Il creazionismo islamico di Harun Yahya

Cos’è e Cosa Non è

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  • 22-09-2014
  • di Stefano Bigliardi
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©secolaright.com
Le opere pubblicate col nome di Harun Yahya promuovono il “creazionismo islamico”. Un controllo più approfondito della loro logica interna rivela che la loro attrattiva è dovuta alla capacità di mimare la scienza.

Il creazionismo ha raggiunto proporzioni globali e, nel mondo islamico, è associato principalmente al nome di un autore: Harun Yahya. Dietro questo pseudonimo, che evoca i Profeti Aronne e Giovanni, si cela un’intera organizzazione il cui volto pubblico è lo scrittore, leader religioso e personaggio televisivo turco Adnan Oktar (nato nel 1956 ad Ankara)[1].

Sin da quando aveva vent’anni, mentre studiava filosofia e interior architecture design, Oktar identificò l’idea dell’evoluzione biologica come la massima espressione e la radice del materialismo antireligioso contemporaneo e venne alla ribalta come predicatore religioso antidarwinista. Nel 1986 fu accusato di aver sobillato una rivoluzione teocratica e trascorse diciannove mesi in carcere. Fu il primo di una lunga serie di problemi con la giustizia. Oktar, che infine abbandonò gli studi, riuscì a riunire intorno a sé un gruppo di studenti provenienti da famiglie benestanti. Tale gruppo assunse gradualmente la forma di una setta le cui attività e dinamiche interne giunsero ripetutamente all’attenzione delle autorità turche.

Ad oggi, la biografia di Oktar include episodi di ricoveri coatti in un’istituzione psichiatrica, numerosi arresti e imputazioni per possesso di cocaina, molestie sessuali e ricatto di collaboratori. Lo stesso Oktar non fa segreto o mistero di ciò. Nelle interviste e nelle presentazioni che si trovano sui siti web viene descritto come straordinario e profondamente devoto, mentre i suoi problemi vengono descritti o come il risultato di agenzie occulte contro le quali combatte fieramente o come prove impostegli da Dio che Oktar subisce pazientemente[2].

Ad oggi, la produttività di Harun Yahya è stupefacente. Fino al 2013 sono stati pubblicati almeno 300 libri in lingua turca sotto questo nome, più di 200 dei quali sono stati tradotti in inglese[3]. Gli articoli di Yahya in turco elencati sul suo sito ufficiale sono più di 2000 e le sue pubblicazioni in inglese raggiungono la cifra di circa 1500[4]. Sono disponibili traduzioni in sessanta lingue, tutte ampiamente pubblicizzate tramite più di 150 siti web aggiornati costantemente. È improbabile che Oktar abbia scritto (o letto) tutte le opere di Yahya. Il loro nucleo originario è stato prodotto da un gruppo di lavoro, mentre le traduzioni sono commissionate o, più probabilmente, intraprese spontaneamente da simpatizzanti di tutto il mondo[5].

Le opere di Harun Yahya sono scritte in un linguaggio semplice, sono altamente ripetitive e sembrano essere state composte principalmente con la sfacciata tecnica del copia-incolla, con un sistema di citazioni in qualche modo al di sotto di qualsiasi accettabile standard accademico. I libri sono davvero costellati di citazioni decontestualizzate di importanti scienziati, accanto a quelle di figure più controverse, senza che venga operata alcuna distinzione tra i rispettivi profili intellettuali.

È difficile fare un quadro delle dimensioni, fonti e portata reali di questa organizzazione. Nel 1990, Oktar fondò la Scientific Research Foundation (SRF). A questa seguì, nel 1995, la Foundation for Protection of National Values (FPNV). L’obiettivo della SRF, il cui sito web vanta l’organizzazione di oltre 2600 eventi scientifici in Turchia e all’estero, è “...stabilire un ambiente vitale mondiale dominato da pace, tranquillità [sic] e amore”; è principalmente rivolta alla difesa del creazionismo. L’FPNV sembra invece più rivolto a problemi turchi. Tuttavia, le loro estensioni e connessioni reali, al di là di comunicazioni ufficiali, possono solo essere stimate. Yahya deve avere tanto nemici, quanto amici potenti. Indizi a questo riguardo non sono soltanto la sua immensa produzione, il suo enorme impegno di marketing e una massiccia distribuzione gratuita di materiali (che presuppongono un gigantesco supporto finanziario), ma anche la pressione che è stata in grado di esercitare in numerose occasioni sul governo turco al fine di bloccare dei siti web percepiti come ostili, come quello ufficiale di Richard Dawkins nel 2008[6].

