La scienza assassina

La scienza nazista

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  • 04-04-2016
  • di Paolo Cortesi
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Grafico per descrivere le Leggi razziali di Norimberga del 1935: solo le persone con 4 nonni tedeschi (4 cerchi bianchi nella colonna sinistra in alto) erano di sangue tedesco
«Perdendo la purezza di cuore, si perde la scienza».

Quando, quasi seicento anni fa, l'alchimista Nicolas Valois scriveva queste parole, la scienza era ancora pura di cuore: non aveva conosciuto gli orrori delle bombe termonucleari né le aberrazioni delle armi batteriologiche. Eppure, già nei secoli in cui la tecnologia non offriva all'uomo strumenti di devastazione planetaria, i filosofi della natura mettevano in guardia contro i terribili rischi di una conoscenza che non rispettasse l'etica.

Il Novecento è stato il secolo in cui la scienza ha compiuto passi da gigante, ma ha anche toccato l'abisso, imponendo teorie che si sono tradotto in morte e sofferenza per milioni di individui.

La miscela di scienza e ideologia produce mostri. Quando lo scienziato lavora al servizio di un governo, egli è moralmente colpevole quanto il soldato che -per ordine di quel governo- sgancia gli ordigni che lo scienziato ha progettato.

Durante la dittatura hitleriana, la scienza imboccò una strada che condusse ad una lunga parentesi di mostruosità. La concezione razzista era alla base dello stato hitleriano; la scienza e la tecnologia che ne derivarono furono prodotti di un lucido delirio che si presentava come scienza esatta, mentre non era che la versione apparentemente sperimentale di preconcetti e postulati irrazionali e violenti.

L'antropologia divenne lo studio delle razze, e per studio si intendeva tracciare una scala gerarchica al cui vertice svettava la cosiddetta razza ariana, mentre tutte le altre erano inferiori, e dunque tutti gli esseri umani che ne facevano parte dovevano servire come docili schiavi ai puri nordici. Oggi, queste assurdità danno la nausea, ma nei primi decenni del Novecento erano materie che si insegnavano nelle università tedesche.

Anzi, la materia era chiamata Rassenkunde, scienza delle razze, ed un suo infaticabile docente all'ateneo di Jena era Hans Friedrich Gunther (1891-1968), destinato nel 1930 a quella cattedra dal partito nazista.

La protezione che godeva da parte di Hitler (che assistette alla sua lezione inaugurale) lo impose quale uno dei più grandi antropologi del Reich. E, di conseguenza, chi criticava la sua teoria era cacciato dall'università, come accadde al professor Karl Saller, le cui opere vennero bruciate nei pubblici roghi di libri giudicati "corrotti" dai nazisti. Al botanico Friedrich Merkenschlager, che negò tutta la teoria razziale di Gunther, andò peggio: venne internato nel campo di concentramento di Dachau.

Gunther classificava le razze umane in cinque tipi: nordica, alpina, mediterranea, balcanica ed est-balcanica. I criteri che stabilivano queste tipologie erano semplicemente estetici: le pelle chiara, i capelli biondi e gli occhi azzurri o grigi erano tipici della razza nordica, ma Gunther non fu mai in grado di spiegare per quale motivi capelli lisci e chiari dovrebbe indicare un tipo umano superiore rispetto a chi ha capelli scuri e ondulati.

Eppure, Gunther attribuiva agli ariani ogni dote: coraggio, intraprendenza, saggezza, perfino "attitudini cavalleresche" e una innata tendenza alla pulizia e ciò lo proverebbe il fatto che hanno inventato lo spazzolino da denti !

Il professore arrivava a considerare evidenze scientifiche delle futilità: le donne ariane stanno sedute in tram con le ginocchia accostate, le donne delle altre razze non stringono le cosce.

Il momento di maggior gloria per Gunther fu nel 1935, quando venne chiamato alla più prestigiosa università di Berlino e vinse il Premio del Partito Nazionalsiocialista per la Scienza.

Purtroppo, le deliranti teorie del professore dettero origine a campagne di sterilizzazione segreta condotte su migliaia di persone ritenute indegne di procreare, e Gunther collaborò personalmente a tali operazioni in Renania, in cui furono sterilizzati bambini meticci nati dall'unione di donne del posto con soldati francesi di colore, durante l'occupazione della regione.

Ma non si deve credere che Hans Gunther sia stato un'eccezione: nel periodo hitleriano, l'antropologia tedesca era tutta nazista e l'obiettività scientifica ebbe una lunga eclissi. Nel 1938, l'antropologo Theodor Mollison (1874-1952) scriveva ad un suo collega americano: «Le posso assicurare che gli scienziati tedeschi sono ben consapevoli di quanto devono ad Adolf Hitler. In primo luogo, d'aver purificato il nostro popolo da elementi razziali stranieri il cui modo di pensare è diverso dal nostro. A parte qualche raro individuo legato agli ebrei o a gruppi massonici, noi tutti esclamiamo "heil Hitler!" con passione». Quattro anni prima, Mollison aveva scritto: «La falsa affermazione dell'uguaglianza tra gli uomini ha dato un pretesto per sostenere la razza inferiore».

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Prof. Hans Günther ©Bundesarchiv
Ogni branca della scienza fu nazista. La fisica relativistica fu bandita e screditata perché ritenuta "creazione di un ebreo": Albert Einstein.

