tragico 11 settembre di quell’anno[2]), il recente completamento del progetto pubblico di digitalizzazione di più ampio respiro nei Paesi anglosassoni – quello britannico – può essere l’occasione per riassumere la situazione attuale nel Regno Unito e in alcuni reami del Commonwealth, in particolare Australia, Nuova Zelanda e Canada.

Partiamo proprio dal Regno Unito, dove, come avevamo già visto su “Query” n. 3 (2010), l’ufficio di segreteria civile del Ministero della Difesa che aveva fra i suoi diversi compiti l’essere il front office desk in materia di avvistamenti UFO per media e stampa ha cessato di occuparsene alla fine del 2009, ormai sommerso da segnalazioni di lanterne cinesi che ostacolavano le sue mansioni prioritarie. Già da diversi anni, comunque, l’intelligence scientifico-tecnologica del Defense Intelligence Staff (DIS) non riceveva più copie dei rapporti raccolti dal primo ufficio, conseguenza ultima del rapporto finale segreto del cosiddetto Project Condign (1996-2000), nel quale un contractor (rimasto anonimo ma proveniente dall’industria aerospaziale) aveva concluso per l’irrilevanza dal punto di vista dell’intelligence delle segnalazioni di oggetti volanti non identificati. Per le leggi in vigore, a eccezione di quelli relativi a questioni “sensibili”, dopo trent’anni dalla produzione i documenti erano inviati agli archivi nazionali: qui, nel 2005 erano liberamente consultabili oltre duecento fascicoli databili fra il 1912 e il 1984. A partire dal 2001, poi, un ristretto gruppo di studiosi (informalmente coordinato da D. Clarke) era riuscito, sfruttando le normative sulla trasparenza, a ottenere il rilascio di alcuni fascicoli più recenti direttamente dal ministero. Dopo l’approvazione della legge sulla libertà di informazione (2005), quest’ultimo ha deciso di conferire i fascicoli ancora in suo possesso ai National Archives, in anticipo sui tempi previsti. Questi 209 fascicoli (per un totale di circa 52.000 pagine) risalenti al periodo 1984-2009 sono oggi di pubblico dominio, digitalizzati e pubblicati (con la collaborazione dello stesso Clarke), fra il maggio 2008 e il giugno 2013, su uno specifico sito web, dove, dopo il primo mese gratuito, sono ora consultabili dietro pagamento di una piccola somma, necessaria a coprire i costi dell’operazione[3]. Purtroppo rimangono invece in formato cartaceo i fascicoli già precedentemente pubblici, che possono essere digitalizzati a pagamento su richiesta[4].

Il Dipartimento della Difesa (DOD) del Commonwealth dell’Australia ha invece cessato di raccogliere segnalazioni UFO dal pubblico già nel 1994. Il materiale fino ad allora prodotto è stato trasferito presso i National Archives of Australia (NAA) dove i documenti sono liberamente consultabili dopo trent’anni dalla loro redazione. Sempre presso gli stessi archivi è disponibile una minore quantità di documentazione prodotta da altri dipartimenti governativi (il Department of Supply, l’Ufficio Meteorologico, l’Aviazione civile, il Dipartimento dei Trasporti, la Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation, eccetera) che, volenti o nolenti, hanno avuto a che fare nel corso degli anni con eventi ufologici. Le regole in vigore prevedono la possibilità di richiedere, a pagamento, la digitalizzazione dei documenti: in assenza di un qualunque progetto pubblico di largo respiro simile a quello inglese, grazie prima all’operato del Disclosure Australia Project (2003-2008), poi di alcuni studiosi (principalmente Keith Basterfield e Paul Dean) la maggior parte dei documenti conosciuti per il periodo 1951-1984, circa un centinaio di fascicoli per oltre 12.000 pagine, è oggi gratuitamente disponibile in formato digitale sul sito degli stessi archivi. Sempre Basterfield è riuscito recentemente, utilizzando la locale legge sulla libertà d’informazione, a ottenere copia di alcuni documenti di cui si conosceva l’esistenza prodotti fra il 1985 e il 1994 dallo stesso DOD[5]. Visto che indirettamente riguardano l’Italia, è il caso qui di segnalare che fra i documenti digitalizzati vi sono quelli relativi alle ricerche del Cessna scomparso la sera del 21 ottobre 1978 nei dintorni di Victoria insieme al suo pilota, il giovane italo-australiano Frederick Valentich[6].

Per quanto riguarda la Nuova Zelanda, il materiale della New Zealand Defence Force, prodotto fra il 1952 e il 2009 e depositato presso gli Archives New Zealand, è stato solo parzialmente digitalizzato nel 2010 (circa 2.100 pagine), quando una parte di esso sarebbe comunque divenuta pubblicamente accessibile, e pubblicato dal sito web del quotidiano della capitale neozelandese Wellington The Dominion Post[7]. Passiamo infine al Canada, che già intorno al 1980 aveva trasferito la documentazione presso i Library and Archives Canada. Senza particolare interesse mediatico, e in anticipo rispetto agli altri, intorno al 2005, circa 9.000 pagine prodotte fra il 1947 e i primi anni ottanta del secolo scorso dal Dipartimento dei Trasporti, dal Dipartimento della Difesa Nazionale, dalla Royal Canadian Mounted Police e dal National Research Council sono state digitalizzate e messe a disposizione sul sito web degli archivi federali[8].

Decine di migliaia di pagine di documenti “ufficiali” consultabili da un qualunque paese del mondo, senza particolare burocrazia: non c’è dubbio che avrebbero dovuto essere una manna per gli appassionati di ufologia, spesso influenzati da discorsi complottistici sul nascondimento della “verità” da parte dei Governi. Purtroppo, se il sito britannico è stato visitato da oltre quattro milioni di persone, dimostrazione del successo dell’operazione e della strategia anche educativa posta alla base del progetto, le altre iniziative sembrano essere sfuggite all’attenzione e all’interesse di molti (salvo lodevoli eccezioni: ad esempio, allo scopo di facilitare le ricerche, uno studioso britannico, Isaac Koi ha recentemente prodotto versioni PDF con riconoscimento ottico dei caratteri del materiale australiano, canadese e neozelandese e le ha rese disponibili su Internet, commentando i documenti più interessanti). E, come nota amaramente David Clarke, «invece di salutare la divulgazione come una svolta, i fuori di testa cospirazionisti l’hanno descritta come un cover-up, perché i documenti non forniscono alcun supporto alle loro credenze[9]».

Note

1) Clarke, D. 2012. The UFO Files. The inside story of real-life sightings [2nd Ed]. London: Bloomsbury, p. vii
2) Si vedano gli articoli apparsi su “Ufo - Rivista di Informazione Ufologica” nn. 28-31 (2004-2005)
4) Clarke, D., op. cit.
accessToken: '2206040148.1677ed0.0fda6df7e8ad4d22abe321c59edeb25f',