La Riforma protestante favorì la diffusione del pensiero magico?

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  • 15-07-2019
  • di Giuseppe Stilo
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Francis Young è uno storico inglese indipendente, nel senso che non lavora a tempo pieno in nessuna istituzione accademica. Come succede sovente, questa circostanza non gli ha impedito di produrre risultati di rilievo. Fra le altre cose, dopo il dottorato in storia, è diventato membro della “Folklore Society”, della “Royal Historical Society” e della “Societas Magica”, che è uno strumento che collega coloro che s’interessano alla storia del pensiero magico.

In effetti, è proprio nell’ambito delle idee sul soprannaturale che Young ha prodotto lavori importanti, come il recente volume Magic as a Political Crime in Medieval and Early Modern England (2017), oppure A History of Exorcism in Catholic Christianity (2016, traduzione italiana presso Carocci, Roma, 2018).

Alla fine di marzo sulla rivista Religions è uscito un suo nuovo saggio[1]. Si tratta di uno studio che presenta tratti originali e che apre vie d’indagine parzialmente nuove per capire una delle modalità tramite cui il pensiero occultistico si diffuse nell’Europa della prima modernità, ossia nel Cinquecento.

L’evidenza, argomenta Young, mostra che le biblioteche delle confraternite monastiche del Basso Medioevo inglese possedevano vaste raccolte di testi di magia[2]. Young sostiene che la nascita della cultura occultistica moderna fu dovuta (anche) a una conseguenza non voluta della Riforma protestante in Gran Bretagna: la chiusura dei monasteri e lo scioglimento degli ordini. Questa circostanza, infatti, comportò una fortissima diffusione del pensiero magico rispetto al periodo precedente, e in sostanza una sua “democratizzazione”. Entro la seconda metà del Cinquecento, a mano a mano che i tentativi di restaurare il controllo del papato sulle isole britanniche perdevano vigore, il pensiero magico coltivato e conservato dagli ordini religiosi maschili si trasformò nell’attività di una classe di professionisti laici pronti a rispondere a richieste di spiritualità che sorgevano in un panorama culturale, politico e religioso in forte trasformazione.

La posizione tradizionale degli storici britannici sulle credenze nel soprannaturale agli inizi dell'era moderna britannica, cioè a metà del Cinquecento, è ben espressa dal libro di Keith Thomas, Religion and the Decline of Magic[3], per il quale la Riforma avrebbe rapidamente privato la classe dei sacerdoti delle sue funzioni “magiche”. Le arti occulte sarebbero loro sfuggite di mano e vi sarebbe stato un processo di sostituzione totale. Da qui la nascita di “nuovi” maghi. Questi personaggi “nuovi” sarebbero stati dunque i progenitori dell’occultismo e dell’esoterismo europei, come anche noi li abbiamo conosciuti nel XX secolo.

Secondo Young le cose furono più lente e più complicate. Per lui si delinea un quadro diverso, che ci aiuta a spiegare, insieme a molte altre cose, perché nonostante la modernizzazione dovuta alla nascita della scienza come la intendiamo, al sorgere del Protestantesimo, degli Stati nazionali e poi dell’Illuminismo, l’esoterismo si diffuse sempre di più in larghe parti d’Europa.

Uno dei motivi fu proprio che gli ex-monaci inglesi, privati del loro status, cominciarono a occuparsi di magia nel bel mezzo della nuova civiltà urbana e con minori barriere religiose rispetto al tempo in cui la chiesa di Roma era il referente religioso dominante. Poterono farlo perché l’analisi dei testi magici conservati richiedeva la conoscenza del latino e, soprattutto, perché quegli individui erano operatori esperti del grande universo simbolico costituito dalla liturgia: un universo antropologico i cui confini rispetto al magico sono da sempre assai sfrangiati.

Monaci, frati, docenti universitari e loro studenti erano gruppi sociali che, rispetto ai parroci, sovraccarichi di lavoro, avevano più tempo per occuparsi di magia e per studiarne le fonti. Nelle loro abitazioni potevano disporre di biblioteche private, e la presenza di libri di quel genere era sovente giustificata sulla base di una maggior perfezione spirituale rispetto al clero secolare (che si occupava anche di compiti di amministrazione e gestione dei patrimoni), oltre che, ovviamente, di una maggior capacità di discernimento rispetto a quella dei laici. Erano anche sottoposti a minori controlli: le fonti mostrano che spesso, quando questi avvenivano, si scopriva che i monaci praticavano vari tipi di atti magici[4] usando immagini a carattere astrologico, o addirittura che disponevano di laboratori alchemici.

