L’uomo che riportava in vita...gli unicorni; Animali misteriosi; La mia esperienza col mondo dell’esorcismo

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  • 14-02-2014
  • a cura di Fara di Maio
Mi definisco uno scettico e leggo volentieri le vostre pubblicazioni. Volevo chiedervi se in questi anni vi siete mai occupati della figura del guru neo-pagano Oberon Zell Ravenheart, pittoresco santone della New Age americana.
A quanto pare costui ha “riportato in vita” diversi unicorni modificando (con metodi biologici) la crescita delle corna su cuccioli di capra. Uno di questi unicorni è stato attrazione per anni al circo Barnum & Bailey. Dunque si tratterebbe di un esperimento verificabile e ripetibile.
Quanto c’è di vero in tutto ciò? Aggiungo che il suddetto personaggio dichiara nelle sue note biografiche che in occasione di una grave malattia non ha esitato a rivolgersi alla scienza medica ufficiale (il che è certamente un punto a suo favore).


Guglielmo Sangiorgi
Padova


Risponde Fara Di Maio

Non avevamo mai trattato del guru di cui parla il nostro lettore, ma lo facciamo volentieri adesso.
La sua definizione è corretta. Il personaggio in questione, multiforme e controverso, ha una biografia molto pittoresca: fondatore di una Chiesa, scrittore, psicologo, teologo, insegnante, oltre che mago (nel senso di operatore del paranormale). È stato anche uno dei primi ecologisti e ha elaborato una teoria della terra intesa come organismo (Gaia) simile a quella più nota del dr. James Lovelock. Sua moglie Morning Glory Zell-Ravenhart (parte di un gruppo coniugale voluto dai due, i quali praticano e predicano la poligamia) è però la vera “allevatrice di unicorni”.

Non si trattò di riportare in vita questi esseri fantastici, però, quanto di più banali interventi chirurgici. Come indicato dal lettore, gli esperimenti vennero condotti su capre e non cavalli, una specie quindi lontana dal mitologico unicorno; quello di maggior successo riguarda un cucciolo di capra d’angora chiamato Lancelot. Al piccolo vennero rimossi i germogli delle corna, che furono poi reimpiantati al centro della fronte in modo da ottenere un singolo corno. Altri particolari tipici dell’unicorno mitologico, come ad esempio la criniera morbida e fluente e le zampe piumate, furono per stessa ammissione degli Zell ottenuti semplicemente applicando opportunamente dei posticci ottenuti con la morbida lana di Lancelot. Nel processo di creazione dell’unicorno -secondo gli Zell- facevano parte anche riti magici e l’impiego di un cristallo di quarzo per incanalare l’energia lunare nella “nuova” creatura, inevitabile contorno pittoresco ad una realtà prosaica. Le loro intenzioni di base erano comunque positive: consideravano l’unicorno -simbolo comune a molte culture- come ambasciatore di pace, e come rappresentante di specie antiche ormai estinte per colpa dell’uomo.
Lancelot fece effettivamente parte -come attrazione collaterale- del circo viaggiante di Barnum&Bailey, a cui Zell lo vendette nel 1984.