A quanto pare, Yahya non ha solo scoperto il segreto della produttività ininterrotta, ma anche una fonte di ricchezze favolose. Questi introiti non sono però il risultato delle sue pubblicazioni: in verità tutti i libri, oltre a essere materialmente disponibili in edizione illustrata stampata su carta patinata, possono essere scaricati gratuitamente in diversi formati dai suoi siti web. Tale diffusione straordinaria rende estremamente plausibile che qualsiasi cliente abituale delle librerie o utente di Internet che sia interessato all’Islam e alla scienza si imbatterà, prima o poi, in uno dei libri associati al suo nome. Tuttavia, nel 2007, Yahya ha persino solleticato la curiosità di potenziali lettori, inviando il primo tomo gigantesco e lussuoso del suo Atlante della Creazione (corredato da 768 pagine patinate e immagini in stampa lenticolare sulla copertina rigida che creano un’illusione di movimento), senza richiesta e gratuitamente, a insegnanti di scienze naturali, istituzioni di ricerca e biblioteche in tutta Europa e Nord America. Il secondo volume seguì nel 2013[7].

Nonostante la sua dubbia reputazione nel paese d’origine, le sue stravaganti apparizioni televisive (alcune delle quali sono diventate virali su YouTube, soprattutto quelle in cui fa il galante con giovani donne pesantemente truccate) e le pecche dei suoi libri dal punto di vista accademico, Oktar-Yahya gode ancora di rispetto in tutto il mondo da parte dei lettori che o sono ignari del suo estro o non vi danno alcuna importanza. Nel 2012, Yahya è stato nominato uno dei 500 musulmani più influenti, secondo il Royal Islamic Strategic Studies Center della Giordania.

Secondo Yahya, le dottrine evoluzioniste darwiniane sono la fonte e il minimo comune denominatore di tutti i fenomeni violenti e repressivi del secolo scorso, come il terrorismo e i totalitarismi (tanto del comunismo, quanto del fascismo), che vengono rifiutate alla stessa maniera del razzismo, del romanticismo, del capitalismo, del Buddismo e del Sionismo (che, dopo aver amoreggiato con il negazionismo della Shoah negli anni Novanta, tiene ben distinto dal Giudaismo). Sostiene che hanno ricevuto supporto costante nell’arco dei millenni dalla massoneria, da lui descritta come il principale attore occulto della storia in tutte le sue manifestazioni antireligiose. Yahya vede in Darwin il maggior sostenitore dell’evoluzionismo, tuttavia afferma anche che le dottrine evoluzioniste risalgano persino all’Antica Grecia e agli Egizi. Yahya rifiuta il darwinismo sulla base di una critica a doppio binario: da un lato ne evidenzia le conseguenze morali, i cui effetti disastrosi sono rintracciabili nella storia, dall’altro sostiene che il darwinismo manchi di fondamento scientifico.

Nonostante la comunanza di obiettivi della sua polemica, Yahya si rifiuta di identificare la sua posizione con quella dei sostenitori dell’intelligent design, poiché questi non fanno riferimenti espliciti ad Allah; inoltre, crede che lo stesso riferimento a un disegnatore limiti il concetto di divinità, ma concorda che la Terra sia vecchia di milioni di anni.

Contro i mali che affliggono la società contemporanea, Yahya sostiene una forma ecumenica e messianica di Islam basata sul ritorno ai valori religiosi che hanno come simboli ed esempi i Profeti. Secondo Yahya, il tempo dell’arrivo di un ultimo profeta o Mahdi è vicino: apparirà e comincerà la sua attività in Turchia, la nazione che secondo Yahya è dotata di una superiorità morale e dunque adatta ad assumere il ruolo di guida in un’unione islamica. È da ricordare che, nonostante si rifiuti di essere esplicitamente identificato col Mahdi, Yahya si descrive in un modo che curiosamente si addice al profilo di costui.

