Il ronzio misterioso

È un rombo molto basso, persistente, che giunge da un luogo imprecisato. Sembra un motore diesel acceso costantemente al minimo, ventiquattr’ore su ventiquattro. Un ronzio permanente a cui non ci si abitua mai e che si vorrebbe solo spegnere. Ma non si può. Questo suono inarrestabile sembra essere diventato l’incubo di molte persone in varie parti del mondo.
Il primo episodio si registrò presso Bristol, in Inghilterra, nel 1979. La sera, quando il frastuono della città si calmava, tanti dicevano di sentire un ronzio a bassa frequenza che venne subito soprannominato “Bristol Hum”, il brusio di Bristol. Il fenomeno, decisamente fastidioso per alcuni, provocò da subito lettere di protesta ai giornali e alle istituzioni. C’era chi lamentava ogni tipo di disturbo: perdita del sonno, emicrania, difficoltà respiratorie, ansia, irritabilità, difficoltà motorie e impossibilità di leggere e studiare. Era dovuto all’intenso traffico dell’autostrada M32, sostenevano alcuni; macché, era colpa delle fabbriche di Avonmouth, dicevano altri. Una commissione incaricata di localizzare l’origine del suono alzò bandiera bianca: dopo un mese di rilevazioni non riuscì a individuare la fonte del ronzio né a trovare un modo per bloccarlo.

Il ronzio di Taos


E poi giunse la consapevolezza che forse gli abitanti di Bristol non erano soli. A Taos, un villaggio del New Mexico, negli Stati Uniti, succedeva qualcosa di molto simile. Le proteste di alcuni abitanti per il ronzio che sentivano furono talmente decise che nel 1993 una delegazione del Congresso americano incaricò l’Università del New Mexico di condurre un’inchiesta. Il team, coordinato da Joe Mullins, realizzò una serie di rilevamenti acustici, geodinamici, magnetici ed elettromagnetici. Da subito fu esclusa un’origine geofisica, visto che l’area è poco sismica, né furono rilevate altre possibili fonti naturali del suono.
Si determinò poi che gli “hearers”, quelli che sentivano il suono, rappresentavano circa il 2% della popolazione: circa 160 persone su 8000 abitanti. Costoro sentivano il suono costantemente nel corso delle settimane e lo sentivano un po’ ovunque si spostassero nei dintorni di Taos. Il resto della popolazione non sentiva nulla.
Agli hearers furono fatti ascoltare suoni campione di varie frequenze, per cercare di determinare in quale gamma si situasse il brusio. Il suono udibile dall’uomo si propaga nell’aria con una frequenza compresa tra i 20 e i 20mila Hz. I suoni più alti si chiamano ultrasuoni, quelli più bassi infrasuoni. La frequenza del ronzio di Taos fu identificata come molto bassa, tra i 32 e gli 80 Hz, cioè al confine della percezione umana. Curiosamente, gli hearers continuavano a sentire il suono campione anche quando la macchina che lo produceva veniva spenta.