Da cronache dell’epoca rinvenute in rete, leggiamo che la preoccupazione per la salute delle strane creature fu maggiore della comprensibile curiosità. L’esposizione della bestiola nel circo Barnum&Bailey fu infatti molto controversa e suscitò sdegno e indignazione. John Kullberg, allora presidente della Società Americana per la Prevenzione della Crudeltà sugli Animali definì Lancelot una capra sottoposta al disumano impianto di un corno di toro. Il dr. Gerald Toms, veterinario del Dipartimento di Stato per l’Agricoltura, inviò in ricognizione degli ispettori federali. Nel loro rapporto riferirono di aver rinvenuto capre chirurgicamente modificate da cuccioli in modo che sviluppassero un solo corno, ma che questo risultava essere di tessuto vivo e vitale. Toms affermò che le capre mostravano «i segni di un semplice intervento nel corso del quale il loro corno naturale era stato portato a crescere in una posizione innaturale: se fatto da persona competente e sotto anestesia non è altro che un semplice innesto cutaneo» e dichiarò che erano tenute in discreto stato di salute. Aggiungendo: «Ovviamente si tratta di animali di un certo valore, e vengono trattati di conseguenza».
Nonostante il clamore, la delusione del pubblico fu notevole. All’indirizzo http://tinyurl.com/5efank è possibile leggere -in inglese- la testimonianza di uno dei tanti bambini di allora che videro svanire davanti ad una capra un po’ insolita il sogno di incontrare un vero unicorno. Il circo, che sbandierava con campagne pubblicitarie televisive il sensazionale evento, fu accusato di frode. Con impeccabile logica, un loro portavoce dichiarò che «per quanto ci riguarda, si tratta di un unicorno. Cioè un animale provvisto di un unico corno».
Dopo la sua morte, avvenuta in data imprecisata, Lancelot fu impagliato ed esposto in un museo di attrazioni e curiosità, il Palace of Wonders di Washington. Alla chiusura del museo la collezione fu spostata in altre strutture, che non hanno avuto miglior fortuna. Non ci è stato possibile rintracciare con certezza le orme e l’attuale dimora del povero Lancelot.
Zell non fu comunque il primo o l’unico a creare unicorni. Alcune pecore con un solo corno erano esposte al Giardino Zoologico di Londra agli inizi del ventesimo secolo. Provenivano dal Nepal e secondo un funzionario inglese di stanza in quel Paese non erano il risultato di particolari incroci ma di quelli che vennero definiti “maltrattamenti”, allo scopo di farne aumentare il prezzo.
Nel 1933 la tecnica venne affrontata scientificamente dal dottor W. Franklin Dove dell’Università del Maine, che contestò la teoria del naturalista Cuvier secondo cui il corno era parte del teschio di un animale. Dove riteneva si trattasse di tessuti non aderenti all’osso che si radicano in esso durante la crescita, e di cui si poteva modificare la sede in maniera naturale o artificiale. Per provarlo operò un vitello appena nato rimuovendo chirurgicamente i germogli di corna e reimpiantandoli al centro del cranio. L’operazione riuscì e il corno crebbe dritto e appuntito, dimostrandosi in molte occasioni un’arma ben più efficace delle corna ricurve. L’Unicorno del dott. Dove divenne capobranco della sua mandria e raramente veniva sfidato da altri esemplari. L’esperimento ebbe un insolito risvolto: decisamente sicuro di sè grazie alla posizione di forza, il toro sviluppò un carattere molto mite e mansueto, proprio come l’Unicorno mitologico. I risultati del dott. Dove furono pubblicati in due articoli: “The Physiology of Horn Growth” nella rivista Journal of Experimental Zoology (Gennaio 1935, Vol 69, No 3) e “Artificial Production of the Fabulous Unicorn” in Scientific Monthly (Maggio 1936, Volume 42; pagg. 431-436). Per un approfondimento vedere anche l’articolo pubblicato al link http://tinyurl.com/nb87gbw .