Yahya celebra costantemente la natura, illustrata sontuosamente nei suoi libri, e descrive i fenomeni naturali come “miracoli”. In tal senso, l’intero universo è, come recita il titolo di uno dei suoi libri, Una Catena di Miracoli[8]. Yahya considera tutte le caratteristiche e gli elementi dell’universo una prova chiara dell’esistenza di Dio. Secondo Yahya, tutto è necessario, nell’universo, il che significa necessariamente fatto per la vita umana e, viceversa, indica necessariamente l’esistenza di Dio. Yahya descrive solitamente questi fenomeni con un linguaggio semplice, arricchisce ulteriormente la descrizione con schemi zeppi di dati numerici e la cosparge di citazioni coraniche e passaggi da opere di importanti scienziati. L’argomentazione è sempre una e la stessa: se il fenomeno in questione non esistesse, nemmeno la vita esisterebbe: dunque Dio esiste ed è buono.

Soprattutto negli ultimi due anni sembra che Oktar abbia intensificato le sue iniziative e diversificato i suoi contributi come opinionista in dibattiti pubblici, interessandosi a diversi argomenti: compare in un canale televisivo che gestisce, in particolare in un lungo talk show in cui siede in mezzo a uomini e donne di cui loda enfaticamente la bellezza[9], discute di politica e affari internazionali; il suo sito dà spazio alle sue affermazioni sull’unità pan-Islamica, il nazionalismo turco e, più di recente, alla costruzione di ponti con Israele. Ciononostante, se consideriamo l’ambizione espressa tramite l’iniziativa di spedire i tomi dell’Atlante della Creazione a istituzioni di tutto il mondo e l’interesse generale che tutte queste discussioni animano in diversi pubblici, sembra possibile affermare che l’aspetto più rilevante (cioè, quello che più probabilmente perdurerà e interesserà un pubblico globale) della produzione di Yahya è il suo creazionismo.

Quali sono i motivi dietro il fascino del creazionismo di Yahya? Molto probabilmente sono da identificare nelle caratteristiche stilistiche delle sue opere. In esse, l’esistenza di Dio (e dunque la fede) vengono prese come oggetto di un’argomentazione strutturata e “razionale”, all’interno della quale vengono fornite e discusse delle prove, i libri sono scritti in uno stile che mima la divulgazione scientifica con, ad esempio, citazioni di scienziati, uso di schemi e “dati”, note a piè di pagina (anche se incomplete) e così via. E soprattutto, la discussione prende di mira la famosa dottrina del darwinismo (notoriamente connessa alla scienza); viene apparentemente discussa in termini di parità con gli esperti, criticandola, fornendo “prove”, chiedendo controprove e così via. Yahya considera prove i “fatti” del “mondo naturale”, presentati come ciò che le scienze naturali esaminano o ciò di cui sono costituite: tali “fatti” si fondono e in pratica finiscono col coincidere con la rappresentazione grafica dei fatti che costituisce una “iperrealtà” in cui la discussione verbale è iscritta. Le immagini sono adulterate e assemblate per potenziare la loro attrattività. La bellezza a cui vengono associate concettualmente nella parte verbale del discorso diventa essa stessa un “fatto” che viene usato come “prova”.

Si tratta di strategie comuni, nel marketing. Vengono messe in atto ogni volta che uno shampoo è pubblicizzato tramite il riferimento al suo “pH” o le virtù di un dentifricio vengono esaltate in una pubblicità in cui un attore interpreta un dentista in camice bianco, sebbene sia lo shampoo che il dentifricio possano benissimo essere pubblicizzati riferendosi alle qualità ugualmente piacevoli ma meno “scientificheggianti” dell’odore e del sapore, rispettivamente. Possono essere anche scorte nelle nuove religioni, soprattutto come strategia rompighiaccio nell’approccio con potenziali nuovi proseliti. Ad esempio, è esperienza comune che i Testimoni di Geova, quando si rivolgono a dei potenziali interessati, inizialmente non descrivono gli elementi più controversi del loro credo o le regole ferree di condotta e le strutture gerarchiche che caratterizzano la loro vita religiosa, ma piuttosto propongono uno “studio biblico”, in modo da presentare il messaggio religioso con le credenziali di una disciplina accademica e obiettiva. Ci sono anche esempi più evidenti: il sito ufficiale dei Raeliani ospita una pagina di notizie scientifiche regolarmente aggiornata, dimostrando così di essere “amici della scienza” e scientificamente aggiornati. Nelle sue attività di proselitismo, sia in presenza che sulla rete, Scientology (che chiaramente tenta di far proprio il prestigio della scienza fin nel suo nome) tenta di ottenere credibilità mentre si oppone alla psichiatria; certamente non affermando sin da subito la dottrina stravagante e fantascientifica che in realtà caratterizza la chiesa di L. Ron Hubbard (1911-1986).

