Il teletrasporto in laboratorio

Quando la scienza prende spunto dalla fantascienza: storia e prospettive della ricerca sulla tecnologia di Star Trek

  • In Articoli
  • 10-01-2003
  • di Andrea Parlangeli

Già da qualche anno, si è riacceso il dibattito sul teletrasporto. Ma, curiosamente, le discussioni non coinvolgono presunti maghi o autori di film di fantascienza; bensì gli scienziati, gli scettici per eccellenza. Come mai? Due esperimenti, effettuati nel 1997, hanno dimostrato il teletrasporto di fotoni, ossia delle particelle elementari che costituiscono la luce. E, pochi mesi fa, è stato dimostrato teoricamente come trasferire gli atomi, cioè i veri mattoni della materia. Tutto cominciò nel 1997, con gli esperimenti di Francesco De Martini dell'Università La Sapienza di Roma e Anton Zeilinger, oggi docente presso l'Università di Vienna.

Trasferimento

d'informazione

Ma che cosa si intende esattamente per teletrasporto? Scomporre un oggetto (finora si parla solo di particelle elementari) in un punto e ricomporlo in un altro punto, magari su un'altra galassia. Ciò che viene trasferito, in realtà, non è la materia che compone l'oggetto, ma la sua "informazione", ossia tutte le proprietà delle particelle che lo compongono. Ma non si tratta nemmeno di fare un semplice "fax": "Un fax produce una copia che è facile distinguere dall'originale", spiega Zeilinger, "mentre un oggetto teletrasportato è indistinguibile anche in linea di principio. Inoltre, nel teletrasporto, l'originale viene necessariamente distrutto".

Ipotetico viaggio

Per illustrare i principi fondamentali di questo fenomeno è bene considerare un esempio irreale, ma istruttivo. Immaginate che Alice, sulla Terra, voglia teletrasportare un mazzo di fiori al suo fidanzato Bob, su Marte. Come può fare? La strumentazione minima è di due cabine, il cui interno sia perfettamente isolato dal mondo esterno. Nella cabina sulla Terra, Alice inserisce sia il mazzo di fiori, sia una quantità esattamente uguale di "materia ausiliaria". Cioè una materia composta dagli stessi atomi dei fiori, ma senza una forma predefinita: una specie di "blob". Questa materia ausiliaria deve avere un "gemello" su Marte, dotato di una proprietà per noi insolita, ma possibile nel mondo microscopico: se si modifica il blob sulla Terra, anche il blob su Marte si modifica istantaneamente. Alice preme ora un pulsante, attivando uno scanner che "legge" tutte le informazioni del mazzo di fiori, cioè la posizione e lo stato degli atomi che lo compongono, anche se, per farlo, deve necessariamente distruggere questo stato (lo impongono le leggi della fisica microscopica). Durante le misure, la materia ausiliaria si "mischia" al mazzo di fiori, e questo stato "misto" viene istantaneamente trasferito alla materia gemella, su Marte. Il risultato delle misure viene poi inviato in maniera tradizionale, per esempio via radio. Quando i segnali radio raggiungono la cabina su Marte, il trasferimento è completo e si accende una spia: Bob può aprire il portello e prendere i fiori.

Dai fiori ai fotoni

Il teletrasporto di oggetti concreti è però solo fantascienza. Già un granello di sabbia, per esempio, è composto da circa un miliardo di miliardi di atomi, che contengono abbastanza informazione (un miliardo di miliardi di gigabit) da intasare per tre miliardi di anni perfino le modernissime fibre ottiche, che trasmettono fino a dieci miliardi di bit al secondo. Oltretutto, non è detto che teletrasportare un granello sia equivalente a trasferire tutti i suoi atomi.

Le leggi fisiche che governano il mondo atomico (descritte dalla meccanica quantistica) sono infatti molto diverse da quelle che regolano il moto dei pianeti o dei granelli di sabbia, e ci consentono una conoscenza solo parziale della realtà. Ciò può sembrare strano, perché siamo abituati a pensare che per conoscere un oggetto basti osservarlo con attenzione. Ma osservare una particella elementare non è la stessa cosa, perché per "vederla" occorre illuminarla, toccarla, e quindi perturbarne lo stato. Per esempio, quanto meglio ne conosciamo la posizione e tanto meno è possibile saperne la velocità. La cosa più strana è che questa imprecisione non è dovuta a problemi tecnici nelle misure, ma è un principio fondamentale della fisica microscopica, detto di indeterminazione".