Animali misteriosi


Sulla relazione uomo-animali se ne dicono tante... mi è capitato un libro (J.-L. Victor, J. Establet, Gli animali che ci fanno bene, Armenia, Milano 2010) in cui si parla di telepatia; avete del materiale su questo argomento?

Claudia Rapposelli

Risponde Silvano Fuso

Chiunque abbia frequentato da vicino degli animali sa che a volte il loro comportamento risulta sorprendente. Le ricerche etologiche e i documentari naturalistici hanno messo in evidenza aspetti sconosciuti della biologia e della sociologia animale. Alcune specie animali possiedono capacità sensoriali ben più sviluppate delle nostre. Ad esempio, possono essere sensibili a frequenze sonore e/o luminose per noi impercettibili, possono possedere un olfatto e un udito che noi non riusciamo neppure a immaginare, possono rivelare campi magnetici, ecc. In ogni caso però, tutti gli studi condotti fino a oggi non hanno mai messo in evidenza l’esistenza di facoltà extrasensoriali negli animali. Quindi parlare di telepatia sembra per lo meno azzardato.

In passato vi sono stati alcuni casi che, in un primo tempo, sembravano dimostrare capacità inspiegabili da parte di alcuni animali. Un caso particolarmente celebre e interessante è quello del cavallo “Clever Hans”, ovvero “Hans il furbo”, di cui ci siamo approfonditamente occupati sul numero 2 di queesta rivista. Hans era un imponente cavallo russo da trotto di proprietà di un tedesco di nome Von Osten.
Ai primi del ’900, Hans divenne celebre esibendosi quotidianamente in prestazioni straordinarie. Hans era in grado di rispondere (col movimento del capo e/o battendo a terra l’anteriore destro) a domande pronunciate in tedesco, sapeva risolvere calcoli anche piuttosto complessi e sapeva leggere l’orologio. Hans venne esaminato da diverse commissioni scientifiche che rimasero sbalordite e incapaci di trovare un’interpretazione delle sue straordinarie capacità.
Chi non si dette per vinto e volle studiare fino in fondo lo sconcertante cavallo fu lo psicologo Oskar Pfungst, che pubblicò un saggio in proposito (O. Pfungst, Clever Hans, Holt, Rinehart & Winston, New York 1965). Durante la sua ricerca Pfungst scoprì, innanzi tutto, che il cavallo era in grado di rispondere solamente nel caso in cui anche chi gli poneva la domanda conoscesse la risposta.
Questo fatto dimostrava che il cavallo non possedeva un’intelligenza propria, ma in qualche modo captava i segnali emessi involontariamente da chi lo interrogava. A conferma di ciò, Pfungst dimostrò che Hans non era in grado di rispondere in modo corretto quando gli veniva impedito di vedere colui che gli poneva la domanda.
Questa scoperta eliminava ogni ipotesi di comunicazione telepatica. Le persone che ponevano domande ad Hans lanciavano alcuni segnali involontari che lo straordinario cavallo aveva imparato a interpretare. Il suo stesso proprietario e addestratore, Von Osten, non era affatto consapevole di come facesse Hans a rispondere alle domande. Si era infatti limitato ad addestrare il cavallo, dandogli ricompense ogniqualvolta rispondeva in modo esatto. Per il resto il cavallo aveva fatto tutto da solo.

Oltre ad Hans sono noti anche altri casi di animali che si comportavano in modo simile. In sostanza tutti questi animali agiscono in modo simile a quei particolari illusionisti specializzati nella “lettura del pensiero” attraverso l’attento esame dei movimenti involontari del soggetto esaminato (tecnicamente questa strategia viene chiamata “cold reading”, ovvero “lettura a freddo”).

Nonostante ciò, diversi parapsicologi che esaminarono animali di questo genere credettero ingenuamente di trovarsi di fronte a vere e proprie facoltà paranormali. In realtà essi ebbero la disattenzione di non prendere adeguati provvedimenti per eliminare ogni forma di comunicazione non verbale che poteva essere sfruttata dagli animali o, in altri casi, dai proprietari che, non sempre, erano in buona fede come nel caso di Von Osten.

Recentemente un autore che ha sostenuto la paranormalità del comportamento di alcuni animali è stato l’inglese Rupert Sheldrake, che è stato docente a Cambidge e ha pubblicato diversi libri divulgativi sull’argomento. Sheldrake ha anche elaborato bizzarre teorie per spiegare la presunta paranormalità degli animali (e degli esseri umani). Purtroppo però i risultati dei suoi esperimenti non sono mai stati replicati da nessuno e riscuotono quindi ben scarso consenso all’interno della comunità scientifica. Se la lettrice volesse approfondire l’argomento, le consiglio caldamente la lettura del libro Animali sapienti. Fanno di conto, scrivono, leggono il pensiero... forse! di Stefano Vezzani (editrice Aracne, Roma 2010).

La mia esperienza col mondo dell’esorcismo


Sono un vostro lettore, e neanche a me piace credere alla cieca; ritengo che per svolgere un’indagine si debba avere una mentalità neutra, e ricorrere alla scienza anche quando non si riesce a spiegare razionalmente un fenomeno. Bisogna però in ognuno dei casi avere dei fatti per sostenere la propria tesi. Vi scrivo per raccontarvi di un’esperienza vissuta in prima persona.
Quando frequentavo l’Istituto Tecnico fui avvicinato al mondo degli esorcismi dal professore di religione, che li praticava. Mi capitò quindi di vedere e sentire personalmente una contadina di 68 anni parlare in latino. Mi domando quindi se la mente umana ha la capacità di imparare lingue antiche senza saperlo, anche se la persona che le parla ha vissuto sempre in campagna senza mai andare a scuola. Inoltre, per smascherare gli imbrogli, chiedete a padre Amorth -se non lo avete fatto già- di partecipare alle sue esibizioni, nel corso delle quali sostiene che gli esorcizzati parlino le lingue antiche e producano oggetti dalla bocca.
Su Fatima, infine, ho sentito il giornalista Minoli raccontare cose sconcertanti nel corso del programma “La storia siamo noi”, come ad esempio il fatto che un terzo dell’arsenale URSS saltò in aria dopo che Giovanni Paolo II consacrò la Russia alla Madonna (il video della trasmissione è reperibile su YouTube). È possibile che un giornalista del calibro di Minoli dica sciocchezze dai canali RAI?