La costruzione di un’iperrealtà visiva è un’altra strategia comune del marketing: tutte le riviste del mondo dedicate alla divulgazione scientifica fanno affidamento all’attrattiva dei “fatti” che rappresentano per vendere più copie. Inoltre, ci sono esempi di uso delle immagini in contesti religiosi analoghi a quello che ne fa Yahya. È eloquente l’esempio dei libriccini illustrati distribuiti dai Testimoni di Geova che presentano costantemente immagini allettanti della natura e dell’universo per argomentare in favore dell’esistenza di un creatore o per rappresentare l’aldilà, le cui delizie vengono mostrate come un’iperrealtà in cui tutte le qualità visive e sensoriali del mondo dei vivi vengono esaltate[10].

Eppure, sfogliando le pagine dell’Atlante viene da chiedersi: “Cosa c’è di islamico in ciò?” Non vi è dubbio che elementi islamici influenzano alcuni strumenti tematici e stilistici nella produzione complessiva di Yahya (l’uso di versi del Corano, riferimenti al Mahdi, narrazioni specifiche) e alcuni modi di produzione dell’iperrealtà visiva di Yahya: ad esempio, non è consentita una rappresentazione diretta di Dio. Eppure la presenza degli elementi islamici è da considerare all’interno del contesto di tale messaggio, e paragonandola ad altri elementi di esso. Un’ispezione dell’Atlante rivela che le narrazioni e i riferimenti islamici/coranici sono diluiti e piuttosto marginali. Per come la vedo io, l’Islam finisce col fornire un abbigliamento estrinseco in cui il messaggio religioso di Yahya su Dio e la natura è ammantato. In altre parole, l’Islam non costituisce la logica interna del messaggio di Yahya. Invece si ha la scientifizzazione di un messaggio religioso.

L’effetto di apparente scientificità viene ottenuto, come ho mostrato, tramite artifici stilistici e attacchi costanti al darwinismo. Il creazionismo di Yahya si riduce all’antidarwinismo, mentre altre forme di creazionismo pongono maggior attenzione ai presunti motivi per cui il creazionismo è solido. Apparentemente, nelle opere di Yahya l’attacco al darwinismo ottiene un risultato principale: ne depreda il prestigio. Attacca la scienza e apparirai credibile come questa. Ciò che succede ha un parallelo con i film di fantascienza. Questi film, mentre sono spesso elogiati per aver anticipato gli sviluppi scientifici e tecnologici successivi, dipendono in maniera piuttosto forte da ciò che appare scientifico all’epoca dell’uscita e sono dunque parassiti della divulgazione scientifica. Da qui l’insistenza sovrabbondante sulla clonazione nei film fantascientifici degli anni Novanta (mentre difficilmente si sentivano riferimenti a geni e mutazioni, ad esempio, nella serie originale di Star Trek[11]). Per ottenere lo stesso effetto, Yahya potrebbe aver deciso (o deciderà in futuro) di opporsi, per esempio, ai buchi neri o alla velocità della luce; potrebbe sostenere che sono un insulto al potere di Dio, dire che non sono osservabili, sfidare Stephen Hawking sulla stampa così come ha fatto con Dawkins e così via. Ovviamente esistono dei motivi storici e culturali specifici per cui Yahya si oppone proprio a Darwin. Eppure, ciò che era stato concepito come una difesa dell’Islam è diventato un attacco costante che mette in ombra il messaggio religioso in sé, che suona scientifico perché attacca la scienza. L’attacco è il messaggio.

L’attrattiva esercitata da Yahya, nonostante la sua stravaganza, andrebbe considerata come indicativa di alcune dinamiche culturali. Rilevante, in tali dinamiche, è certamente il modo in cui l’evoluzione biologica viene insegnata, percepita e discussa[12]. Tuttavia, il quadro è più complesso di così. Il fatto che Yahya sia in grado di trovare così tanti simpatizzanti suggerisce delle difficoltà obiettive nella comprensione e divulgazione non solo dell’evoluzione biologica ma, più in generale, delle scienze naturali. Ciò è dovuto a quel che si può definire, con la famosa espressione di Lewis Wolpert, “la natura innaturale della scienza”, con il suo metodo e il suo obiettivo lontani dal sentire comune (e dunque facilmente incompresa e mal rappresentata); il prestigio della scienza viene sfruttato per mezzo di un uso sapiente dei media. Ci si potrebbe inoltre legittimamente chiedere se le incomprensioni di Yahya siano personali e genuine, o se siano state indotte intenzionalmente nei lettori e cinicamente sfruttate per promuovere e nutrire il messaggio complessivo di Yahya.