Ipersensibilità


Tra le tante ipotesi fatte, alcune sono decisamente bizzarre: dischi volanti che si collegano alle linee elettriche per ricaricarsi, fenomeni di poltergeist, tentativi di manipolazione delle coscienze da parte dei governi... Qualche volta, invece, è stato possibile identificare una reale fonte del brusio, come nel caso del “Kokomo Hum”. Nel 1999 a Kokomo, una cittadina dell’Indiana, alcuni residenti segnalarono di sentire un suono a bassa intensità che dicevano provocasse loro mal di testa, diarrea, sangue dal naso e dolori muscolari. Una commissione di esperti riuscì a identificare la fonte del ronzio: si trattava del brontolio prodotto dalle enormi ventole di raffreddamento di due fabbriche locali. Una volta spente, il ronzio sparì.
Ma non necessariamente sparirono i disturbi dei residenti. «Il fenomeno può essere autentico, ma tante volte può trattarsi solo di immaginazione» dice Bennett Brooks, capo del Comitato tecnico sul rumore dell’American Acoustical Society. «I livelli di un suono a bassa frequenza capace di fare tremare i piatti appesi al muro non provocano problemi di salute, a parte la preoccupazione di chi sentendolo viene svegliato in piena notte».
È possibile, infatti, che la suggestione giochi un ruolo non secondario nella diffusione dell’idea che una certa area sia affetta da un ronzio misterioso. A Bristol, per esempio, il fatto che i giornali pubblicassero in continuazione titoli come “Il misterioso ronzio: lo sentite anche voi?” contribuì a rendere tutti più ricettivi a qualunque possibile suono anomalo.
David Baguley, capo del reparto di Audiologia all’Addenbrooke’s Hospital di Cambridge, è convinto che l’udito di molti hearers sia diventato più sensibile del normale. «La gente ha un “controllo interno del volume” che l’aiuta ad amplificare suoni lievi in momenti di minaccia, pericolo o di intensa concentrazione. Se siamo seduti aspettando una chiamata che ci informi circa l’esito di un esame medico, lo squillo del telefono ci sembrerà così forte da farci saltare sulla sedia. O se siamo genitori in ansia che aspettano il rientro di un figlio adolescente da una festa, il suono della chiave nella serratura ci sembrerà fortissimo».
È lo stesso meccanismo per cui, se stiamo dormendo, un camion o un treno che passano vicini a casa non ci disturbano, mentre un lieve scricchiolio sulle scale ci fa svegliare di soprassalto.
«Questa ipersensibilità può diventare un problema se un individuo si fissa su un rumore di fondo innocuo e vuole sentirlo a tutti i costi» continua Baguley «Si innesca un circolo vizioso: più ci si concentra su un rumore e più ci sentiamo ansiosi e spaventati, allora il corpo risponde amplificando il suono e ciò aumenta il livello di disagio e fastidio». Il dottor Baguley è ora all’opera con la Salford University per individuare una serie di tecniche di rilassamento che aiutino chi soffre di questo problema a controllare l’agitazione e lo stress.

Il ronzio nell’orecchio


Accanto alla suggestione, infine, per spiegare il ronzio c’è anche un’altra possibile interpretazione di natura fisiologica. In molti casi, infatti, potrebbe trattarsi di un disturbo dell’orecchio noto come acufene. Il soggetto che ne soffre riporta rumori (che possono assumere la forma di fischi, ronzii, fruscii, crepitii, soffi, o pulsazioni) percepiti in un orecchio, in entrambi o, in genere, all’interno della testa, e che possono risultare fastidiosi al punto da danneggiare anche gravemente la qualità della vita di chi ne è affetto. Si originano all’interno dell’apparato uditivo ma, alla loro prima comparsa, sono illusoriamente percepiti come suoni provenienti dall’ambiente esterno.
Nel caso dell’Hum di Taos o di Kokomo, gran parte degli intervistati sosteneva che il ronzio era più forte dentro casa che fuori e che addirittura aumentava in presenza di serramenti isolanti e doppi vetri. Sembrerebbe un’ulteriore conferma del fatto che il ronzio è probabilmente nella testa di chi lo sente e non fuori. E un modo per trovare temporaneo sollievo può essere quello seguito da chi è affetto da acufene cronico: anziché ridurre il rumore ambientale bisogna arricchirlo, attraverso generatori sonori ambientali (o anche solo musica e TV), in modo da “affogare” anche il ronzio di fondo.

Quello che tutte queste possibili spiegazioni ci dicono è che, probabilmente, non esiste un’unica causa per i ronzii che sentono alcuni abitanti di Bristol, Taos, Kokomo e di altre città che ne sembrano colpite, come Bondi in Australia o Auckland in Nuova Zelanda. A volte i ronzii possono essere prodotti da vecchie fabbriche, impianti di raffreddamento, ventole; altre volte possono essere il frutto di suggestione, ipersensibilità e altre volte ancora dei veri e propri disturbi dell’udito. Ma può anche darsi che alcuni di questi ronzii siano provocati da fonti ancora tutte da scoprire.
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