Fernando,
Napoli


Rispondono Armando de Vincentiis e Fara Di Maio.

Gentile Fernando,
lei allude alla cosiddetta xenolalia, ossia il parlare lingue straniere senza averle studiate o, meglio, utilizzarle in uno stato alterato della coscienza. Nonostante il fenomeno sia certamente suggestivo, agli addetti ai lavori non appare straordinario dal momento che ne è stata proposta una spiegazione scientifica.
Un esempio può aiutarci. È noto il caso di un bambino che, in un determinato momento della sua vita, comincia a parlare il russo senza aver mai conosciuto un russo o studiato quella lingua. Il fenomeno era suggestivo, ma quando si scoprì che accanto al suo appartamento abitava un insegnante di russo che tutti i giorni dava lezioni e che le pareti della casa erano molto sottili fu subito chiara la fonte di tale capacità. È infatti possibile apprendere anche in modo passivo, senza ricordarne la fonte. Un fenomeno noto, in psicologia, come criptomnesia. Sappiamo di aver imparato qualcosa ma non ricordiamo come e quando. In particolari ambienti, in cui è diffusa la credenza in fenomeni trascendentali ecco che il tutto assume connotazioni sovrannaturali.

Esiste poi la possibilità, nel caso specifico di cui lei parla, che la signora in questione avesse reminiscenze latine provenienti dalla celebrazione della messa in tale lingua. L’età (68 anni) e il fatto che l’epoca a cui lei si riferisce sia da collocarsi nel passato potrebbero deporre a favore di questa ipotesi. Non va infatti dimenticato che la messa viene celebrata in italiano solo dal 1969/70, quando entrò in vigore il cosiddetto Novus Ordo, che modificò anche altri elementi della liturgia (ad esempio, il celebrante non porgeva più le spalle ai fedeli ma era posto di fronte ad essi). Va sottolineato poi che l’effettiva capacità di parlare altre lingue (in particolare quelle antiche) andrebbe riscontrata da un esperto che sia in grado di comprenderle e di porre eventuali domande al soggetto che mostra di parlarle. Per quel che riguarda il suo consiglio di chiedere a Padre Amorth di assistere ai suoi esorcismi, le confermo che uno di noi, insieme ad altri colleghi del CICAP, ha più volte in passato cercato di contattare il religioso a questo scopo, ma si è sempre trovato di fronte a un netto rifiuto. Se le interessa saperne di più sul punto le consigliamo la lettura di questo articolo: http://tinyurl.com/p9jadq6

Per quanto riguarda l’attendibilità di affermazioni fatte da giornalisti più o meno famosi andrebbe aperto un capitolo a parte. “Lo ha detto la televisione” non sempre è sinonimo di verità, soprattutto di verità scientifica. Molto spesso i servizi televisivi sottostanno ad esigenze quali accattivarsi un certo tipo di spettatori, fare audience, suscitare emozione. L’incidente “misterioso” di Severomorsk, a cui lei si riferisce (avvenuto il 13 maggio 1984), si inquadra in un contesto storico particolare di cui fu protagonista Giovanni Paolo II (si pensi ad esempio alla vicenda Solidarnosc e ai delicatissimi equilibri USA-URSS). L’esplosione dell’arsenale russo non è mai stata del tutto chiarita, e si è trattato molto probabilmente di un attentato. La concomitanza con una data relativa alle profezie di Fatima e all’anniversario dell’attentato al Papa potrebbe essere stata una scelta mirata -da parte degli attentatori - per suggerire un intervento sovrannaturale. Oppure, potrebbe essersi trattato di una pura coincidenza, senza collegamento alcuno con gli eventi religiosi. Cercare a tutti i costi una correlazione sarebbe come dire ad esempio che l’attacco giapponese a Pearl Harbor, che diede il via alla seconda guerra mondiale, sia stato in qualche modo voluto dalla Vergine Immacolata di cui il giorno successivo (8 dicembre) ricorreva la festività. Simili coincidenze vengono spesso individuate e invocate in occasione di fatti significativi, ma un approfondimento storico aiuta a comprendere che la data in cui un evento si verifica è solo l’ultimo atto di un lungo processo.
Chi crede, infine, non può attribuire attribuire a Dio Padre, a Gesù o alla Vergine Maria la responsabilità delle innumerevoli vittime di catastrofi naturali o artificiali.
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