Il caso di Chiara Bariffi

Siamo andati sul lago per capirne di più

Come ha potuto Mariarosa Busi, presunta sensitiva 55enne, ad indicare il punto esatto del lago in cui si trovava Chiara Bariffi? Ha veramente il merito del ritrovamento? Analizziamo i fatti con ordine.

Mariarosa Busi aveva già fatto parlare di sé nel novembre del 2003, quando si era recata sul luogo del ritrovamento di Roberto Moreni di Castenedolo (BS), morto suicida nelle acque del Lago d'Iseo, annunciando di aver "percepito" che anche la moglie Giovanna Mazzardi si trovava là sotto. Ma in quel momento erano già stati individuati il corpo del marito, l'automobile e la borsetta con i documenti e il telefono della signora Mazzardi. In più esisteva una audiocassetta in cui la moglie dichiarava la volontà di suicidarsi, quindi non occorreva certo un veggente per supporre che anche il suo corpo sarebbe stato rinvenuto in quel punto. A questo proposito, le parole dei volontari del Gruppo Soccorso Sebino di Pisogne (BS), che hanno lavorato al recupero, sono chiare: "In quella occasione Mariarosa Busi è arrivata solo dopo, quando tutto era già stato fatto".

I giornali avevano parlato di Mariarosa Busi anche nel 2004, quando aveva convinto il sindaco di Toscolano Maderno, sul Lago di Garda, a eseguire scavi nel giardino del Vittoriale per cercare il famoso "Oro di Dongo", il tesoro di Mussolini che potrebbe includere anche carteggi segreti fra lo stesso Mussolini e Churchill. La Busi si è detta convinta che il tesoro si trovasse nel Vittoriale perché, come ha dichiarato, era stato lo stesso Duce a rivelarle il segreto per via medianica. Il risultato dell'operazione? Qualche buco nel parco, ma nessun tesoro. Perché, dice la veggente, "non si è cercato abbastanza".

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Chiara Bariffi.

Ma veniamo ai fatti recenti. Nella notte fra il 30 novembre e il 1 dicembre 2002, Chiara Bariffi di 30 anni scompare mentre percorre il tratto di strada di quattro chilometri da Dervio a Bellano, sul Lago di Como (a nord di Lecco). Quella notte sul lago infuriava una tempesta, così intensa da provocare rovinose frane sulle alture circostanti.

Ritenendo possibile un incidente, sia le autorità che alcuni sommozzatori volontari avevano effettuato ricerche nel lago. Il punto più probabile in cui la ragazza avrebbe potuto essere caduta in acqua con la sua automobile è una curva all'imbocco della prima galleria che si incontra procedendo verso sud, cioè verso Bellano. La curva è cintata da un muretto, al di là del quale la parete precipita a picco nel lago, che in quella zona raggiunge la profondità di quasi 200 metri. Le persone del luogo sanno che là sotto si trovano diversi mezzi vittime di incidenti, più altri ancora che vi sono stati gettati volontariamente, pare a seguito di atti malavitosi. Inoltre i Carabinieri sospettano che vi si possa trovare il corpo di almeno un'altra persona, scomparsa da dieci anni e non ancora ritrovata. A ulteriore testimonianza della pericolosità del luogo, nella zona si possono vedere tre lapidi.

Il breve tratto di strada prima della galleria è l'unico, nel percorso fra Dervio e Bellano, in cui vi è una elevata probabilità che possa accadere un simile incidente. Il muretto non è un impedimento alla caduta in acqua perché non è molto alto; inoltre un residente ricorda che in quel punto erano ammassati detriti di cantiere, che potevano fungere da trampolino verso l'abisso. In più il veicolo di Chiara Bariffi era un fuoristrada, quindi con il baricentro alto.

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La curva pericolosa.

Nella primavera di quest'anno, una giornalista che conosceva la signora Busi l'ha presentata alla famiglia Bariffi. Il lunedì di Pasqua il padre Francesco, convinto che Chiara fosse caduta nel lago, ha accompagnato la veggente sul probabile teatro dell'incidente. Dopo la visita la Busi ha dichiarato di aver "percepito" Chiara che la chiamava dal fondo del lago, proprio al di sotto della curva pericolosa. Perciò quest'estate alcuni subacquei avevano effettuato ricerche in quel punto, portando una telecamera fino alla profondità di 80 metri, ma senza alcun risultato.

Al tempo del ritrovamento nel Lago d'Iseo dei coniugi Moreni, Mariarosa Busi aveva conosciuto i volontari del Gruppo Soccorso Sebino e il suo presidente Remo Bonetti, che ha all'attivo il ritrovamento di circa 120 scomparsi, quasi tutti trovati cadaveri. Bonetti, che ha rinvenuto il primo cadavere all'età di 11 anni, confida nelle facoltà paranormali dei veggenti e ritiene che alcuni di essi gli abbiano già fornito indizi per la soluzione di una trentina di casi. Il gruppo di Pisogne è anche tra le poche organizzazioni a disporre di un efficace mezzo di esplorazione subacquea, il robot filoguidato "Mercurio" in grado di raggiungere la ragguardevole profondità di 500 metri. Date queste credenziali, il padre di Chiara ha contattato i soccorritori.

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Remo Bonetti.

Nel weekend del 20-21 agosto Bonetti si è recato sul posto con Francesco Bariffi per prendere visione della situazione. Il weekend successivo (27-28 agosto) sono iniziate le operazioni per delimitare la zona delle ricerche, un rettangolo lungo 300 metri nella direzione della costa e profondo 400 metri verso il centro del lago. A causa di un guasto al robot Mercurio non è stato però possibile procedere nelle esplorazioni subacquee oltre la profondità di 114 metri. Riparato il mezzo, il weekend successivo (3-4 settembre) il gruppo era impegnato in una simulazione con la protezione civile, perciò le prospezioni sono state rimandate alla domenica seguente (11 settembre). Quel giorno, dopo meno di un'ora di perlustrazioni, le telecamere del robot hanno filmato l'automobile adagiata a 122 metri di profondità, in un punto a circa 100 metri dalla costa. All'interno del veicolo si trovava il corpo della giovane ancora intatto, una circostanza normale per i cadaveri che giacciono sul fondo dei laghi.

Avvertite le autorità, il gruppo speciale dei Carabinieri di Genova ha poi proceduto al recupero del corpo e dell'automobile.

A seguito del ritrovamento di Chiara Bariffi, Mariarosa Busi si è guadagnata un'ampia notorietà grazie ad articoli su quotidiani, settimanali e servizi televisivi. Altri parenti di persone scomparse hanno già richiesto il suo intervento, fra cui la madre della piccola Denise Pipitone, scomparsa da Mazara Del Vallo nel settembre 2004.

Nonostante il successo personale, non risulta che la veggente abbia mostrato riconoscenza nei confronti dei volontari bresciani, sebbene questi abbiano avuto una parte determinante nella vicenda. La circostanza è stata evidenziata con comprensibile disappunto dal responsabile Remo Bonetti: "Su tante interviste, non ho letto nessuna parola di ringraziamento per il nostro gruppo". Tuttavia lo stesso Bonetti, convinto delle facoltà dei veggenti e visto l'apparente successo della Busi, ne ha richiesto l'aiuto per un ulteriore caso, attualmente non risolto e finora mai reso pubblico.

Sarà un'occasione per dimostrare l'efficacia delle intuizioni della veggente? Nessuno può dirlo, ma se ci saranno nuovi sviluppi il CICAP non mancherà di seguire il caso.

Marco Morocutti
Sperimentazioni CICAP

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