Per una curiosa ironia della sorte, il processo delineato da Young potrebbe esser stato favorito dalla polarizzazione dello scontro religioso nella Gran Bretagna del Cinquecento. Fin dagli inizi, con la Riforma sostenuta da Enrico VIII, la figura del prete, da lungo tempo sospettato di essere un cultore delle arti magiche, diventò oggetto di nuove accuse da parte protestante. Thomas Cromwell, Lord del Sigillo Privato di Enrico VIII, i cui consiglieri indagavano sulle attività sospette dei preti cattolici destituiti, ricevette un rapporto che spiegava la scoperta di un intero laboratorio alchemico segreto nel priorato di Walsingham.

Mentre l’utilizzo di mezzi magici per la perfezione spirituale era del tutto estranea alla mentalità protestante, la presenza fisica di angeli e demoni era una cosa che preoccupava anche i nuovi “dominatori”: e i monaci apparivano agli occhi del popolo saperla lunga su questi argomenti.

Che la fama dei frati inglesi di essere dei maghi fosse meritata o meno, le conseguenze di quell'etichetta furono importanti e durature. Lo storico Owen Davies ha mostrato[5] quanto al proposito pesò l’immaginario popolare. Ai frati della fine del Medioevo non bastava scagliarsi contro la magia, perché l’uditorio ne stesse lontano. Semplicemente - e la cosa riguarda in specie la curiosità intellettuale dei francescani inglesi - da quel pensiero erano attratti e lo frequentavano. La polemica protestante, pur basata su presupposti diversi rispetto alle opinioni popolari, da metà Cinquecento non fece altro che rafforzare lo stereotipo del prete-mago. Vero è che i sostenitori del nuovo assetto religioso erano interessati a dipingere le attività magiche dei monaci cattolici come frodi più che come vero commercio con i demòni[6], ma il risultato fu lo stesso: un rafforzamento dell’immagine del sacerdote della chiesa di Roma come depositario di conoscenze segrete.

Una delle voci che ricorsero a lungo nei secoli XVI e XVII (e ce ne sono tracce anche per buona parte del Settecento) era che i monaci avessero nascosto nei resti delle ex-abbazie, magari distrutte (come fu la norma in Scozia), tesori di ogni tipo ottenuti grazie all’alchimia. Questa voce fu una delle cause principali della sopravvivenza e poi della diffusione dell’interesse collettivo per la letteratura magica un tempo detenuta dai frati.

Secondo Young uno dei testi più significativi di quel periodo, il cosiddetto Cambridge Book of Magic (databile fra il 1530 e il 1560), mostra caratteristiche che fanno pensare sia stato compilato proprio da qualcuno proveniente da un contesto monastico.

Le condanne dei “frati necromanti”, di solito motivate dalla propaganda religiosa contro Roma, per Young in realtà agirono da potenti mezzi pubblicitari. La polemica dei Riformatori finì per attirare l’attenzione di un intero pubblico sulle presunte conoscenze preservate o coltivate nei chiostri, invece che suscitare riprovazione.

In questo modo si aprì la strada per la democratizzazione e per la modernizzazione del pensiero magico. Anche da queste dinamiche, dunque, si direbbe provenga l’interesse degli occidentali contemporanei per la magia.

Note

1) Young, Francis. "The Dissolution of the Monasteries and the Democratisation of Magic in Post-Reformation England", Religions, 10 (241), 2019, disponibile all’url: http://tiny.cc/3mi87y .
2) Davies, Owen. Grimoires: A History of Magic Books, London, Continuum, 2009.
3) Thomas, Keith. Religion and the Decline of Magic, London, Penguin, 1° edizione 1971.
4) Page, Sophie. Magic in the Cloister: Pious Motives, Illicit Interests, and Occult Approaches to the Medical Universe, Pennsylvania State University Press, 2013, pp. 26-27, 49-72, 140.
5) Davies, op. cit., p. 37.
6) Young, Francis. English Catholics and the Supernatural, 1553-1829, Farnham (Inghilterra), Ashgate Co., 2013, p. 147.
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