Oltre l’orrore: le tante eredità di Edgar Allan Poe

  • In Articoli
  • 19-01-2022
  • di Giuseppe Scuotri
img
Non sono molti gli scrittori che possono vantare di aver influenzato la produzione letteraria occidentale in modo così profondo e diversificato come Edgar Allan Poe. Nato a Boston il 19 gennaio del 1809, è noto al grande pubblico principalmente come uno dei maestri della letteratura dell’orrore. Con i suoi racconti brevi donò, in sostanza, una nuova profondità a un genere già ampiamente diffuso da decenni: le sue storie, pur attingendo a piene mani dal già inflazionato repertorio gotico e perpetrandone certi stilemi estetici (castelli in rovina, apparizioni spettrali, ritorni dall’Aldilà et similia), ebbero il merito di esplorare i recessi più nascosti della psiche umana, raccontando la disgregazione causata dalle angosce della vita. Un’intuizione estremamente moderna che ha funto da modello, di fatto, per tutta la successiva produzione letteraria di genere. La forte introspezione psicologica dei suoi personaggi, in lotta contro mostri interiori come il rimorso o la malinconia, la confusione tra realtà e visioni oniriche, rappresentano ancora oggi dei capisaldi della narrativa horror e della cinematografia che da essa trae ispirazione.

Come ha ben scritto Sergio Perosa, in Poe “l’elemento sensazionale (come l’apparizione paranormale, ndr) è sempre un modo per la contemplazione o la rivelazione di una verità psicologica, spesso contorta, tormentosa, abnorme, che a sua volta acquista i caratteri e i contorni dell’incubo e dell’orrore”. È così che esperienze estremamente intense collidono con il raziocinio, e amore e morte, incontrandosi, creano un vortice in cui il senso dell’orrido e del meraviglioso si confondono. Lo stesso Poe, del resto, nel saggio La filosofia della composizione affermava che “La morte di una bella donna è, indiscutibilmente, il tema più poetico del mondo”. Un topos, quest’ultimo, che nell’opera dell’autore americano è più che ricorrente: si ricordino, solo per citare alcuni esempi, i racconti Berenice, Ligeia, Eleonora e Morella o la sua poesia più universalmente nota, Il corvo.

L’influenza di Poe sui posteri, tuttavia, valica ampiamente i confini del racconto dell’orrore. Lo scrittore di Boston è universalmente considerato l’ideatore del romanzo poliziesco deduttivo. È lui a dare vita al primo detective della letteratura moderna, Auguste Dupin, apparso nel suo I delitti della Rue Morgue, pubblicato nel 1841.
Analizzando il profilo di questo personaggio si notano immediatamente tutti i tratti caratteristici che hanno contribuito a ispirare i grandi investigatori che hanno reso popolarissimo il genere, da Sherlock Holmes a Hercule Poirot: Dupin è un uomo a tratti eccentrico, sempre affiancato da un aiutante, che si ingegna a risolvere crimini grazie alle sue incredibili capacità deduttive, leggendo i resoconti dei giornali.
Un’influenza talmente forte e palese da spingere Arthur Conan Doyle stesso a citare apertamente il detective di Poe all’inizio della prima avventura di Sherlock Holmes, Uno studio in rosso. Nel secondo capitolo del romanzo, il dottor Watson afferma, rivolgendosi all’amico appena conosciuto: “Lei mi ricorda il Dupin di Edgar Allan Poe”. Il detective di Baker Street, a onor del vero, non è lusingato dal paragone: “Senza dubbio Dupin era dotato di una certa capacità analitica – replica - ma non era quel famoso fenomeno come sembrava lo considerasse Poe”.
La creazione di Dupin, tuttavia, non va considerata come una specie di fortuito incidente di percorso: dall’opera di Poe emerge spesso e volentieri una forte vena analitica ed investigativa, che porta l’autore a considerare anche la ricerca dell’incastro narrativo perfetto come un problema da risolvere con minuziosa meccanicità. Dalle sue pagine traspare, in alcuni casi, anche l’interesse per le frontiere della scienza e della pseudoscienza del suo tempo, come accade per il mesmerismo ne La verità sul caso del signor Valdemar.

Meno nota è l’influenza avuta da Poe sull’opera di uno dei padri della poesia moderna, Charles Baudelaire. Il poeta francese gli dedicò un lungo saggio nel 1852 e tradusse nella sua lingua parte dei suoi lavori, le Histories Extraordinaires e le Nouvelles Histories Extraordinaires. Una forte vena simbolista, il gusto per il macabro, il conflitto tra l’uomo e la società moderna sono solo alcuni dei fili rossi che, attraverso l’Oceano Atlantico, legano la produzione letteraria di questi due giganti dell’Ottocento. Un legame “formativo” che porterà Baudelaire a scrivere, senza mezzi termini, che “De Maistre ed Edgar Poe mi hanno insegnato a ragionare”.
accessToken: '2206040148.1677ed0.0fda6df7e8ad4d22abe321c59edeb25f',