Al genio di Ulma, il Terzo Reich contrappose un tal Philipp Lenard (1862-1947), di cui gli storici ricordano oggi il feroce antisemitismo e il carattere invidioso e rancoroso, più che i suoi reali contributi alla scienza.

Quando, nel 1921, Einstein ricevette il Premio Nobel, Lenard (che pure aveva ottenuto lo stesso premio nel 1905, per le sue ricerche sui raggi catodici) inviò una lettera di protesta al comitato, denunciando come una «impostura giudea» la teoria della relatività.

Quando il partito nazista arrivò al potere, Lenard poté contare sul suo appoggio per la crociata contro Einstein, di cui il fisico ultranazionalista diceva: « È indegno di un tedesco avere un ebreo per maestro di pensiero. Le scienze della natura sono interamente d'origine ariana».

La negazione di Lenard alla relatività era tutta qui: poiché era creazione di un giudeo, essa non poteva che essere sbagliata. A questa teoria, il fisico nazista voleva sostituire la fisica tradizionale del XIX secolo, quella che lui definiva «autenticamente tedesca» e quindi la sola giusta ed esatta.

Ma il più significativo rappresentante della sedicente scienza ariana fu Hans Horbiger (1860-1931), un ingegnere austriaco che ebbe la rivelazione della teoria cosmica guardando la luna al telescopio. Il satellite sembrò ad Horbiger una sfera di ghiaccio, o almeno ricoperta di ghiaccio; da questo errore grossolano nacque la Welteislehre, ovvero la dottrina del ghiaccio cosmico.

Horbiger pubblicò la sua teoria nel 1913, ma il libro cadde nel disinteresse assoluto. Con l'avvento del nazismo, Horbiger divenne celebre e rispettato.

Secondo la Welteislehre, tutto l'universo è dominato da due sole materie basilari: il ghiaccio e il fuoco; tutte le dinamiche del cosmo sono determinate dalla reazione del ghiaccio e del fuoco che, quando si avvicinano abbastanza, danno luogo ad un'evaporazione così rapida e intensa che ha tutto l'aspetto dell'esplosione.

Tutti i moti di attrazione e repulsione sono, in verità, reazioni conseguenti allo sciogliersi del ghiaccio nel fuoco, o del raffreddamento del fuoco a causa delle masse ghiacciate.

E sebbene gli spettrografi non lo abbiano mai rilevato, l'universo è pieno di vapor acqueo, causato dall'evaporazione del ghiaccio cosmico.

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Hanns Hörbiger
La Via Lattea, per Horbiger, è formata da una miriade di giganteschi massi di ghiaccio; altri blocchi di ghiaccio si staccano dal pianeta Giove e cadendo sul sole danno origine alle macchie solari.

La luna, ovviamente di ghiaccio, che noi oggi vediamo non è che l'ultima di una serie di sette; le precedenti sono cadute sulla terra, una dopo l'altra. Il progressivo avvicinamento delle singole lune avviene secondo un ritmo di seimila anni, al termine del quale la luna cade sul nostro pianeta causando immani cataclismi; uno dei quali, ad esempio, determinò la fine di Atlantide.

La potente attrazione gravitazionale prodotta dalle lune ha creato sulla terra una razza di giganti, i cui discendenti sono (occorre dirlo?) i biondi ariani che hanno conservato tratti atletici e uno spirito dominatore.

Questo guazzabuglio privo di senso venne celebrato come il più grande contributo del popolo tedesco alla cosmologia. Alla rozza fantasia di Hitler piaceva questo succedersi incalzante di apocalissi e di convulsioni planetarie; disse: «Non posso credere che ciascuna delle diverse ere del globo sia durata tanto quanto asseriscono gli scienziati».

Il nazismo fece dell'irrazionalismo la sola sorgente della conoscenza. Horbiger arrivò a proclamare agli scettici: «Voi preferite fidarvi delle vostre equazioni più che di me! Quando comprenderete dunque che la matematica è una menzogna inutile?»

Lo stesso Hitler diffidava degli esperti, odiava i professori (forse perché non poteva dimenticare i due fallimenti al concorso di ammissione alla Accademia di Belle Arti di Vienna) e voleva che le previsioni meteorologiche fossero fatte da «uomini dotati di sesto senso, molto spesso gobbi, sbilenchi e paralitici, gente che non sa nulla di isobare e isoterme ma è in contatto intimo con la natura» (sono parole sue...).

E non solo nella meteorologia Hitler voleva dare spazio all'empirismo e all'intuito: incredibilmente, anche la medicina era campo aperto per i dilettanti ed i praticoni.

Il decreto del 12 ottobre 1935 concedeva a tutti gli ariani, uomini e donne, di più di 21 anni, di esercitare la professione medica, con la sola esclusione delle malattie veneree e delle vaccinazioni. Chiunque, purché definito ariano, poteva mettere una targa sulla porta di casa, attribuendosi legittimamente il titolo di heilpraktiker (guaritore od operatore di salute), e visitare malati, formulare diagnosi e prescrivere medicinali.

Nell'ospedale "Rudolph Hess" a Dresda, inaugurato nel 1934, si usavano soltanto terapie eterodosse e non vi erano medici, ma solo heilpraktiker.

La cupa esperienza nazista è così allucinante da sembrare retaggio di un passato che non può tornare, ma - come ammoniva Nicolas Valois - ci ricorda tragicamente a quali barbarie può portare una scienza senza coscienza.
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