Tuttavia, ci si può anche chiedere se un tale discorso sia realmente dannoso per la promozione e lo sviluppo della scienza nelle società musulmane o se piuttosto riempia un vuoto naturale tramite la creazione di un messaggio rassicurante per un pubblico scientificamente analfabeta o semialfabetizzato. Inoltre, si può affermare che attaccare Yahya è anche un importante segnale identitario per quegli autori religiosi che sostengono una lettura teistica dell’evoluzione biologica[13]. Taner Edis ha dimostrato che è molto più facile enfatizzare quanto l’evoluzione sembri assurda, piuttosto che spiegare perché funziona. Analogamente, è molto più facile enfatizzare quanto sia ridicolo Harun Yahya che spiegare come l’evoluzione biologica possa essere riconciliata con i concetti religiosi. L’esistenza di Harun Yahya è, dopo tutto, utile per i suoi avversari dichiarati.

Il risultato finale di quest’analisi sembra quasi un paradosso. L’organizzazione di Harun Yahya dissemina un prodotto schiettamente postmoderno, un discorso religioso scientificizzato che, similmente a un format TV, può essere sfruttato da ogni altra religione e può essere sostenuto da qualsiasi antidarwinista (e complottista), indipendentemente dalla sua affiliazione religiosa. L’individuo Adnan Oktar ha organizzato materiali già pronti e messo in moto un meccanismo il cui successo non dipende veramente da lui, bensì dalle dinamiche culturali preesistenti, non soltanto quelle islamiche. Similmente, non è influenzato dai problemi di Oktar e la sua attrattiva e il suo impatto vanno oltre i piani e le ambizioni dell’organizzazione denominata Yahya. L’Islam finisce con l’essere marginale e scompare dietro una forma di chiacchiere pseudoscientifiche e immagini altamente falsificate.

Il filosofo francese Voltaire ha sfidato, com’è noto, la denominazione tradizionale di “Sacro Romano Impero”: non era né sacro, né romano, né un impero, scriveva. Analogamente, se analizziamo il “creazionismo islamico di Harun Yahya” a mente lucida e investighiamo la sua logica profonda e il contesto più ampio, possiamo concludere che non è né di Harun Yahya, né islamico, né creazionismo.

Originariamente pubblicato in Skeptical Inquirer, vol. 38, n.1
Traduzione di Andrea Luciano Damico

Note

1) Ad oggi, lo studio accademico più completo sull’organizzazione dietro Yahya è Ross Solberg 2013. La definizione di Oktar come “volto pubblico” dietro il marchio Yahya si ritrova in Edis 2008. Cfr. Numbers 2006, 421-427 e Riexinger 2008.
2) Cfr. Harda 2009.
3) E 25 persino in italiano. Merita una menzione il fatto che tale autore possieda anche un sito web in italiano. N.d.T.
4) 74 di questi articoli sono stati tradotti in italiano, sempre stando a quanto riportato sul sito italiano dell’autore. N.d.T.
6) Cfr. Randerson 2008 e Hameed 2009.
7) Cfr. Dean 2007
8) Non disponibile in italiano. N.d.T.
9) Cfr. Krajeski 2013.
10) Cfr. Elliot 1999.
11) L’unico riferimento alla clonazione prima agli anni Novanta l’ho trovato nella trilogia originale di Guerre Stellari. Durante il primo incontro tra Luke Skywalker e Obi-Wan Kenobi, il giovane chiede al Jedi se ha partecipato alle Guerre dei Cloni. Nella versione italiana il termine “cloni” è stato sostituito con “quoti” forse perché il concetto di clonazione non era ancora molto noto in Italia.
12) Per un’analisi di come Darwin sia accolto nel mondo musulmano, vedasi Howard 2011.
13) Critiche al creazionismo di Harun Yahya provengono ad esempio da Guessoum 2011 e Sardar 2011.


Bibliografia

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