Trovo particolarmente interessante, a questo scopo, una riflessione sull'universo narrativo letteralmente "generato" da J.J. Abrams, Jeffrey Lieber e Damon Lindelof, nell'ambito della serie televisiva Lost. Ambientata su un'isola sperduta nell'Oceano Pacifico, Lost racconta le avventure dei superstiti di un disastro aereo. Sin dalla prima puntata lo spettatore viene sfidato a risolvere una serie di misteri che riguardano il luogo che ospita i protagonisti e le loro vite passate.
Gli autori sono stati molto abili nel realizzare una vera e propria "mitologia" a sostegno della serie televisiva, al punto che si sono create vastissime community di appassionati che analizzano ogni suo elemento, pubblicano articoli a sostegno dell'una o dell'altra ipotesi, realizzano falsi filmati utilizzando frammenti della serie "ufficiale" opportunamente ri-doppiati e si riuniscono in gruppi di discussione nel tentativo di fornire ricostruzioni coerenti del passato dell'isola, dei personaggi e delle relazioni che intercorrono tra essi. Seppur in continua crescita (negli Stati Uniti si è giunti alla quarta serie, e su Internet è nata un'apposita enciclopedia – LostPedia – che tenta di "fissare" in una complicatissima rete lo stato dell'arte), la mitologia di Lost non ha neppure quattro anni di vita, essendo nata ufficialmente il 22 settembre 2004, giorno in cui venne trasmessa la prima puntata. Trattandosi di un microuniverso narrativo, è curioso evidenziarne una particolare caratteristica che si ritrova immutata in molte credenze tipicamente complottiste – in particolare nelle tipiche sovra-interpretazioni che vengono proposte in maniera massiccia da molti sedicenti "esperti" di vicende anomale e misteriose. A sottolinearla è lo stesso Damon Lindelof, che in un'intervista racconta un fatto curioso e istruttivo a proposito di Kate Austen, una delle protagoniste della serie.
Durante un flashback nel corso di una puntata[1] si scopre che, anni prima, Kate aveva affrontato una lunga serie di peripezie per recuperare il modellino di un aeroplano che era custodito in una cassetta di sicurezza. Lo spettatore restava all'oscuro dei motivi per cui quel giocattolo potesse essere così importante per la ragazza. Racconta Lindelof: «Il pubblico non sapeva che cosa potesse significare per lei e lo ha scoperto solo otto episodi dopo. Lei da bambina aveva messo quell'aeroplanino in una capsula del tempo, e ora quell'oggetto rappresentava il simbolo del suo amore perduto. C'è una scena in cui lo sceriffo è con lei all'aeroporto e tiene l'aeroplanino in mano e ne racconta la storia, dicendo praticamente: "Questo è tutto quello che c'è da sapere su questo aeroplanino". Quella è la storia definitiva, basta, finito. Ma dopo che l'episodio è andato in onda, la gente continuava a chiedere: "Quando scopriremo la verità sull'aeroplanino?". E noi stavamo lì ogni volta a ripetere: "Ma come? Ve l'abbiamo raccontata tutta quella storia!". Non c'era niente da fare, avevano delle teorie sull'argomento e non le volevano abbandonare. Cose come "c'è un microfilm dentro l'aeroplanino" oppure "il significato reale dell'oggetto gioca un ruolo cruciale per l'intera serie". E invece no, basta con l'aereoplanino. Non ne sentirete più parlare. […] Eppure alcuni spettatori non vogliono accettare la soluzione di certi misteri perché non corroborano la loro teoria»[2].
È davvero curioso: neppure gli stessi autori della mitologia sono in grado di contenere le derive interpretative del proprio pubblico. Né, probabilmente, hanno alcuna intenzione di farlo: proprio grazie alla sua "apertura" strutturale, Lost è diventata una vera e propria opera di culto che ha fatto guadagnare alla rete televisiva ABC e ai suoi autori milioni di dollari. Resta, nelle parole di Lindelof, l'eco del drammaturgo Friedrich Schiller: «Contro la stupidità, perfino gli dèi combattono invano».