Gemelli siamesi

Il principio di indeterminazione sembra però impedire il teletrasporto: se non è possibile conoscere le informazioni che descrivono una particella, come è possibile teletrasportarla? Il trucco fu trovato nel 1993 da un gruppo dell'Ibm guidato da Charles Bennet, e consiste nel trasferire lo stato della particella senza misurarlo direttamente, ma utilizzando una sorta di comunicazione telepatica che si stabilisce tra coppie di particelle "gemelle". Di che si tratta? Di particelle che hanno proprietà fisiche "correlate". Nel caso dei fotoni, per esempio, una proprietà importante è la polarizzazione, una grandezza fisica che indica la direzione del campo elettrico che forma i fotoni. Se due fotoni sono correlati tra loro, quando uno ha una polarizzazione, per esempio, verticale, l'altro ha una polarizzazione necessariamente orizzontale. Bisogna anche precisare che, a causa delle leggi della meccanica quantistica, la polarizzazione di un fotone può, in generale, essere in una "sovrapposizione" delle due possibilità, un po' come una monetina che gira mostrando entrambe le facce: è il processo di misura che lo "costringe" a essere polarizzato in un modo o nell'altro, così come fermando una moneta si può stabilire se il risultato è testa o croce. Due fotoni correlati sono proprio come due monetine "telepatiche" che girano in senso opposto: quando Alice ferma la sua moneta, anche la moneta di Bob si ferma all'istante e mostra la faccia opposta.

Questo fenomeno è stato battezzato entanglement, che vuol dire aggrovigliamento. "L'entanglement fu ipotizzato teoricamente da Albert Einstein, Boris Podolsky e Nathan Rosen nel 1935", spiega Gian Carlo Ghirardi, professore di fisica teorica presso l'Università di Trieste. Ghirardi stesso contribuì a dimostrare che le correlazioni tra particelle gemelle sono sì istantanee, ma per essere utilizzabili in pratica hanno bisogno dell'aggiunta di informazioni scambiate alla velocità della luce: l'entanglement, di conseguenza, non viola affatto i principi della relatività stabiliti da Albert Einstein.

Gli esperimenti

L'idea teorica di Bennet sul teletrasporto fu messa in pratica dal gruppo di Zeilinger nel seguente modo. Alice e Bob ricevono due fotoni correlati, A e B (la materia ausiliaria). Poi viene dato ad Alice un altro fotone, X (il mazzo di fiori), da teletrasportare a Bob. Per farlo, Alice deve riuscire a "gemellare" anche A e X, perchè in questo modo la polarizzazione di X diviene automaticamente uguale a quella di B. Per ottenere questo risultato è necessario sovrapporre i due fotoni (sempre A e X) e sperare che essi si gemellino. Per saperlo Alice deve effettuare una misura che distrugge entrambi i fotoni e che ha solo una probabilità su quattro di riuscire. Se l'esperimento riesce, il fotone di Bob diventa uguale al fotone X di partenza. Bob può saperlo solo quando Alice gli comunica l'esito delle sue misure.

L'esperimento di De Martini è molto simile, ma in questo caso, il fotone X viene creato modificando le proprietà del fotone A stesso. Con questo trucco, ideato da Sandu Popescu dell'università di Bristol, il trasferimento delle informazioni avviene quattro volte su quattro. Ma perché si usano sempre fotoni? "Altre particelle, come atomi o elettroni, sono difficili da maneggiare" spiega De Martini. Anche se, recentemente, un gruppo guidato dal professor Eugene Polzik dell'Università danese di Aarhus ha effettuato un primo passo importantissimo verso il teletrasporto di materia: è riuscito a stabilire l'entanglement (il gemellaggio) tra due nubi di gas di cesio, formate da mille miliardi di atomi ciascuna.

Anima e corpo

Rimane un dubbio: se pure fosse tecnicamente possibile trasferire tutti i suoi atomi, è possibile, in linea di principio, teletrasportare una persona? In altre parole, sarebbe possibile, oltre al corpo, trasferire la vita e la coscienza? Impossibile dirlo, ma, nota Zeilinger, affinché una persona rimanga la stessa, non è affatto necessario che tutta la sua informazione microscopica rimanga inalterata: noi tutti cambiamo in continuazione: cresciamo, invecchiamo, mangiamo, viviamo esperienze che modificano i nostri stati d'animo... ma non per questo perdiamo la nostra identità.

Trasporto di bit

Oggi, però, gli sforzi degli scienziati si focalizzano soprattutto nel campo dell'informatica. I computer, infatti, utilizzano segnali elettrici per generare sequenze di bit con le quali effettuano operazioni matematiche. I bit possono assumere il valore di uno o zero e sono generati da piccoli interruttori elettrici che possono essere accesi (uno) o spenti (zero). Se gli interruttori diventano così piccoli da funzionare secondo le leggi quantistiche, allora possono trovarsi in uno stato detto "qubit" (cioè bit quantistico): possono cioè assumere contemporaneamente i valori uno e zero, e quindi effettuare operazioni molto più complesse. Ma lo stato indeterminato dei qubit è molto delicato, e la tecnica del teletrasporto è importante per elaborare e trasferire questo tipo di informazioni.

I computer quantistici esistono già: un prototipo molto semplice (costituito da poche molecole) è stato già costruito nei laboratori Ibm da Isaac Chuang. Lo stesso ricercatore, insieme con Daniel Gottesman della Microsoft, ha inoltre dimostrato (per ora solo teoricamente) che è possibile progettare computer quantistici molto più complessi: tra qualche decennio, questo teletrasporto di informazioni potrebbe entrare perfino nella nostra vita quotidiana.

 

Andrea Parlangeli

Giornalista, Focus

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