L'universo a me più noto nell'ambito del mistero è certamente quello legato alle vicende di Rennes-le-Château; a sottolineare ancora di più tale impotenza divina, il 27 agosto 2007 ho pubblicato, sul mio sito web www.renneslechateau.it , un curioso articolo (in lingua inglese) di un certo Lipread Partner intitolato "Kabbalah, Islam and Egyptian connections in Rennes-le-Château enigma - Christina of Sweden: the queen with a key role in keeping the Secret" ("Connessioni tra Cabala, Islam ed Egitto nell'enigma di Rennes-le-Château - Cristina di Svezia: la regina con un ruolo chiave nella custodia del segreto").

Annunciai la pubblicazione su diversi forum di discussione italiani, francesi e inglesi. Le reazioni non tardarono. Segovius lo definì "molto interessante" e iniziò una lunga discussione sul nucleo dell'articolo: la Cabala, l'Islam e le loro connessioni. Roscoe affermò addirittura di essere già al corrente della teoria proposta, scrivendo: «Sono anch'io arrivato al collegamento tra Cristina di Svezia e Rennes-le-Château, ma attraverso un percorso completamente diverso». Bergeredearcadie confermò l'affermazione di Roscoe, annunciando la futura pubblicazione di un articolo sullo stesso tema: «Sono stata io la prima a proporre un collegamento tra Cristina di Svezia nel 2000 in un articolo pubblicato su The Rennes Observer». DonJuan ammise, a proposito della tesi proposta, che «una cosa del genere era possibile».
Solo il 18 settembre 2007 annunciai che Lipread Partner era in realtà uno pseudonimo, trattandosi dell'anagramma di Pierre Plantard. L'annuncio si trovava in apertura di un articolo da me scritto, intitolato "How to write a Rennes-le-Château paper in 5 minutes - The problem of a (pseudo)science without boundaries" ("Come scrivere un articolo su Rennes-le-Château in 5 minuti - Il problema di una (pseudo)scienza senza confini"). L'articolo denunciava la facilità di scrivere in pochi minuti un articolo senza capo né coda che molti appassionati avrebbero potuto leggere senza distinguerlo dalla maggior parte degli articoli pubblicati su Rennes-le-Château e la vicenda storica di Bérenger Saunière.
L'autore dell'articolo di Lipread Partner, infatti, ero io – e la scrittura del pezzo non mi aveva richiesto più di 5 minuti. Quanto alla tecnica con cui l'articolo era stato realizzato, il primo passo consisteva nel fare un semplice copia-e-incolla da qualche riga della voce "Rennes-le-Château" pubblicata sull'enciclopedia Wikipedia. Nel brano ricopiato era necessario identificare un qualunque elemento (nel mio caso, il numero 72) e cercare anch'esso su Wikipedia, limitandosi a copiare altre frasi a caso. Il procedimento doveva essere ripetuto più e più volte: ogni volta bisognava trovare un "ponte" tra una voce e l'altra e ricopiare brandelli delle voci trovate via via su Wikipedia. Forniva un prezioso collante tra i vari brandelli l'aggiunta di frasi del tipo: "Quindi c'è un collegamento tra Saunière e la Cabala". Non era affatto necessario "provare" tali collegamenti: era sufficiente annunciarli, e proseguire nel copia-e-incolla. Dunque dalla chiesa di Rennes-le-Château passai al 72 attraverso il demone Asmodeo, e dal 72 alla Lettera di Aristea, da qui a Cristina di Svezia e dalla regina al Cardinale Mazarino (e quindi a Nicolas Poussin). Ma la Lettera di Aristea forniva anche un collegamento con l'autore del libro su Pomponius Mela, e da lui ai due animali di Saunière.
Nessuno dei commenti riguardava la totale insensatezza delle tesi esposte, il metodo miope e completamente imbecille seguito nel compilare l'articolo, l'inconsistenza delle prove proposte e soprattutto l'incongruità dello scenario complessivo. L'articolo (scritto davvero in meno di 5 minuti) era stato pienamente accettato perché totalmente in linea con moltissimi studi presentati – anche a mezzo stampa – da molti sedicenti "studiosi" e "ricercatori".
Per dirla con Diego Cuoghi, come moltissimi altri "universi di confine", anche il mito di Rennes-le-Château si è ormai "wikipedizzato" al punto da consentire davvero qualsiasi collegamento, senza che alcun confine venga imposto dal buon senso.
Mariano Tomatis
scrittore e ricercatore, cura il sito web
www.renneslechateau.it
Contatto web: www.marianotomatis.it